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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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Moscovia, triplice eredità

PRINCIPI DELLA MOSCOVIA E LA LORO TRIPLICE EREDITA’

Pubblicato sul n. 297, maggio 2022, della Rivista Informatica “Storia in Network” (www.storiain.net ) con il titolo “LA TRIPLICE EREDITA’ DEI PRINCIPI DELLA MOSCOVIA” e con lo pseudonimo di MAX TRIMURTI

Un potere sacralizzato e centralizzato incentrato su Mosca fa la sua comparsa fra il XIV ed il XVI secolo. Esso è il risultato della abilità e della capacità dei Gospodar (principi) della Moscovia, che hanno saputo captare l’eredità dei Rus di Kiev, di Bisanzio e dei Mongoli.

Il 16 gennaio 1547, Ivan IV il Terribile (1530-1584) è il primo Gran Principe moscovita a farsi incoronare zar (1), secondo il rito imperiale bizantino. Sotto il suo regno (1533-84), la Russia (Rus o Rous) si afferma per la prima volta come una monarchia cristiana universale ed una potenza territoriale a cavallo dei due continenti, l’Europa e l’Asia. La sua popolazione, stimata fra i 7 ed i 15 milioni di abitanti secondo i doversi specialisti (forse i più prudenti sono quelli più vicini alla realtà), si distribuisce alla fine del XVI secolo su un territorio di circa 4 milioni di chilometri quadrati. La messa in opera di questo potere centralizzato e sacralizzato, con capitale Mosca, risponde ad una logica. L’ascensione del principato moscovita, come cuore religioso e politico di uno Stato concepito come l’ultimo impero cristiano, si è fatta strada progressivamente, fra il XIV ed il XVI secolo. Essa è dovuta all’abilità e capacità dei gran principi moscoviti, che hanno saputo sfruttare l’eredità della Russia di Kiev e captare, a poco a poco, quella dell’Orda mongola, di cui essi erano stati in precedenza i “luogotenenti generali”.

L’eredità di Kiev: l’unità del popolo russo
Dal X al XIII secolo si forma nell’Ucraina attuale un primo stato russo, chiamato Rous o Rus, fondato da una unica dinastia di origine scandinava (Variaghi), detta dei Riurikidi, con Kiev come capitale. Sotto il prestigioso regno del Principe Vladimiro (980-1015), il territorio russo si estende dalle rive del Lago Ladoga a nord, sino alle terre delle orde nomadi Peceneghe, quindi Polovtes a sud di Kiev; dai confini della Volinia ad ovest, fino ai paesi al di là delle foreste (Galassia), fra l’Oka ed il Volga, ad est. L’antico stato corrispondeva pertanto agli attuali territori della Bielorussia, dell’Ukraina orientale (ad eccezione delle coste del Mar Nero e della Crimea) e della Russia occidentale.
Nel corso del XII e XIII secolo, le spartizioni conseguenti alla successione fra i discendenti di Vladimiro portano alla creazione di un mosaico di principati. Il trono di Kiev diventa la posta in palio permanente delle rivalità fra le diverse branche principesche. Quella di Novgorod, inizialmente riservata al figlio del principe di Kiev, costituisce il secondo trono più concupito. Ma la città di Volkhov conquista a poco a poco le sue libertà di fronte al principe, eleggendo i propri magistrati ed il suo arcivescovo.
Gli altri “paesi”, tutti nelle mani dei discendenti di Vladimiro, si sviluppano intorno alle loro dinastie: la Volinia e la Galizia, a sud ovest, i principati di Tver (2), Turov-Pinsk e Polotsk, a nord ovest, quelli di Smolensk, Cernigov e Pereiaslavl, al centro. A nord est, si incontrano i piccoli paesi di Ryazan e di Murom e soprattutto il Principato di Vladimir-Suzdal, il cui monarca rivendica il titolo di Grande Principe già dalla fine del XII secolo, allo scopo di uguagliare quello di Kiev (3). Anche nella Rus di Vladimir-Suzdal si procede a spartizioni di successione ed in tale contesto nasce nel 1276 il Principato di Mosca, assegnato a Daniele (1261-1303), il figlio cadetto di Alexander Nevsky (1220-1263).
Nel giro di due secoli, i discendenti di Daniele riescono ad invertire il processo di frazionamento ed a riunire, intorno alla loro capitale (Mosca), l’intero principato di Vladimir-Suzdal, con grande parte dei territori vicini. Gli inizi sono modesti: i principi di Mosca si contentano di conseguire obiettivi limitati, appoggiandosi, come si vedrà, sui Mongoli. Essi estendono il loro controllo sui paesi vicini come Mojansk, Kolomna, Pereiaslavl-Zalesski, Beloozero (fra il 1300 ed il 1389).
Ma la tradizione delle spartizioni di successione persiste e le rivalità, anche all’interno della linea moscovita, determinano una devastante guerra civile (1425-1453), prima che venga finalmente ad imporsi la trasmissione del potere e dell’essenziale delle terre al figlio maggiore (4).
E’ principalmente sotto il regno di Ivan III (1462-1505) e di suo figlio Vassili-Basilio III (1505-33), predecessori immediati di Ivan IV il Terribile, che avvengono le annessioni più importanti. Questi sovrani riescono a sottomettere le città stato di Novgorod (1478) e di Pskov (1510), i grandi principati di Tver (1485) e di Muromo-Ryazan (1521) (5), a conquistare Smolensk (1514) ed un pezzo dell’attuale Ucraina orientale. Nel 1485 Ivan III assume il titolo di “sovrano di tutta la Rus” (Gosudar o Gospodar vseja Rusi), dimostrando in tal modo la sua vocazione a riunire tutto il patrimonio di Vladimiro.
E’ pertanto consequenziale che Ivan IV il Terribile, che accede al trono nel 1533, si consideri come l’unico erede della dinastia che discende, in linea diretta, dal principe di Kiev. Il “Libro del gradi della genealogia imperiale”, redatto sotto il suo regno (fra il 1556 ed il 1563), rompe con l’antico modello annalistico delle cronache per disegnare una visione ideale di una scala santa che il paese sale in diciassette scalini, da Vladimiro a Ivan. Tutti i sovrani che l’hanno preceduto vengono retrospettivamente denominati “autocrati”, vale a dire “padroni assoluti” del paese russo.
Tuttavia, il sovrano moscovita era ancora ben lungi dal dominare l’insieme delle terre sulle quali Vladimiro aveva regnato agli inizi dell’XI secolo. La stessa città di Kiev sfuggiva al suo potere, in quanto apparteneva alla dinastia lituana degli Jagelloni, che regnava sulla Polonia dal 1386 ed aveva conquistato la maggior parte dei territori della Russia occidentale. In tale contesto, la rivendicazione della Russia medievale costituirà la base della politica estera occidentale della Russia moderna sino al XVIII secolo. Ma l’espansionismo russo si fondava ugualmente anche su basi religiose e politiche ereditate da Bisanzio.

L’eredità di Bisanzio: la religione ed il modello imperiale
I principi di Kiev hanno preso in prestito due elementi fondamentali dall’impero bizantino: la religione ortodossa (6) ed il cesaro-papismo, che rendono lo zar padrone dello Stato e della Chiesa. Nel 988, Vladimiro, fino a quel momento pagano, adotta il cristianesimo e dispone il battesimo collettivo della popolazione di Kiev. All’epoca un’ondata di conversioni interessava l’Europa orientale e nordica. Vladimiro sceglie l’obbedienza bizantina per continuare a mantenere i legami economici, politici e culturali che esistevano da più di un secolo fra Costantinopoli e la Russia. La sua nonna Olga (945-69), prima santa russa, si era già fatta battezzare ed aveva fatto il viaggio a Costantinopoli (946 o 957).
Dal 988, viene pertanto creato a Kiev un metropolita ortodosso (7) ed a poco a poco vengono costituite una quindicina di diocesi. Fino al 1448, questa chiesa rimane sotto l’autorità canonica del Patriarca di Costantinopoli e continua a provvedere ai bisogni spirituali dell’insieme dei paesi russi. Essa incarna la loro unità, mentre i Russi si dividono politicamente in principati rivali (XII e XIII secolo) e che una buona parte di essi passa sotto la tutela lituana (XIV secolo). A seguito delle invasioni mongole del XIII secolo, il metropolita, capo di questa chiesa, abbandona Kiev per installarsi a nord est, prima a Vladimir sulla Kliazma e quindi a Mosca nel 1328.
Questo trasferimento di residenza contribuisce fortemente all’affermazione della potenza moscovita: Mosca diventa la capitale religiosa della Russia, prima ancora di diventarne la capitale politica. Gli stretti legami con il potere moscovita hanno allo stesso tempo modellato l’identità religiosa. Nel 1448, il gran principe di Mosca, Basilio II (1425-62), organizza la prima elezione locale del metropolita, rendendo in tal modo la Chiesa russa “autocefala”. Dopo un secolo di “autocefalia”, sarà il metropolita Macario (1482-1563), che stabilirà il cerimoniale dell’incoronazione imperiale di Ivan IV il Terribile, nel gennaio 1547. E finalmente, nel 1589, sarà sotto la pressione delle autorità russe che il Patriarca di Costantinopoli acconsente alla fondazione del Patriarcato russo.
Si assiste, attraverso queste tre tappe, all’adozione da parte dei Russi del modello bizantino della “sinfonia”, fra il temporale e lo spirituale, una relazione di armonia (almeno in linea di principio) fra le due autorità supreme in materia temporale e spirituale. Secondo i termini dell’Eisagogé (867), un trattato attribuito al Patriarca bizantino Fozio (1820-2893), “La pace e la felicità dei sudditi, nell’anima e nel corpo, risiedono nella concordia (omophrosuné) e nell’accordo (symphonia) dell’impero e del sacerdozio”. E’ in questo contesto di fervore e di riflessione identitaria che bisogna comprendere la formula del monaco Filoteo di Pskov (1465-1542 circa), scritta nel 1540 “Mosca è la terza Roma”.
Questo sviluppo lineare presenta tuttavia qualche sfumatura. In primo luogo, i Russi sono stati estremamente prudenti ed hanno atteso più di un secolo dopo la caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi (1453) per assumere la sua eredità imperiale. Ivan III sposa indubbiamente, Sofia Paleologo (1455-1503), nipote dell’ultimo basileus bizantino, nel 1472, ma questo matrimonio era stato preparato dal Papato romano che sperava, in tal modo, di portare il sovrano moscovita ad accettare l’unione delle Chiese.
Ivan III, pur nominandosi Gosudar o Gospodar, conserva il suo titolo tradizionale di Gran Principe ed è unicamente nel quadro dei contatti diplomatici con gli Asburgo, alla fine del XIV secolo, che egli si fa chiamare Zar, peraltro senza successo. Gli ambasciatori russi tentano di negoziare per il loro sovrano su un piano di parità con la corte di Vienna. Quest’ultima cercava, in effetti, dei possibili alleati contro la Polonia, ma non desiderava spartire con altri il titolo imperiale. Su un documento del 1497 appare per la prima volta l’aquila bicefala come sigillo russo. Esso è stato indubbiamente ripreso dagli Asburgo e non direttamente dai Bizantini, come è stato suggerito per molto tempo.
Si osserva la stessa prudenza anche nella trasmissione del trono. Se Ivan fa incoronare il suo nipote Dimitri nel 1498 secondo il rito riservato al giovane cesare o co-imperatore bizantino, questa esperienza rimane senza un futuro e Dimitri non succederà sul trono dello zio: cadrà in disgrazia a vantaggio del figlio maggiore di secondo letto, Vassili-Basilio III (1479-1505-1533).
Dal punto di vista religioso, la Russia si afferma certamente, come un bastione dell’ortodossia di fronte ai “Latini”, rifiutando ogni tentativo di unione con Roma, ma essa teme sempre di cadere. In effetti, il ruolo di terza Roma veniva interpretato come una pesante responsabilità, proprio perché le due precedenti esperienze erano cadute e, come l’affermava Filoteo di Pskov, “non ci sarà una quarta esperienza”. Questa angoscia escatologica spiega anche perché l’identità confessionale è stata il primo cimento del patriottismo russo durante il “periodo delle agitazioni” (1598-1613).

L’eredità mongola: una monarchia asiatica
L’apporto dei Mongoli o dei Tatari (8) alla Russia è stato sempre oggetto di discussioni animate. Inizialmente inquadrato in termini negativi, di isolamento, di ritardo e di barbarie, esso è stato poi rivalutato a partire dalla fine del XIX secolo per mezzo della corrente detta degli “euroasiatici”, che affermano che la Russia non appartiene alla civiltà europea.
E’ innegabile che i Russi abbiano vissuto in simbiosi con i Mongoli a partire dalla folgorante invasione del XIII secolo e per circa tre secoli. Alla morte di Gengis Khan (1162-1227), nel 1227, i Mongoli avevano già preso possesso del nord della Cina e di diversi regni ed imperi dell’Asia centrale, dall’Afghanistan fino all’Iran attuale. Ogoday (1186-1241), il successore di Gengis Khan, affida a suo nipote Batu Khan (1205-1256) il compito di attaccare l’Europa ed in primo luogo i paesi russi. L’anno 1237 segna l’inizio dell’offensiva: alla fine del 1240 tutta la Russia di Kiev era stata conquistata. Alla morte di Ogoday, Batu si stabilisce sul corso inferiore del Volga dove fonda la città di Sarai, che diventa la capitale del Khanato dell’Orda d’Oro.
I principati russi ed in particolare quelli del nord est sono stati vassalli dell’Orda d’Oro almeno fino a quando questa è rimasta unita, ovvero fra il 1242 ed il 1437. Tutti i principi della Russia erano obbligati a recarsi alla capitale della Orda a Sarai, per fare atto di vassallaggio al Khan (il “signore”, titolo portato dai discendenti di Gengis Khan), che nelle fonti russe viene denominato “zar”. Diversi principi russi, sospetti di ribellione, sono stati giustiziati dall’Orda nel corso del XIII e del XIV secolo. In particolare, il Khan è l’autorità che attribuisce o ritira il privilegio (yarlik) del gran principe di Vladimir-Suzdal. Questa carica conferisce al suo detentore il territorio di Vladimir, che si aggiungeva al suo principato ereditario e faceva del personaggio il collettore dei tributi dovuti a Tatari.
Questo è il ruolo che ricoprono i principi di Mosca, lottando con accanimento per monopolizzare la funzione di Gran Principe fra il 1304 ed il 1389. Essi non esitano a denunciare al Khan i loro principali rivali, i loro cugini di Tver ed a partecipare alle spedizioni punitive contro quest’ultimi. Yuri Danilovitch (1304-28) arriverà a sposare nel 1317 Kontshaka, la sorella di Ozbek Khan (1282-1341). Ma occorrerà attendere il 1389, perché Dimitri (Demetrio) Ivanovitch detto Donskoy (1350-1389) possa arrivare a trasmettere a suo figlio, come beni propri, non solo la Moscovia, ma anche Vladimir-Suzdal.
Il sovrano moscovita ha costruito la sua potenza al servizio del Khan e non come suo avversario. Lo stesso Dimitri Ivanovitch riesce, comunque, a conseguire la prima vittoria di un esercito russo contro i Mongoli nel 1380 nella battaglia di Kulikovo, ma il quell’occasione egli deve affrontare un usurpatore del trono dell’Orda e nel 1382 fugge, in modo pietoso, davanti al Khan legittimo. Sarà solo un secolo più tardi, nel 1480, che Ivan III si decide, non senza esitazioni, a mobilitare le sue forze contro Ahmed o Akhmat Khan (morto nel 1481), ultimo discendente di Gengis Khan a tentare di restaurare l’Orda nel suo antico splendore. Ahmed si ritira dopo un faccia a faccia che dura per tutta l’estate, In seguito, un intero settore delle relazioni estere della Moscovia nascente viene consacrato ai suoi rapporti con i Khanati eredi dell’Orda: quelli di Kazan, di Astrakan, di Crimea e di Siberia.
Ivan IV il Terribile, cinque anni dopo aver assunto l’eredità bizantina, in occasione della sua incoronazione, rivendica l’eredità della Orda d’Oro, impadronendosi di Kazan e di Astrakan (1552-56). Assumendo il controllo di queste regioni del medio e basso Volga, che non erano mai appartenute alla Russia, l’Impero di Ivan prende la sua configurazione specifica: quella di una monarchia multietnica e multinazionale, dalle frontiere aperte sull’Asia. Lo zar russo, erede del Basileus e del Khan, è diventato la chiave di volta di questo sistema, nel quale l’autocrazia viene presentata come la sola garanzia di un governo giusto che si eleva al di sopra degli interessi particolari ed il solo bastione contro il caos

NOTE
(1) Termine derivato dal latino caesar, con il quale le fonti russe designano i re della Bibbia, l’imperatore bizantino, ma anche il khan dei Tatari. Nel 1547, Ivan IV si fa consacrare zar. Pietro il Grande (1672-1725), da parte sua, preferisce nel 1721 il termine di “imperatore”;
(2) Elenco dei Principi del Principato di Tver
 1246 - 1272 Jaroslav
 1272 - 1285 Svjatoslav
 1285 - 1318 Michail il Santo
 1318 - 1326 Dmitrij Occhi Terribili
 1326 - 1327 Alessandro I di Tver'
 1328 - 1338 Konstantin
 1338 - 1339 Alessandro I di Tver'
 1339 - 1346 Konstantin
 1346 - 1351 Vsevolod
 1351 - 1368 Vasilij di Kašin
 1368 - 1399 Michail II, "Gran Principe di Tver" (c. 1375)
 1400 - 1425 Ivan
 1425 Alessandro II di Tver'
 1425 Jurij
 1425 - 1461 Boris il Grande
 1461 - 1485 Michail III l'Esule
Nel 1485, Ivan III di Mosca conquista il Principato di Tver'.
(3) Elenco dei Gran Principi, sovrani del Principato di Vladimir-Suzdal:
 Jurij Dolgorukij di Kiev, capostipite della linea dinastica, 1113 (1125?) -1157
 Andrej Bogoljubskij
 Michail
 Vsevolod III
 Juri II
(4) L’ordine tradizionale privilegiava la successione detta orizzontale, da fratello a fratello, prima che il potere non ricada alla generazione dei figli, per ordine di anzianità;
(5) Elenco dei principi di Muromo-Ryazan
A Murom
 1127–1129 Yaroslav I di Murom e Ryazan * esiliati da Cernigov
A Ryazan
 1129–1143 Sviatoslav di Ryazan * suo figlio
 1143-1145 Rostislav di Ryazan * perse Ryazan a Suzdal, ma la recuperò usando Cumans
 1145–1178 Gleb I di Ryazan * saccheggiò Vladimir e Mosca, ma morì in cattività a Vladimir
 1180–1207 Romano I di Ryazan * governò come vasale di Vsevolod il Grande Nido , Gran Principe di Vladimir, ma morì nella sua prigione
 1208–1208 Yaroslav II di Ryazan * figlio di Vsevolod il Grande Nido
 1208–1212 governatori di Vladimir
 1212–1217 Romano II di Ryazan * nipote di Romano I, tenuto prigioniero a Vladimir, ma rilasciato come loro vasale
 1217–1218 Gleb II di Ryazan * nipote di Romano I, tradì suo zio per Vladimir e giustiziò Roman II e 6 dei suoi parenti usando Kumans
 1218–1235 Ingvar I di Ryazan * fratello di Romano II, sconfisse ed esiliato Gleb II
 1235–1237 Yuri di Ryazan * suo fratello, ucciso dai mongoli, città distrutta
In Pereslavl-Ryazansky, successivamente ribattezzato Ryazan
 1237–1252 Ingvar II di Pereslavl-Ryazansky * figlio di Ingvar I, la sua esistenza è contestata
 1252–1258 Oleg il Rosso * suo fratello, catturato dai mongoli nella battaglia di Kolomna , ma governò come loro vasale e morì come monaco
 1258–1270 Romano III di Ryazan, il santo * suo figlio, governò come vassallo mongolo ma giustiziato per la sua fede
 1270–1294 Fyodor I di Ryazan * suo figlio, resistette alle incursioni tartare nel 1278 e nel 1288
 1294–1299 Yaroslav III di Ryazan * suo figlio
 1299–1301 Costantino di Ryazan * suo fratello, giustiziato a Mosca
 1301–1308 Vasily I di Ryazan * suo figlio, giustiziato nell'Orda d'Oro
 1308–1327 Ivan I di Ryazan * figlio di Yaroslav III, giustiziato nell'Orda d'Oro
 1327–1342 Ivan II Korotopol * suo figlio, muore in esilio
 1342–1344 Yaroslav IV di Ryazan * suo cugino, usurpò il trono con l'aiuto dei tartari
 1344–1350 Vasily II di Ryazan * suo cugino
 1350-1402 Oleg II di Ryazan * figlio di Ivan II, nel 1380 combatté a Kulikovo sul lato tartaro, ma inviò segretamente la maggior parte del suo esercito per aiutare Mosca
 1402-1427 Fyodor II di Ryazan * suo figlio, sposato con la figlia di Dmitry Donskoy e fece alleanza con Mosca
 1427–1456 Ivan III di Ryazan *, suo figlio, rinunciò alla sua fedeltà all'Orda d'Oro
 1456–1483 Vasily III di Ryazan * suo figlio, cresciuto alla corte di Mosca, sposato con la sorella di Ivan III di Russia , alleata di Mosca
 1483–1500 Ivan IV di Ryazan * giurò fedeltà a Ivan III di Russia
 1500–1521 Ivan V di Ryazan *, l'ultimo Gran Principe, morto nel 1534 in Lituania
(6) La retta via. La Russia si è convertita al Cristianesimo bizantino dopo il battesimo del Principe di Kiev, Vladimiro, nel 988. Nel 1547, l’Impero russo si afferma come la nuova monarchia universale, poiché esso rappresenta il solo stato ortodosso indipendente;
(7) Alla testa delle diocesi si trovano i vescovi. I metropoliti guidano le province ecclesiastiche. Alla testa delle chiese autocefale viene posto il Patriarca, che nei fatti è un primus inter pares in quanto l’episcopato è collegiale. Una primazia onorifica viene riconosciuta al Patriarca di Costantinopoli. Un uomo sposato può essere ordinato prete (non un vedovo risposato). Un prete celibe è necessariamente un monaco, non può sposarsi e fra di essi vengono reclutati i vescovi;
(8) La maggior parte delle fonti europee, ivi comprese quelle russe, parlano di Tatari o Tartari, ma Gengis Khan ed i suoi discendenti erano dei Mongoli.

Mar Nero, il mare dimenticato dall'Europa

MAR NERO,
mare dimenticato dall’Europa

Pubblicato sul n. 301, ottobre 2022, della Rivista Informatica “Storia in Network” ( HYPERLINK "http://www.storiain.net/"www.storiain.net) ” con lo pseudonimo di MAX TRIMURTI.

Il Mar Nero, visto dall’Europa occidentale, è un elemento geograficamente periferico e geopoliticamente marginale. Ciò nonostante, l’area è stata sempre una regione di importanza storica e militare. La frammentazione dello spazio postsovietico nel 1991, seguito dall’integrazione di due paesi rivieraschi supplementari nell’Alleanza Atlantica (NATO) e nell’Unione Europea (UE), quindi le crisi della Crimea e del Donbass nel 2014, ne hanno fatto nuovamente una zona di tensione fra Russia ed Occidente, a più di 150 anni dalla guerra di Crimea.

Si tratta di un mare strano, per l’origine geologica (un antico lago collegato oggi al Mediterraneo da due correnti inverse) e per i nomi complicati: Ponto Eusino, perché era diventato un’area ospitale per i coloni greci dell’Antichità; Grande Mare del commercio europeo nel Medioevo, a fianco del Mediterraneo; infine Mar Nero, senza dubbio a causa del colore del nord (Kara = Nero), per i Turchi arrivati attraverso l’Anatolia. Il Mar Nero, un’area vasta (436 mila Km2 senza il Mar d’Azov di 39 mila Km2, un suo annesso, quasi lacustre alla foce del Don) e quasi chiusa, comunica con il Mediterraneo attraverso gli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli. La sua posizione fra i Balcani a sud est dell’Europa ed il Caucaso e fra l’Asia minore a sud e le vaste steppe euroasiatiche a nord, ne hanno fatto un limite fra mondi diversi ed un crocevia commerciale strategico, una zona di contatto e di conflitti fra popoli e culture diverse: sedentari e nomadi; lingua greca e lingue barbare; arcieri a cavallo e città fortificate; cristiani e mussulmani; popoli migranti o invasori (iraniani, germanici, turco-mongoli) dall’Antichità al Medioevo che si dirigono verso l’Europa oppure insediati sulle sue rive o nel suo hinterland; blocco comunista, quindi Russia ed Alleanza occidentale durante e dopo la Guerra Fredda. Poiché nel Mar Nero si versano il più grandi fiumi navigabili d’Europa (Danubio, Don, Dniepr, Dniestr) e che il suo bacino di drenaggio (2 milioni di Km.) si estende su 24 paesi d’Europa e dell’Asia, esso assume una importanza per una gran parte dei territori che lo bordeggiano.

I contatti e le fratture
Le sue coste offrono qualche porto naturale riparato (Burgas, Varna, Sinope e soprattutto Sebastopoli, base navale di primo piano per la Russia). Ma dal delta del Danubio al Caucaso, sulla riva nord, la ridotta profondità delle acque, le foci dei fiumi interrate, i cordoni litorali e, puntualmente, il mare gelato (Odessa ed il Mar d’Azov), disturbano la navigazione, a suo tempo resa difficile dall’insorgere di brusche tempeste. Nel corso dei secoli sono stati realizzati altri porti (Odessa, Novorossisk, Costanza). A meno di un chilometro dal mare, il suo litorale risulta oggi popolato da appena una decina di milioni di abitanti con qualche grande città (Odessa, Samsun, Varna, Costanza, Sebastopoli, Soci e Trebisonda/Trabzon), ma nessuna capitale di stati rivieraschi attuali (Bulgaria, Romania, Ukraina, Russia, Georgia e Turchia), nonostante che nel –VII vi si fosse già insediato un discreto numero di città greche, romane, veneziane e genovesi e che gli antichi Imperi e gli Stati recenti hanno ciascuno tentato di conquistare le sue rive e di rendere sicuri i loro porti di commercio e di guerra.
La linea di frattura fra il litorale e l’hinterland si spiega con il rilievo ed il popolamento: a nord, la steppa eurasiatica (Ukraina ed il sud della Russia) e le montagne della Crimea; ad est il Caucaso; a sud la catena pontica separavano lecittà orientate verso il mare ed il commercio dei popoli dell’interno (slavi, Anatolia, Caucaso) che non possedevano pratica marittima e con i quali le città scambiavano (pellicce, cereali, schiavi, prodotti dell’Oriente, arrivati sino al mare attraverso i fiumi dell’Europa e le carovane dal’Asia, sia attraverso il nord fino ad Azov, sia dal sud fino a Trebisonda). Il controllo del commercio, vitale per il rifornimento delle città e delle capitali dall’Antichità fino al XVIII secolo, aveva bisogno di un completo dominio del Mar Nero. Uno dei commerci più prosperi e duraturi (un millennio), ma meno conosciuto su questo mare, è stata la tratta di schiavi bianchi, cristiani o pagani (in particolare quello degli Slavi catturati dai Tatari a nord della steppa in Polonia, in Russia ed in Ukraina). Essa veniva praticata da mercanti mussulmani, ebrei e cristiani, con destinazione i paesi mussulmani (Impero ottomano, Africa ed Arabia). Questo traffico umano costituiva la risorsa principale del Khanato tataro della Crimea, sotto vassallaggio ottomano, fino alla conquista russa avvenuta alla fine del XVIII secolo. Oggi, la zona del Mar Nero è diventata strategica per i trasporti di idrocarburi che transitano dal Caspio verso l’Europa, gioco complesso di interessi nazionali e di braccio di ferro fra Occidente e la Russia.
La frattura religiosa è oggi globalmente nord-sud-Il Cristianesimo si è diffuso a partire dall’Asia Minore (costa sud) e dalla costa ovest verso la Crimea ed il litorale nord ancora pagano (III – XI secoli). Più tardi, l’islam si è diffuso dal sud verso tutte le coste. I cambiamenti politici e gli spostamenti di popolazioni dopo il XVIII secolo hanno semplificato la carta religiosa: la costa turca è ormai mussulmana, le altre coste cristiane ortodosse, ad eccezione di una diaspora residua (Tatari ed Abkhazi).

Gli Stati Nazione che discendono verso il mare
Alcune delle nazioni, oggi rivierasche, non possedevano una tradizione marittima. Il loro nucleo era continentale ed il mare, in origine, non faceva parte del loro immaginario nazionale. La Russia, quindi i piccoli stati nazionali hanno approfittato del declino dell’Impero ottomano, per estendersi fino al Mar Nero. Quest’ultimo si è trasformato in un obiettivo commerciale e strategico ed un orizzonte nazionale, entrando nelle loro tradizioni storiche, nei loro sogni letterari e nei loro programmi di ripopolamento, dal XVIII al XX secolo. I Turchi, venuti dalle steppe ed insediatisi in Anatolia dall’XI secolo, hanno rosicchiato, a poco a poco, la costa del Ponto, popolata dall’Antichità in parte da Greci ed alla fine si impadroniscono di Trebisonda e della Crimea alla dine del XV secolo, dopo aver preso Constantinopoli nel 1453. Il Mar Nero non è più un lago ottomano, ma la Turchia è riuscita a conservare tutta la costa del Ponto dell’Asia Minore dalla Bulgaria alla Georgia. La Moscovia inizia la sua discesa verso sud nel XVI secolo, inizialmente per mettere al sicuro la sua frontiera di fronte ai popoli nomadi e saccheggiatori delle steppe, quindi per assicurarsi un accesso ad un mare caldo, sotto Pietro I il Grande (1672-1725; che occupa la fortezza di Azov) e soprattutto sotto la zarina Caterina II (1729-1796), che però non riuscirà a realizzare il suo grande progetto greco di succedere all’Impero bizantino. In ogni caso, attraverso la conquista della Tauride e della nuova Russia (Crimea ed Ukraina), la zarina riuscirà comunque ad ottenere una vasta facciata sul Mar Nero (fondazione di Sebastopoli) nel 1783 e di Odessa nel 1794, il tutto incrementato, poi, dai territori fino al delta del Danubio (1812) e l’annessione del litorale georgiano e caucasico (1809-1829). La Russia diventa, in tal modo, una potenza navale nel Mar Nero, a danno dei Turchi.
I principati rumeni di Moldavia e di Valacchia (fra il Dniestr, Carpazi e Danubio) avevano raggiunto il delta (Galati e Braila), ma non il mare prima del 1856 (bocche del Danubio e porzione della costa della Bessarabia). La loro facciata si sposta verso sud nel 1878 e nel 1913, con la Dobrugia del sud, perduta dopo la 2^ Guerra Mondiale.
Anche gli Ukraini non erano un popolo marinaio, ma essi si rifanno ai Cosacchi Zaporoghi della steppa vicina al Mar Nero, che conducevano raids in mare nel XVII secolo. E’ attraverso le conquiste russe del XVIII e XIX secolo, quindi per mezzo della creazione di una repubblica nel seno dell’URSS e l’aggiunta della Crimea, da parte di Nikita Sergeevic Krushev (1874-1971) nel 1954, che l’Ukraina ha ereditato, in occasione dell’indipendenza del 1991, la facciata marittima più lunga fino al 1994. Ma contrariamente alla Russia, essi non hanno una vocazione imperiale e non hanno avuto il tempo di acquisire una tradizione navale propria, né di costituire una flotta operativa. Il litorale del Mar Nero viene così frammentato fra 6 Stati molto diversi, due religioni (cristiani ortodossi ed islam), tre alfabeti (cirillico, latino e georgiano) ed una decina di lingue.

Zona di cooperazione, zona di conflitti
Il commercio ha provocato guerre (Genova contro Venezia), ma anche siscitato compromessi (fra coloni greci e popoli autoctoni, fra mercanti genovesi e veneziani e Bizantini, tataro-Mongoli e Ottomani). Dopo diversi accordi internazionali rimessi in discussione nel XX secolo, la Convenzione di Montreux del 1936, sempre in vigore, decide il libero passaggio degli Stretti turchi, sotto determinate condizioni. La fine della Guerra Fredda ha determinato la creazione di organi di cooperazione ma i conflitti d’interessi, i litigi di frontiera e la delimitazione delle zone marittime (sfruttamento degli idrocarburi), le vecchie diffidenze, vi hanno posto dei freni.
La Romania ha spinto verso un Forum del dialogo e del partenariato (2006), i Russi e gli Ukraini si erano messi d’accordo sullo Statuto di Sebastopoli (1997 e 2010), come anche sul Mare d’Azov, dichiarato mare interno russo-ukraino con spartizione delle zone marittime (2003). La crisi fra i due paesi nel 2014 ha sconvolto durevolmente la situazione.
Il Mar Nero è stato e rimane una zona di conflitti, per il controllo delle sue acque e delle sue coste, a causa delle lotte fra le Nazioni e fra religioni e dei rischi di disequilibrio fra le potenze.
Tutto cambia con il crollo (1991) dell’URSS, l’estensione ad est della NATO (2004) e dell’Unione Europea (adesione della Romania e della Bulgaria nel 2007) e le “rivoluzioni arancioni”, sostenute dall’Occidente, nelle Repubbliche ex sovietiche rivierasche del Mar Nero (Ukraina e Georgia). Nel 1991, l’indipendenza dell’Ukraina e della Georgia fa perdere alla Russia i tre quarti della sua facciata marittima, cancellando tre secoli di storia russa e riportandola alla situazione di Pietro I il Grande. Sulle quattro “città eroiche” della Grande Guerra Patriottica sul Mar Nero, la Russia ne perde due (Odessa e Kertch), rimanendo con le città di Sebastopoli e Novorossisk. Gli Statuti di Sebastopoli e della flotta costituiscono l’oggetto di compromessi precari fra i due Stati nel 1997 e nel 2010, mentre il Mare d’Azov, come già ricordato, viene dichiarato mare interno, con la spartizione delle acque territoriali. La NATO, seguendo le tesi dell’americano Zbigniew Brzezinski (1928-2017), dichiara nel 1997 la volontà di espandersi più a est di fronte alla Russia. Gli USA prevedono l’integrazione dell’Ukraina con la Crimea e della Georgia nello spazio euro-atlantico, soluzione inaccettabile per la Russia. La reazione nazionalista russa viene scatenata, inizialmente, con la secessione dell’Abkhazia dalla Georgia (1992-1994) e dell’Ossezia del sud, sostenuta da Mosca, successivamente il colpo di stato di Maidan a Kiev fa passare l’Ukraina nel campo occidentale. Dal 2014 al 2019 avviene il colpo di mano russo e la reintegrazione della Crimea e della base navale di Sebastopoli nella Russia e la militarizzazione della Crimea, posizione strategica al centro del Mar Nero, nonché lo sviluppo di basi navali sulla costa del Caucaso, Abkhazia compresa. La carta politica viene sconvolta, l’Ukraina e la Georgia perdono una buona metà delle loro coste, ormai sotto la sovranità de facto o il controllo della Russia, che vede moltiplicata per 2,5 (due volte e mezzo) la sua zona marittima. L’Ukraina chiude la frontiera terrestre della penisola di Crimea e taglia il rifornimento di acqua potabile proveniente dal Dniepr. Nel 2018-2019, la Russia unisce la Crimea al continente russo, costruendo il ponte ferroviario e stradale di Kertch (Ponte Crimea), vecchia idea degli zar, di Hitler e di Stalin, realizzato da Vladimir Putin. I Russi possono in tal modo disturbare le attività commerciali e militari ukraine per il controllo dell’ingresso nel Mar di Azov sotto il ponte di Kertch, che ha dato luogo ad incidenti nel corso del 2018. La secessione russa del Donbass ha fatto regredire la frontiera de facto dell’Ukraina sulla costa nord del Mar di Azov fino a 15 km. dal porto di Mariupol. Per la Turchia, nulla è cambiato su terra e sul mare, ma essa sviluppa le sue basi sulle sue coste, pur cercando di frenare le misure anti russe, a causa di interessi comuni nella zona. Nel 2021, la NATO ha lanciato l’Operazione “Brezza di mare” consistente nel far costeggiare la crosta della Crimea da navi da guerra (sorvolate dalla caccia russa), al fine di manifestare il suo rifiuto del fatto compiuto. Le basi militari si sviluppano sulle coste russe, ukraine e turche. La NATO possiede installazioni in Romania ed in Bulgaria e campi di addestramento in Ukraina (non sulla costa del Mar Nero) L’obiettivo ufficiale di queste operazioni è quello di promuovere la pace e la stabilità nella regione, ma questa rischia di diventare ”una pericolosa zona di scontro militare”, secondo il presidente russo.

In conclusione, ci sono due stati, politicamente instabili assistiti dall’Occidente che li vorrebbe integrare al loro sistema politico-militare (Ukraina e Georgia); due membri di pieno diritto di questa Alleanza, ma recenti (Romania e Bulgaria), tutti e quattro deboli militarmente senza l’appoggio degli Occidentali e due potenze militarizzate, forti e stabili (Russia e Turchia). Esiste ormai una frontiera di fatto fra la Georgia e l’Abkhazia, che gli abitanti georgiani hanno dovuto abbandonare in massa. I litigi fra l’Ukraina e la Romania sono stati in parte risolti attraverso un arbitrato internazionale sulla delimitazione delle zone marittime, promettenti di idrocarburi (2009) Ma l’insabbiamento del delta del Danubio consente all’Ukraina di estendere il suo territorio fino a nei pressi del porto rumeno di Sulina, posto sullo sbocco del braccio principale.
Il Mar Nero zona di cooperazione ? Dal 1992 esiste una organizzazione fra i paesi della regione (Russia compresa), rivieraschi o non, per il commercio, la tecnica, l’ambiente, con risultati molto modesti. Esistono delle linee di traghetti fra tutti i porti dei paesi rivieraschi, ad eccezione fra la Russia e l’Ukraina. La Turchia, pur essendo membro della NATO, difende lo statu quo nel Mar Nero. La lunga esperienza, unica, storica, che ha finalmente portato ad un modus vivendi e ad una certa convergenza d’interessi con la Russia nel Mar Nero, sarebbe piuttosto una garanzia di stabilità in questo periodo di incertezze. Ma le differenze, le divergenze e gli antagonismi risultano attualmente troppo forti perché si possa sviluppare una identità regionale condivisa, al di là delle esigenze geografiche e dei ricordi comuni, allorché non rappresentino linee di frattura.

 

 

 


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Kaliningrad, una amnesia storica

KALININGRAD
una amnesia storica

Pubblicato nel mese di ottobre 2022 sulla Rivista Informatica Graffiti on line ( HYPERLINK "http://www.graffiti-on-line.com/"www.graffiti-on-line.com ) con il titolo “KALININGRAD, ENCLAVE RUSSA TAGLIATA DAL RESTO DELLA RUSSIA”
HYPERLINK "https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2035"https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2036

Nel 1946, i Sovietici fanno di tutto per far dimenticare il passato tedesco di Königsberg – Kaliningrad. La città gioca oggi su una doppia identità, decisamente fragile ed é proprio per questo che non é da escludere la regione possa diventare in qualsiasi momento, epicentro di gravi e pericolose tensioni.

Kaliningrad, città di Kalinin (1), luglio 2005: nei festeggiamenti del giubileo della città, Vladimir Putin (1952- ) sceglie di denominare l'evento come i “750 anni di Kaliningrad”. Eppure, la regione amministrativa russa di Kaliningrad è stata creata solo nel 1946 da parte dei Sovietici … . Questi ultimi hanno ricostruito la città dei bordi del Baltico sulle rovine della città tedesca di Königsberg (Colle del re) , fondata, essa, nel 1255 da parte dei Cavalieri Teutonici. In effetti, sarebbe stato indubbiamente molto più logico che si fossero celebrati i 750 anni della città di Königsberg. Ma come si arrivati a questa assurdità storica e della memoria ?
Nel 1945, Königsberg (che non è mai stata russa) è senza dubbio tedesca. Questa antica città reale ha accolto fin dal 1701 la cerimonia di incoronazione dei Re di Prussia. Con la sua università, il suo castello e la sua cattedrale eretti fra il XIV ed il XVI secolo, la città natale di Emmanuel Kant (1724-1804) e di Hannah Arendt (1906-1975) incarna un volto dello splendore culturale tedesco. Tuttavia, fra il 1919 ed il 1939, la Prussia orientale, separata dal resto della Germania dal Trattato di Versailles, cristallizza risentimenti nazionalisti.
Tutto si ribalta alla fine della 2^ Guerra Mondiale, quando crolla il III Reich. Nel 1945, il centro storico di questa città, che contava 372 mila abitanti nel 1939 risulta distrutto a più del 90%: prima sotto i bombardamenti anglo-americani, quindi in occasione dell’assalto finale delle truppe dell’Armata Rossa nel mese di aprile 1945. La popolazione tedesca che non è stata evacuata o che non è fuggita prima dell’arrivo delle truppe sovietiche viene espulsa manu militari nel 1947-1948 ed interamente rimpiazzata con dei “coloni” provenienti da tutta l’Unione Sovietica. Alla Conferenza di Potsdam, Josif Stalin (1878-1953) ottiene il “trasferimento definitivo all’URSS” di questo porto strategico, che gli servirà come posto avanzato verso Ovest. Ma i nuovi abitanti, colpiti dalla inquietante stranezza di questa città in rovina, così poco russa e soprattutto così poco sovietica, hanno difficoltà a radicarvisi. Il potere locale ed il potere centrale di Mosca si sforzano da allora ad acclimatarli … Una politica di tabula rasa in materia di urbanistica liquida definitivamente il patrimonio prussiano e tedesco di Königsberg. La nuova Kaliningrad ignora tutto del tracciato della città anteriore, Le vecchie strade gotiche o rinascimentali dai caratteristici mattoni rossi fanno posto ai grandi insiemi ed alle grandi arterie ventose, tipiche della città sovietica. Kaliningrad scaccia Königsberg, che diventa una specie di Atlantide del Nord, una città inghiottita nel maelström (vortice) della storia.
La cesura – storica, demografica, sociale – sembra assoluta. Tanto che l’amnesia volontaria colpisce anche la memoria culturale di Königsberg. Tutto lo sforzo di propaganda si basa sulla “fabbrica” di Kaliningrad, come avamposto occidentale dell’Unione Sovietica (2). Il potere russo costruisce, in tale contesto, sulla Grande Guerra Patriottica (la campagna sovietica contro la Germania nazista) la base fondante dell’identità della città, trasformando i Tedeschi in usurpatori: nei discorsi ufficiali, Königsberg diventa una città “malefica”, un “nido di vespe prussiane” o un “santuario della cricca dei generali tedeschi” ed i suoi abitanti vengono considerati come “antenati del fascismo” o come “cani dei teutonici”. Il simbolo più forte di questa germanofobia resta l’insulsa demolizione delle rovine del castello reale prussiano nel 1969. In questo contesto e fino al 1990, i temi di studio autorizzati riguardavano solamente alcuni campi precisi, come lo sviluppo dell’economia e dell’industria socialista.
In questa volontà di cancellare il passato tedesco della città, i Sovietici trovano degli inattesi alleati in … Germania. La Repubblica Federale Tedesca, orientata verso ovest, dimentica rapidamente Königsberg, mentre la Repubblica Democratica Tedesca di Pankow demonizza la memoria della Prussia Orientale: la città baltica, confusa nell’odio per i Prussiani imperialisti e fascisti diventa così la culla del male assoluto.
Tuttavia, e contro ogni attesa, i nuovi abitanti della città comprendono che il presente di Kaliningrad non potrà costruirsi senza appoggiarsi su una eredità storica. I mutamenti politici sopravvenuti nell’URSS con l’arrivo al potere di Mikhail Gorbacev (1921-2022) e la sua Perestroika danno inizio ad un cambiamento a partire dalla metà degli anni 1980. Il tabu che pesava sulla ricerca storica su Königsberg e la Prussia orientale viene progressivamente tolto ed è proprio un gruppo di Kaliningrad che conduce fra il 1988 ed il 1990 il primo progetto di storia orale in URSS (3),
Finalmente, dopo che la Lituania è ridiventata indipendente nel 1990, Kaliningrad risulta “fisicamente” tagliata dal resto della Russia. La città costituisce oggi una enclave russa in seno ad una Europa allargata – un rompicapo geopolitica internazionale (4). Che cosa ne è dell’identità di Kaliningrad nei confronti di questa nuova situazione ed in quale direzione la città si dirigerà nel futuro ? Ancora oggi l’esercizio libero di storia si dimostra pericoloso in Russia. E le evoluzioni recenti di Kaliningrad in materia di architettura e di organizzazione urbana suscitano non poche perplessità. Le scelte politiche non fanno che accrescere la confusione identitaria della città ed a tal fine basta citare qualche esempio. Nel 1995, un referendum locale ha deciso la costruzione di una cattedrale russa ortodossa dedicata al Cristo Salvatore sulla piazza della vittoria, preliminarmente liberata della sua statua di Lenin. Inaugurato nel 2006 da Putin in persona, questo monumento supera di gran lunga in altezza il Dom gotico tedesco ricostruito nel corso degli anni 1990. Nel 2005, viene restaurata la Porta Reale in stile neogotico prussiano per servire da emblema per il giubileo. Questa porta simbolizza la Königsberg tedesca, con le sue statue dei principi Hohenzollern (la cui famiglia ha regnato a partire dal XV secolo sul Brandeburgo e quindi sul ducato di Prussia). Ugualmente nel 2005, in un altro stile, è stata inaugurata una colonna della vittoria che celebra la Grande Guerra patriottica su una delle piazze centrali della città: si trattava questa volta di celebrare la nascita di Kaliningrad. Da parte sua, il cantiere incompiuto della casa dei Soviet simbolizza, da solo, ormai da 20 anni, l’interruzione brutale dell’esperienza comunista … Il posto di Königsberg rimane ancora indeciso in Russia, anche se i depliant utilizzano tutti i possibili clichè folcloristici per attirarvi i turisti: dai Cavalieri Teutonici fino alla birra locale, denominata “Ostmark”, il cui nome evoca la “Marca Orientale tedesca”. Al contrario, figure intellettuali, come lo scrittore e compositore Ernst Theosor Amadeus Hoffman (1776-1882) o Hannah Arendt rimangono ancora largamente dimenticati. Unica eccezione famosa, Emmanuel Kant, il “buon tedesco” agli occhi dei Russi, che costituisce “una specie di cordone ombelicale che collega le due parti di una stessa storia e di uno stesso destino” (5). Il filo sembra essere riannodato, ma nondimeno rimane molto fragile. Resta comunque un fatto incontrovertibile: l'enclave russa di Kaliningrad, proprio alla luce delle recenti minacce di Putin all'Europa durante l'aggressione alla Ukraina, costituisce un luogo che può diventare in qualsiasi momento epicentro di gravi e pericolose tensioni, di fronte alle malcelate concupiscenze della Lituania, degli interessi della Polonia e della Bielorussia e nonché delle nostalgie storico culturali della Germania.

NOTE
(1) Mikhail Ivanovic Kalinin (1875-1946) Di origine proletaria, egli viene scelto nell'autunno 1917 come sindaco della città di San Pietroburgo, che egli amministra durante e dopo la rivoluzione bolscevica del 7 novembre seguente. Amico di Stalin, Kalinin ha ricoperto nel Partito Comunista Sovietico importanti cariche. Dal 1919 é stato membro candidato del Politburo, entrandone a far parte attivamente nel nel 1925, dopo la presa del potere do Stalin. Dal 1919 al 1946 é stato Presidente del Presidiun del Soviet Supremo, cioè Capo dello Stato dell'Unione Sovietica;
(2) Terrier T., “Negare o integrare l’eredità tedesca ? – ville baltiche una memoria condivisa”, Rivista germanica internazionale , novembre 2010;
(3) Eckhard Matthes e Ackermann Arne, “Als Russe in Ostpreussen: Sowjetische Umsiedler ub ihren neubeginn in Konisberg/Kliningrad nach 1945”, Ostfildern, edition Tertium, 1999;
(4) Tetard F., “Geopolitica di Kaliningrad“, Paris Sorbonne, 2007 o anche Du Castel Viviane, “Da Königsberg a Kaliningrad: L'Europe face à un nouveau Dèpartement d'outre-terre sul la Baltique”, l’Harmattan, 2008;
(5) L’espressione di Alexander Popadin (Capo del Russian Cultural Fund di Kaliningrad) citata da Brodersen Per, “Die Stadt im Western“, Gottingen, Vandenhoeck e Ruprecht, 2008.

 

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Lebensraum e Blitzkrieg

LEBENSRAUM e BLITZKRIEG: una strategia folgorante

Pubblicato nel mese di giugno 2022 sulla Rivista Informatica Graffiti on line ( HYPERLINK "http://www.graffiti-on-line.com/"www.graffiti-on-line.com)
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Adolf Hitler, nel suo lavoro intitolato “Mein Kampf” (la mia lotta), terminato nel 1925, espone la sua visione dell’avvenire della Germania. Egli vi presenta un programma antisemita di politica interna ed estera ed auspica l’istituzione di uno stato razziale che assicuri l’egemonia tedesca sugli altri popoli europei, preceduta preliminarmente dall’eliminazione degli Ebrei, dalla lotta anticomunista, come anche dalla conquista di un Lebensraum (spazio vitale), comprendente i territori di cultura tedesca e dell’est europeo. Questo principio ne induceva un secondo: la “razza” germanica doveva estendere la sua dominazione e per fare questo doveva disporre di uno strumento e di una strategia militare adeguati (Blitzkrieg). Queste sono le basi della guerra che verrà condotta dal 3° Reich nella 2^Guerra Mondiale.
Un argomento tornato d’attualità e di un certo interesse, anche alla luce del fallimento della guerra lampo russa per conquistare l’Ukraina.

La Blitzkrieg (guerra lampo) costituisce l’effetto del Mein Kampf nel campo militare tedesco e rappresenta la strategia militare utilizzata dalla Wehrmacht di Adolf Hitler (1889-1945) contro la Polonia nel 1939 e successivamente contro gli eserciti francese, britannico, olandese e belga nel maggio-giugno del 1940. Questo termine appare per la prima volta nel 1933 in un articolo del Deutsche Wehr. Secondo questa rivista militare, gli Stati poveri di risorse alimentari e di materie prime devono “risolvere una guerra il più rapidamente possibile, tentando sin dall’inizio di ottenere la decisione attraverso un impegno implacabile di tutta la loro potenza offensiva”. Il termine viene ripreso da un articolo del Time Magazine del 25 settembre 1939, che descrive l’invasione della Polonia da parte della Germania: “This is no war of occupation, but a war of quick penetration and obliteration” (non si tratta di una guerra di occupazione ma di una guerra di penetrazione rapida e di obliterazione). La guerra lampo costituisce, dunque, un concetto messo rapidamente in opera dalla Germania nazista che ha consentito le sue avanzate folgoranti dagli anni 1939-1940. Di fronte a questo tipo di offensiva, paesi come la Francia, sebbene preparati per la guerra, sono stati colti di sorpresa e disfatti.

Messa in opera del concetto di “guerra lampo”
L’architetto del piano di invasione di tipo Blitzkrieg è stato il generale Erich von Manstein (1887-1973) (1), Capo di Stato Maggiore del generale Gerd Von Rundstedt (1875-1953), egli ha messo a punto un sistema di unità blindate molto mobili, sostenute dalla fanteria ed accompagnate da un massiccio sostegno di fuoco aereo. Le campagne di Polonia e di Francia non sono durante entrambi più di un mese; in entrambi i casi, consistenti colonne di carri spezzano le linee nemiche fisse ed avanzano profondamente all’interno del territorio avversario, mentre la Luftwaffe distrugge i mezzi di comunicazione dell’avversario, la potenza aerea avversaria nemica, le principali installazioni industriali ed altri obiettivi, al fine di preparare l’invasione da parte delle truppe terrestri. L’esercito polacco capitola il 28 settembre 1939. In seguito, viene adottato da Hitler il Piano Manstein nell’aggiramento della Linea Maginot, che consiste nel condurre l’attacco principale contro la Francia attraverso le Ardenne. Queste ultime, giudicate di difficile attraversamento, risultano poco difese ed, in tal modo, i blindati tedeschi riusciranno in soli due giorni a sfondare in direzione di Sedan. L’Olanda capitolerà il 15 maggio 1940 ed il Belgio farà altrettanto il 28 maggio.

Una guerra lampo che sorprende l’Europa
Il 10 maggio 1940, allo scoppio della guerra, i Francesi si portano in soccorso del Belgio e dell’Olanda attaccati, ma i blindati tedeschi, entrati in Francia, attraverso le Ardenne, aprono la via alla fanteria ed accerchiano Britannici e Francesi. Nonostante i pesanti bombardamenti, 300 mila soldati riescono a riparare in Gran Bretagna da Dunquerque, ma il bilancio dell’operazione appare pesante: numerosi prigionieri, ingente quantitativo di materiale abbandonato. Nel giugno, l’esercito tedesco riprende la sua marcia verso Ovest ed il Sud e Parigi cade il 14 giugno 1940. La popolazione francese fugge davanti all’avanzata tedesca, il paese si disarticola ed inizia una specie di esodo: “Il paesaggio offre l’aspetto fantastico di un deserto abbandonato dagli uomini”. Per molti la sconfitta appare ineluttabile. Il maresciallo Philippe Petain (1856-1951) fa appello al popolo e richiede l’armistizio, che viene firmato il 22 giugno a Rethondes. Il generale Charles De Gaulle (1890-1970), però, rifugiato a Londra, ha fatto già sentire la sua voce, lanciando il 18 giugno precedente un appello a continuare la lotta. Hitler inizia ad accarezzare l’ipotesi di sbarcare in Gran Bretagna, ma per far questo deve conseguire il dominio del cielo inglese. In tale contesto, hanno inizio le operazioni preliminari per il dominio dell’aria con i bombardamenti di Londra.

La finalità ricercata nella guerra lampo
In occasione dell’Operazione Barbarossa, nel giugno 1941, i Tedeschi mettono a segno alcuni dei loro più spettacolari fatti d’arme. Accerchiamenti massicci annientano in un sol colpo diverse centinaia di migliaia di uomini ed una quantità inimmaginabile di materiale bellico. Tuttavia, alla fine del 1941, la Germania si trova comunque in una situazione militare critica. Le sue armate sono in difficoltà senza, peraltro, aver mai subito sconfitte importanti ed il suo avversario è più combattivo che mai. Una situazione paradossale, che apparentemente non trova spiegazioni. Il successo di una Blitzkrieg non si misura sulla base del successo delle operazioni militari che ne derivano, ma su quello che rappresentano per il nemico gli obiettivi conquistati e, soprattutto, dal tempo impiegato per conseguirli. Gli storici contemporanei ritengono che la Blitzkrieg, così come è stata messa a punto dalla Wehrmacht, è stata molto meno il risultato di una preparazione che il frutto degli eventi sul terreno e dello zelo di qualche generale, come Heinz Guderian (1888-1954) ed Erwin Rommel (1891-1944). Lo dimostrerebbero, fra gli altri, l’esiziale disaccordo fra Guderian (2) ed Hitler sull’obiettivo strategico dell’Operazione Barbarossa, che per Guderian doveva essere Mosca, mentre Hitler, invece, preferisce dare priorità alla conquista del bacino minerario del Donbass e delle risorse petrolifere del sud della Russia, prima di puntare su Mosca. Passato il momento favorevole, la conquista di Mosca diventerà, poi, una utopia e la blitzkrieg si trasformerà in una tragica guerra d’usura, proprio quello che, appunto, la Blitzkrieg voleva evitare. Per molti studiosi il mito di una dottrina chiara e ben formalizzata sarebbe stato costruito nel dopo guerra, specialmente da Sir Basil Liddell Hart (1895-1970) e questa tesi viene difesa anche dallo storico tedesco Karl Heinz Frieser (1949- ) (3).
Che dire, a questo punto, della supposta blitzkrieg putiniana, lanciata agli inizi della guerra in Ukraina su Kiev.? L’ammaestramento che ne deriva è che, per poter ottenere una vittoria strategica, non basta solo saper scegliere il momento opportuno e favorevole per scatenare un’azione, ma occorre anche predisporre uno strumento capace di realizzare gli auspici e conseguire gli obiettivi posti dal piano strategico.

NOTE
(1) Nato nel 1887, Erich von Manstein viene considerato uno dei più brillanti generali tedeschi della seconda guerra mondiale. Egli è famoso per aver concepito il piano operativo della Campagna di Francia del 1940, ma egli ha operato soprattutto sul fronte sovietico. Giudicato nel 1949 ad Amburgo per crimini di guerra e condannato a 18 anni di carcere, Manstein viene liberato nel 1953, diventando il Consigliere Militare del Governo della Germania dell’Ovest. Le sue Memorie hanno cercato di liberare la Wehrmacht dall’accusa di responsabilità nello scoppio della guerra mondiale e negli orrori di cui è stata incolpata, cercando di creare il mito di una Wehrmacht “pulita ed incolpevole”. Muore a Monaco di Baviera nel 1973;
(2) All’inizio dell’Operazione Barbarossa, Heinz Guderian, proveniente da una famiglia militare di origine prussiana, è il Comandante della 2^ Armata corazzata tedesca (Panzergruppe 2). Egli partecipa all’avanzata verso Minsk e Smolensk e vi applica le teorie che egli aveva sviluppato nel suo saggio Achtung-Panzer (Attenzione-Corazzati), opera base della Blitzkrieg ! Egli propone, nelle operazioni in corso, un attacco diretto su Mosca, ma Hitler preferisce concentrarsi su Kiev. Dopo sei mesi di combattimenti ininterrotti, riceve finalmente l’ordine di conquistare Mosca. Guderian fallisce nel suo compito e, sostituito, viene trasferito nella riserva;
(3) Karl Heinz Frieser: Autore di The Blitzkrieg Legend: The 1940 Campaign in the West, Naval Institute Press, 2013.

 

 

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Kaliningrad, epicentro di tensioni nel Baltico

KALININGRAD,
enclave russa ed epicentro storico delle tensioni nel Baltico

Pubblicato sul n. 301, ottobre 2022, della Rivista Informatica “Storia in Network” ( HYPERLINK "http://www.storiain.net/"www.storiain.net) con il titolo “KALININGRAD, ANTICHE E NUOVE TENSIONI NEL BALTICO”.

Territorio ormai autenticamente russo, creato a partire da una tabula rasa etnica e storica con l’espulsione di tutti i tedeschi della Prussia orientale nel 1945, la attuale regione federata russa di Kaliningrad (ex Könisberg) è una regione senza radici. In realtà, essa non è stata ripopolata per la prima volta nel 1945 con Russi, a danno dei Tedeschi: essa lo era già stata a partire dal XIII secolo dai Tedeschi a spese del Baltici pagani della Borussia. Una supremazia colonizzatrice ed universalista teutonica ha più semplicemente fatto spazio ad un altra, quella dell’URSS, di cui la Russia è oggi l’erede diretta. In effetti, Kaliningrad ha determinato un lungo processo di radicamento russo che appare ormai irreversibile.

Kaliningrad (ex Königsberg) (1) non è stata ripopolata per la prima volta nel 1945: essa lo era già stata a partire dal XIII secolo dai Tedeschi, a spese del Baltici pagani della Borussia. Al termine del secondo conflitto mondiale la supremazia colonizzatrice e universalista teutonica ha semplicemente lasciato spazio a un’altra, quella dell’URSS, di cui la Russia è oggi l’erede diretta.
La regione di Kaliningrad costituisce l’oggetto di rivendicazioni territoriali più o meno dichiarate di tutti i suoi vicini, fratelli ex proprietari: Lituania, Polonia, Germania, Bielorussia. A riguardo va notato persino l’interesse della Cina nel contesto delle diramazioni della sua via della seta. Come dire che questa terra di tutti i vuoti, suscita, più di ogni altra, nel Baltico, memorie e tentazioni di radicamento nazionale o imperiale. A suo tempo, baltica, germanica, slava e sovietica, Kaliningrad costituisce una vera linea di faglia dell’Europa dove si gioca l’esito del grande scontro atlantico-euroasiatico.

Kaliningrad russa: l’Oceano, la vittoria ed i Romanov
Kaliningrad è nata perché l’URSS desiderava, da sempre, ottenere nel Baltico un porto il più ad ovest possibile per raggiungere facilmente gli Stretti danesi e quindi gli oceani. Lo scopo era strategico, ma non esclusivamente militare. Di fatto, è la pesca industriale condotta nell’Atlantico e anche al di là, che è stata il motore di un nuovo sviluppo socio economico e scientifico di una regione totalmente devastata dalla guerra. Kaliningrad è dunque un gran porto sovietico mondiale, il cui ruolo è diminuito solamente con la perestrojka.
Questa dimensione ovest russa di Kaliningrad è fondamentale. Etnicamente russa, ma costruita sull’ex Prussia germanica,la città fa parte di un insieme di regioni russe più orientate verso l’Europa di altre, insieme a San Pietroburgo e l’Ingria, Pskov, Smolensk. Quella che noi denominiamo “Europa russa” gioca un ruolo importante nel posizionamento geopolitico della Federazione che sembra sempre soprattutto orientata verso ovest, perlomeno culturalmente. Kaliningrad, geo-storicamente un pezzo dell’Europa centrale, vi attira la Russia e ve la ancora definitivamente, aggiungendole una dimensione tedesca che è stata molto spesso alla guida dello Stato russo a partire da Pietro I il Grande (1672-1725). Emmanuel Kant (1724-1804), il filosofo di Könisberg, rappresenta il simbolo rivendicato di questo legame con l’Europa. Ebbene, è con questo passato che la Russia attuale, politicamente molto san pietroburghese, si rinnova nella dirigenza russa a spese della controversa eredità sovietico-comunista.
Kaliningrad è anche un luogo di memoria russa. E’, in primo luogo, il simbolo territoriale della vittoria sul Reich: l’URSS voleva ancorare la sua avanzata nel territorio del nemico e questo in nome di una coalizione di tutti gli Slavi (sovietici, Polacchi e Cechi compresi) contro il pangermanesimo. Dal 1991, solo questa regione, con un piccolo pezzo della Carelia e le isole Kurili ricordano che la Russia ha trionfato sull’Asse. Risulta decisivo, quando si sa che la vittoria del 1945 costituisce una delle rare memorie che raccolgono un largo consenso nella società sovietica. Il 9 maggio è la principale festa nazionale. E Kaliningrad ne rappresenta come l’incarnazione geografica. Questa terra è dunque direttamente legata alla ridefinizione dell’identità russa e dal suo prestigio ereditato dall’URSS, come anche alle sue ambizioni europee e mondiali. Da qui, ed in modo reciproco, un vero accanimento mediatico atlantista contro la regione dal 1991.
Ma, attraverso Kaliningrad, si ritrova in Russia la memoria della bella vittoria di Gumbinnen (settembre 1914) e forse soprattutto quella delle battaglie napoleoniche (Eylau, Friedland nel 1807) che fanno parte della letteratura di Lev Tolstoi (1828-1910), che ogni russo conosce.
Questa dimensione storica abbastanza antica ricorda anche allo Stato che la Prussia orientale del centro nord non è diventata russa per la prima volta nel 1945: essa era stata conquistata e già annessa ufficialmente (1759 al 1762) dall’Impero di Russia durante la guerra dei Sette Anni ed abbandonata per un cambio di alleanze. Ancora prima, la Prussia orientale sembra essere stata la culla dei Romanov: un principe baltico pagano di Prussia (Borussia) del XIII secolo, Mikhail Glanda Kambila di Divon (nato nel 1280) cacciato dai Teutonici (quindi non di origine russa) risulta il primo antenato conosciuto dei boiardi moscoviti, che sono saliti sul trono russo nel 1610, sotto il cognome di Romanov. Leibnitz non esitava ad affermare a Pietro I il Grande che la Prussia “era un suo feudo ereditario”. In effetti, gli ultimi Romanov sono stati canonizzati dalla Chiesa ortodossa russa nel 2000 ed essi sono diventati il riferimento storico russo,utilizzato dal Kremlino contro il riferimento comunista. In maniera indiretta, ma storicamente fondata, la Prussia orientale russa conserva qualche cosa di profondo in comune con il cuore della Russia attuale: Europa russa come San Pietroburgo, tropismo occidentale, origine di una dinastia santificata ed identificata con il popolo russo nel suo insieme

La Lituania e la sua culla della Lituania minore
La Lituania ha fatto parte (suo malgrado) dell’Impero di Russia, quindi dell’URSS, insieme alla Russia. Malgrado o a causa di questa comunità di destino storico, La Lituania nutre ancora oggi vere rivendicazioni territoriali su una regione, che, oggi ed in modo forzato, costituisce una entità mono etnica russa. Queste rivendicazioni sono molto antiche e ci riportano alla difficoltà dei Lituani a concepire i limiti, molto fluidi e molto ampi, del territorio e dell’etnia alle quali essi si riferiscono. Nel XIII secolo, al tempo della conquista teutonica e del principe di Prussia, Kambila, la Lituania serve da rifugio ai pagani baltici perseguitati dai monaci cavalieri. Sembra che la Prussia orientale, all’epoca baltica e denominata Borussia o Prutenia, abbia esercitato una supremazia religiosa pagana sui Lituani che da quel tempo non hanno mai smesso di rivendicarla fino alla fine dell’Ordine Teutonico nel 1525.
La costruzione etnolinguistica della Lituania alla fine del XIX secolo ha rinfocolato queste rivendicazioni, che vengono da molto lontano. I nazionalisti lituani formulano la loro identità nazionale sulla base di una lingua codificata nei confini prusso-lituani nel XIV secolo dai pastori luterani. Si tratta di una lingua intermedia fra il dialetto lituano, base pratica e quella che mantiene il prestigio dello scritto. Essa costruisce allora una rivendicazione su tutta la Prussia orientale, già di lingua baltica e specialmente su tutti i territori a nord del fiume Pregel, denominati Lituania minore. Dal 1919 questa rivendicazione viene avanzata a spese del II Reich sconfitto, da dove l’annessione della regione di Klaipeda, nel 1923. Ma rimane ancora la metà sud, fra il Niemen ed il Pregel, che rimane tedesca. Durante l’era sovietica, questo problema viene posto diverse volte dai comunisti lituani, senza successo. Ma, a partire dal 1991, i deputati nazionalisti, quindi gli ambasciatori del paese e fino al Capo dello Stato, Vytautas Landsbergis (1932- ), se ne fanno promotori, nonostante il riconoscimento delle frontiere russo-lituane per trattato, mutualmente ratificato nel 1997. Questa rivendicazione si traduce simbolicamente con il nome che questi nazionalisti attribuiscono a Kaliningrad: ”Regione Karaliaucius”, versione lituanizzata del nome tedesco Könisberg. Un modo come un altro per rifiutare il riconoscimento del fatto che la regione è stata integralmente ripopolata.
Dal 2016, si assiste al parossismo delle rivendicazioni lituane. Esse riguardano ora tutto il complesso federato Kaliningrad e a tale riguardo, portavoce della NATO, specialmente polacchi li hanno sostenute ufficialmente. Ma queste rivendicazioni hanno oggi un fondamento ? In tempi di pace esse rimangono in sospeso a livello di sogno ultranazionalista. Le capacità di azione politica lituane sono molto deboli, anche con le sue frontiere immediate. Tuttavia, nel contesto di una guerra NATO-Russia, la Lituania risulterebbe la prima interessata e potrebbe, tenuto conto dei sostegni che ha potuto ricevere dai diversi paesi di questa alleanza, ottenere dei vantaggi. Tuttavia, sarebbe anche non tener conto di una situazione “de facto”, ovvero del milione di Russi che abita il territorio in questione. In effetti, per lo Stato lituano, questi Russi sono “occupanti e quindi “da espellere”. La Lituania si trasformerebbe, a quel punto, come ricolonizzatrice delle terre dei suoi antichi fratelli di Borussia.

La Polonia: fra ritorno economico e ruolo storico
Così come la Lituania, l’interesse specifico della Polonia per la Prussia orientale è molto antico. E’ proprio un polacco, il duca Corrado I di Masovia o Konrad Mazowiecki (1187-1247), che chiama i Teutonici per sottomettere i Baltici pagani della Borussia. I Teutonici conquistano l’essenziale della Borussia, ma si rendono indipendenti; la Polonia da allora non cesserà di ricordare i suoi diritti su tutta la Prussia orientale, fino ad ottenere la sovranità indiretta (1525) sul territorio. E’ in tale contesto che il re di Polonia, Sigismondo II Jagellone (1520-1572), che crea un ducato di Prussia, centrato su un territorio pari all’incirca a quello rappresentato dalla regione di Kaliningrad e conserva il suo diritto di revocare il duca germanico. Ecco perché la Polonia si rifiuterà categoricamente di riconoscere il Regno di Prussia degli Hohenzollern fino alla spartizione mortale della Polonia: il solo re in Prussia non può essere che quello di Polonia. Nel 1918, una volta ottenuto la loro indipendenza, i Polacchi rivendicano un pezzo della Prussia orientale, ma non l’attuale Kaliningrad. Sarà solo nel 1944-45, nel quadro dei negoziati internazionali sulle nuove frontiere della Polonia, che questo paese rivendica tutta l’attuale Kaliningrad, come compenso delle perdite subite ad est. Successivamente i Polacchi ripiegano sui territori a sud del fiume Pregel. Infine, essi abbandonano tutta la questione, sotto l’irresistibile pressione dell’URSS.
A partire dal 1989, l’apertura delle frontiere favorisce una forte influenza economica e linguistica polacca su tutta la metà sud della regione russa, compresa la città di Kaliningrad. In effetti, è soprattutto dalla Polonia che arrivano le importazioni. Questa integrazione progressiva nell’economia polacca è, del resto, reciproca: le regioni della Prussia polacca sono anch’esse dipendenti dal commercio con Kaliningrad. Gli interessi polacchi risultano abbastanza importanti perché si possa riproporre la questione di possibili rivendicazioni, che ricalcherebbero quelle del 1944 e del XVII secolo. Associazioni politiche minoritarie le hanno formulate nel corso degli anni 1990; esse sarebbero logiche oggi in una Polonia che si vede come un gendarme dell’Europa del centro est. Ma esse non sono state riproposte in maniera ufficiale e la Polonia ha sostenuto quelle della Lituania nel 2016. Di fatto, la Polonia, fra tutti gli attori implicati, è quello che ha molto più da perdere, in quanto riaprendo la questione delle antiche frontiere tedesche, sarebbe a breve termine come condannarsi a perdere la metà nord ovest del suo territorio, acquisito sulla Germania nel 1945.

La Repubblica Federale di Germania (RFA) ed i suoi Länder: una doppia politica culturale molto efficace
La Germania occupa una parte strana nella questione della Prussia dell’est. Beninteso, tutto il territorio di Kaliningrad gli è appartenuto dal 1255 al 1945, tra l’altro, con un ruolo particolare; proprio in quel territorio si trovava il cuore simbolico dello Stato e della dinastia prussiana degli Hohenzollern, che incornavano re e si facevano tumulare a Könisberg-Kaliningrad.
I due milioni di Prussiani espulsi nel 1945 e rifugiati nella RFA hanno aggiunto uno strato di signidicato a questo importante simbolo reale e nazionale: la Prussia orientale, martire della guerra ed i suoi letali spostamenti di popolazioni. E’ in questo contesto, che, fino al 1990, la Prussia orientale come tutti i territori ad est dell’Oder-Neisse appaiono su tutti gli atlanti della RFA come “territori tedeschi sotto occupazione”. Il trattato sulle frontiere del 1990 mette fine a questa inquietante incertezza. Ma dal 1985, i Länder si lanciano in una ambiziosa politica culturale in direzione degli antichi domini tedeschi. Questa politica porta, a partire dal 2000, ad un recupero spettacolare del prestigio del patrimonio regionale. Gli agenti tedeschi finanziano il restauro degli edifici, la riscoperta della letteratura, della storia e dei grandi uomini tedeschi della regione ed infine la lingua.
Il risultato è rappresentato, a Kaliningrad, da una ricomposizione identitaria che fa apparire un nuovo gruppo regionalista, che è russo, ma portatore dell’eredità prussiano-tedesca. Questi Russi sono raramente germanofoni ma, sotto l’aspetto culturale lo sono ed insistono sulla loro specificità culturale o sulla loro qualità di sub-ethnos. Questo stesso fenomeno di ri-germanizzazione della coscienza culturale è, del resto, osservabile in Slesia, Pomerania e Prussia polacca. Nello stesso tempo, la RFA ha mantenuto una riservatezza esemplare sulla questione: non esiste alcuna rivendicazione da parte sua. Ma l’attivismo intenso dei Länder che la compongono potrebbe, alle volte, far pensare il contrario. E soprattutto una politica così efficace non ha più bisogno di rivendicazioni: sono gli stessi locali, per quanto siano tutti Russi, che tendono a rivendicarsi del mondo germanico e potrebbero, al momento giusto, richiedere di entrarvi.
Nel 2016, cambia la situazione. Con la crescita delle tensioni Russia – NATO, missioni militari atlantiche vengono inviate nei paesi baltici e quella inviata in Lituania risulta comandata da un ufficiale della RFA. Fatto che, all’improvviso, piazza i militari tedeschi sulla frontiera dell’antica Prussia orientale. Il passaggio da una relazione culturale privilegiata e interna ad una relazione militarizzata esterna con Kaliningrad rievoca lo spettro di una riannessione, meno lontana di quanto di quanto poteva apparire nel 2010. In effetti, la presenza economica e politica tedesca risulta molto forte, come anche nella Prussia polacca e nella stessa Lituania. Questo accerchiamento tedesco de facto di Kaliningrad fa riflettere, anche se solo una guerra paneuropea potrebbe spingere la RFA ad andare più lontano nella ri-germanizzazione.

La Bielorussia: l’altro erede dell’URSS e della Borussia
La Bielorussia risulta sistematicamente dimenticata quando si parla di Kaliningrad. A torto, perché si tratta di un attore molto importante e molto implicato nella sua creazione. I nazionalisti bielorussi stimano che Kaliningrad sia stata in maggioranza bielorussa nei primi anni del dopo guerra sovietico. Comunque sia, la Bielorussia ha una storia comune con la Prussia orientale: la Bielorussia occupa il territorio del Granducato di Lituania. Più profondamente ancora, la vecchia Borussia pagana si estendeva anche sul nord ovest bielorusso (Rutenia nera). Anche la Bielorussia può, in tale contesto, considerarsi, al pari della Lituania, come uno degli eredi di questa Borussia. Ma la Bielorussia non rinnega il suo passato sovietico e quindi cumula nella sua logica, i legittimisti nella sua corsa per Kaliningrad.
Questa regione russa ha in effetti un interesse fondamentale per la Bielorussia posta in una enclave: essa rappresenta lo sbocco marittimo più vicino e, d’altronde, è attraverso la Prussia orientale che passava il commercio storico bielorusso. Lo stesso presidente Aleksandr Lukashenko (1954- ) ha mantenuto un atteggiamento ambiguo sulla regione a partire dagli anni 2000, manifestando un interesse specifico per le terre agricole. La Bielorussia non è certamente pronta a disputare Kaliningrad alla Russia. Ma non può disinteressarsene, figurando, pertanto, nella lista dei pretendenti in caso di ritiro russo (molto improbabile), soprattutto perché si tratta di un punto obbligato per le comunicazioni terrestri Mosca-Kaliningrad e, potenzialmente, Pechino-Kaliningrad. In effetti, nel 2020 é stata proclamata l’unione rafforzata della Russia e dalla Bielorussia, che potrebbe captare a suo profitto una regione di cui essa, per la sua geografia, ha un reale bisogno. Rimane da conoscere che cosa sarà questa unione tanto agognata, ma anche tanto aleatoria, a partire dalla sua roboante proclamazione nel 1999.

Kaliningrad: verso uno sbocco della rotta della seta ?
Nel 2017, nel contesto delle tensioni NATO-Russia e per la prima volta nella storia, navi da guerra cinesi navigano al largo di Kaliningrad e dimostrano un interesse per la regione. Sapendo che la rotta della seta passa per la Bielorussia e che termina già in Polonia, una presenza cinese a Kaliningrad non sarebbe così sorprendente a breve. Questo interesse cinese è la dimostrazione lampante di quanto il valore attribuito a Kaliningrad supera i confini della sua modesta regione russa e quanto le tensioni che progressivamente vi si accumulano da ogni lato, possano diventare esplosive.
Kaliningrad resta, come a suo tempo la Prussia orientale, un fronte strategico culturale fra i mondi dell’Ovest (cristiano cattolico, Reichs, UE-NATO) e dell’Est (pagani, Rus ortodossi, Impero mongolo islamico, quindi Eurasia sino-russa).

NOTA
(1) Kaliningrad, Città di Kalinin. Mikhail Ivanovic Kalinin (1875-1946) Di origine proletaria, egli viene scelto nell'autunno 1917 come sindaco della città di San Pietroburgo, che egli amministra durante e dopo la rivoluzione bolscevica del 7 novembre seguente. Amico di Stalin, Kalinin ha ricoperto nel Partito Comunista Sovietico importanti cariche. Dal 1919 é stato membro candidato del Politburo, entrandone a far parte attivamente nel nel 1925, dopo la presa del potere do Stalin. Dal 1919 al 1946 é stato Presidente del Presidiun del Soviet Supremo, cioè Capo dello Stato dell'Unione Sovietica

 

 

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