In conclusione ed a conferma del particolare stato sociale goduto da tutte le famiglie IACOPI di Firenze esaminate, possiamo dire che tutte le casate avevano il privilegio della sepoltura in chiesa che, come noto, era riservato ai nobili od a coloro che vivevano "more nobilium". Dal "necrologio fiorentino" di Eusebio CIRRI (Allegato G6) leggiamo che le famiglie IACOPI hanno 6 tombe nella Basilica di San Lorenzo, in Santa Reparata (attuale Duomo) ed altre in Santa Croce e nella 3^ cappella a dx della Chiesa di S. Maria Maddalena dei Pazzi in Borgo Pinti (Iacopi del LION NERO, Fig. 44) ed una Cappella (2^ del transetto destro, fig. 45) nella Chiesa di Santo Spirito (Iacopi o Iacoppi e Consorteria de' ROSSI). Titolo di nobiltà che è confermato dal fatto che le famiglie hanno partecipato al governo della città di FIRENZE con diversi Priori.
Essi avevano, inoltre, un sepolcro anche nella chiesa di S. Jacopo tra Fossi (fig. 45a), che era anche la chiesa parrocchiale del loro Gonfalone (di fatto il quartiere di Santa CROCE aveva per il Lion Nero due parrocchie o popoli: San Romeo e S. Jacopo tra fossi; il Gonfalone delle Ruote ne aveva tre: San Procolo, Santo Stefano alla Badia e San Martino; il Gonfalone del Bue ne aveva tre: S. Simone, San Apollinare e San Firenze; mentre quello del Carro ne aveva ben cinque: S. Piero Scheraggio, San Romolo, Santo Stefano al Ponte, Santa Cecilia ed Orsanmichele).
Infine, come peraltro è già stato già messo in evidenza per gli Iacopi di Santa CROCE, a partire dalla fine del 1600 non si riescono più ad avere dati certi e documentabili della presenza di famiglie Iacopi a Firenze, ma tale pratica loro scomparsa dalla città appare piuttosto plausibile da mettere in relazione ad una loro rapida decadenza politica e commerciale. La prima ipotesi appare più probabile e certamente prevalente. Questi due eventi concomitanti hanno certamente determinato la dispersione di tutti i loro rami. Proprio per motivi politici, molti rami della famiglia dovettero abbandonare in la città di Firenze per spostarsi, in maggioranza, nel territorio della libera Repubblica di Lucca o nell’area del pistoiese, prossima al confine con la repubblica lucchese, dove un ramo degli Iacopi vi aveva ottenuto la nobiltà cittadina o, in minor misura nei territori del viciniore Stato della Chiesa, dove avrebbero potuto godere di maggiore libertà e soprattutto di iniziativa, specie nel campo dei commerci.
In definitiva, come già evidenziato in precedenza, il cognome IACOPI è un cognome che ha in Italia una diffusione estremamente limitata, anche se sostanzialmente concentrata in una sola regione. Tutte le famiglie IACOPI esistenti in Italia ed anche quelle che oggi incontriamo fiorenti all’estero (evidenziate nelle pagine specifiche), sono riconducibili a poche precise aree geografiche italiane, quali la Lucchesia, il Pratese e l'Aretino (Casentino in particolare) ed il Pistoiese. E molto verosimile, pur non disponendo di esaustivi elementi oggettivi di riscontro, che tutte le famiglie, oggi esistenti, possano derivare da una comune matrice fiorentino/pratese/pistoiese e più precisamente dagli IACOPI di Santa CROCE, ramo questo, presente e numeroso nella Città del Giglio fino alla seconda metà del 1500. E’ altresì molto probabile che i pochissimi membri oggi esistenti della famiglia IACOPPI e IACOBBI possano invece derivare dagli IACOPI o IACOPPI della Consorteria de’ ROSSI, che erano stati capi del partito Guelfo e che erano stati dichiarati dei “Grandi”, dopo gli Ordinamenti di Giustizia di Giano della Bella. Fatto che determinerà in seguito il loro abbandono della città.
Comunque sia, gli Iacopi del LION NERO erano ascritti al ceto nobiliare fiorentino con la dignità iniziale di Miles e quindi di Nobile. Essi sono stati ascritti anche alla nobiltà di Pistoia, mentre gli Iacopi de' TORNAQUINCI derivavano a loro volta da un'altra famiglia, i Tornaquinci, che erano, come gli Iacopi o Iacoppi de’ ROSSI, sicuramente Baroni o dei Grandi di Firenze ed appartenenti al ceto magnatizio, perché di origine feudale ed inurbatisi nella città del Giglio dal contado circostante.In definitiva, questa è la regola di base, imposta a posteriori, della nobiltà fiorentina, ma negli elenchi sopradetti mancano comunque tutte le famiglie, che pur possedendone i titoli nel 1752, o erano emigrate da Firenze o non disponevano più, all’epoca, dei requisiti economici necessari per essere dichiarati “Nobili” secondo tale legge.
In tale contesto, nel 2002, Don Alfonso Ceballos Escalera y Gila, duca di Ostuni, Marchese de la Floresta, Visconte di Ayala, Cronista, Rei de Armas di Castiglia e Leon, organo ufficiale araldico del Regno di Spagna, ha certificato (con atto in data 4 dicembre 2001, registrato presso la Giunta di Castiglia e Leon in data 13 giugno 2002 e rogitato presso il Collegio Notarile di Madrid con atto n. 20648 in data 19 luglio 2002), per il generale Don Massimo IACOPI, che agli IACOPI del ramo del Casentino é possibile attribuire il titolo di Nobile di Firenze, concedendo anche uno stemma personale al predetto generale. (Fig. 46, 46a, 46b, 46c, 46d.)