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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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I Turchi e l'Europa

I TURCHI E L’EUROPA

(Pubblicato su “Subasio” n. 3/13 del settembre 2005, Bollettino trimestrale dell’Accademia Properziana del Subasio di Assisi)

 

Le invasioni arabe prima, quelle dei Turchi poi, hanno rappresentato una minaccia secolare che ha marcato la coscienza europea.

Il 29 maggio 1453 i Turchi, impadronendosi di Costantinopoli, conseguono un successo decisivo che apre la via, oltre alla loro espansione verso il vicino oriente mussulmano, anche in direzione dell’occidente cristiano che, per oltre due secoli, rimarrà sotto la formidabile minaccia delle armate e delle flotte del Gran Sultano della Sublime Porta. Durante tutta l’epoca moderna le relazioni fra Europa ed Impero Ottomano rimarranno sostanzialmente conflittuali e quando lo scontro totale che oppone i Turchi all’intero corpo della cristianità si concluderà con la vittoria delle potenze europee, la “questione d’oriente” e la crisi del “grande malato” verranno a prendere un posto rilievo nel dibattito mondiale. Mentre alla fine del 1500 Alberico Gentili afferma, nel suo lavoro “De iure belli”, che “noi abbiamo in permanenza una ragione legittima per batterci contro i Turchi”. Agli inizi del 1800 la generazione del romanticismo filo ellenico sosterrà senza remore l’insurrezione greca: Byron andrà a morire a Missolungi, Santorre di Santarosa morirà a Sfacteria, il Foscolo  evocherà Zante, Delacroix dipingerà il Massacro di Chio e Victor Hugo chiederà proiettili e polvere da sparo per il suo “enfant grec”.

Sorti nel cuore dell’Asia centrale i Turchi entrano nella vita dell’Asia minore dalla seconda metà del 1000 e quando nel 1071, a Mantzikert, sconfiggono  l’Imperatore bizantino Diogene determinano lo sconvolgimento dell’intero equilibrio della regione. Due secoli più tardi Er-Thogrul, poi Othman (Ottomani) o Osman (Osmanli) discendenti della tribù Oghuz dei Kayi saranno all’origine di una dinastia di 36 successori e di grandi capi guerrieri destinati ad un avvenire imperiale. I loro discendenti stabiliranno, in effetti, le basi territoriali dello stato ottomano che si imporrà successivamente, attraverso una serie di conquiste, a tutta l’Asia Minore, prima di affrontare l’impero bizantino. Le truppe ottomane entrano ufficialmente in Europa nel 1356-7 con la presa di Gallipoli (Gelibolu) da parte di Orhan, figlio di Osman e la conquista intorno al 1363 di Adrianopoli (Edirne) da parte di Murad 1°.

Vinti una prima volta sulle rive della Maritza nel 1371, i Serbi vengono completamente battuti da Murad 1° il 15 giugno 1389 nella Battaglia della Piana dei Merli nel Kossovo, e questa sconfitta segna per loro l’inizio del servaggio turco della durata di circa quattro secoli; Il padichah Beyazit 1° Yildirim (La Folgore) assedia poi per sette anni, senza successo, Costantinopoli, ma riesce a battere a Nicopoli, il 25 settembre 1396, la crociata del fior fiore della cavalleria europea, arrivata, sotto al guida di Sigismondo d’Ungheria, in soccorso dell’agonizzante impero romano d’oriente.

L’arrivo in Asia minore delle Orde di Timur Lang (Timur lo zoppo), meglio conosciuto come Tamerlano e la sconfitta di Beyazit ad Ankara nel luglio 1402, concede a Costantinopoli ed all’Europa qualche decennio di respiro ma già nel 1422 il sultano Murad 2° inizia il secondo assedio di Costantinopoli. Gli invasori turchi però vengono a confrontarsi con una resistenza feroce da parte dei popoli balcanici. Il Voivoda di Transilvania, Giovanni Hunjadi riesce ad infliggere severe sconfitte alle forze turche giunte nei pressi dell’Ungheria e Giorgio Castrista di  Scanderbeg riesce a mantenere a lungo la fiamma della resistenza in Albania. Ma la sconfitta di Varna nel 1444, la conquista del Peloponneso e la sconfitta di Hunjadi nel 1448 nella seconda battaglia del Kossovo, segnano inevitabilmente la fine di quel che resta dell’impero bizantino. Mehemet o Maometto 2° il Conquistatore, divenuto Sultano nel 1451, nel 1453 liquida definitivamente la sorte di Costantinopoli, ribattezzata Istambul, nonostante la disperata resistenza di greci e genovesi.

Installato un una regione cerniera fra l’Oriente e l’Occidente, in rapida espansione su tre continenti ed erede dell’impero bizantino, l’impero ottomano ottiene un surplus di potenza dal controllo dei Balcani, le cui popolazioni verranno a fornirgli, per mezzo dei loro giovani, razziati ed islamizzati (desvirme), l’elite del loro Esercito ed una parte dei suoi quadri amministrativi. Avendo ormai a disposizione risorse umane ed economiche considerevoli, il sultano può impostare nei Balcani e sul Mediterraneo una lotta di lungo respiro contro il mondo cristiano, diviso al suo interno.

Dopo la vittoria di Selim il Terribile sui persiani, la conquista dell’Egitto ed il controllo sui luoghi santi d’Arabia di cui si proclama Califfo, il suo successore Solimano il Magnifico (1520 - 1566) può riprendere l’offensiva ad occidente, portando una seria minaccia alla sopravvivenza dell’Europa cristiana.

Di fatti proprio nel corso del 16° secolo lo scontro raggiunge il suo parossismo su due teatri d’operazione principali, l’area danubiana da un lato ed il Mediterraneo dall’altro. Nell’agosto 1526, con la vittoria di Mohacs, i Turchi si assicurano il controllo dell’Ungheria, dove rimarranno fino alla fine del 1600. Nel 1529 Vienna subisce un primo assedio e gli stati asburgici rimarranno per più anni sotto la  minaccia costante e diretta del Sultano. Nel 1532 l’eroica resistenza, per un intero mese, degli 800 uomini della piccola guarnigione di Guns davanti all’intera armata turca, salva il cuore dell’impero, facendo guadagnare il tempo necessario a costringere il sultano alla ritirata. L’invasore deve contentarsi di devastare la Slavonia e la Stiria a pochi passi da casa nostra.

Sul teatro del Mediterraneo, dopo la presa di Costantinopoli e dell’Egitto, l’alleanza dei corsari barbareschi di Algeri e di Tripoli rende l’Impero Ottomano una potenza navale temibile. Dal 1522 i Cavalieri Ospedalieri Giovanniti devono abbandonare Rodi e ripiegare su Malta. La presa di Tunisi da parte di Carlo 5° di Spagna nel 1535 non può impedire di fatto lo svilupparsi della guerra di corsa ed il successivo tentativo di Carlo 5° di impadronirsi nel 1541 di Algeri non è coronato dal successo. Per di più l’alleanza conclusa da Francesco 1° di Francia e Solimano fornisce alla flotta del Barbarossa (Khair ed Din) di svernare nella rada di Tolone in condizioni di massima sicurezza ed anche l’occasione propizia di saccheggiare le coste italiane. I Turchi subiscono un primo significativo scacco nel 1565 quando devono abbandonare l’assedio di Malta, soccorsa dai Tercios spagnoli provenienti dalla Sicilia. Ciò nondimeno riescono a conquistare nel 1570 Cipro, togliendola ai Veneziani.

Ma l’evento chiave in tale teatro avviene nel 1571 quando la flotta alleata, agli ordini di Don Giovanni d’Austria, distrugge nei pressi di Lepanto la flotta turca. Questa battaglia rappresenta un colpo d’arresto decisivo nell’espansione  ottomana, anche se il campo cristiano non è in condizione di riportare la vittoria totale o di sfruttare a pieno il successo, tanto che nel periodo successivo i Turchi riusciranno anche a riconquistare Tunisi.

Bisognerà attendere la meta del 17° secolo per vedere l’impero ottomano nuovamente minaccioso. Mentre le armate turche marciano contro l’Austria, Raimondo Montecuccoli, comandante di una armata di coalizione, ottiene contro loro, nell’agosto 1644, un successo importante a Raab o di S. Gottardo. Ma lo scontro decisivo ha luogo solo nell’estate del 1683 quando le armate del Gran Visir Kara Mustafà pongono nuovamente l’assedio a Vienna, difesa dal conte Ernesto de Stahremberg. Mentre la città resiste da 60 giorni, il Re polacco Giovanni Sobieskj ed i suoi alleati francesi sconfiggono i Turchi a Kalhemberg nel mese di settembre ed a partire da tale momento l’onda lunga ottomana tende ad arrestarsi. L’Austria da quel momento inizia una riconquista metodica dell’Europa danubiana e la grande vittoria del principe Eugenio di Savoia Carignano a Zenta, nel 1697, conduce alla pace di Karlowitz ed alla liberazione dell’Ungheria e dà una spinta poderosa ad un riflusso che diventerà inarrestabile. Nel 1714 L’Imperatore d’Austria e Venezia riprendono la lotta e le vittorie di Peterwardein (Petervaradino), 1716 e di Belgrado, 1717, obbligano il Sultano alla pace di Passarowitz (1718) che segna una tappa decisiva della “reconquista asburgica” dei Balcani. L’impero Ottomano, però, ha ora davanti a sé una nuova minaccia, quella della Russia che, dopo il periodo di consolidamento con Pietro il Grande e le zarine, inaugura sul Mar Nero la politica della corsa ai Mari caldi. Nel 1770 l’ammiraglio russo Alessio Orlov distrugge una flotta ottomana nei pressi di Chio e nel 1783 il Principe Potemkin s’impadronisce della Crimea, eliminando il reliquato dell’ultimo Kanato turco in Russia. Da questo momento i rappresentanti della 3^ Roma si pongono come obbiettivo politico a lungo termine il compito di liberare Costantinopoli dal giogo mussulmano.

La crisi europea derivante dalla Rivoluzione francese concede un salutare e prezioso periodo di respiro al “grande malato” ottomano, ormai entrato in una fase di decadenza irreversibile.

Anche se il ministro inglese Castelreagh considera la Turchia come un “male necessario”, il risveglio del sentimento nazionale presso le popolazioni cristiane dei Balcani del 1800 rende la costruzione dell’Impero Ottomano sempre più fragile. Ormai l’ecumenismo ottomano è irrimediabilmente in crisi e successivamente il movimento riformatore dei Giovani Turchi, caratterizzato da una spiccata matrice nazionalista e turcofona, nell’intento di ridare slancio al sistema contribuisce in realtà alla sua definitiva disgregazione.

Le rivolte della Serbia, la guerra di liberazione greca, l’autonomia, poi l’indipendenza dei Principati dell’area romena, sono le tappe di una agonia interminabile, allungata dai ripetuti interventi dell’Inghilterra che non vuol vedere in nessun caso la Russia, paladina delle popolazioni balcaniche, mettere i piedi sul Bosforo e guadagnare l’accesso al Mediterraneo. Incapace di riformarsi da solo l’Impero Ottomano si mantieni in piedi con il terrore e con il ripetuto intervento dei Bashi Buzuk, responsabili degli efferati “orrori bulgari”, tanto esecrati dal Gladston, massacratori di villaggi, che il Gran Sultano Abdul Hamid 2° invia  sistematicamente in Rumelia, in Bosnia, in Armenia o in Macedonia per mantenere l’ordine. La guerra italo - turca del 1911 – 12, la coalizione serbo - greco - bulgara del 1912, che ottiene la liberazione della maggior parte dei Balcani dalla presenza ottomana, da ultimo la 1^ guerra mondiale, hanno finalmente ragione dell’Impero Ottomano fino a quando, nel 1919, Mustafà Kemal, risuscita dalle rovine dell’impero dei sultani, un nuovo e rivoluzionario stato, la Turchia moderna, fortemente impegnato sulla via della modernità.

Una fase della storia europea si conclude quindi all’inizio del 20° secolo con la scomparsa della potenza turca ma, come l’ha ben dimostrato lo storico inglese Paul Coles, con un bilancio per l’Europa balcanica veramente pesante: L’assorbimento nell’Impero ottomano del sud est europeo è stato, a lungo termine, una vera tragedia. L’imperialismo ottomano portava con sé qualcosa di sterile. I popoli conquistati sono stati per diversi secoli prigionieri di un sistema economico e sociale incapace d’evoluzione e le elites locali non aspiravano ad altro ideali che un parassitismo impregnato di violenza. Si capisce allora perché gli Europei abbiano percepito la minaccia turca come un pericolo mortale. E tutto questo avviene nel momento esatto in cui la cristianità si trova già, per effetto della spinta della Riforma protestante, poi per lo sviluppo dei grandi stati dinastici, in una situazione psicologica di superiorità e senza dubbio in una nascente “coscienza di una identità europea in  opposizione ad un nemico comune”.

Il Re di Scozia, Giacomo 6°, il futuro Giacomo 1° d’Inghilterra, nel parlare della lotta al turco si esprime in termini di “combattimento comune per la causa pubblica”, ben differente dalle guerre che potevano verificarsi fra i principi cristiani. E sono appunto le Nazioni d’Europa che Erasmo da Rotterdam chiama alla Crociata contro i Turchi. Nel 1528 Lutero chiede a Carlo 5° di realizzare l’unità tedesca per scongiurare tale pericolo che, in un suo sermone di un anno più tardi (Sermone sulla guerra), definisce come una “punizione divina”.

Nonostante tutte le differenze dottrinali che lo separano dai difensori cattolici di Malta, il vescovo anglicano di Salisbury invita comunque a pregare i suoi fedeli per la liberazione dell’isola e dopo che nel 1565 i Turchi sono stati respinti l’arcivescovo di Canterbury farà dire a sua volta delle preghiere in azione di grazia. Nel 1639 lo scrittore inglese Thomas Fuller farà persino l’apologia del Re Cattolico di Spagna nella sua “Storia della Guerra Santa”, affermando ….” Si, tutta la cristianità occidentale deve il suo sonno sereno alla sua vigilanza costante, a lui, le cui galere mantengono in rispetto Tunisi ed Algeri”.

La confrontazione Occidente - Impero Ottomano è stata pertanto uno combattimento di praticamente tutti gli europei cristiani (spagnoli, tedeschi, italiano ed a volte francesi) condotto per più secoli contro il nemico comune. Il Re serbo Lazaro, decapitato nella Piana dei Merli, il capitano genovese Giustiniani, mortalmente ferito sulle mura di Costantinopoli, Marcantonio Bragadin, scuoiato vivo a Famagosta, il Duca di Beaufort caduto davanti a Candia, Byron e Santorre di Santarosa, morti più recentemente per la causa dell’indipendenza greca, testimoniano chiaramente la persistenza di una lotta primordiale degli europei contro il pericolo ottomano, che per lunghi secoli è stato sì un pericolo mortale ma anche un cimento.

BIBLIOGRAFIA:

Coles Paul: La lotta contro i Turchi, Flammarion 1969;

Mantran Robert: Storia dell’Impero Ottomano, Fayard, 1989;

Beranger Jean:  Storia dell’Impero degli Asburgo, Fayard, 1990;

Castellan Georges: Storia dei Balcani dal 14° al 20° secolo, Fayard, 1991

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