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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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La vettura da trasporto nel medioevo

LA VETTURA DA TRASPORTO NEL MEDIOEVO

(Stampato su “SUBASIO” n. 2/14 del giugno 2006, Bollettino trimestrale dell’Accademia Properziana del Subasio di Assisi)

 

Il Medioevo ha conosciuto diversi mezzi di locomozione a ruote, adibite a trasporto di persone e di mercanzie. Ereditate dal periodo precedente (carrette a quattro ruote, carrette a due ruote, tirate da asini o buoi e soprattutto da cavalli). Se in questo settore, come in altri, l’uomo medievale non porta innovazioni, tuttavia egli contribuisce all’apporto di numerose migliorie tecniche.

Il periodo precedente

Come in tutte le invenzioni collettive, la comparsa della ruota non ha una data certa né una collocazione geografica precisa. Le prime vetture a due ruote sarebbero nate da una specie di barella (all’indiana), tirata da un animale e documentata in epoca preistorica. Le vetture a due ruote sono comunque presenti nella maggioranza delle civiltà del Medio Oriente. I Sumeri (4000 - 2000 avanti Cristo) utilizzano delle vetture a due o a quattro ruote piene. I Babilonesi (2000 - 500 a.C.) sono i primi utilizzatori della ruota a raggiera ed utilizzano primariamente il cavallo in luogo dei buoi. All’epoca degli Assiri (1000 - 600 a.C.) diviene comune l’uso del carro a due ruote, utilizzato particolarmente a fini di guerra. Importati in Egitto dagli Hiksos, questi carri di guerra sono particolarmente tenuti in considerazione dagli Egizi a partire dalla 18^ Dinastia e giocano un ruolo sempre più importante nelle battaglie. I Greci, a loro volta, utilizzano sia il carro a due ruote, che il carro coperto a quattro ruote, per il trasporto delle donne. Tuttavia questi ultimi sono abbastanza rari, perché il loro impiego è condizionato da una rete viaria in buono stato.

L’epoca romana è segnata dall’abbandono del carro di guerra, la biga, a vantaggio della cavalleria, ma i carri ad un solo asse vengono utilizzati per le corse, con due o quattro cavalli da tiro. Una quadriga, tirata appunto da quattro cavalli, è usata dall’Imperatore durante il trionfo, mentre i sacerdoti ricorrono all’uso del Pilentum, una vettura sacra a due assi, che serviva al trasporto delle statue degli Dei e di altri oggetti rituali. L’uso del Carpentum, pesante carro a quattro ruote, era all’inizio riservato al trasporto dei membri della famiglia imperiale ed ai grandi personaggi. Lo sviluppo, al tempo di Roma, di una rete stradale e l’istituzione del cursus pubblicus (una specie di stazione di posta al servizio degli organismi dello stato) rendono più facile l’uso delle vetture a ruote (ad un asse per i viaggi brevi; a due assi per i viaggi a lungo raggio). La ricchezza del vocabolario dei romani in tale settore è un sintomo evidente dell’importanza che il mezzo a ruote assume nel contesto della società imperiale. I testi menzionano un certo numero di veicoli dagli usi ben definiti: l’Essedum, un carro a due assi che serviva ai viaggi o al trasporto di prodotti agricoli, la Raeda, una grossa vettura a due assi anch’essa destinata ai viaggi. La Carruca dormitoria era, come lo dice chiaramente il nome, un mezzo speciale adattato per potervi dormire. L’Angaria era invece una grossa vettura utilizzata dalle legioni per il trasporto dei feriti e dei malati, mentre il Cisium era una piccola vettura rapida a due ruote. Ma conviene ricordare anche la Clabula, vettura a due assi dalle pareti aperte o a griglia adatta per il trasporto di persone o di mercanzie, il Plaustrum vettura ad un asse tirata da due cavalli affiancati, la Birota vettura leggera ad un asse, la Vereda ed il Currus, dalle capacità di trasporto leggermente superiori.

I popoli germanici, slavi e scandinavi utilizzano anch’essi delle vetture a ruote nei loro numerosi spostamenti. Si tratta essenzialmente di pesanti carriaggi a due assi con ruote a raggiera, ricoperte a volte di bronzo. Questi popoli, il cui know how nel settore è notevole, saranno all’origine di una importante innovazione: l’avantreno girevole che, chiudendo con l’era dei carri rigidi, consente finalmente alla vettura una accresciuta facilità e flessibilità d’utilizzazione.

L’Alto Medioevo: una crisi nel mezzo di trasporto

Gli sconvolgimenti connessi con la caduta dell’impero romano e un nuovo modo di pensare tipico di questo periodo, punteggiato da una insicurezza generica e generalizzata, provocano un arretramento molto netto nell’utilizzazione delle vetture negli spostamenti. La rete stradale organizzata dai Romani, ormai senza una manutenzione regolare per mancanza di risorse e di tecnici, contribuisce alla rarefazione del traffico delle vetture a due ruote ed, in particolar modo, il traffico dei carriaggi a due assi scompare quasi del tutto. L’istituzione lungo il percorso di numerosi pedaggi costituisce un altro elemento frenante per la circolazione delle vetture a ruote. Da ultimo l’utilizzazione della vettura per gli spostamenti non è vista di buon occhio nella società. Il mezzo di trasporto per eccellenza per i personaggi importanti è il cavallo o il muletto (usato molto dal clero). Gli spostamenti in vettura sono considerati dalla popolazione come un segno di debolezza fisica, di vecchiaia oppure un sintomo di sibaritismo (persona amante del lusso o di piaceri raffinati).

Tutto questo però non impedisce ai Re Merovingi di servirsi di carri tirati da buoi. Quest’ultimi, più potenti, ma più lenti del cavallo, possono sopportare anche delle ruote non in buone condizioni. La denominazione specifica di questi carriaggi non è generalizzata ed in molti casi sopravvive il loro nome romano. Ad esempio Eginardo nella sua “Vita di Carlo Magno” ci dice che il Re Chilperico, nel 570 circa, effettuava i suoi spostamenti su un “carpentum”, tirato da buoi e condotto alla maniera dei contadini da un “postiglione”. In tale periodo coesistono anche dei mezzi di trasporto speciali detti “Basterne”, delle specie di lettighe portate da muletti.

All’epoca carolingia gli sforzi di Carlo Magno nel restaurare la rete stradale ereditata dall’epoca romana, finiscono in un fallimento. Ciò nonostante il periodo è segnato da una certa ripresa di attività nel settore. Una scoperta romana, utilizzata anche dai popoli slavi, la vettura a cassone sospeso, ritorna in auge.  Questi mezzi consistono in un carro largo, dotato di una struttura sospesa a quattro pali, a loro volta collegati all’assale. Teoricamente più confortevole di una vettura rigida, non sembra però aver conosciuto un grande sviluppo, anche perché a l’epoca poteva essere un buon mezzo di addestramento al … mal di mare ! In effetti tale tipo di mezzo, se agevolmente sopportabile per i brevi percorsi, nei lunghi percorsi diviene decisamente faticoso ed adatto, piuttosto, a dei lupi … di mare ! Le vetture ad avantreno girevole, già note ai Germani ed ai Celti, fanno nuovamente la loro comparsa.  Questo tipo di vetture risulta riconoscibile sulle miniature del tempo, proprio per il fatto che l’avantreno anteriore dispone di ruote di diametro inferiore a quelle dell’asse posteriore. E’ infine a quest’epoca che si diffonde nuovamente il timone a due stanghe (a barella), gia noto ai Romani, al posto del timone tradizionale ad una stanga.

Ma la più grande innovazione tecnica di questo periodo è rappresentata dalla ferratura dei cavalli e dalla comparsa del collare, da porre sulla spalla del cavallo. I ferri facilitano la progressione dell’animale e proteggono i suoi piedi, mentre il collare, applicato alle spalle, permette un impiego più efficace della forza del cavallo. Il collare, apparso intorno all’8°  - 9° secolo,  si diffonde specialmente nell’11° - 12° secolo. Esso rimpiazza l’attacco alla romana, che applicava la trazione alla gola del cavallo, comprimendo il petto e rendendo così difficile la respirazione dell’animale. Il collare viene in tal modo impiegato con profitto nei lavori agricoli, ma anche per il traino delle vetture, perché consente il trasporto di carichi più pesanti.

Il ritorno della vettura da viaggio

A partire dall’11° - 12° secolo gli spostamenti in carrozza prendono un nuovo sviluppo. La moda dei pellegrinaggi, l’organizzazione delle Crociate verso la Terra Santa e lo sviluppo del commercio, specie nell’est europeo, generano un notevole mole di traffico. I principi ed i grandi signori non esitano ad intraprendere lunghi viaggi in vettura con il loro seguito. Fra l’agosto 1157 ed il gennaio 1162 risulta che l’imperatore Federico Barbarossa abbia percorso circa 3 mila chilometri nei suoi spostamenti da Halle a Poznan in Polonia, poi nella Franca Contea, quindi Magdeburgo e Ratisbona, per uno percorso medio giornaliero di circa 20 chilometri.

Le note spese dell’imperatore Enrico 7° durante i suoi viaggi nel 1312 - 13, mettono in evidenza che i suoi viaggi costavano molto più caro della spesa per il mantenimento della sua scorta militare e che la corte al seguito utilizzava a tal fine  una miriade di carriaggi.

Nei paesi anglo sassoni questa attività stradale in piena espansione si accompagna alla contemporanea redazione di un vero e proprio codice della strada. Uno di questi codici, il Sachsen und Schwabenspiegel, stabilisce la larghezza delle strade, i sorpassi, e le priorità (ad esempio le vetture cariche avevano la priorità su quelle scariche). Un altro regolamento tedesco precisa che il carico di una vettura, immobilizzata a seguito della rottura di un asse, va a vantaggio del signore sulle cui terre è avvenuto l’incidente ! Nel 1285 lo Statuto di Winchester prevede che le strade che collegano le città mercato devono essere di una larghezza sufficiente da permettere il doppio senso di circolazione ai carriaggi e che le stesse devono essere organizzate con una fascia di 200 piedi per ciascun lato, interamente disboscata. Lo stesso regolamento vieta il traffico di vetture con cerchi in ferro o rinforzati da chiodi, al fine di preservare lo stato delle strade.

Questo periodo è peraltro segnato da nuovi progressi nel campo della tecnica (spesso però introdotti dall’Oriente): il bilanciere, pezzo di legno o di ferro connesso al timone ed al cassone della vettura ed al quale, con delle corregge, vengono collegati gli attacchi del cavallo, l’inclinazione verso l’esterno della parte alta del piano della ruota rispetto all’asse di rotazione, che riduce lo sforzo esercitato sul fusello dell’asse e l’inclinazione dei raggi verso l’interno della ruota, per renderla meno sensibile ai colpi laterali.

La vetture a cassone sospeso, con l’impiego di catene o di cinghie, si diffondono nuovamente a partire dalla fine del 14° secolo in Ungheria ed in Italia.

Le carrozze da viaggio, impiegate durante il Medioevo, risultano di tipo diverso in funzione delle risorse disponibili e del rango dei viaggiatori. I più poveri viaggiano con delle vetture di preminente uso agricolo: dei semplici cassoni ad un asse, tirati da buoi o carri a due assi ricoperti da una tettoia.  Queste tettoie, normalmente ribaltabili sono formate da un telone di pelle o di stoffa montata su delle centine di legno curvate a semicerchio e collegate fra loro da tre o cinque listelli di legno, la cui estremità è guarnita a volte con delle finizioni (coppe) metalliche. I principi ed i signori fanno sovente ricorso a delle vetture a due assi arredate comodamente e con lusso. Queste vetture, non sempre ad avantreno girevole, sono trainate da due cavalli attaccati a freccia (uno dietro l’altro) o ad un timone oppure a dei bilancieri. Si possono trovare anche dei carri più piccoli per una o due persone, con attacchi a quattro cavalli, due al timone e due al bilanciere, sospeso all’estremità anteriore del timone. Questo tipo di carrozza è molto veloce ma decisamente meno confortevole, poiché risulta sospesa male. Gli Ungheresi utilizzano dei carri molto leggeri in vimini, trainati da un solo cavallo, ma che possono portare fino ad otto persone.

Tutte le vetture di lusso sono largamente provviste di cuscini e di tappezzeria, spesso ricordate negli inventari del 14° e 15° secolo. Nel 1262 quando Carlo d’Angiò entra a Napoli, appena conquistata, egli è seguito dalla sua consorte installata in un magnifico carro ricoperto e tappezzato di velluto blù cielo e decorato all’interno di gigli ricamati con filo d’oro. Nel 1457 quando Ladislao 5° chiede in sposa Maddalena la figlia del Re Carlo 7° di Francia, invia a questi in dono nella città di Tours una vettura sospesa (detta anche “carro tremolante”)  “moult somptueux et moult riche”.

Nel 1450 l’Imperatore Federico 3° si fa costruire una vettura d’apparato riccamente decorata con sculture di legno (antesignana delle posteriori carrozze reali), che utilizzerà a Roma nel 1454 in occasione della sua incoronazione e del suo matrimonio. Sempre nel 15° secolo la fidanzata di Mattia Corvino, Re d’Ungheria, Beatrice d’Aragona, figlia di Ferdinando di Napoli, fa il suo ingresso a Buda in una carrozza sospesa dorata, ricoperta di velluto verde, ricamato d’oro.

A fattor comune per tutti questi mezzi, al di là del loro migliorato standard di comodità, rimane però la loro lentezza. Mentre un cavaliere allenato può percorrere fino ad ottanta chilometri al giorno, una carrozza trainata da cavalli non supera, nel migliore dei casi, i 30 chilometri di percorso giornaliero.

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