facebook
^Torna sù

  • 1 www.iacopi.org
    IACOPI o JACOPI: una serie di antiche famiglie originarie della TOSCANA
  • 2 Iacopi - Jacopi
    Un cognome molto raro con (alle spalle) una storia importante !
  • 3 RICERCHE E STUDI
    Alla ricerca delle origini e della storia degli IACOPI. Sito interamente creato grazie alla ricerca e agli studi.
  • 4 AIUTI GRADITI
    Essendo ricerche storiche molto complesse è possibile vi sia qualche errore. Nel caso riscontriate delle imprecisioni vi prego di comunicarlo a maxtrimurti@gmail.com
  • 5 Benvenuto
    Buona navigazione.

IACOPI DISCENDENZE E STORIA

Una vita di ricerche per conoscere chi sono.

  

Pietro il Grande

PIETRO il GRANDE

Pubblicato su Rivista Informatica "GRAFFITI on line" (www.graffiti-online.com) del mese di aprile 2022, con il titolo “PIETRO I IL GRANDE, ZAR DI TUTTE LE RUSSIE”
https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2019

Inquietante, geniale, feroce, Pietro è il fondatore della Russia moderna. Però con lui ha inizio anche il conflitto fra i filo Slavi ed i filo Occidentali.

“Era un uomo alto di statura, molto ben fatto, abbastanza magro, il viso abbastanza di forma rotonda … lo sguardo maestoso e grazioso quando si mostrava attento, altrimenti severo e feroce, con un tic che gli modificava lo sguardo e tutta la sua fisionomia e che dava spavento. Tutto questo durava un momento, con uno sguardo smarrito e terribile …”. Sia sotto la penna di Louis de Rouvroy, duca Saint Simon (1675-1755), come anche nella storia del suo regno tumultuoso, Pietro 1° Alekseevic Romanov, Zar di Russia (1694-1725), appare un essere dai tratti bifronti, come Giano. La patina della civiltà, che incarna questo gigante di due metri, non resiste a lungo alla esagerazione e ad una certa follia, che alcuni qualificheranno come di origine “slava”.
Figura fondamentale della storia russa, questo zar pieno di contraddizioni è un despota riformatore. Contro tutto e contro tutti egli ha voluto aprire una “finestra sull’Occidente”, per recuperare il ritardo accumulato dal suo paese nei confronti dell’Europa. Ma è a colpi di knock out che egli ha imposto le sue vedute, nel disprezzo totale delle sofferenze patite dal suo popolo, fatto che non ha mancato in cambio di perpetuare l’immagine di una Russia ancora barbara, gestita con pratiche crudeli. Ma è pur tuttavia Pietro, che, non contento di aver trasformato lo zar, fino allora ieratico, in un sovrano moderno, ha allargato gli orizzonti della Russia.
Nato nel 1672 Pietro conosce un’infanzia tumultuosa, in quanto non è che il figlio di secondo letto di suo padre Alessio 1° Michailovic Romanov (1629-1645-1676). In tale contesto, alla morte del padre nel 1676, la corona va a Fedor III Alekseevic Romanov (1661-1682), un adolescente malato sotto l’influenza di sua sorella Sofia Alekseevna Romanova (1657-1704). La Zarevna fa ben presto relegare Pietro e sua madre lontano dal Cremlino, nella piccola località di Preobrajenskoie. Ma, allorché il trono diviene nuovamente vacante, nel 1682, è il giovane che viene scelto, a danno del giovanissimo e malaticcio Ivan V Alekseevic Romanov (1666-1696), un altro fratello di Sofia. Quest’ultima per non farsi allontanare dal potere, si allea con i temibili Strelitzi, i fanti arcieri della guardia personale dello zar (fondati da Ivan IV nel 1550). L’insurrezione che si scatena nel maggio 1682 è terribile: i soldati se la prendono con la famiglia di Pietro e suo zio viene dato in pasto ad una folla scatenata. In tale situazione Pietro è obbligato ad accettare la reggenza di Sofia, in nome dei due giovani ragazzi (Pietro ed Ivan), mantenendo il secondo un diritto di precedenza su Pietro, inviato ancora una volta nella campagna moscovita.
In questo ambiente lontano dalla corte, Pietro cresce, sviluppando una passione senza freno per le cose militari. Lasciato a sé stesso egli si occupa, giocando alla guerra con i giovani della sua età che, col tempo, costituiranno dei veri battaglioni di soldati allegri, i Potechy, gli “intrattenitori”. Per dare maggiore realtà ai suoi simulacri di battaglia, Pietro non esita a ricercare istruttori per le sue truppe nel quartiere tedesco, il quartiere dove si raggruppano gli stranieri che vivono in Russia. Le cose vanno così lontane che Sofia decide anche di mettere fine alle attività di colui che, comunque, rimane una minaccia: ma il fallimento degli Strelitzi inviati per questa occasione consente a Pietro di sbarazzarsi, in maniera molto opportuna, della sua sorellastra, chiusa in un convento e di rientrare a Mosca nell’ottobre 1689.
Fino al 1694 è sua madre che si occupa degli affari correnti del paese, continuando Pietro a divertirsi all’eccesso nei suoi giochi guerrieri o nei suoi piaceri del bere. Ciò nondimeno, egli elabora dei piani audaci per l’avvenire della Russia, persuadendosi che solo la disponibilità di sbocchi marittimi permetteranno al suo paese di “spezzare il giogo che lo soffoca”. E’ verso il Mar Nero che egli porta inizialmente la sua attenzione: in tal modo, in maniera alquanto sconsiderata, egli dichiara guerra alla Turchia nel 1695. L’assedio di Azov è un duro fallimento ed egli pone tutta la sua energia nella costruzione di una flotta, alla quale partecipa personalmente, mescolandosi insieme agli operai, per riuscire a conquistare la città l’anno seguente. Per quanto riguarda i nobili essi vengono coinvolti, inviando i loro figli all’estero per apprendere l’arte della navigazione.
Pietro diventato il solo padrone della Russia dopo la morte di Ivan nel 1696, ha capito che occorreva ancora apprendere molto dall’Occidente prima di potersi lanciare nei suoi ambiziosi progetti di riforma del paese. Dopo aver violentemente represso una nuova rivolta degli Strelitzi, egli inizia un lungo viaggio in Europa, nel marzo 1697, una decisione che viene percepita come un tradimento da parte dei sostenitori della tradizione slava. Nessuno Zar aveva, dall’XI secolo, lasciato il territorio della Santa Madre Russia. Non è tuttavia sotto il peso delle loro critiche che Pietro finge di essere assente da questa “grande ambasciata”. Egli si nasconde, in effetti, sotto il nome di Pietro Mikhailov, al fine di osservare meglio le abitudini, i costumi e le tecniche utilizzate presso i suoi vicini. Forse anche per dissimulare meglio i suoi scarti di condotta. Egli visita, in tal modo, Königsberg, dove diventa artigliere ed ottiene con fierezza il diploma di bombardiere; Amsterdam dove indossa i panni del carpentiere; l’Inghilterra, dove egli frequenta i cantieri navali… Più tardi, egli si vanterà di essersi iniziato alla pratica di 14 mestieri. Insaziabile, egli annota tutto quello che può permettergli, una volta rientrato, di colmare il ritardo tecnico della Russia e questo - frettoloso - inventario di conoscenze dell’Occidente sembra non avere mai fine. Egli deve nondimeno rientrare precipitosamente a Mosca: una nuova rivolta degli Strelitzi mette in crisi la sua autorità: ma sarà anche l’ultima, in quanto anche se la ribellione è già domata al suo ritorno, nell’agosto 1698, la sua repressione sarà di una crudeltà inaudita. I reggimenti colpevoli vengono disciolti, migliaia di insorti vengono torturati e giustiziati. Pietro ordinerà, inoltre, che i loro corpi decapitati vengano lasciati per diversi mesi sul posto, come monito.
Lo Zar approfitta del suo viaggio per rivedere i suoi progetti di espansione, volgendosi questa volta verso l’orizzonte settentrionale della Russia: il baltico, le cui sponde sono nelle mani della Svezia, che egli conta di attaccare con il sostegno della Polonia e della Danimarca. Comincia allora la grande Guerra del Nord, che durerà circa 20 anni. Lo Zar deve allora affrontare un difficile inizio di campagna. Egli viene umiliato da una terribile sconfitta, a Narva, dove i suoi 40 mila uomini vengono sonoramente battuti dagli 8 mila agguerriti soldati di Carlo XII di Svezia (1682-1718). Da quel momento, si ingaggia una difficile lotta fra i due uomini. Se Pietro riesce ad impadronirsi dell’imboccatura del fiume Neva, Carlo XII pone sul trono della Polonia un re a lui fedele, penetra in Russia e devasta l’Ukraina, dove sostiene gli intrighi secessionisti dei Cosacchi zaporoghi dell’atamano ukraino di Ivan Mazeppa (1639-1709). Occorrerà attendere il 1709 per vedere i Russi riportare, a Poltava, una vittoria senza appello sui loro avversari e ristabilire Augusto III (1696-1763), detto il Sassone, in Polonia.
Essendosi Carlo XII rifugiato presso i Turchi, Pietro può guadagnare del tempo per consacrarsi alla concretizzazione di un progetto - o di un capriccio – smisurato: l’edificazione di una città nella palude fangosa della Neva, in una delle regioni fra le più inospitali del Paese. Si tratta di San Pietroburgo, che egli immagina come Amsterdam, costruita su delle palafitte e attraversata da canali. Dal 1704, ogni provincia russa viene obbligata a fornire 40 mila operai per anno per concretizzare il sogno dello Zar … Un sogno omicida. Saranno, in effetti, a migliaia gli uomini che, di fronte al freddo, alle inondazioni ed agli incendi, moriranno nell’ambito di questo titanico cantiere. Ma nessuno è in grado di arrestare o di opporsi alla volontà di Pietro che si impegna follemente in questa nuova avventura. Tutto vi è stato programmato in anticipo, dalla posizione delle dimore fino alle stesse facciate delle case, in funzione della qualità sociale di quelli che, costretti a forza, dovranno lasciare Mosca per risiedervi. La città sarà scelta come nuova capitale nel 1713, al posto di Mosca, una città che Pietro percepiva come un simbolo di oscurantismo.
Il cantiere di San Pietroburgo non impedisce allo Zar di mantenere gli occhi puntati sulla Turchia e sulla Svezia. Ma un nuovo tentativo contro la Sublime Porta, altrettanto arraffazzonato del primo, è destinato al fallimento. In occasione del Trattato di Pruth, egli deve restituire Turchi la città di Azov e consentire a Carlo XII di rientrare in Svezia. Egli cerca allora di smuovere la Francia per riprendere la lotta contro il suo eterno avversario. Egli si rende a tal fine a Parigi nel maggio 1717, dove lascerà un ricordo tiepido, a causa del suo totale disprezzo dei costumi locali e per la sua debordante energia che gli fa visitare l’Osservatorio, il Louvre, il Giardino delle Piante, Versailles, gli Invalidi, le manifatture ... Ma non riuscirà a staccare la Francia dalle sue tradizionali alleanze. Poco male, perché Pietro riuscirà da solo a completare l’espansione territoriale. Egli si dota a tal fine di uno strumento militare e decisamente inedito in Russia: al prezzo di una fiscalità pesantissima riesce a costituire un esercito permanente forte di 200 mila uomini: nel 1718, Carlo XII muore e sua sorella viene ben presto costretta a trattare con lui. In occasione del Trattato di Nystadt nel 1721, egli acquisisce la Livonia, l’Ingria, l’Estonia, una parte della Carelia … In breve la Russia diventa la prima potenza dell’Europa del Nord, un successo che viene sanzionato, dall’anno seguente, dalla concessione a Pietro del titolo imperiale da parte del Senato russo.
Questa vittoria viene a compensare le miserie familiari e la perdita del favore pubblico causato da suo figlio negli anni precedenti. Lo Zarevic Alessio Petrovic Romanov (1690-1718) - nato dal suo primo matrimonio con Eudossia Fedorovna Lopuchina (1669-1731), ripudiata e reclusa in un convento nel 1699 - rappresenta l’antitesi di suo padre. Impermeabile alla gloria dell’uniforme, ostile alle riforme, molto attaccato alla tradizione ortodossa, egli detesta visibilmente un padre dal quale non ha ereditato il carattere energico. La sua debole persona coagula e cristallizza intorno a sé tutti gli scontenti provocati dagli sconvolgimenti iniziati da Pietro. Alessio, temendo suo padre, fugge e si lancia in una avventura rocambolesca e fatale. Si rifugia a Vienna, quindi in Italia, da dove finisce per rientrare, convinto da alcuni emissari di suo padre che gli era stato accordato il perdono paterno. Appena giunto a Mosca, egli si vede solennemente allontanato dalla successione e gettato in prigione. Sotto tortura, alla presenza di suo padre, finisce per ammettere una serie di crimini immaginari, prima di essere ucciso nella sua cella il 26 giugno 1718.
Pietro I consacra gli anni che seguono alla trasformazione della società russa che scuote da cima a fondo. Egli si dedica a tutte le istituzioni suscettibili di opporsi alla sua dominazione. Ben lungi dal voler ammorbidire il suo potere di autocrate, egli cerca, al contrario, a rinforzarlo con strumenti perfezionati. L’amministrazione viene trasformata e viene creata una nuova divisione dell’Impero. Egli mette la nobiltà al servizio dello Stato (e inversamente, il servizio prestato a favore dello Stato potrà ormai nobilitare i plebei che hanno meritato), nel cui ambito gerarchizza strettamente le cariche nella Tavola del Rango (1722). Per quanto concerne il clero, egli accresce la sorveglianza sui monasteri ed i loro beni, riducendo al minimo le velleità del Patriarca di poter imporsi come una autorità rivale in Russia. Alla morte del Patriarca nel 1700, Pietro si guarda bene dal designarsi un successore. Lo rimpiazzerà con il Santo Sinodo, un Consiglio di prelati nominati a sua cura e controllati, per di più, da un funzionario laico, provvisto di un diritto di veto.
Ma è soprattutto nel campo culturale che le riforme di Pietro sono le più spettacolari, in quanto esse mirano all’identità tradizionale del popolo russo: obbligo per i Boiardi di radersi la barba, simbolo ai suoi occhi “dell’oscuro passato di un popolo che vuole portare verso la luce dell’Occidente”; obbligo di portare l’abito “tedesco o ungherese”. Le donne della buona società escono dai terems, specie di ginecei dove erano fino ad allora confinate, per iniziare a tenere il “salone” all’europea. Egli si interessa ugualmente delle modifiche da apportare al calendario tradizionale, attirandosi in tal modo anche i fulmini dei vecchi Credenti, presto convinti che la Bibbia, avendo annunciato “che l’Anticristo cambierà il tempo”, sottintendono pertanto che “Pietro I è l’Anticristo”. Il più delle volte queste misure vengono prese precipitosamente: in tale contesto nel campo dell’educazione egli vuole dotare il suo paese di prestigiose accademie, senza preoccuparsi preventivamente di creare una istruzione primaria e secondaria. Queste istituzioni, sempre tributarie di professori stranieri, rimarranno per lungo tempo vuote di allievi.
Logorato da una vita eccessiva, Pietro I muore il 28 gennaio 1725 a 53 anni, senza designare un successore. E’ pertanto la sua sposa, Caterina I (1684-1727), che prende il potere. Si ritrova ancora nella straordinaria promozione di questa donna, una figlia di soldato diventata imperatrice, questo “bizzarro miscuglio di buffoneria e di serio, di rilassamento e di applicazione” che caratterizza l’insieme del suo regno. Certamente Pietro ha considerevolmente spostato le frontiere del suo impero ed iniziato lo sfruttamento delle sue ricchezze. Approfittando del declino della Svezia e della Turchia, egli ha fatto un ingresso significativo sulla scena europea del XVIII secolo. Ma la nuova Russia che con frenesia egli ha voluto modellare con le sue mani, appare fragile. Il fossato esistente fra una piccola classe dirigente europeizzata e l’immensa maggioranza di un popolo fedele alla tradizione dei loro padri non cessa di accrescersi. Egli nondimeno non ha definitivamente statuito in proposito, pur avendo posto degli importanti paletti, quegli stessi però che, nel prosieguo della storia, non smetteranno più di coinvolgere ed animare i Russi: quale atteggiamento doveva adottare il mondo slavo nei confronti dell’Occidente ? Una esitazione che si tradurrà, scherzo della storia, nella decadenza o nella promozione al rango di capitale di San Pietroburgo, l’europea o di Mosca, l’ortodossa.

Copyright © 2013. www.iacopi.org  Rights Reserved.