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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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L'apogeo di Bisanzio

L’APOGEO DI BISANZIO

Mille anni fa, il secolo della Dinastia dei Macedoni

(Pubblicato su Impero Romano d’Oriente dell’ottobre 2003)

Nata da una classica rivoluzione di palazzo, la dinastia dei macedoni è quella delle profonde riforme dell’impero bizantino, grazie alle quali l’impero torna ad essere una potenza degna della sua eredità romana.

Nessun’altra famiglia è stata mai tanto favorita dalla sorte e dalla benevolenza divina. Niente di più strano quando si pensi ai bagni di sangue che hanno caratterizzato la sua ascesa al potere a Bisanzio. Ciò nonostante l’albero della dinastia ha messo delle forti radici ed ha germogliato numerose talee, ciascuna all’origine di un frutto reale incomparabile in bellezza e splendore”.

 Con queste parole il cronista Psellos non ha mancato di mettere in evidenza il paradosso sul quale è fondata la dinastia dei macedoni. Infatti è assai difficile immaginare che, allorché Basilio 1° (811 – 886), detto a torto il Macedone[1], cinge il diadema imperiale macchiato dal sangue dell’imperatore Michele 3° detto l’Ubriaco (842 – 867), comincia un periodo di rinascita per l’impero.

Ma è proprio la dinastia[2] fondata da quest’uomo rude e zotico, ma estremamente intelligente, che ridarà all’impero, per tutto un secolo, i mezzi per ritrovare le sue ambizioni universali, ormai perdute dal regno di Giustiniano. Grazie alle sue riforme ed a quelle dei suoi successori, Bisanzio, per lungo tempo ostaggio degli Avari, degli Arabi o ancora degli Slavi, ridiviene una potenza mondiale di primo piano.

I fondatori

Il 23 settembre 867 Basilio 1°, già co – Imperatore, assassina nel corso di una cena sanguinosa, Michele 3°, al quale doveva per intero tutta la sua carriera.

Già dal momento della sua turbolenta ascesa al potere Basilio comincia a trarre immediatamente una prima preziosa lezione: quella dell’eccessivo indebolimento del potere centrale a Bisanzio. Uno dei suoi principali compiti sarà pertanto quello della riaffermazione dell’autorità del potere imperiale, incombenza alla quale si dedicherà con tenacia anche il suo successore e figlio, Leone 6° detto il Saggio o il Filosofo.

Questa “Renovatio imperii” sarà incentrata essenzialmente su una serie di elementi fondamentali: l’affermazione di una dinastia legittima, il pieno recupero del potere centrale dello stato e la restaurazione della potenza militare.

Il primo impegno è dunque quello di legittimare e rendere stabile la nuova dinastia. A tal fine Basilio, già dall’867, fa incoronare imperatori i suoi quattro figli, assicurando in tal modo, per ogni evenienza, la continuità della dinastia. Poi il potere tenta di entrare nelle grazie del popolo. Vengono fatte rapidamente circolare delle leggende, nelle quali Basilio è indicato come un eroe guerriero discendente da Costantino. Per meglio ottenere l’adesione popolare, Basilio sceglie un santo Patrono per la sua famiglia, Sant’Elia, che viene festeggiato in grande pompa ogni anno il 6 giugno. In questo modo la famiglia imperiale si costruisce progressivamente una evidente legittimità nello spirito popolare.

Il secondo atto della riforma dell’impero tocca la ricostruzione amministrativa. Basilio inizialmente ristabilisce il diritti del potere imperiale su quelli del Patriarca[3]. La lunga disputa iconoclasta aveva data alla Chiesa una influenza determinante a fronte di imperatori indeboliti nel loro potere. La potenza dei Patriarchi spesso superava quella del sovrano. In tal modo il Patriarca Photius o Fozio 1° (857 - 867 e 877 – 886) era uno dei personaggi chiave della disputa Roma - Bisanzio, ai tempi di Michele 3°.

In tale contesto, Basilio decide di scacciare Photius nel corso dello stesso 867, riaffermando in tale modo la supremazia del Palazzo sulla Chiesa. E per dimostrare che la Chiesa non poteva più esimersi da questa nuova situazione, suo figlio Leone 6° fa nominare suo fratello, Stefano Syncello, Patriarca di Bisanzio nell’886 (sino all’893).

Sul piano amministrativo Basilio lotta contro i potentati locali che sono cresciuti un po’ dappertutto nell’Impero. Egli ricostruisce una struttura piramidale nell’amministrazione e questo sforzo di centralizzazione dell’amministrazione sarà portato a termine da suo figlio Leone 6°, che nel 902, riorganizza i Thémata (Temi)[4], ovvero le province militari dell’Impero.

Parallelamente Basilio e Leone rifondano per intero il diritto bizantino. Il Procheiron emanato nell’870 da Basilio e soprattutto le “Basilikà”, una serie di leggi imperiali, promulgate da Leone 6°, ammodernano, rendendolo concreto, il vecchio codice giustinianeo. Questa riforma giuridica non è certamente un fatto secondario. Essa mostra evidente la volontà della famiglia dei Macedoni di presentarsi come eredi dell’imperatore Giustiniano, l’imperatore che occupa ancora un posto di rilievo nell’immaginario collettivo di Bisanzio.

Ed è proprio la stessa volontà che guida Basilio nelle sue campagne militari in Italia. Questa è l’ultima pietra dell’opera dei primi macedoni: ridare al paese le sue ambizioni universali, cosa che contribuirebbe non poco alla affermazione ed alla legittimazione della dinastia. Approfittando in particolare modo della debolezza dei Carolingi, Basilio conquista, a partire dall’870, tutto il sud dell’Italia. Bisanzio rimette piede stabilmente in tal modo nella penisola italiana e può nuovamente cominciare a sognare in un allargamento ad occidente, tre secoli dopo Giustiniano.

Leone 6° non verrà però a beneficiare delle favorevoli condizioni geopolitiche incontrate da suo padre e l’esercito bizantino sarà costretto a ripiegare un po’ dovunque. L’Impero deve pagare un tributo ai Bulgari nell’894, l’ultimo possedimento siciliano, Taormina, cade nel 904 e la flotta viene distrutta a Chio nel 912 dai pirati arabi.

Ciò nondimeno Leone riuscirà durante questi difficili anni a riformare l’esercito ed a rendere più efficace la sua organizzazione. Vengono creati nuovi Temi nelle zone di frontiera più difficili ed il numero di soldati di guarnigione in ciascun tema viene reso più adeguato e soprattutto più flessibile alle esigenze di difesa.

La più piccola unità del Tema, la Drungoi o Drungae[5] (circa 1000 uomini), viene suddivisa in bande di 200 uomini. In tal modo è possibile rinforzare un qualsiasi punto delle frontiera movendo delle bande, senza sguarnire il settore impoverito. Leone 6° rinvigorisce le attività di addestramento nell’esercito specialmente quella degli arcieri. Ma la sua preoccupazione è la cavalleria che rinforza in ogni modo. Vengono create in tale quadro delle piccole unità montate, meglio armate e soprattutto più mobili. Durante il suo regno la Cavalleria dei Temi raggiunge la cifra di 6 mila effettivi. Infine, proseguendo il lavoro del genitore che aveva riorganizzato il comando della flotta, Leone costituisce un gruppo navale d’elite di 1000 uomini nell’ambito della ammiraglia imperiale. Egli favorisce in particolare l’utilizzazione del fuoco greco[6] nell’ambito della flotta bizantina.

Infine in materia di arte militare Leone 6° risulta persino l’autore di un manuale di tattica (Taktica) che farà scuola per tutto il 10° secolo, che ha come idea base la flessibilità dello strumento militare. Leone vi descrive a grandi linee la strategia dei nemici di Bisanzio (esame del nemico), per “poterla impiegare ed anche per perfezionarla”. La conoscenza delle tattiche utilizzate dal nemico sarà in effetti la chiave dei successi futuri di Bisanzio.

Alla fine del regno di Leone la famiglia dei Macedoni sembra ormai solidamente ancorata al potere. Ma questo legame col potere si basa_______________________________________________________________________________________________________________________________ su una volontà forte di rialzare le sorti dell’impero e di arrestare un declino che, dopo l’imperatore Eraclio (nato nel 575 ed imperatore dal 610 al 641), sembrava irreversibile.

I quasi 50 anni di riforme rischiano però di essere messi in discussione dalle fondamenta da una terribile crisi.

La crisi dell’Impero e la sua rinascita.

Alla morte dei Leone 6° nel 912, la dinastia risulta all’improvviso indebolita da una crisi di successione. L’unico figlio dell’imperatore defunto, Costantino 7° (905 – 959) Porfirogenito[7], ha appena 7 anni ed è il frutto del terzo matrimonio del Basileus[8], peraltro non riconosciuto dalla Chiesa. Gli oppositori delle riforme, guidati dal Patriarca Nicola 1° (901 – 907 e 912 – 925), un discepolo di Photius, riesce a prendere il sopravvento ed ad imporre sul trono il fratello di Leone, Alessandro 3° (870 – 913), un uomo noto per la sua debolezza di spirito. Successivamente un anno più tardi, dopo la morte di Alessandro, Nicola accetta di riconoscere la legittimità di Costantino, a condizione che venga nominato Capo del Consiglio di Reggenza. Nello stesso tempo il partito anti riforme, o se si vuole patriarcale, cerca di smantellare metodicamente le riforme adottate da Basilio e da Leone.

A questo punto entra nella scena Simeone, il Khan[9] dei Bulgari (893 – 927), che, tenuto conto della debolezza dell’Impero, considera arrivato il momento propizio per impossessarsi di Bisanzio. Qualche settimana dopo la morte di Alessandro, Simeone assedia Costantinopoli. La potenza bulgara è tale che il Patriarca Nicola accetta di incoronare Simeone co - Imperatore e gli arriva persino a promettere la mano della sorella di Costantino. Per il patriarca questa è l’occasione per indebolire definitivamente la dinastia dei Macedoni e per Simeone, cresciuto come ostaggio a Bisanzio, la possibilità di coronare il sogno di un impero universale greco - bulgaro.

Ma il popolo di Costantinopoli non è assolutamente d’accordo con questa soluzione. Formato all’idea della legittimità della dinastia macedone, la gente della strada si solleva non appena Simeone si allontana dalla città. Nicola, a sua volta, è costretto ad abbandonare la capitale e la madre di Costantino, Zoé Zautsina (nata intorno all’880), si impadronisce del potere. Ma la donna non può resistere alla pressione bulgara che con Simeone annienta la flotta bizantina e nel 917 distrugge ad Anchialos l’esercito imperiale. Anche Zoé si vede costretta a lasciare il potere. Nella nuova crisi che si apre alla rinuncia di Zoé, sotto la grave minaccia dei Bulgari, entrano in scena le Forze Armate, chiamate dalla stessa Zoé, con la figura di Romano Lecaperius o Lecapeno (870 – 944), Drungario[10] di Marina. Costui diviene a questo punto l’uomo forte dell’impero. La differenza sta nel fatto che il “Putsch” di Lecapeno nel 918 non ha alcuna somiglianza con quello di Basilio nell’867. Le sommosse di Bisanzio del 913 avevano chiaramente mostrato che lo spirito legittimista del popolo non gli avrebbe consentito di creare una nuova dinastia. Egli sceglie dunque la soluzione di essere il garante della dinastia macedone ed il protettore di Costantino 7°.

Ma egli è parimenti convinto che le sconfitte dell’impero di fronte ai Bulgari sono la conseguenza e l’effetto della debolezza del potere centrale. In tale contesto anche lui vuole essere imperatore per riprendere in mano gli affari dello stato. Incoronato nel 920, Romano 1°[11] lascerà tuttavia la preminenza ufficiale a Costantino 7°, una cosa insolita se fosse successa appena 50 anni prima dove il giovane sarebbe stato inevitabilmente destituito ed ucciso. Da questi eventi la dinastia esce rinforzata dalla crisi e Lecapeno può ormai guardare con una certa ironia le pretese dello Zar dei Bulgari che a suo dire, “volendo, potrebbe assumere anche il titolo di Califfo !!!  Ma di fatto questo titolo, come quello di Basileus, sarebbe semplicemente usurpato e non conterebbe nulla !

Sotto il regno di Romano 1° non solo le riforme vengono consolidate ma potranno anche esserne raccolti i frutti nel campo militare. Il vecchio ammiraglio riesce a restaurare l’unione nell’impero. A partire dal 920 ottiene la legittimazione di Costantino 7° a seguito di un accordo con il partito del Patriarca Nicola, ma tale tipo di pratica viene decisamente esclusa per l’avvenire. La riconciliazione della dinastia con la Chiesa avviene tutta a vantaggio dell’imperatore che riesce a conservare l’essenziale di tutto il potere conquistato con Basilio 1°. Allo stesso tempo il vecchio militare ottiene la piena fedeltà dell’esercito al regime e persino l’appoggio delle vecchie famiglie aristocratiche conservatrici, sin qui ostili alla dinastia macedone. E’ così che lo stratega Giovanni Kurkuas o Curcuas[12], rampollo di uno dei clan più conservatori ed ostili alle riforme, potrà diventare uno dei più brillanti generali dell’esercito bizantino. In poco tempo, a seguito di questa pace ritrovata, le casse dello stato cominciano nuovamente a riempirsi e l’esercito ritorna ad essere nuovamente efficace.

Il primo sussulto positivo dei bizantini ha luogo nel 924. Ancora una volta lo zar Simeone viene ad assediare la capitale dell’impero, ma questa volta non trova  di fronte una città impaurita e lacerata dalle divisioni interne come undici anni prima. Non solo gli assalti bulgari non hanno esito ma addirittura Bisanzio, fomentando con l’oro, una rivolta dei Serbi, può anche passare al contrattacco. Lo Zar deve togliere il campo, mentre Romano 1° scatena contro i Bulgari tutti i nemici possibili: I Peceneghi,[13] gli Ungheresi, i Croati. Ed è proprio il Re croato Tomislav (910 - 928), che nel 926 annienterà l’esercito di Simeone, il quale riuscirà a sopravvivere solo un anno a questa cocente sconfitta. Il figlio di Simeone, Pietro (927 – 969), che eredita dal padre un regno spossato e mal difeso, è costretto a firmare la pace con Bisanzio nel 927, sposando Maria Lecapena, nipote di Romano 1° ed aprendo nuovamente il suo paese all’influenza dei greci, che per quasi 50 anni gestiranno sulla Bulgaria un quasi protettorato.

Risolto il problema dei Bulgari,arriva il momento di passare all’azione in Oriente, contro i molteplici emirati, generati dal Califfato abbasside di Bagdad, che continuano a tormentare le frontiere dell’Asia Minore. Questo sarà il compito di Giovanni Kurkuas. Quest’ultimo conduce una offensiva nell’Alta Mesopotamia e riesce a conquistare Edessa nel 944. La conquista di questa città, dove si trova il San Mandylion[14], scatena una gioia immensa a Costantinopoli ed il generale vittorioso può, per questo, sfilare in trionfo a Bisanzio, esibendo il prezioso trofeo.

Per la prima volta dopo il 7° secolo l’Impero non è più una preda, ma ritorna ad essere conquistatore. Tanto è vero che nel 941, i Vareghi[15], (Vichinghi scandinavi stanziati in Ucraina), nel tentativo di ripetere il saccheggio effettuato a Bisanzio già nel 903, subiranno una durissima sconfitta, perdendo le loro navi, distrutte dal fuoco greco ed i sopravvissuti della spedizione accetteranno persino di mettersi al servizio dell’impero. Ma, nonostante tutto, Romano Lecapeno viene detronizzato per istigazione di Costantino 7°, nel 944, dai suoi stessi figli, Stefano e Costantino[16] e morirà quattro anni dopo in un convento nell’isola di Proti o Proté.

L’ascesa dell’aristocrazia

Questa serie di successi militari viene purtroppo a modificare considerevolmente la società bizantina e progressivamente lo stesso successo delle riforme viene a minacciare la sua continuità. In effetti, le conquiste militari e l’aumento degli effettivi dell’esercito vengono a rinforzare notevolmente la potenza delle famiglie provenienti dall’Anatolia. Quest’ultime, che sono effettivamente alla testa dell’esercito, prendono possesso delle terre conquistate, ma soprattutto acquisiscono a buon prezzo gli appezzamenti dei piccoli contadini partiti per la guerra. Questi ultimi, in effetti, lavorano spesso delle terre militari, concesse dallo stato in cambio del loro servizio militare. Con la moltiplicazione dei conflitti in contadini impoveriscono e devono vendere i loro appezzamenti ai grandi proprietari per poter continuare a vivere. Il regno di Romano 1° Lecapeno evidenzia pertanto il fenomeno dell’arricchimento di queste famiglie latifondiarie. Una evoluzione che non lascia tranquillo l’imperatore che, nel 922 e poi nel 934, vieta la vendita per due volte delle terre militari. Costantino 7° sarà forzato ad emettere lo stesso editto nel 944, senza che gli effetti sperati si materializzino. Questo perché l’aristocrazia fondiaria si infiltra col denaro nel “palazzo” e si impadronisce rapidamente del potere reale nella capitale. Costantino 7°, che regna da solo a partire dal 944 e suo figlio, Romano 2° (939 – 963; associato al potere dal 948), non sono purtroppo degli uomini di potere. Il primo un fine letterato[17], preferisce la sua biblioteca alla sala del trono, mentre il secondo passa gran parte del suo tempo con le sue concubine. Effettivamente la legittimità dinastica non viene rimessa in causa: i figli del Lecapeno, che tenteranno invano di rovesciare Costantino 7° nel 944, ne faranno una amara esperienza[18]. Ma a poco a poco il potere scivola nelle mani delle grandi famiglie della aristocrazia anatolica ed in particolare in quella della più prestigiosa di esse: i Focas. In tal modo quasi naturalmente, alla morte di Romano 2° nel 963, il gran generale Niceforo Focas (912 – 969), fresco di gloria per la conquista di Creta nel 961, sposato con una donna della famiglia imperiale, si fa proclamare imperatore e tutore dei due figli in tenera età del defunto sovrano.  Potrebbe essere la fine di tutto l’edificio riformatore costruito da Basilio e Leone. Niceforo in effetti vorrebbe seguire una politica più favorevole ai potentati locali, ma si deve scontrare ad un grande numero di oppositori, fra cui la Chiesa e lo stesso esercito. Anche le altre grandi famiglie latinfondiarie giudicano negativamente la presa di potere ad esclusivo beneficio dei Focas e considerano esiziale la rimessa in discussione delle riforme, sia per l’Impero, sia per la sua difesa. In tale contesto un gruppo di militari rovescia nel 969 Niceforo, assassinandolo, con l’appoggio degli abitanti della capitale, da sempre favorevoli alla causa delle riforme. Il loro capo, un altro grande generale, Giovanni Tzimices o Zimisce (925 – 976), assume a sua volta il diadema imperiale[19]. Con lui l’unione fra il Palazzo, l’esercito ed il popolo sembra ristabilita.

Nonostante queste tensioni interne, l’impero conserva una forte unità politica ed un esercito temibile. Niceforo, sebbene misero come imperatore, è un generale fuori dal comune. Anche egli è l’autore di un trattato di arte militare e rinforza l’esercito con un corpo d’elite, il Tagmata[20]. Soprattutto acquisisce per Bisanzio il controllo del Mediterraneo orientale e nel 968 ottiene la conquista di Antiochia, la sede storica di uno dei quattro antichi Patriarcati d’Oriente. L’impero bizantino diviene nuovamente ed incontestabilmente la prima potenza del Medio Oriente. Tale posizione viene ulteriormente rinforzata da Giovanni 1° Tzimices che, nel 972, consolida anche le posizioni bizantine ad ovest. Egli riesce a distruggere nel 970 sul Danubio l’esercito del Principe Sviatoslav di Kiev[21]. La Bulgaria dall’Adriatico alle bocche del Danubio viene annessa ed il Principato di Kiev diviene a sua volta un quasi protettorato. Allo stesso tempo, in Italia, le truppe bizantine respingono gli attacchi di Ottone 2°, imperatore di Germania. Un trattato viene infine firmato con quest’ultimo, che conferma a Bisanzio il possesso del sud della penisola.

Tra l’altro Ottone 2°, nel 972, accetta di sposarsi con Teofane, una principessa bizantina, donna che porterà l’influenza bizantina sin nella lontana Aquisgrana. Infine Giovanni Tzimices nel 976 sembra sul punto di realizzare il sogno di ogni impero. Infatti sferra un attacco in direzione della Terra Santa, ma muore di tifo nel 975, a qualche chilometro da Gerusalemme, dopo aver preso Damasco, Nazareth, Baalbek, Beirut, Acri e Sidone. Alla sua morte subentra a pieno titolo Basilio 2° (958 – 1025), il Bulgaroctono (massacratore di Bulgari), che nel primo periodo, sotto tutela del prozio Basilio, dovrà vedersela con i figli di Niceforo Focas (Sclero e Bardas), sconfitti definitivamente nel 989.

Conclusione

La fase finale della dinastia Macedone sarà marcata da una accentuata instabilità e dalla morte di Basilio 2° (l’ultimo vero grande Basileus della stirpe armeno macedone), fino al suo crollo definitivo, nel 1057, si succederanno sul trono, in 27 anni, ben sette successori, per la gran parte illegittimi o usurpatori[22], con l’intermezzo della funesta reggenza di due sorelle basilisse[23] Zoe[24] (978 – 1050) e Teodora[25] (980 – 1056). Un periodo veramente oscuro, di grave instabilità politica, segnato da un valzer continuo di congiure di palazzo e dominato nell’ombra, dai maneggi delle grandi famiglie dei proprietari terrieri e, nella parte finale del periodo, da quelli di un personaggio colto ed intrigante “ante litteram”, quale il filosofo Michele Psellos (1018 – 1080). La dinastia termina ingloriosamente con l’intervento del generale Isacco Commeno (1057 – 1059), che depone l’ultimo Basileus (di adozione), Michele Strationico, per manifesta incapacità. Nonostante quest’ultimo periodo di crisi, temperato dall’opera efficace di numerosi e valorosi generali, fra i quali spicca Georghios Maniakis (Giorgio Maniace) (+ 1043) e Catacalone Cacaumeno, il bilancio del secolo di riforme, iniziato da Basilio 1°, è decisamente positivo. Superata la crisi bulgara l’impero bizantino si è ridato nuovamente i mezzi per rincorrere la sua duplice missione/ambizione universale romana e cristiana, mentre l’ascesa e la crescente potenza dell’aristocrazia terriera cominciava a mettere in pericolo tutta la sua struttura. Le ambizioni dei cosiddetti “Grandi terrieri”, nonostante i plurimi provvedimenti degli imperatori della dinastia dei Macedoni, saranno purtroppo nuovamente favorite nel periodo successivo. Anche se la personalità eccezionale di Basilio 2° consentirà di mantenere a freno, almeno fino al 1025, le pretese aristocratiche, la fase centrale dell’11° secolo di Bisanzio sarà caratterizzata dalle esiziali lotte fra i nobili. Queste porteranno inevitabilmente alla catastrofe di Mantzikert (Manziscerta) del 1071, sconfitta che aprirà definitivamente le porte dell’Anatolia ai Turchi. A questo punto Bisanzio dovrà prendere atto del crollo definitivo anche delle ultime speranze e dei sogni di grande potenza, tanto tenacemente perseguiti dalla dinastia dei Macedoni.

BIBLIOGRAFIA

Brehier L.       Le Monde Byzantin (3 volumi)              Albin Michel, Parigi      1970

Costantino Porfirogenito De Administrando Imperio  Dumbarton Oak Wash. 1967

Dragon G.        Imperatore e Prete                             Gallimard, Parigi          1996

Jenkins R.       Byzantium, The Imperial centuries    Un. Press, Toronto         1966

Norwick J.J.   Byzantium, The Apogee                       Knopf,    New York       1992

ELENCO DEGLIIMPERATORI DELLA DINASTIA DEI MACEDONI

  • Basilio I il Macedone (867-886) (-886, al governo 867 - 886)
  • Leone VI il Saggio (886-912) (866-912, al governo 886 - 912)
  • Alessandro 3° (912-913) (870-913, al governo 912 - 913)
  • Costantino VII Porfirogenito (913-959) (905-[959]], al governo 913 - 959)
  • Romano I Lecapeno (919-944) associato al trono (870-948, al governo 919 - 944)
  • Romano II (959-963) (939-[[963], al governo 959 - 963)
  • Niceforo II Foca (963-969) (912-969, al governo 963 - 969)
  • Giovanni I Zimisce (969-976) (925-976, al governo 969 - 976)
  • Basilio II il Bulgaroctono (963-1025) (958-1025, al governo 976 - 1025)
  • Costantino VIII (1025-1028) (960-1028, al governo 1025 - 1028)
  • Romano III Argiro (1028-1034) (968-1034, al governo 1028 - 1034)
  • Michele IV Paflagonico (1034-1041) (1010-1041, al governo 1034 - 1041)
  • Michele V il Calafato (1041-1042) (1015-1042, al governo 1041 - 1042)
  • Zoe e Teodora (1042) (978-1050, reggente 1028 - 1050)
  • Costantino IX Monomaco (1042-1055) (1000-1054, al governo 1042 - 1054
  • Teodora (1055-1056) ancora (980-1056, al governo 1054 - 1056)
  • Michele VI lo Stratiotico (1056-1057)

 

[1] Nato nella Bulgaria attuale, era in realtà figlio di un contadino armeno, deportato all’inizio del 9° secolo nei Balcani, nel quadro di un ripopolamento forzoso delle frontiere dell’impero a fini di difesa. Basilio parlava male il greco e si esprimeva perfettamente solo in Armeno. Animato da una ambizione straordinaria, possedeva una forza straordinaria ed era abilissimo nel maneggiare i cavalli. Ammesso a corte a 22 anni diviene il confidente di Michele 3°, per il quale esegue qualsiasi incarico (anche l’assassinio del prefetto di Palazzo, Bardas nell’866) e quindi dalla posizione di co - Imperatore, arriva nell’867 al potere, assassinando Michele 3°.

[2] Imperatori : Basilio 1° (867 - 886); Leone 6° (886 - 912); Alessandro (912 - 913); Costantino 7° Porfirogenito (913 - 959); Romano 2° (959 - 963); Basilio 2° (963 - 1025);  Costantino 8° (1025 - 28); Romano 3° Argiro (1028 - 34); Michele 4° Paflagonico (1034 - 41);  Zoe (reggente 1028 - 50); Costantino 9° Monomaco (1041 - 54); Teodora (reggente 1050 - 56);  Michele 6° Stratiotico (1056 - 57).

Co – Imp.: Romano 1° Lecapeno (920 - 44); Niceforo 1° Focas (963 - 69); Giovanni 1° Zimisce (969 - 76)..

[3] Arcivescovo che esercita una autorità spirituale superiore a quella dei suoi pari; in Oriente esistevano quattro Patriarchi: Antiochia, Alessandria, Gerusalemme e Costantinopoli; mentre ce ne era uno in Occidente: Aquileia, sede che sarà poi portata a Venezia. Dopo il 381 il patriarca di Costantinopoli sarà riconosciuto allo stesso livello di Roma.

[4] Province militari di frontiera retti da Domestikos e quindi da Strategos, con il titolo di Duca (Doux), istituite nel 7° secolo da Eraclio per difendere il confine. La loro importanza ed il loro numero si accrescerà progressivamente. Sotto Leone 6° essi diventano le strutture essenziali dell’amministrazione bizantina e sono controllate da un unico governatore civile e militare, articolate in Drungas, rette da Drungari.

[5]  Tre Drungae facevano un Turnai e tre Turnai costituivano generalmente un Tema.

[6] Un’arma temibile costituito da liquido a base di nafta misto a pece, inventato alla fine del 7° secolo, al quale si dava fuoco.

[7] Titolo portato dai figli nati nella Porphyra (la camera di porpora) del Gran Palazzo. Denota, a partire dal 9° secolo, il carattere sacro e la legittimità dinastica di una persona.

[8]  In greco Re. Titolo portato a partire dagli inizi del 7° secolo dagli imperatori bizantini, che da allora avevano abbandonato il titolo romano di imperatore  e di Autokrator e Kosmokrator: Simeone era figlio di Boris 1°

[9] Titolo portato da capi delle tribù turco mongole, fino al Re Simeone, che si proclamerà nel 920 Tzar (Cesare, imperatore) dei Bulgari

[10] Drungarios di Marina o più tardi  Mega (Gran) Drungario o Talassocrate: Ammiraglio, Comandante della flotta. Il Lecapeno, armeno di origini, aveva sposato Elena (907 - 961), la sorella di Costantino 7°.

[11] Romano in realtà assunse il titolo di Basilopator, (padre dell’imperatore), quando divenne co- reggente: Nella gerarchia bizantina esiste dal 1200 il titolo di Despota, secondo solo all’Imperatore con responsabilità territoriali

[12] Generale colto ed abile secondo Belisario

[13] Popolo di origine turca installato dal 9° e 10° secolo a nord ovest del Mar Nero, le attuali Ucraina e Romania.

[14] L’immagine ritenuta autentica del Cristo. Volto Santo che, secondo la leggenda lo stesso Cristo, l’avrebbe inviato al Re Abgar 5°, che regnava ad Edessa. Riportata a Bisanzio, questa icona acheiropoieta (Acheropita: cioè non fatta dalla mano dell’uomo) era venerata nella sacrestia del Palazzo Reale. Oggi si trova a Genova nella chiesa di S. Bartolomeo degli Armeni.

[15] Popolazione di origine scandinava che nel 9° secolo conquista le terre abitate dagli Slavi fra il Baltico ed il Mar Nero, creandovi degli stati potenti il più celebre dei quali è il Principato di Kiev.

[16] Un altro figlio Teofilatto, nel 933, era diventato Patriarca di Bisanzio al posto di Trifone

[17] E’ autore di:  Libro dei Themi, L'amministrazione dell'Impero, Il libro delle cerimonie.

[18] Rasati, costretti a diventare monaci ed inviati in esilio.

[19] Zimisce, chiamato in aiuto a Costantinopoli dall'Imperatrice Teofania; una volta salito al trono, richiama i vescovi che erano stati esiliati dal suo predecessore per non aver gradito l'idea di dichiarare martiri i soldati morti in guerra, ma allo stesso tempo toglie le rendite assegnate a chiese e monasteri, e si arroga il diritto di scegliere personalmente i vescovi.

[20] Corpo d’elite in guarnigione a Costantinopoli, costituito da mercenari slavi o normanni e vareghi, incaricato della difesa dell’imperatore ed impiegato in operazioni offensive di conquista, Diverso dalle forze regionali (Tematiche) il Tagmata era suddiviso in tre Meros, ciascuno di dieci Tagma di 300 uomini circa.

[21] figlio di Igor di Rurik e di Olga (diventata poi Elena alla conversione al cattolicesimo) regna dal 962 al 979.

[22] a parte Costantino 8°, fratello di Basilio 2°; usurpatori Giorgio Maniace (1043) e Leone Turnicio  (1047).

[23] Femminile di Basileus. Altre cariche bizantine erano, Cesare, Sebastocrator (sebastos + autocrator = parente dell’imperatore) e quelli di  Pan (tutto), Hyper (super) e Proto (primo) Sebastos (Augusto) e Kosmokrator.

[24] Figlia di Costantino 8°, sposa Romano 3° Argiro che fa uccidere e quindi, nel 1034, Michele 4° Paflagone. Adotta quindi Michele 5° Calafato, nipote ex uxore, che divenuto Basileus nel 1041, cerca senza fortuna di eliminare Zoe, venendo accecato ed esiliato nel 1042. Zoe sposa quindi Costantino 9° Monomaco.

[25] Figlia di Costantino 8°, co - reggente nel 1042 insieme alla sorella Zoe e reggente dal 1055 al 1056. Adotta Michele 6° Strationico 

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