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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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I Saraceni fuggono davanti a Chiara D'Assisi

I SARACENI FUGGONO DAVANTI A

CHIARA D’ASSISI

(Stampato su “SUBASIO” n. 2/14 del giugno 2006, Bollettino trimestrale dell’Accademia Properziana del Subasio di Assisi)

Santa Chiara è conosciuta per essere stata compagna spirituale di S. Francesco: a meno di venti anni fugge di notte dalla casa paterna per raggiungere il Poverello, che l’accoglie nella religione. Ma in genere i più ignorano che la santità di Chiara, agli occhi del popolo assisano, è attestata soprattutto dal suo intervento miracoloso in occasione dell’assedio della città da parte dei Saraceni, di cui una antica tavola conservata a Siena ci ricorda l’evento.

C

hi non conosce la storia della conversione di Chiara di Offreduccio degli Scifi, che, all’età circa di vent’anni, entusiasmata dall’esperienza di Francesco d’Assisi, decide di lasciare nottetempo la casa paterna di Assisi, dove ella viveva con i propri familiari, per raggiungere il Poverello alla Porziuncola? Accolta da Francesco nella religione, che le taglia i capelli, Chiara qualche anno più tardi si installa con alcune compagne nel piccolo convento, restaurato dai frati, nei pressi della Chiesa di S. Damiano. Ma quello che è molto meno conosciuto è il fatto che, agli occhi dei suoi concittadini, uno dei tratti più significativi della santità di Chiara è rappresentato dal suo vigoroso e riuscito intervento nell’arrestare le truppe saracene di Vitale d’Aversa, che nel 1240 e nel 1241 assediavano la città.

L’episodio è tutt’altro che leggendario o inventato e sei delle quindici sorelle Clarisse, chiamate a testimoniare in occasione del processo di canonizzazione, seguito alla morte della Santa nel 1253, confermano questo avvenimento. Lo stesso episodio compare in seguito, con dovizia di dettagli, anche nel Capitolo 13° della “Vita di S. Chiara”, redatta da Tommaso da Celano, in occasione della canonizzazione della Santa nel 1255. L’evento diviene comunque oggetto di devozione popolare e molto rapidamente la scena del miracolo viene raccontata anche per immagini. Esiste infatti sulla faccia esterna di un dittico, con quattro storie di santi, conservato nella Pinacoteca di Siena, una delle più vecchie e significative rappresentazioni pittoriche del Miracolo di S. Chiara. L’opera, dipinta da Guido da Siena o da allievi della sua scuola, è costituita da un pannello di 65 cm. d’altezza per 35 cm. e fornisce una rappresentazione della cacciata dei Saraceni. La datazione del dittico appare controversa, ma viene comunque concordemente fissata a prima del 1280, ovvero a meno di quaranta anni dall’evento.

Nel 1239 lo scontro già in atto fra Federico 2° e Papa Gregorio 9° assume toni drammatici: l’imperatore, scomunicato dal Papa, reagisce, invadendo il Ducato di Spoleto ed in tale contesto Assisi, una delle principali città del Ducato, viene ad essere direttamente minacciata ed in particolare il piccolo Convento di S. Damiano che si trova fuori le mura della città che, appena protetto da un fragile e simbolico muro di cinta, è ben lungi dall’essere una fortezza imprendibile.

La comunità delle suore, come spesso avviene a quei tempi, è la prima ad essere esposta al saccheggio, se non allo stupro da parte dei mercenari. Per di più nelle forze armate imperiali, guidate da Vitale d’Aversa, figurano anche delle unità mussulmane, che sono fra le più fedeli e devote a Federico 2°. Questi saraceni sono i discendenti dei mussulmani di Sicilia che, debellati venti anni prima dallo stesso imperatore a seguito di una rivolta, erano stati trasferiti nell’area e nella città di Lucera, nella Capitanata, con speciali privilegi e la libertà di conservare la loro religione.

Dal racconto di Tommaso da Celano leggiamo che le suore sono spaventate, alcune svengono, altre singhiozzano, ma Chiara, sebbene ammalata, non si lascia impressionare, né prendere dal panico. Si fa trasportare davanti agli assalitori, con la sola protezione delle particole consacrate conservate in un Ciborio (pisside). Prosternata Chiara inizia un dialogo con il Cristo, la cui voce, simile a quella di un bambino, gli risponde rassicurandola nei confronti delle suore (“Vi proteggerò sempre”) e verso la città (“verrò in suo aiuto e protezione”). La fiducia incrollabile di Chiara nell’efficacia della sua preghiera a Dio fa poi il resto: “la frenesia di questi cani arrabbiati si trasforma in paura, tanto che ruzzolano dalla muraglia molto più velocemente di quanto non fossero saliti”.

Con la forza della sintesi tipica dell’immagine, tutto l’episodio si trova ricapitolato sul pannello conservato a Siena. Vi si vede S. Chiara che esce da una costruzione che assomiglia ad una chiesa. Nelle mani ricoperte da un panno bianco (in segno di rispetto e riverenza) che tengono il ciborio c’è la sintesi del dialogo con Dio. La sua preghiera provoca la sconfitta degli assalitori: questi, proiettati dall’alto della torre che avevano scalato, abbandonano i loro picconi in una caduta mortale, sotto lo sguardo atterrito di due gruppi di persone.

Curiosamente fra i personaggi dei due gruppi si evidenziano dei soldati armati di tutto punto e delle altre figure, forse dei dignitari o dei consiglieri, vestiti inconfondibilmente alla moda “saracena”.

E’ opportuno ricordare a questo punto che S. Francesco nel 1219 aveva già tentato di convertire il Sultano Al Kamil a Damietta, in occasione di un colloquio, immortalato più tardi dal pennello di Giotto di Bondone. Chiara, la “piccola pianta” di S. Francesco, come soleva spesso chiamarsi, affronta a sua volta gli Infedeli come un campione della fede, tenendo fra le sue mani l’emblema per eccellenza della fede dei Cristiani. Per questo motivo non ci si deve sorprendere se nell’opera l’umile monastero di S. Damiano abbia assunto i tratti di una simbolica città santa. Le sue fiere torri forse vogliono richiamare discretamente quelle di Gerusalemme, da poco definitivamente perduta da parte dei Cristiani. Ma l’intento è forse anche quello di sovrapporre al monastero l’immagine della stessa città di Assisi, della quale, come abbiamo visto, Santa Chiara si preoccupa vivamente nella sua preghiera e come lo farà ancora anche l’anno seguente affinché venga tolto l’assedio da parte delle truppe di Federico 2°.

Gli Assisani, misticamente soccorsi per ben due volte dagli interventi di S. Chiara gliene saranno fortemente grati ed il loro podestà figurerà in prima fila in occasione del trasferimento delle reliquie della Santa da S. Damiano alla chiesetta di S. Giorgio in città. Ed il 22 giugno, data del miracolo della liberazione della città assediata nel 1241, diventerà, ad imperitura memoria, una festa ufficiale del Comune di Assisi, liberata dall’assedio per l’intercessione di Chiara. I vescovi, i vecchi protettori spirituali della città antica, lasciano ormai il posto a S. Francesco ed alla santa clarissa. La scelta iconografica di presentare il ciborio nelle mani di Chiara non sarà più dimenticata. A partire dalla fine del 13° secolo, l’eucaristia, che la santa venerava in modo speciale, diventerà il suo principale attributo ed il suo principale segno distintivo. 

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