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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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Il trionfo di Sebastopoli

IL TRIONFO DI SEBASTOPOLI

(Pubblicato su “Subasio” n. 2/13 del giugno 2005, Bollettino trimestrale dell’Accademia Properziana del Subasio di Assisi)

La vittoria di Sebastopoli, ottenuta per gran parte dall’Esercito francese nel 1854 - 55, nella Guerra di Crimea, rappresenta il momento più altro della carriera di Napoleone 3° che con questa vittoria acquisisce una invidiabile posizione di arbitro delle nazioni. Il Piemonte di Cavour, con la sua ridotta ma dignitosa partecipazione, riesce a porre all’attenzione del mondo il problema della nazione italiana.

I diplomatici trattengono a forza il respiro quando il 28 febbraio 1853 il principe Menschikov, inviato straordinario dello Zar, sbarca a Costantinopoli, pieno di sussiego e di arroganza. Questo rutilante personaggio è effettivamente incaricato della missione ufficiale di regolare “l’annosa e marginale questione del Luoghi Santi”, come lo ripete lo Zar Nicola, oppure ha il compito di portare il colpo di grazia al “grande e decrepito malato” del panorama politico internazionale, quale l’Impero Ottomano ?. Dopo qualche settimana di “suspense” la verità emerge davanti agli occhi di tutti, specie agli Inglesi che avrebbero voluto credere volentieri alla buona fede del loro grande amico Nicola: la questione dei Luoghi Santi non era altro che un semplice pretesto. In questo frangente i Francesi, molto più attenti e lucidi, avevano già da tempo cominciato a dubitare sulle vere intenzioni dello Zar. Ma la farsa dei Russi procede su due livelli.

Il 22 aprile 1853 il russo Menschikov ed il francese Lacour firmano un compromesso accettabile per le due parti in conflitto in Palestina (i monaci cattolici ed i preti ortodossi), ridefinendo i privilegi degli uni e degli altri. Il 4 maggio seguente il Sultano fornisce il suo accordo ed a questo punto la crisi sembra risolta. Ma ecco che a questo punto, per iniziativa della Russia, la crisi si acuisce nuovamente attraverso una vera e propria bomba diplomatica. Di fatto il 5 maggio il principe Menschikov presenta alla Sublime Porta un ultimatum nel quale lo Zar esige il diritto di protettorato su tutti i sudditi ortodossi dell’Impero Ottomano (più di 10 milioni di persone ovvero un quarto della popolazione dell’Impero). Una richiesta assurda che lede nel profondo la sovranità dell’Impero Ottomano e soprattutto porta i Russi sul tanto agognato Bosforo. Davanti a questo fatto le potenze europee non possono rimanere a guardare.  A Londra finalmente si rendono conto che gli obiettivi della politica russa non sono assolutamente cambiati dai tempi di Pietro il Grande. E’ la riscoperta della teoria dell’espansione verso i mari caldi che per la corte di San Pietroburgo è stata da sempre un articolo di fede. Insomma i Francesi questa volta avevano ragione e ne erano tanto convinti che il 19 marzo precedente avevano deciso in un Consiglio dei Ministri di inviare la loro flotta del Mediterraneo al largo delle coste della Grecia, per fornire un indiretto sostegno al Sultano e far intendere ai Russi che Parigi non avrebbe passato sotto silenzio una tale forzatura degli equilibri europei.

Va sottolineato che la decisione francese non era stata affatto compresa a Londra che la giudicava prematura, velleitaria ed avventurista (era stato da poco proclamato a Parigi il 2° Impero, che naturalmente gli Inglesi vedevano con grande sospetto). Londra, oltre ad una amicizia di lunga data con lo Zar, temeva gli effetti di un ritorno bonapartista e di un suo spirito di “revanche” nei confronti della “perfida Albione”. Dopo un periodo di crisi e di reciproche scorrettezze, nel mese di maggio, dopo l’ultimatum del principe russo, la situazione cambia repentinamente  e l’Inghilterra si riavvicina a questa Francia che disprezza e teme allo stesso tempo. Sembrano rivivere i bei tempi della Entente Cordiale del 1831 !! A questo punto Londra e Parigi, superati i contrasti esistenti e da buoni alleati decidono di sostenere la Turchia e di difendere i loro comuni interessi nel Mediterraneo.

Il 13 giugno 1853 una flotta combinata franco britannica dà fondo all’ancora nella baia di Bésika, all’entrata dei Dardanelli. Per Napoleone 3° il riavvicinamento con l’Inghilterra è una vittoria diplomatica, gentilmente offerta dalla Russia su di un piatto d’argento. Una condizione basilare per l’attuazione della sua politica ed ottenuta senza alcuna sollecitazione. Da parte sua lo Zar comincia a pagare il prezzo delle sue illusioni a cominciare dai Turchi dei quali aveva sottovalutato la loro capacità di resistenza.

Sebbene le sue truppe invadono senza combattere dal 3 luglio 1853 i possedimenti del Sultano, i Turchi non si sottomettono e saranno proprio loro che tireranno in ottobre i primi colpi di cannone della guerra. Nicola paga ugualmente le sue illusioni sull’atteggiamento dell’Inghilterra, che non immaginava neanche lontanamente che sarebbe stata capace di stringere una alleanza con la sua vecchia nemica di Waterloo e soprattutto proprio con il … nipote dell’Orco.!!!

E che dire dell’Austria, che doveva molto alla Russia dopo l’intervento contro gli Ungheresi del 1848 ? Questa, lungi dal dichiararsi neutrale, come vivamente sperato, eccola prendere la testa di tutte le iniziative diplomatiche che cercano di convincere i Russi ad accettare le condizioni imposte dai franco inglesi per evitare la guerra (condizioni peraltro in gran parte condivise). L’atteggiamento dell’Austria si spiega per il fatto di voler evitare una guerra aperta ma anche di diminuire l’eccessiva influenza assunta dallo Zar nei Balcani.

Ma l’errore di apprezzamento più grave di Nicola è quello fatto a proposito di Napoleone 3°, nonostante che il Ministro dell’Interno, Persigny, proprio all’inizio della crisi, avesse tentato di mettere in guardia il suo ambasciatore a Parigi:

“Voi credete il nostro imperatore dominato da un seguito di persone di basso livello. Orbene, giudicandolo solo sulla base delle disposizioni più o meno bene recepite ed interpretate da parte di tali persone, voi vi esporrete alla possibilità di commettere grossolani errori di valutazione. In definitiva … a forza di tirare la corda sulla base del vostro orgoglio voi, inevitabilmente, la spezzerete”. Che è poi esattamente quello che succederà.

Ma come poteva lo Zar, dio vivente, fare marcia indietro senza perdere la faccia? Davanti questo difficile dilemma il 26 giugno 1853 lo Zar, invece di scegliere un percorso conciliante, lancia un appello alla guerra santa al suo popolo, sebbene da più parti le potenze occidentali avevano fatto intendere che non cercavano la guerra a tutti i costi. Francia ed Inghilterra volevano semplicemente che lo Zar rinunziasse alla sua idea di protettorato ed alle sue pressioni sul Sultano, ma, purtroppo, l’atteggiamento altezzoso, rigido ed imperioso di Nicola le obbligherà a poco a poco a fare passi in avanti verso una guerra diventata ormai inevitabile.

L’8 ottobre, dopo aver pazientato tre mesi anche per l’intervento delle potenze occidentali, i Turchi intimano al Principe Gorschakov, Comandante del Corpo di Spedizione russo di evacuare i principati danubiani. A Costantinopoli gli spiriti si sono surriscaldati e gli Ulema predicano da ogni moschea la Guerra Santa: è ormai da troppo tempo che la Turchia subisce i colpi di testa delle zarine e degli zar.  Il 25 ottobre iniziano le ostilità da parte de comandante turco Omer Pashà nella località di Isakcha sul Danubio ed il Cancelliere russo Nesselrode, uno dei falchi della corte zarista potrà esclamare soddisfatto: “Ci è stata dichiarata la guerra!” In effetti lo squilibrio di forze sul terreno era tale che gli Occidentali non hanno altra scelta che spingere le loro flotte nel Mar di Marmara, a diretta difesa della capitale dell’Impero. L’escalation degli eventi prosegue e nel porto anatolico di Sinope il 30 novembre 1853 la flotta russa distrugge una flottiglia turca all’ancora, provocando un massacro, ma, al di là dell’esecrazione generale, tale evento, considerando la vicinanza delle flotte occidentali, viene percepito come una forma di aperta provocazione. Nello stesso momento l’armata turca del Caucaso subisce una pesante sconfitta sul fronte del Caucaso da parte di un Armata zarista, resa espertas da diversi anni di lotta contro i ribelli ceceni di Chamyl. A questo punto la posizione di Costantinopoli comincia a diventare critica e la Francia decide il 3 gennaio 1854 di entrare con la flotta nel Mar Nero come risposta alle azioni della Russia: Di fatto Napoleone 3° farà dire dal suo ministro degli esteri che poiché “lo Zar ha preso in ostaggio i principati danubiani, noi prendiamo in ostaggio il Mar Nero. Da questo punto la flotta russa non deve uscire più dai suoi porti. Quello che vogliamo è la cessazione pura e semplice delle ostilità”. 

Ma il 4 febbraio ha luogo la quarta di queste brutali iniziative - dopo l’ultimatum di Menschikov, l’invasione dei principati ed il massacro di Sinope - che non lascia altro sbocco che alla guerra. La Russia rompe le sue relazioni diplomatiche con Londra e Parigi. Non serve più a nulla neanche la Conferenza di Vienna che era stata aperta due mesi prima da parte dell’Austria e che aveva riunito contro lo zar un fronte diplomatico comune e chiarito con il protocollo del dicembre 1853 i limiti che lo zar non poteva permettersi di superare:

 “L’esistenza della Turchia nei limiti definiti dai trattati rappresenta una delle condizioni necessarie dell’equilibrio europeo” !

Da ultimo il 29 gennaio 1854 Napoleone 3° aveva indirizzato una lettera personale allo Zar dal tono misurato e conciliante nella quale proponeva il regolamento di tutta la questione per via diplomatica ed il “ritiro di tutte le forze belligeranti dai luoghi o dai motivi di guerra conclamati”. Ma la risposta dello Zar fu per contro amara, aggressiva ed insolente. “La mia fiducia riposa esclusivamente in Dio e nel mio diritto. La Russia ed io ne sono garante, saprà mostrare nel 1854 quello che fu nel 1812 ….” Il 27 marzo 1854 la Francia e l’Inghilterra dichiarano guerra alla Russia, non avendo questa dato risposta all’ultimatum per l’evacuazione dei principati e Napoleone, all’apertura della sessione legislativa, potrà a questo punto tranquillamente affermare che “tutta l’Europa sa ora che se la Francia ha sguainato la spada è perché vi è stata costretta !” L’imperatore si sente fiducioso e forte come non mai proprio come quando era stato eletto Presidente della Repubblica nel dicembre 1848, quando aveva ricevuto l’approvazione del Corpo di Stato del dicembre 1851 o come quando il popolo aveva salutato ed approvato la restaurazione dell’impero nel novembre 1852.

Non c’é più una opposizione e la stampa, male informata ed intimidita marcia compatta nei ranghi definiti dal regime e l’opinione pubblica francese è in generale ostile alla Russia, che giudica come il maggiore responsabile dell’offuscamento del paese dopo il 1815. Inoltre in una società lasciata da lungo tempo alle sole preoccupazioni materiali, la guerra d’Oriente si annuncia foriera di una dimensione eroica indispensabile all’orgoglio ed al temperamento nazionale.

Da un punto di vista generale nella società europea si assiste alla riapparizione del colera e dopo il cattivo raccolto del 1853 anche quello del 1854 non si annuncia particolarmente favorevole. Ma l’imperatore sente che il momento è favorevole e che può contare anche sul sostegno di gran parte dei suoi avversari politici.

In Inghilterra nel giro di qualche mese si assiste ad un radicale cambiamento di rotta. Da osteggiatori delle analisi dell’”avventuriero delle Tuileries” si arriva a diventare convinti partigiani della guerra e vengono stesi in comune con i Francesi dei piani d’azione con la scelta di obiettivi prioritari, fra i quali il grande porto militare di Sebastopoli in Crimea. Tutti affermano che lo scopo della guerra è ilò mantenimento dell’integrità della Sublime Porta. In realtà il vero obiettivo inglese è la radicale eliminazione della potenza russa, unica garanzia a lungo termine del mantenimento del controllo delle vie commerciali dell’Oriente e delle Indie e poco importa e non disturba oltremodo di poter ottenere tali risultati con il significativo contributo delle ….  truppe francesi! Ma contrariamente a quanto si è affermato da più parti Napoleone non era uno stupido ed era cosciente della situazione reale nella quale difenderà esclusivamente i propri interessi.

Nel 1856 egli non terrà in alcun conto delle recriminazioni di Londra per imporre la pace che desiderava quando la vorrà. E anche nella primavera del 1854 si comporterà secondo una logica legata agli interessi francesi. Mentre al di là della manica si spinge senza esitazioni per la guerra, egli continua a privilegiare sino all’ultimo momento la negoziazione, a contare sull’alleanza e gli interessi dell’Austria ed a sperare che una semplice dimostrazione di forza potrà essere sufficiente per far riflettere lo zar. Speranze tutte sfortunatamente deluse.

Nel mese di aprile 1854 l’armata francese che conta già 60 mila uomini agli ordini del Maresciallo de Saint Arnaud. E le forze inglesi assommanti a 30 mila unità agli ordini di Lord Raglan si riuniscono a Gallipoli, presso i Dardanelli e poi si dislocato a Varna in Bulgaria. Lo sforzo delle due potenze è immane laddove si pensi ad un trasporto di oltre 3 mila chilometri di tutte queste migliaia di uomini con cavalli, artiglierie, materiali, rifornimenti ecc.. Uno sforzo logistico inaudito per l’epoca, che registra per la storia la prima vera “proiezione di forze” in un teatro lontano in un quadro combinato ed interforze (esercito, marina ed amministrazione dello stato). Si parlerà poi molto nel dopo guerra, specie in Francia, sull’impreparazione, sul disordine e sull’improvvisazione delle partenze. Ma va anche detto che, oltre alla notevole dimensione delle forze movimentate, deve essere anche tenuto in conto che si trattava di una guerra non preparata e che, specie all’inizio, non si aveva alcuna intenzione di condurre seriamente. A questo si aggiunga la vaghezza di numerosi elementi informativi e le molte incognite pesanti sul conflitto quali: che faranno i Russi ? Che potranno fare i Turchi ?, che decideranno gli Austriaci ?, quali saranno le risorse locali disponibili in Bulgaria ed in Crimea o altrove?  Per la Francia va soggiunto inoltre che, dopo il colpo di stato del 1852 sin era iniziato un programma di progressivo disarmo delle sue forze per non preoccupare troppo i suoi vicini.

Nel giugno 1854 30 mila Francesi e 20 mila Inglesi sono accampati a Varna, nel luglio - agosto i Francesi arrivano a 50 mila ma la situazione non è ancora di quelle senza ritorno: I Russi, con i loro 150 mila uomini, si sono già scontrati con i Turchi sul Danubio ma non hanno ancora mostrato alcuna intenzione di avanzare su strada per Costantinopoli che essi intendono sbarrare.

I campi alleati sono nel frattempo devastati da una epidemia di colera che uccide quasi 5 mila Francesi, Inoltre una spedizione militare in Dobrugia, con lo scopo di dare un po’ “d’aria” alle truppe ammassate ed intasate a Varna, si conclude con un mezzo fiasco che verrà attribuito a torto al comandante francese.

Il 10 agosto un terribile incendio divora nelle fiamme quasi tutti rifornimenti dell’Armata francese, tanto che la salute del maresciallo francese, che soffre già di una pericardite, si aggrava repentinamente. Ma soprattutto dopo il 23 giugno 1854 l’Armata alleata d’Oriente non ha più obiettivi. In quel periodo la Russia, temendo l’intervento dell’Austria, evacua i principati ripiegando in Bessarabia, senza che peraltro lo Zar rinunci alle sue pretese sull’area. Che fare ? Il momento è veramente critico. Dove colpire questo gigante dal ventre molle ?, sapendo perfettamente che è fuori discussione di invadere la Russia, né di ritornare a mani vuote in Europa senza aver scongiurato la minaccia né di continuare a debilitarsi nell’inazione  sotto l’effetto dell’epidemia.

Il 18 luglio 1854 il Consiglio di guerra franco inglese prende una decisione difficile, tenuto conto della debolezza di mezzi a disposizione, specie in artiglierie: gettarsi sulla Crimea ed impadronirsi della fortezza di Sebastopoli. Assalto o assedio, ci sono ancora troppe incognite per rispondere a tale quesito. Si è detto da più parti che gli Inglesi hanno forzato al mano a Saint Arnaud per andare a Sebastopoli, ma in realtà i documenti provano il contrario. Di fatto Lord Raglan e de Saint Arnaud erano favorevoli di principio all’impresa, ma l’ammiraglio inglese Dundas, che esercitava un comando indipendente dagli alleati, opponeva un netto rifiuto a rischiare la sua flotta nell’avventura.

Alla fine la decisione viene presa nel consiglio del 26  agosto su pressione del comandante francese. La nuova missione se da un lato è vista con entusiasmo dalle truppe, dall’altro i quadri dirigenziali delle armate non mostrano altrettanto entusiasmo. Le prospet8ive non sono certo allettanti. Non si conosce nulla o quasi di quello che traverà in Crimea e soprattutto si teme che la brutta stagione in arrivo potrebbe produrre problemi notevoli al flebile cordone ombelicale dei rifornimenti con le rispettive nazioni, tenuto conto che il mar Nero è noto per i suoi venti e le sue tempeste nella stagione invernale. E se l’operazione si risolvesse in un fallimento come si potrebbe immaginare un reimbarco delle forze sotto il fuoco nemico in una regione così distante dalle basi nazionali !

In ogni caso il 10 settembre 1854 30 mila Francesi e 20 mila Inglesi e 7 mila Turchi sbarcano in Crimea, nei pressi di Eupatoria, una quarantina di chilometri a Nord della piazzaforte. Il 20 seguente avviene il primo scontro con i 50 mila uomini di Menschikov, trincerati sulle alture a dominio della riva sud del fiume Alma. Il piano di Saint Arnaud, ben congegnato ed impostato sulla manovra napoleonica di Austerlitz, si risolve in una vittoria del tipo Moscowa (il nemico riesce a sfuggire all’accerchiamento) per i ritardi e la lentezza di esecuzione degli Inglesi che non chiudono a tempo la loro tenaglia. I Russi, battuti ma non distrutti, riescono a ripiegare in buon ordine nella piazzaforte, dopo aver preso ben coscienza della forza degli Alleati: l’aggressività francese, la solidità inglese e l’efficacia e portata del fucile a canna rigata.

A questo punto , il 23 settembre, i Russi fanno affondare dei battelli all’imboccatura della rada di Sebastopoli, annullando di fato il piano alleato di prendere la città per mezzo di una azione di forza combinata da terra e dal mare.  Si ripresenta davanti agli occhi dei francesi lo spettro di Mosca e la malattia tormenta sempre di più il comandante francese. Il 26 questi lascia il comando al generale Canrobert, per morire il successivo 29 dopo che gli Alleati sono riusciti ad organizzare, a sud della piazzaforte, dei porti nelle baie di Balaklava e di Kamiesch.

I Russi mettono a profitto questo rallentamento delle operazioni per rinforzare le loro difese a terra, rendendo vana anche l’ultima possibilità di prendere la città d’assalto. Ormai si sbarca materiale d’assedio ed artiglieria. Si scava e ci ristabilisce per l’inevitabile assedio. Ma i Russi in questo momento non si rendono conto che, cercando di salvare Sebastopoli, si tirano la zappa sui piedi andando incontro ad una inevitabile sconfitta.

Questo è l’inizio di una lunga, penosa e sanguinosa zuffa di undici mesi. Un assedio in piena regola ? non propriamente ! perché ci sarebbe volute forze due volte superiori per investire da ogni lato la piazza, che da parte sua non cesserà di ricevere rinforzi e rifornimenti. Si assisterà piuttosto al progressivo avvicinamento di due campi trincerati, uno verso l’altro con cannoni che rispondono a cannoni, sortite che si oppongono agli assalti, lavori di contro approccio e di contro mina ai lavori di approccio e di mina ed infine i tiratori scelti finlandesi  ai cacciatori inglesi e francesi. Nel fango nella neve, al vento, al freddo, sotto temporali devastanti, falcidiati dalle malattie, gli uomini dei due campi soffrono perdite notevoli ed il loro calvario prefigura in qualche modo quello delle trincee della 1^ Guerra Mondiale. Il combattimento diventa accanito, perché ormai è chiaro che la decisione del conflitto, a parte operazioni secondarie in altri teatri, sarà in Crimea e non altrove. Solidamente accampata alle spalle degli Alleati una armata russa di soccorso tenterà tre volte di sbloccare la piazzaforte, ma le battaglie di Balaklava (25 ottobre 1854), di Inkermann (5 novembre 1854 della Cernaja (dove si metterà in mostra il piccolo e ben organizzato contingente piemontese) e quindi di Traktir (16 agosto 1855) si tradurranno in inutili massacri.

La flotta russa del mar Nero da parte sua è stata surclassata e costretta a rimanere nei porti per la mancanza di navi a vapore. Il sistema russo non è in grado di reagire adeguatamente per la mancanza di ferrovie e di strade degne di tale nome. Questo duro scontro fra la vecchia e la nuova Europa non può che terminare con la sconfitta della prima. Quando ormai gli Alleati si impadronisco l’8 settembre 1855 dell’ammasso di rovine che è ormai diventata Sebastopoli, la Russia non ha più truppe disponibili, non ha più denaro e soprattutto non ha più entusiasmo e forza per continuare la guerra. Per la Francia imperiale si tratta di un vero trionfo. Perché il trionfo finale è attribuibile alle truppe francesi del generale Pelissier, che dispone del doppio degli effettivi inglesi ed è attribuibile al generale Mac Mahon, che si impadronisce del bastione strategico di Malakoff, facendo cadere la piazzaforte, nello stesso momento in cui gli Inglesi falliscono ancora una volta nel loro attacco al forte del Gran Redan. Questo sentimento di frustrazione vissuto dagli Inglesi sarà quello che li spingerà nel desiderio di prolungare la guerra, contro la volontà netta di Napoleone 3°.

Negoziando sempre a Vienna e nonostante il rifiuto degli Austriaci di entrare nel conflitto, l’imperatore francese riuscirà ad ottenere dallo Zar il 16 gennaio 1856, l’ammissione della sconfitta. Lo Zar Alessando, successo nel frattempo a Nicola morto di dolore, accetta a questo punto di trattare sulla base dei “quattro punti” definiti da Parigi : un nuovo statuto per i principati danubiani; la libertà di navigazione sul Danubio; la neutralizzazione del Mar Nero e la rinuncia a qualsiasi protettorato russo su sudditi ortodossi del Sultano.

La Pace sarà firmata a Parigi il 30 marzo 1856 al termine di uno scintillante congresso della durata di cinque settimane, tra i fasti dell’esposizione universale e le feste di gioia per la nascita del principe imperiale (16 marzo).

L’impero francese è ormai al suo apogeo, sia all’interno sia all’estero. Tutti possono credere che si stia in marcia verso un nuovo ordine internazionale plasmato dal diritto e dalla giustizia. Napoleone 3° appare come il padre della futura Romania, l’arbitro delle nazioni, l’uomo verso il quale sono rivolti tutti gli sguardi, specie dei popoli oppressi, che trovano nel napoleonico “Principio delle Nazionalità” una speranza per il loro futuro. In tale contesto si inserisce il gioco del Governo piemontese di Cavour che, con la politicamente sofferta partecipazione alla Guerra di Crimea, riesce a portare all’attenzione del mondo il problema dell’indipendenza italiana ed inaugurerà al Congresso di Parigi una politica di relazioni internazionali credibili che lo porterà poi alla Guerra d’Indipendenza del 1859, primo vero passo verso l’unità della Nazione Italiana.

Ma lo stato di grazia di Napoleone 3° non durerà a lungo. L’esercito, che ha perso nell’impresa 95 mila uomini, ha sì mostrato la sua forza, ma anche le sue debolezze, alle quali non verrà posto rimedio in tempo utile, Colpa del disdegno del lavoro di stato maggiore, del primato della forza dello slancio e della baionetta sull’’intelligenza, tendenza dei grandi capi ad atteggiamenti cortigiani e servili. Sebbene per tutti gli eserciati é ormai noto che “il fuoco uccide”, l’esercito francese si ostina a portare in battaglia il kepì ed i pantaloni rossi. Riguardo al servizio sanitario non sarà fatto molto per renderlo più efficiente: solo l’inglese Florence Nightingale durante questa guerra farà qualcosa.

Con l’Austria ormai è chiaro che la Francia marcia verso lo scontro, avendo accettato l’alleanza con il Piemonte, il suo peggiore nemico. Con questa mossa, visto dal punto di vista francese, Napoleone ha messo le mani nel vespaio italiano, ma nessun Capo di Stato francese ha saputo mai rinunciare nel corso dei secoli alla possibilità di ottenere ingrandimenti territoriali e questi ormai bloccati con la Spagna e con la nascente Germania, sembravano ancora possibili verso il confine naturale delle Alpi.

Grazie a Napoleone ed al prezzo di appena 28 morti in combattimento in Crimea (gli altri morranno di malattie), Cavour riesce ad entrare nel complesso gioco internazionale ed a tessere la trama della futura guerra all’Austria.

Più tardi appare nella storia il signor Bismarck ed allora la “buona stella francese” dovrà duramente confrontarsi con la “realpolitik prussiana”. L’Inghilterra, frustrata dalla conclusione della guerra in Crimea, tende a raffreddare le sue relazioni con Parigi, proprio nel momento in cui Napoleone, nel tentativo di mettere sotto pressione Vienna, cerca di riannodare le relazioni con gli Zar. Tale azione nella pratica appare coerente con il pensiero dell’imperatore che non ha mai avuto l’intenzione di distruggere la potenza russa e il suo tenace perseguimento porterà a quella sorta di simpatia franco - russa della fine del secolo.

Comunque al di là delle belle parole lo zar Alessandro non è in condizione di dimenticare rapidamente l’umiliazione di Sebastopoli e nel contempo la sconfitta ha offuscato all’interno della società russa la posizione sacrale rivestita dallo Zar e minato il suo autocratico potere.

Indubbiamente Napoleone ha avuto da sempre la debolezza di essere stato solo. Inoltre la sua politica del Principio delle Nazionalità ed in particolare la sua politica italiana porterà all’allontanamento da sé di una larga parte del suo elettorato tradizionale, specie quello cattolico. Quello tradizionale che vede nella politica di sostegno alla formazione dei nuovi stati nazionali un danno per la Francia in quanto, modificando radicalmente il vantaggioso “statu quo”, consente la formazione alle frontiere est della nazione di stati sovrani forti (Germania, Italia), futuri potenziali avversari. La crescente ostilità dei cattolici si lega invece all’appoggio fornito da Napoleone 3° ad uno stato italiano anticlericale e dichiaratamente orientato, con Roma capitale, a mettere fine al potere temporale del Papa Re.

La guerra di Crimea in definitiva se è anche magistralmente servita per imporre nuovamente la Francia imperiale e bonapartista in uno scacchiere europeo reticente, ha dato libero sfogo alla politica estera personale dell’imperatore, alla lunga contraria ai gli interessi vitali della Francia.

In fin dei conti il trionfo di Sebastopoli porta con sé i germi della successiva sconfitta di Sedan.

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