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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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Gli Ussari. Il terrore dell'Est

Gli Ussari

Il terrore dell'Est

 

(pubblicato in due puntate su RIVISTA di CAVALLERIA n. 4 e 6/2005 del luglio e settembre 2005)

 

Mentre nell’Europa occidentale i cavalieri scompaiono progressivamente e la cavalleria é rimpiazzata dalla fanteria, ad Est viene creata invece una nuova formazione di cavalleria che concorrerà a rivoluzionare la tattica d’impiego delle forze montate.

Gli Ussari polacchi e lituani, che appartengono alla cavalleria pesante dal 16° al 18° secolo, sono in effetti poco conosciuti al di fuori delle frontiere della Polonia. Tutto questo nonostante il fatto che essi ebbero grande rinomanza anche in occidente allorché in numerose battaglie sconfissero sempre il nemico superiore di numero, infliggendogli forti perdite. Durante la battaglia di Lubeszow, del 1577, in cui 2500 soldati polacchi affrontarono da 11 000 a 12 mila borghesi di Gdansk. è un esempio idoneo per dimostrare che la maggioranza delle perdite si verificano non durante la battaglia (urto e scontro frontale) ma dopo la stessa (durante la fase di inseguimento del nemico). Le perdite polacche totalizzano 58 morti e 130 feriti, oltre a 38 cavalli morti e 65 feriti. Le perdite del nemico assommarono da 4000 a 5000 uomini, in gran parte dovute alla fase di inseguimento. Queste statistiche sono tipiche delle battaglie dell’epoca. Di fronte alla cavalleria polacca le perdite del nemico furono sempre considerevoli. La proporzione di 1,5 fra cavaliere e cavalli colpiti è specifica non tanto perché è la stessa sia fra i Polacchi che gli Ungheresi ma perché deriva anche dal fatto della superficie di esposizione del cavaliere e del cavallo all’azione nemica che è rispettivamente del 40% e del 60% della superficie totale esposta. Anche da questo ulteriore elemento si può dedurre che il cavallo era 1,5 volte più suscettibile di essere colpito rispetto al cavaliere.

Nel 1610, nel corso della battaglia di Kluszin, 6.800 soldati polacchi (dei quali 5.500 Ussari) sconfiggono, aprendo le porte del Cremlino al Re di Polonia - 30 mila Moscoviti, un gran numero di Svedesi ed un contingente di mercenari al loro soldo. Ma certamente il fatto più significativo per l’Occidente fu la loro partecipazione, sotto la guida di Sobieski, alla Battaglia per la liberazione di Vienna nel 1683 (quando l’Europa Cristiana era sull’orlo della catastrofe). Attorno all’assedio di Vienna si tramanda in particolare un episodio emblematico: nel corso della carica degli Ussari “alati” polacchi - cavalieri che, in effetti, innalzavano sulla schiena lunghe ali bianche - contro il grosso della fanteria turca, questa li scambiò per angeli, dandosi a precipitosa fuga a dispetto dell’immensa disparità numerica. (l’adozione delle lunghe ali serviva ad impedire l’uso dei lazos da parte dei Tartari).

Tuttavia anche gli esperti militari non conoscono a fondo questo corpo d’elite della cavalleria pesante. Quello che é particolarmente interessante e pieno di fascino negli Ussari é proprio la loro straordinaria serie di successi ottenuti in diverse battaglie. Nei loro primi 120 anni d’esistenza, gli Ussari polacchi hanno vinto in quasi tutte le battaglie cui hanno partecipato, nonostante la superiorità numerica del nemico (fino a 5 volte superiore). Con questo lavoro s’intende esaminare le cause e le ragioni del successo degli Ussari e le loro tattiche di combattimento.

Il perché delle vittorie degli Ussari

Il ruolo principale degli Ussari era quello di sviluppare un potente attacco in modo da caricare e disarticolare la formazione nemica. E’ bene rilevare che questa carica era il più delle volte studiata a tavolino e quindi pianificata in anticipo. In effetti, la cooperazione con le altre armi (fanteria, artiglieria ed altri tipi e formazioni di cavalleria) era di fondamentale importanza per la riuscita dell’azione. Appare comunque naturale domandarsi in che modo gli Ussari riuscivano a disarticolare le compatte formazioni della fanteria dei paesi dell’Europa occidentale, dei veri e propri quadrati serrati, irti di picche e protetti dal fuoco dei moschetti ed anche dei cannoni. Come era possibile che questa fanteria, che appena qualche secolo prima era in condizione di infrangere le cariche dei cavalieri, si trovasse ora in scacco sotto gli attacchi degli Ussari ? In effetti la cavalleria se voleva superare dei soldati di fanteria armati di picche e di moschetti, doveva necessariamente possedere delle armi adeguate alle necessità. E la principale arma degli Ussari contro la picca era una lancia speciale, certamente non quella medievale, ma piuttosto un nuovo tipo di lancia molto lunga, impiegata per di più in maniera nuova ed originale.

 

La formazione iniziale prima dell’ingaggio in combattimento

Durante una battaglia, la fanteria veniva disposta in genere a ventaglio ed in formazione poco profonda rispetto alle formazioni dell’inizio del 16° secolo. Alcuni quadrati di fanteria erano composti fino a 50 per 50 righe e colonne e comunque una formazione di 10 per 10 era il minimo considerato. Nel periodo successivo viene adottata una formazione poco profonda da 6 al 10 righe che aveva il vantaggio di consentire una maggiore partecipazione degli uomini delle prime righe durante il combattimento e soprattutto di disporre di una maggiore flessibilità a livello di manovra del quadrato. I moschetti venivano coperti da almeno tre righe di picche e le altre tre righe a tergo avevano lo scopo di supplire con la loro azione alla debole cadenza di tiro dei moschetti, forse un tiro ogni due minuti. Il numero di righe di picchieri andava comunque progressivamente riducendosi rispetto a quelle dei moschettieri, in modo da schierarne col passare del tempo esclusivamente un numero sufficiente e necessario per contenere le cariche di cavalleria. Tale proporzione arriverà quindi alla proporzione di due picchieri contro un moschettiere fino al rapporto di 1 ad 1 e talvolta di meno. Per poter mantenere un tiro continuo, veniva utilizzata una tattica di fanteria chiamata “Contromarcia”. Ogni rango faceva un passo avanti e tirava, mentre le righe a tergo ricaricavano i moschetti. La riga  anteriore dopo il tiro passava a tergo per ricaricare. La sola esigenza necessaria era quella di poter mantenere uno spazio fra le colonne in modo da consentire la contromarcia. Quando questo sistema funzionava, la formazione poteva produrre un tiro continuo ogni 15 - 20 secondi, mentre una sola riga aveva bisogno di almeno due minuti per ricaricare correttamente.

Le picche coprivano i moschettieri solamente in caso di pericolo proveniente da una carica d’elementi di cavalleria

La distanza fra le colonne di fanteria era di norma di 1 metro e 50. Questo intervallo permetteva uno spazio libero adeguato per le operazioni di  ricarica, ma consentiva anche l’agevole passaggio delle righe a tergo una volta effettuata la prima salva. Le picche coprivano i moschettieri solo in caso di pericolo proveniente da cariche di cavalleria o di picchieri. Una formazione standard poteva pertanto essere composta da uomini disposti su 9 -10 righe con degli spazi fra le colonne ed un reggimento di 600 uomini con una proporzione di picchieri/moschettieri di circa 1 a 1, occupava di norma una fronte di circa 100 metri.

Una bandiera di Ussari (cioè un’unità di cavalleria) si schierava su tre o quattro righe di combattimento. La distanza fra i cavalli era equivalente almeno a quella della larghezza di un cavallo. Questo spazio consentiva:

- l’inversione di marcia in modo da interrompere in qualsiasi momento la carica della cavalleria senza rompere i ranghi;

- la possibilità di scartare qualsiasi ostacolo inatteso, quali barriere, ferito o corpi sul suolo;

- un riferimento generico per consentire più facilmente il mantenimento della formazione;

- un sistema per passare attraverso la cavalleria avversaria durante la carica.

Gli Ussari erano di norma separati fra le righe da circa 4 metri di distanza (200 uomini su quattro righe). In prima fila, la posizione d’onore era quella degli Ussari “compagni d’arme”, mentre i "servitori" seguivano nelle colonne dietro di loro. Ovviamente la prima linea era esposta ai tiri della fanteria e le righe successive risultavano almeno inizialmente protette dal tiro frontale.

La carica

Come si sviluppava la carica ? In condizioni ideali gli Ussari caricavano da una distanza di 375 metri. I primi 75 metri si effettuavano al passo, i 150 seguenti al trotto, poi al piccolo trotto e progressivamente sempre più veloci negli ultimi 60 metri. La prima fila procedeva al piccolo trotto forse per (far serrare) raddoppiare i ranghi.  Lo scopo era quello di preservare la forza dei cavalli che poteva scemare rapidamente. Il metodo della carica era strettamente legato alla portata effettiva delle armi da fuoco e la potenza d’impatto di una bandiera era in funzione della densità della sua formazione. Indubbiamente era più facile mantenere la formazione al passo che al galoppo. Il contatto simultaneo della fronte era decisamente più importante contro un quadrato nemico di picchieri. L’impatto massimo della carica poteva essere ottenuto grazie all’entrata in combattimento della seconda fila, quando questa raggiungeva la prima. Questa azione consentiva di compensare le perdite della prima linea, ma ancora molto più importante, dopo il rinforzo (o raddoppio) della prima linea, la distanza fra le righe scendeva da tre ad 1 metro, accrescendo in tal modo la densità globale al momento dell’impatto.

La larghezza della fronte di una bandiera, intorno al 130 - 140 metri, era maggiore di quella dei coevi reggimenti di fanteria (100 metri). Questa predisposizione consentiva a qualche ussaro di attaccare i fianchi della fanteria, che sono notoriamente più fragili, specialmente quando entrambi sono attaccati allo stesso tempo. Nel nostro caso gli Ussari avevano la capacità di spezzare una formazione nemica con questo tipo d’impatto. Grazie alla loro lancia, gli Ussari potevano attaccare i picchieri prima che le picche di quest’ultimi arrivino a toccare i loro cavalli. Tuttavia se gli Ussari riescono a distruggere la prima fila di picchieri, altri due file si alternano in successione per difendere i moschettieri. Come facevano gli Ussari a superare questo muro di lance ? In primo luogo gli Ussari avanzavano in formazione serrata cosa che consentiva loro di non trovarsi in inferiorità numerica rispetto ai picchieri. Dopo l’urto iniziale, diverse lance degli Ussari erano ancora intatte e consentivano quindi di proseguire l’attacco sulla seconda linea di picche con la stessa efficacia. In secondo luogo le lance, anche se rotte o spezzate, potevano ancora raggiungere la lunghezza di due o tre metri ed anche se non erano letali, potevano comunque provocare gravi ferite. In terzo luogo un potente attacco condotto da cavalieri armati di queste lance, poteva gettare un uomo indietro e contribuire a scompaginare la riga successiva. In quarto luogo la possibile penetrazione della linea di picchieri poteva contribuire ad arretrare la formazione nel suo complesso. Da ultimo un secondo assalto era immediatamente effettuato dalle linee di Ussari a tergo.

Tutti questi fattori combinati giocano ognuno un loro ruolo specifico, ma l’effetto di gran lunga più importante era quello di ottenere comunque la penetrazione della formazione avversaria, la sua perdita di coesione e quindi la sua disarticolazione.

La potenza di fuoco secondo le cronache polacche

L’arte della guerra dei paesi occidentali era ormai decisamente orientata a sfruttare principalmente la potenza di fuoco. E’ pur vero che uno scudo di picche, che proteggeva i moschettieri dalle cariche di cavalleria, aveva già causato un cambiamento di tattica, minimizzando il ruolo della cavalleria nei paesi occidentali. In effetti in occidente, sebbene la cavalleria fosse adibita ad operazioni sussidiarie, la fanteria risultava complessivamente meglio organizzata. In ogni caso per una corretta valutazione dell’arte della guerra polacca è necessaria una riflessione sull’impiego della cavalleria confrontato al ruolo ad essa attribuito nei coevi paesi dell’ovest europeo. La constatazione e l’evidenza delle numerose battaglie vinte dalla Cavalleria polacca dimostra ampiamente che il suo impiego tattico era decisamente superiore alle tattiche occidentali dello stesso periodo. Quale era dunque il suo segreto ?  Che tipo di danni poteva provocare il tiro della fanteria su un assalto di Ussari ? Poteva il fuoco della fanteria tenerli a distanza ? Ebbene la risposta è no !! Se ci si riferisce all’efficacia delle armi da fuoco dell’epoca, le informazioni che possono essere tratte dalle memorie dei comandanti, dei soldati o di osservatori dell’epoca ci aiutano ad inferire alcune preziose considerazioni. Giovanni Crisostomo Pasek, un soldato d’esperienza che ha combattuto su diversi fronti (contro gli Svedesi in Polonia ed in Danimarca nel 1650; contro i Russi nel 1660) ha lasciato fra le più interessanti memorie polacche del 17° secolo.  La sua opera è una fonte essenziale per la conoscenza militare di questo periodo. Nel suo libro, molto spesso egli annota riferimenti circa gli effetti delle armi da fuoco e dalle sue note si può rilevare in genere una ridotta efficacia di dette armi (cannoni e moschetti) e soprattutto le ragioni di tale inefficacia. L’autore riferisce in particolare che “la fanteria ed una decina di cannoni hanno fatto fuoco. Grazie a Dio le nostre perdite furono minime. La ragione va ricercata nel fatto che noi ci siamo mossi con molta rapidità e quindi avvicinatici ai cannoni abbiamo tirato sopra di essi. Ma come al solito noi avevamo una decina d’uomini feriti o uccisi. Ma nessuno dei feriti o di quelli che aveva il cavallo ferito poteva disimpegnarsi senza problemi”. Il fatto di poter affermare “come al solito” ci dice chiaramente che le perdite dovute al fuoco delle armi erano normalmente basse, anche sotto un fuoco nutrito e Pasek ce ne fornisce la ragione: la velocità della cavalleria ! Ma l’autore ci dice inoltre “non dimenticherò mai questo fatto e lo ripeterò dieci volte se necessario, anche se questo può apparire incredibile, quando le nostre quattro bandiere ricevevano una salva massiccia sui nostri fianchi, proveniente da 3 mila uomini di fanteria, la nostre perdite furono di un “compagno d’armi” e quattro servitori morti, molti cavalli feriti ed io ho perso anche un cavallo”. In questo caso quattro bandiere (circa 400 cavalli) erano il bersaglio di una grossa formazione di fanteria (Pasek parla di 3 mila uomini, che potrebbe essere certamente un’esagerazione) ed il risultato finale appare comunque modesto (5 morti e diversi cavalli feriti). Questo debole tasso di perdite fu in effetti una sorpresa per lo stesso Pasek, ma è comunque un ulteriore esempio che dimostra che i tiri della fanteria non erano così letali come sarebbe stato legittimo pensare. Pasek non è stato però il solo testimone di questo fenomeno. Ulteriore prova è fornita nel libro di un certo Pac, concernente un viaggio del futuro Re di Polonia Wladislaw (Ladislao) 4° Vasa nell’Europa occidentale nel 1624. Durante questo viaggio il principe venne educato ai principi dell’arte militare in vigore  in tali regioni ed in particolare si trovò a contatto con il comandante spagnolo Spinola durante l’assedio di Breda. A proposito di una domanda di Spinola rivolta al generale Enrico di Bergen sulla tattica da adottare davanti agli Ussari polacchi il Pac annota “Noi cenavamo spesso con Spinola e con molta gente importante ed in queste occasioni avevamo delle discussioni con questi personaggi, in quanto essi c’interrogavano sul soldato polacco e sulla sua maniera di combattere. Un giorno mentre ci chiedevano informazioni sugli Ussari ….. Spinola chiede ad Enrico di Bergen come questi pensava di poterli battere. Egli risponde che avrebbe utilizzato delle armi da fuoco, ordinando il fuoco proprio nel momento topico della carica dei cavalieri. Io a questo punto mi misi a ridere e tutti mi chiesero il motivo. Io risposi che noi avevano una grande esperienza a riguardo. Il nostro ospite, il principe di Baviera, ci aveva invitato ad una sontuosa partita di caccia. Un centinaio d’animali furono ad un certo punto il bersaglio di una dozzina di tiratori in formazione serrata. Nonostante ciò, il risultato fu che solo qualche animale rimase sul terreno. La situazione degli Ussari durante la battaglia non è molto più pericolosa di quella di questi animali durante la caccia. Durante una battaglia i tiratori possono abbattere qualche cavallo, ma non riescono ad arrestare una bandiera. Anche i picchieri non possono nulla contro essa ed alla fine i miei interlocutori conclusero che avevo ragione !”

Questo racconto molto interessante ci evidenzia la differenza di vedute fra la Polonia ed i regni dell’Europa dell’ovest i cui eserciti ripongono tutte le loro speranze di vittoria sulla potenza di fuoco

Nuovi metodi nella tattica delle fanterie

Questo argomento può essere concluso e completato attraverso un rapido esame della battaglia di Gniew nel 1626. Durante questa battaglie la cavalleria polacca dovette far fronte alle nuove tattiche fatte adottare da Gustavo Adolfo alla sua fanteria. La fanteria svedese infatti utilizzava una nuova tattica perfezionata chiamata “a salva”. Con tale procedimento, le tre file di dietro si alternavano con le tre prime file, quindi la prima s’inginocchiava, la seconda si curvava e la terza rimaneva in piedi. Allorché la cavalleria effettuava la carica, tutte le linee potevano tirare in contemporanea con dei risultati certamente e decisamente più efficaci. Questa tattica era chiaramente più pericolosa dell’antica “contromarcia”, perché con gruppi di tre righe di moschettieri alla volta poteva sviluppare un fuoco nutrito e perfettamente regolato.

Come reagiscono gli Ussari davanti a questo nuovo procedimento tattico? Durante i primi due giorni battaglia la nuova tattica riesce a fermare tutte le cariche degli Ussari. Tre bandiere polacche avevano effettuato senza successo una carica su tre squadre di fanteria (576 moschettieri aiutati da 6 cannoni). Seicento Ussari avevano costituito il bersaglio privilegiato di 1700 moschetti e di 18 cannoni. Tre fonti diverse ci forniscono le perdite avute dalla cavalleria polacca (20, 30 o 50 morti) che fa complessivamente una media di 33 morti per effetto dell’azione combinata dei moschettieri e della cavalleria svedese. Nonostante tutto, le perdite non erano state colossali, ma pur tuttavia decisamente più elevate delle giornate precedenti e comunque sufficienti a fermare la carica degli Ussari. Per quale motivo ? Era forse l’effetto della sorpresa dell’applicazione della nuova tattica?

La storia militare insegna che l’arrivo di un nuovo procedimento durante la battaglia può indurre l’avversario al panico. In questo caso specifico, gli Ussari si trovano davanti ad una nuova tattica che infrange la carica ed infligge perdite superiori al passato Nondimeno questa battaglia mostra anche paradossalmente che anche questo nuovo livello di perdite non erano in grado di spezzare la coesione della formazione di cavalleria. Durante gli ultimi giorni di questa battaglia, gli Ussari polacchi riusciranno nuovamente ad infrangere le formazioni di fanteria svedesi. Come ? In effetti gli Ussari avevano il tempo di ritrovare l’equilibrio della formazione ed il controllo della loro carica. In più i cavalieri polacchi introducono anche loro una nuova tattica di cooperazione con un altro tipo di cavalleria, quella leggera che aveva il compito di provocare la prima scarica della formazione avversaria. Comunque il risultato delle battaglie ci evidenzia che le perdite dovute all’impiego delle armi da fuoco sono state sempre modeste ed in genere la fanteria non era in grado di fermare una carica di Ussari.

Nonostante la riforma durante l’epoca di Gustavo Adolfo, la cavalleria poteva ancora caricare la fanteria con eccellenti risultati.

Le perdite a causa del tiro dei moschetti

Durante le battaglie numerosi uomini e cavalli risultavano feriti o uccisi Se mettiamo insieme tutti questi fenomeni le perdite complessive potevano a volte permettere alla fanteria di fermare le cariche dei cavalieri. I conteggi delle perdite si riferiscono spesso al numero dei morti, ma durante la carica, quello che era più importante era di sapere quante unità di Ussari i moschettieri nemici potevano eliminare (uccidere o ferire) ed in quale misura la loro azione incideva sulla loro coesione, sul loro morale e sull’efficienza militare dell’unità. Il rapporto di Bartosz Paprocki riferito alla battaglia di Lubieszow, avvenuta nel 1577 fra polacchi ed ungheresi, ci fornisce una descrizione dettagliata delle perdite polacche. La lista delle perdite riporta: 14 Polacchi morti, 45 Polacchi feriti, 31 cavalli polacchi morti, 58 cavalli polacchi feriti, 4 Ungheresi morti, 7 Ungheresi feriti, 7 cavalli ungheresi morti, 7 cavalli ungheresi feriti, 40 fanti morti, 80 fanti feriti.

Dai dati sopradetti si ricava la statistica di un morto polacco per ogni tre feriti, un cavallo polacco morto per ogni due feriti ed in genere le perdite complessive dei cavalli erano di circa 1,5 superiori a quelle complessive degli uomini. Pertanto, applicando questa statistica di base, se nella carica si avevano 10 cavalieri morti ci si potevano attendere delle perdite complessive intorno alle 100 unità così ripartite: cavalieri, 10 morti e 30 feriti; cavalli, 20 morti e 40 feriti. Se invece si considerano le perdite subite dagli ungheresi il rapporto fra morti e feriti della cavalleria è di circa 1 a 1 ed il rapporto complessivo fra uomini e cavalli rimane sempre intorno all’1,5, come per i Polacchi. 

In ogni caso la somma complessiva di queste perdite è tale da bloccare una carica di cavalleria ? Cominciamo dai cavalli. Molti rapporti del 18° secolo e di quello successivo hanno ampiamente dimostrato una grande capacità di resistenza dei cavalli feriti. Diversi autori sino alla prima guerra mondiale hanno evidenziato nei loro racconti di cavalli scossi che continuavano la loro corsa, creando scompiglio nelle formazioni nemiche, come anche dell’effetto sulla fanteria dell’anormale resistenza dei cavalli feriti. Proprio la grande resistenza dei cavalli feriti era uno dei motivi che incuteva paura nella fanteria. Durante la carica solo i cavalli morti risultavano immediatamente inefficaci. Il rimanente di essi continuava a correre contro la formazione nemica al seguito degli altri, calpestando ed uccidendo i fanti che non comprendevano per quale motivo le loro armi avessero così poca efficacia. I fanti cominciavano a quel punto a tirare troppo alto, ad essere presi dal panico e quindi a fuggire. Il risultato finale si traduceva poi in un massacro.

Si può quindi constatare quanto i cavalli feriti potevano ancora combattere e provocare danni. Il rapporto di Paprocki ne fa fede.

Tuttavia durante la carica il numero dei cavalli morti era effettivamente minore. In effetti la metà dei cavalli veniva uccisa durante la carica, l’altra metà era poi abbattuta alla fine del combattimento dai proprietari. Anche per i cavalieri vale più o meno lo stesso discorso. Ci sono numerose testimonianze di uomini che continuano a battersi nonostante le ferite. La tattica della fanteria moderna suggerisce un “tiro doppio sul corpo ed un tiro singolo alla testa” Tuttavia, a differenza dei cavalli, gli uomini non posseggono la stessa resistenza ed in genere un uomo seriamente ferito non è più in grado di combattere. Ad ogni buon conto un terzo della cavalleria considerata come ferita poteva continuare a combattere e se consideriamo che fra le perdite complessive per una piccola percentuale può coincidere cavallo con il cavaliere se può agevolmente dedurre che la morte di 10 cavalieri durante una carica provocava la perdita complessiva da 30 a 50 unità di combattimento (cavallo più cavaliere).

La fine di un’epoca ?

Torniamo alla battaglia di Gniew. Durante questa battaglia, 600 Ussari hanno caricato la fanteria moderna di Gustavo Adolfo. La prima linea era composta da 150 Ussari. Noi sappiamo che in una carica la fanteria e l’artiglieria (576 uomini e 6 cannoni) eliminavano al massimo 10 cavalieri e quindi complessivamente da 30 a 50 unità militari della bandiera Orbene se si applicano tutte le perdite sulla prima linea si ottiene una perdita percentuale del 20 - 30% della prima linea di Ussari e quindi le linee seguenti risultavano perfettamente in grado di condurre in porto la carica. In sostanza le perdite inflitte dalla fanteria sono sostanzialmente troppo deboli per consentire di bloccare una carica. Nonostante tutto Gustavo Adolfo decide comunque di adottare la nuova tattica che, se anche non riusciva a spezzare lo slancio della carica, infliggeva, in ogni caso, un tasso di perdite superiore.

Le ragioni per il debole effetto delle armi da fuoco

Conviene ora considerare i motivi del ridotto effetto dell’impiego delle armi da fuoco. Il fatto dipende da diversi fattori:

- la carenza a quest’epoca d’armi di maggior portata, fatta eccezione per un piccolo numero d’armi da caccia. La portata stabilizza la traiettoria e migliora la distanza di tiro utile e la precisione;

- non esisteva un sistema di puntamento ed il tiratore indirizzava solo la sua arma in direzione del bersaglio. D’altronde l’imprecisione delle palle di cannone ad anima liscia non poteva venire compensata dall’applicazione di un sistema di puntamento;

- la carica di lancio era calcolata senza eccessiva precisione. Ciò aveva per conseguenza un’incoerenza nella velocità iniziale, nella portata e la precisione. Anche il tempo meteorologico aveva un’influenza sulla precisione del tiro, se la polvere risultava umida;

- infine non era così semplice effettuare il tiro su dei bersagli mobili e rapidi.

Inevitabilmente il tasso di tiri mancati era abbastanza elevato. Oggi i tiratori che utilizzano il visore per il puntamento hanno fra il 10 ed il 20% di colpi a vuoto, ma le condizioni di tensione nel corso di una battaglia non permettevano di conseguire in ogni caso degli eccellenti risultati. Il fatto di doversi sbrigare nelle operazioni di ricarica era altresì un ulteriore importante fattore di colpi a vuoto. Ad ogni buon conto ogni comandante sapeva che la prima salva di colpi doveva essere la migliore, tanto che i primi tiri venivano effettuati con molta cura, sapendo che i successivi sarebbero inevitabilmente diventati sempre meno efficaci.

Forse la causa maggiore del basso rendimento delle armi da fuoco è da imputare alla psicologia dell’uomo. Esiste una sensibile differenza fra tirare su un bersaglio in addestramento e su un nemico in combattimento. Se prendiamo il caso degli atleti, quale è il tasso di realizzazioni mancate di tiri liberi da parte di un giocatore di pallacanestro fra l’allenamento e quello di una partita? Perché durante l’allenamento i giocatori sfiorano il 100% e diminuiscono il tasso di rendimento durante una partita ? Le ragioni sono la fatica, la lucidità e l’emozione. Anche se i giocatori possono controllare la loro mente, essi commettono ugualmente dei falli. Allo stesso modo come reagisce un soldato al suo primo combattimento? Quale reazione ha un fante davanti ad una carica di cavalleria? Anche durante la prima guerra mondiale, dove certo non mancava la potenza di fuoco, i soldati erano presi da panico davanti ad una carica di cavalleria. Per contro anche se i soldati riuscivano a mantenersi calmi, le emozioni al loro interno rimanevano elevate e la conseguenza immediata era un tiro meno efficace del solito. D’altra parte molti soldati preferivano tirare nel mucchio piuttosto che mirare su un nemico in particolare, abbassando ulteriormente l’efficacia complessiva.

Come gli Ussari minimizzavano le loro perdite

Le istruzioni del tempo ci dicono che I moschetti non avevano una portata oltre i 75 metri. Una distanza che gli Ussari poteva coprire talmente rapidamente che i moschettieri non potevano reiterare il tiro molte volte e che dovevano utilizzare per porsi al riparo dei picchieri. Gli Ussari attendevano per lanciare la carica e coprire gli ultimi 75 metri, nel momento in cui la seconda fila di moschetti si organizzava per il tiro. Ricordiamo inoltre che la fronte di una bandiera era di 150 metri contro i 100 della fanteria e che quindi poco più del 50% della prima linea era esposto al tiro avversario. Le bandiere di cavalleria erano organizzate per ondate successive ed a scacchiera in modo che l’ondata successiva potesse passare fra le bandiere della prima ondata. Tutto ciò consentiva alla prima ondata di avanzare senza disorganizzare la formazione nel suo insieme. L’integrità della formazione era molto elastica e permetteva una cooperazione fra le varie masse. Succedeva a volte che la prima carica non riusciva a spezzare i ranghi avversari. Allora la bandiera si ritirava e procedeva ad una seconda carica e questa veniva effettuata generalmente in tempi talmente brevi che l’avversario non aveva spesso il tempo di riformare la sua formazione.

In definitiva è possibile affermare che la carica degli Ussari era capace di disarticolare una formazione di fanteria che adottava la tattica della contromarcia e di affrontare con buone probabilità di successo anche la fanteria che applicava la tattica moderna di un salva di tiro proveniente da una triplice riga.

L’Ussaro, scartato l’impiego standard della lancia, utilizzava un metodo speciale di maneggiamento della stessa lancia. Da una pittura tratta dalla Battaglia di Vienna di Marcin Altomonte nel 1694, si può dedurre il suo impiego standard.

Ma questo modo eccezionale d’impiego è descritto da Francesco Paolo d’Alerac, segretario di Maria Kazimiera de la Grange d’Arquien, moglie del Re di Polonia, che avuto anche il ruolo di cortigiano del Re Giovanni 3° Sobieski. Nel 1689, questi descriveva gli Ussari in tal modo (da aneddoti di Polonia o memorie segrete del Regno di Giovanni Sobieski):

«Gli Ussari sono i più bei cavalieri d'Europa grazie ai loro cavalli, magnifici e forti e grazie alle loro sontuose vesti (...). Gli Ussari sono equipaggiati d’elmo, da para braccia, che protegge il davanti ed il dietro del braccio fino al gomito. Inoltre essi non portano guanti. Essi indossano sulle loro spalle una pelle di leopardo o di tigre e sono armati con una lancia leggera fatta di legno molto flessibile, vuota all’interno, lunga dai tre ai quattro piedi. Le lance erano dipinte o ricoperte d’oro ed erano sostenute da un porta lancia brandeggiabile, attaccato alla sella in permanenza, anche durante il combattimento e senza il quale era impossibile impugnarla a causa del suo rilevante peso. Gli Ussari lanciavano i loro cavalli al galoppo al fine di distruggere tutto davanti a loro”

Altre fonti ci sono utili per capire come venivano maneggiate. Da un’immagine del libro di Joachim Pastorius (Joachim Pastorii Florus Polonicus seu Polonicae Historiae Epitome Nova Dantisci) possiamo chiaramente vedere che l’ussaro tiene la sua lancia in una specie di porta lancia.  Secondo il D’Alerac questo strumento aiutava il cavaliere a maneggiare l’arma. Tali antiche descrizioni devono essere intergrate da delle analisi più tecniche.

Sulla lancia in posizione di combattimento agiscono due forze principali e cioè: la verticale che tende ad abbassare la lancia e ad appesantire il braccio e la mano e la forza orizzontale che assiste l’ussaro nel sostegno del peso della lancia. Senza il porta lancia. Il porta lancia consente di neutralizzare la forza verticale o discendente che rappresenta circa i due terzi del carico sul braccio e sulla mano.  Questo sistema comportava due vantaggi. In primis l’ussaro poteva maneggiare la sua lancia standard, più corta e più leggera, con molta più efficacia e successivamente egli era in condizioni di impiegare una lancia più lunga che senza un tale appoggio sarebbe stato problematico. In entrambi i casi il porta lancia consentiva di compiere un attacco a percussione o di compiere il movimento in avanti solo negli ultimi secondi prima dell’impatto. L’attacco si riduce essenzialmente ad un movimento orizzontale e questo spiega perché la forza degli Ussari è impiegata tutta in funzione dell’attacco in sé stesso e non nel portare e sostenere la lancia. 

Infatti il porta lancia permetteva agli Ussari di poter impiegare una lancia più lunga delle picche. In più la stessa possedeva una qualità mortifera supplementare. Grazie ad una cinghia posta sul corpo dell’ussaro ed incernierata sull’estremità del porta lancia e ad un perno posto sul porta lancia stesso, l’Ussaro poteva tirare la lancia all’indietro e scaricare in tal modo il peso maggiore della lancia nel porta lancia, alleggerendo in tal modo la pressione sul braccio e la mano. Solo qualche secondo prima dell’assalto finale, l’Ussaro può far discendere la lancia in posizione d’attacco ed imprimere quindi tutta la forza necessaria nell’urto. Tutta la sua forza può essere utilizzata a tal fine, fato che conferisce una potenza d’impatto decisamente più devastante.

Certamente, l’impiego di una lancia standard avrebbe rappresentato un rischio supplementare nella misura in cui nel momento del contatto con un avversario fortemente protetto, l’ussaro poteva essere proiettato violentemente all’indietro dalla lancia o dal porta lancia. Ma la lancia polacca vuota all’interno si spezzava prima che si potesse produrre una tale evenienza, proteggendo il cavaliere dalla violenza di un tale contraccolpo. Allorché il cavaliere non caricava egli portava il porta lancia in posizione verticale senza sovraccaricare il suo braccio. Un sistema di cinghie consentiva infatti di abbassare il porta lancia all’altezza del piede ed il cavaliere poteva mantenere la sua lancia in posizione verticale con l’aiuto del suo braccio.

Conclusione

Per circa due secoli, la cavalleria degli ussari polacchi è stata considerata come la migliore cavalleria al mondo. Grazie ad un addestramento spinto dei cavalieri, a delle innovazioni tattiche e ad un armamento ed un impiego unico, grazie ad un brillante impiego brillante dei cavalli polacchi, tenaci, rapidi e molto allenati e grazie a dei comandanti capaci di dare loro adeguate direttive, gli Ussari hanno conseguito dei risultati sbalorditivi. La comparsa di questi cavalieri alati, dalla nobile apparenza, ha guadagnato il rispetto in ogni parte dell’Europa. Questa cavalleria era effettivamente unica ed ha lasciato un alone di leggenda nella stessa Polonia. Essa contribuisce largamente al cambiamento dei punti di vista riguardo l’impiego delle forze montate. Il successo degli Ussari indurrà Gustavo Adolfo ad apportare significativi cambiamenti anche alla propria cavalleria. La Russia nel 17° secolo arriverà persino a copiare il modello degli Ussari polacchi. Il 18° secolo è stato il sinonimo del declino della cavalleria pesante, anche in Polonia. Con la fine delle picche di fanteria, la lancia speciale degli Ussari non aveva più alcuna utilità. Il posto degli Ussari polacchi viene preso da una nuova formazione di cavalleria equipaggiata di lance più corte, gli Ulani polacchi.

Lista non esaustiva delle vittorie degli Ussari

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Battaglie e anno

Forse polacche ed alleate

Nemico e forze

Rapporto

di forze

Note

Orsza 1514

30 000

Russi, 60 000

1/2

 

Obertyn 1531

5 700

Moldavi, 17 000

113

 

Lubieszow 1577

2 500

Borghesi di Danzica,        11 -  12 000

1/4.5

Inclusi 3100 Tedeschi dei

Landsknechts

Toropiec 1580

2 500

Moscoviti, 10 000

1/4

 

Byczyna 1588

6 000

Austriaci, 6 000

1 / 1

 

Cuprea de Argesz 1600

1 500

Rumeni, 9 000

1/6

 

Kircholm 1605

3 700

Svedesi, 11 000

113

 

Kluszyn 1616

6 800

Russi, 35 000

1/5

Inclusi 5 000 mercenari di Svezia e dell'Europa occidentale

Chocim 1621

55 000

Turchi, 110 000

1/2

 

Trzciana 1629

4 500

Svedesi, 9 000

1/2

Esercito svedese, mo- derno e comandato da

Gustavo Adolfo

Ochmatow 1644

19 000

Tartari, 20 000

1 / 1

 

Beresteczko 1651

70 000

Cosacchi e Tartari, 100 000

1/1.5

 

Podhajce 1667

3 000

Tartari e Cosacchi, 25 000

1 / 8

 

Raid contro

Czambul 1672

3 000

Tartari, 20 000

1/7

 

Chocim 1673

30 000

Turchi, 30 000

1 / 1

 

Leopoli 1675

6 000

Tartari, 10 000

1/1.5

 

Vienna 1683

70 000

Turchi, 100 000

1/1,5

Soldati polacchi nell’e-sercito alleato 27 000

CRONOLOGIA

1514 : battaglia di Orsza (una volta in Lituania, oggi in Bielorussia). Una delle prime battaglie degli ussari polacchi.

1605 : battaglia di Kircholn, presso Riga.

1610 : battaglia di Kluszyn e conquista di Mosca da parte dei Polacchi.

1629 : battaglia di Trzciana e distruzione delle forze di Gustavo - Adolfo.

1683 : battaglia di Vienne. Inizia il riflusso turco in Europa.

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