Kaliningrad, epicentro di tensioni nel Baltico

KALININGRAD,
enclave russa ed epicentro storico delle tensioni nel Baltico

Pubblicato sul n. 301, ottobre 2022, della Rivista Informatica “Storia in Network” ( HYPERLINK "http://www.storiain.net/"www.storiain.net) con il titolo “KALININGRAD, ANTICHE E NUOVE TENSIONI NEL BALTICO”.

Territorio ormai autenticamente russo, creato a partire da una tabula rasa etnica e storica con l’espulsione di tutti i tedeschi della Prussia orientale nel 1945, la attuale regione federata russa di Kaliningrad (ex Könisberg) è una regione senza radici. In realtà, essa non è stata ripopolata per la prima volta nel 1945 con Russi, a danno dei Tedeschi: essa lo era già stata a partire dal XIII secolo dai Tedeschi a spese del Baltici pagani della Borussia. Una supremazia colonizzatrice ed universalista teutonica ha più semplicemente fatto spazio ad un altra, quella dell’URSS, di cui la Russia è oggi l’erede diretta. In effetti, Kaliningrad ha determinato un lungo processo di radicamento russo che appare ormai irreversibile.

Kaliningrad (ex Königsberg) (1) non è stata ripopolata per la prima volta nel 1945: essa lo era già stata a partire dal XIII secolo dai Tedeschi, a spese del Baltici pagani della Borussia. Al termine del secondo conflitto mondiale la supremazia colonizzatrice e universalista teutonica ha semplicemente lasciato spazio a un’altra, quella dell’URSS, di cui la Russia è oggi l’erede diretta.
La regione di Kaliningrad costituisce l’oggetto di rivendicazioni territoriali più o meno dichiarate di tutti i suoi vicini, fratelli ex proprietari: Lituania, Polonia, Germania, Bielorussia. A riguardo va notato persino l’interesse della Cina nel contesto delle diramazioni della sua via della seta. Come dire che questa terra di tutti i vuoti, suscita, più di ogni altra, nel Baltico, memorie e tentazioni di radicamento nazionale o imperiale. A suo tempo, baltica, germanica, slava e sovietica, Kaliningrad costituisce una vera linea di faglia dell’Europa dove si gioca l’esito del grande scontro atlantico-euroasiatico.

Kaliningrad russa: l’Oceano, la vittoria ed i Romanov
Kaliningrad è nata perché l’URSS desiderava, da sempre, ottenere nel Baltico un porto il più ad ovest possibile per raggiungere facilmente gli Stretti danesi e quindi gli oceani. Lo scopo era strategico, ma non esclusivamente militare. Di fatto, è la pesca industriale condotta nell’Atlantico e anche al di là, che è stata il motore di un nuovo sviluppo socio economico e scientifico di una regione totalmente devastata dalla guerra. Kaliningrad è dunque un gran porto sovietico mondiale, il cui ruolo è diminuito solamente con la perestrojka.
Questa dimensione ovest russa di Kaliningrad è fondamentale. Etnicamente russa, ma costruita sull’ex Prussia germanica,la città fa parte di un insieme di regioni russe più orientate verso l’Europa di altre, insieme a San Pietroburgo e l’Ingria, Pskov, Smolensk. Quella che noi denominiamo “Europa russa” gioca un ruolo importante nel posizionamento geopolitico della Federazione che sembra sempre soprattutto orientata verso ovest, perlomeno culturalmente. Kaliningrad, geo-storicamente un pezzo dell’Europa centrale, vi attira la Russia e ve la ancora definitivamente, aggiungendole una dimensione tedesca che è stata molto spesso alla guida dello Stato russo a partire da Pietro I il Grande (1672-1725). Emmanuel Kant (1724-1804), il filosofo di Könisberg, rappresenta il simbolo rivendicato di questo legame con l’Europa. Ebbene, è con questo passato che la Russia attuale, politicamente molto san pietroburghese, si rinnova nella dirigenza russa a spese della controversa eredità sovietico-comunista.
Kaliningrad è anche un luogo di memoria russa. E’, in primo luogo, il simbolo territoriale della vittoria sul Reich: l’URSS voleva ancorare la sua avanzata nel territorio del nemico e questo in nome di una coalizione di tutti gli Slavi (sovietici, Polacchi e Cechi compresi) contro il pangermanesimo. Dal 1991, solo questa regione, con un piccolo pezzo della Carelia e le isole Kurili ricordano che la Russia ha trionfato sull’Asse. Risulta decisivo, quando si sa che la vittoria del 1945 costituisce una delle rare memorie che raccolgono un largo consenso nella società sovietica. Il 9 maggio è la principale festa nazionale. E Kaliningrad ne rappresenta come l’incarnazione geografica. Questa terra è dunque direttamente legata alla ridefinizione dell’identità russa e dal suo prestigio ereditato dall’URSS, come anche alle sue ambizioni europee e mondiali. Da qui, ed in modo reciproco, un vero accanimento mediatico atlantista contro la regione dal 1991.
Ma, attraverso Kaliningrad, si ritrova in Russia la memoria della bella vittoria di Gumbinnen (settembre 1914) e forse soprattutto quella delle battaglie napoleoniche (Eylau, Friedland nel 1807) che fanno parte della letteratura di Lev Tolstoi (1828-1910), che ogni russo conosce.
Questa dimensione storica abbastanza antica ricorda anche allo Stato che la Prussia orientale del centro nord non è diventata russa per la prima volta nel 1945: essa era stata conquistata e già annessa ufficialmente (1759 al 1762) dall’Impero di Russia durante la guerra dei Sette Anni ed abbandonata per un cambio di alleanze. Ancora prima, la Prussia orientale sembra essere stata la culla dei Romanov: un principe baltico pagano di Prussia (Borussia) del XIII secolo, Mikhail Glanda Kambila di Divon (nato nel 1280) cacciato dai Teutonici (quindi non di origine russa) risulta il primo antenato conosciuto dei boiardi moscoviti, che sono saliti sul trono russo nel 1610, sotto il cognome di Romanov. Leibnitz non esitava ad affermare a Pietro I il Grande che la Prussia “era un suo feudo ereditario”. In effetti, gli ultimi Romanov sono stati canonizzati dalla Chiesa ortodossa russa nel 2000 ed essi sono diventati il riferimento storico russo,utilizzato dal Kremlino contro il riferimento comunista. In maniera indiretta, ma storicamente fondata, la Prussia orientale russa conserva qualche cosa di profondo in comune con il cuore della Russia attuale: Europa russa come San Pietroburgo, tropismo occidentale, origine di una dinastia santificata ed identificata con il popolo russo nel suo insieme

La Lituania e la sua culla della Lituania minore
La Lituania ha fatto parte (suo malgrado) dell’Impero di Russia, quindi dell’URSS, insieme alla Russia. Malgrado o a causa di questa comunità di destino storico, La Lituania nutre ancora oggi vere rivendicazioni territoriali su una regione, che, oggi ed in modo forzato, costituisce una entità mono etnica russa. Queste rivendicazioni sono molto antiche e ci riportano alla difficoltà dei Lituani a concepire i limiti, molto fluidi e molto ampi, del territorio e dell’etnia alle quali essi si riferiscono. Nel XIII secolo, al tempo della conquista teutonica e del principe di Prussia, Kambila, la Lituania serve da rifugio ai pagani baltici perseguitati dai monaci cavalieri. Sembra che la Prussia orientale, all’epoca baltica e denominata Borussia o Prutenia, abbia esercitato una supremazia religiosa pagana sui Lituani che da quel tempo non hanno mai smesso di rivendicarla fino alla fine dell’Ordine Teutonico nel 1525.
La costruzione etnolinguistica della Lituania alla fine del XIX secolo ha rinfocolato queste rivendicazioni, che vengono da molto lontano. I nazionalisti lituani formulano la loro identità nazionale sulla base di una lingua codificata nei confini prusso-lituani nel XIV secolo dai pastori luterani. Si tratta di una lingua intermedia fra il dialetto lituano, base pratica e quella che mantiene il prestigio dello scritto. Essa costruisce allora una rivendicazione su tutta la Prussia orientale, già di lingua baltica e specialmente su tutti i territori a nord del fiume Pregel, denominati Lituania minore. Dal 1919 questa rivendicazione viene avanzata a spese del II Reich sconfitto, da dove l’annessione della regione di Klaipeda, nel 1923. Ma rimane ancora la metà sud, fra il Niemen ed il Pregel, che rimane tedesca. Durante l’era sovietica, questo problema viene posto diverse volte dai comunisti lituani, senza successo. Ma, a partire dal 1991, i deputati nazionalisti, quindi gli ambasciatori del paese e fino al Capo dello Stato, Vytautas Landsbergis (1932- ), se ne fanno promotori, nonostante il riconoscimento delle frontiere russo-lituane per trattato, mutualmente ratificato nel 1997. Questa rivendicazione si traduce simbolicamente con il nome che questi nazionalisti attribuiscono a Kaliningrad: ”Regione Karaliaucius”, versione lituanizzata del nome tedesco Könisberg. Un modo come un altro per rifiutare il riconoscimento del fatto che la regione è stata integralmente ripopolata.
Dal 2016, si assiste al parossismo delle rivendicazioni lituane. Esse riguardano ora tutto il complesso federato Kaliningrad e a tale riguardo, portavoce della NATO, specialmente polacchi li hanno sostenute ufficialmente. Ma queste rivendicazioni hanno oggi un fondamento ? In tempi di pace esse rimangono in sospeso a livello di sogno ultranazionalista. Le capacità di azione politica lituane sono molto deboli, anche con le sue frontiere immediate. Tuttavia, nel contesto di una guerra NATO-Russia, la Lituania risulterebbe la prima interessata e potrebbe, tenuto conto dei sostegni che ha potuto ricevere dai diversi paesi di questa alleanza, ottenere dei vantaggi. Tuttavia, sarebbe anche non tener conto di una situazione “de facto”, ovvero del milione di Russi che abita il territorio in questione. In effetti, per lo Stato lituano, questi Russi sono “occupanti e quindi “da espellere”. La Lituania si trasformerebbe, a quel punto, come ricolonizzatrice delle terre dei suoi antichi fratelli di Borussia.

La Polonia: fra ritorno economico e ruolo storico
Così come la Lituania, l’interesse specifico della Polonia per la Prussia orientale è molto antico. E’ proprio un polacco, il duca Corrado I di Masovia o Konrad Mazowiecki (1187-1247), che chiama i Teutonici per sottomettere i Baltici pagani della Borussia. I Teutonici conquistano l’essenziale della Borussia, ma si rendono indipendenti; la Polonia da allora non cesserà di ricordare i suoi diritti su tutta la Prussia orientale, fino ad ottenere la sovranità indiretta (1525) sul territorio. E’ in tale contesto che il re di Polonia, Sigismondo II Jagellone (1520-1572), che crea un ducato di Prussia, centrato su un territorio pari all’incirca a quello rappresentato dalla regione di Kaliningrad e conserva il suo diritto di revocare il duca germanico. Ecco perché la Polonia si rifiuterà categoricamente di riconoscere il Regno di Prussia degli Hohenzollern fino alla spartizione mortale della Polonia: il solo re in Prussia non può essere che quello di Polonia. Nel 1918, una volta ottenuto la loro indipendenza, i Polacchi rivendicano un pezzo della Prussia orientale, ma non l’attuale Kaliningrad. Sarà solo nel 1944-45, nel quadro dei negoziati internazionali sulle nuove frontiere della Polonia, che questo paese rivendica tutta l’attuale Kaliningrad, come compenso delle perdite subite ad est. Successivamente i Polacchi ripiegano sui territori a sud del fiume Pregel. Infine, essi abbandonano tutta la questione, sotto l’irresistibile pressione dell’URSS.
A partire dal 1989, l’apertura delle frontiere favorisce una forte influenza economica e linguistica polacca su tutta la metà sud della regione russa, compresa la città di Kaliningrad. In effetti, è soprattutto dalla Polonia che arrivano le importazioni. Questa integrazione progressiva nell’economia polacca è, del resto, reciproca: le regioni della Prussia polacca sono anch’esse dipendenti dal commercio con Kaliningrad. Gli interessi polacchi risultano abbastanza importanti perché si possa riproporre la questione di possibili rivendicazioni, che ricalcherebbero quelle del 1944 e del XVII secolo. Associazioni politiche minoritarie le hanno formulate nel corso degli anni 1990; esse sarebbero logiche oggi in una Polonia che si vede come un gendarme dell’Europa del centro est. Ma esse non sono state riproposte in maniera ufficiale e la Polonia ha sostenuto quelle della Lituania nel 2016. Di fatto, la Polonia, fra tutti gli attori implicati, è quello che ha molto più da perdere, in quanto riaprendo la questione delle antiche frontiere tedesche, sarebbe a breve termine come condannarsi a perdere la metà nord ovest del suo territorio, acquisito sulla Germania nel 1945.

La Repubblica Federale di Germania (RFA) ed i suoi Länder: una doppia politica culturale molto efficace
La Germania occupa una parte strana nella questione della Prussia dell’est. Beninteso, tutto il territorio di Kaliningrad gli è appartenuto dal 1255 al 1945, tra l’altro, con un ruolo particolare; proprio in quel territorio si trovava il cuore simbolico dello Stato e della dinastia prussiana degli Hohenzollern, che incornavano re e si facevano tumulare a Könisberg-Kaliningrad.
I due milioni di Prussiani espulsi nel 1945 e rifugiati nella RFA hanno aggiunto uno strato di signidicato a questo importante simbolo reale e nazionale: la Prussia orientale, martire della guerra ed i suoi letali spostamenti di popolazioni. E’ in questo contesto, che, fino al 1990, la Prussia orientale come tutti i territori ad est dell’Oder-Neisse appaiono su tutti gli atlanti della RFA come “territori tedeschi sotto occupazione”. Il trattato sulle frontiere del 1990 mette fine a questa inquietante incertezza. Ma dal 1985, i Länder si lanciano in una ambiziosa politica culturale in direzione degli antichi domini tedeschi. Questa politica porta, a partire dal 2000, ad un recupero spettacolare del prestigio del patrimonio regionale. Gli agenti tedeschi finanziano il restauro degli edifici, la riscoperta della letteratura, della storia e dei grandi uomini tedeschi della regione ed infine la lingua.
Il risultato è rappresentato, a Kaliningrad, da una ricomposizione identitaria che fa apparire un nuovo gruppo regionalista, che è russo, ma portatore dell’eredità prussiano-tedesca. Questi Russi sono raramente germanofoni ma, sotto l’aspetto culturale lo sono ed insistono sulla loro specificità culturale o sulla loro qualità di sub-ethnos. Questo stesso fenomeno di ri-germanizzazione della coscienza culturale è, del resto, osservabile in Slesia, Pomerania e Prussia polacca. Nello stesso tempo, la RFA ha mantenuto una riservatezza esemplare sulla questione: non esiste alcuna rivendicazione da parte sua. Ma l’attivismo intenso dei Länder che la compongono potrebbe, alle volte, far pensare il contrario. E soprattutto una politica così efficace non ha più bisogno di rivendicazioni: sono gli stessi locali, per quanto siano tutti Russi, che tendono a rivendicarsi del mondo germanico e potrebbero, al momento giusto, richiedere di entrarvi.
Nel 2016, cambia la situazione. Con la crescita delle tensioni Russia – NATO, missioni militari atlantiche vengono inviate nei paesi baltici e quella inviata in Lituania risulta comandata da un ufficiale della RFA. Fatto che, all’improvviso, piazza i militari tedeschi sulla frontiera dell’antica Prussia orientale. Il passaggio da una relazione culturale privilegiata e interna ad una relazione militarizzata esterna con Kaliningrad rievoca lo spettro di una riannessione, meno lontana di quanto di quanto poteva apparire nel 2010. In effetti, la presenza economica e politica tedesca risulta molto forte, come anche nella Prussia polacca e nella stessa Lituania. Questo accerchiamento tedesco de facto di Kaliningrad fa riflettere, anche se solo una guerra paneuropea potrebbe spingere la RFA ad andare più lontano nella ri-germanizzazione.

La Bielorussia: l’altro erede dell’URSS e della Borussia
La Bielorussia risulta sistematicamente dimenticata quando si parla di Kaliningrad. A torto, perché si tratta di un attore molto importante e molto implicato nella sua creazione. I nazionalisti bielorussi stimano che Kaliningrad sia stata in maggioranza bielorussa nei primi anni del dopo guerra sovietico. Comunque sia, la Bielorussia ha una storia comune con la Prussia orientale: la Bielorussia occupa il territorio del Granducato di Lituania. Più profondamente ancora, la vecchia Borussia pagana si estendeva anche sul nord ovest bielorusso (Rutenia nera). Anche la Bielorussia può, in tale contesto, considerarsi, al pari della Lituania, come uno degli eredi di questa Borussia. Ma la Bielorussia non rinnega il suo passato sovietico e quindi cumula nella sua logica, i legittimisti nella sua corsa per Kaliningrad.
Questa regione russa ha in effetti un interesse fondamentale per la Bielorussia posta in una enclave: essa rappresenta lo sbocco marittimo più vicino e, d’altronde, è attraverso la Prussia orientale che passava il commercio storico bielorusso. Lo stesso presidente Aleksandr Lukashenko (1954- ) ha mantenuto un atteggiamento ambiguo sulla regione a partire dagli anni 2000, manifestando un interesse specifico per le terre agricole. La Bielorussia non è certamente pronta a disputare Kaliningrad alla Russia. Ma non può disinteressarsene, figurando, pertanto, nella lista dei pretendenti in caso di ritiro russo (molto improbabile), soprattutto perché si tratta di un punto obbligato per le comunicazioni terrestri Mosca-Kaliningrad e, potenzialmente, Pechino-Kaliningrad. In effetti, nel 2020 é stata proclamata l’unione rafforzata della Russia e dalla Bielorussia, che potrebbe captare a suo profitto una regione di cui essa, per la sua geografia, ha un reale bisogno. Rimane da conoscere che cosa sarà questa unione tanto agognata, ma anche tanto aleatoria, a partire dalla sua roboante proclamazione nel 1999.

Kaliningrad: verso uno sbocco della rotta della seta ?
Nel 2017, nel contesto delle tensioni NATO-Russia e per la prima volta nella storia, navi da guerra cinesi navigano al largo di Kaliningrad e dimostrano un interesse per la regione. Sapendo che la rotta della seta passa per la Bielorussia e che termina già in Polonia, una presenza cinese a Kaliningrad non sarebbe così sorprendente a breve. Questo interesse cinese è la dimostrazione lampante di quanto il valore attribuito a Kaliningrad supera i confini della sua modesta regione russa e quanto le tensioni che progressivamente vi si accumulano da ogni lato, possano diventare esplosive.
Kaliningrad resta, come a suo tempo la Prussia orientale, un fronte strategico culturale fra i mondi dell’Ovest (cristiano cattolico, Reichs, UE-NATO) e dell’Est (pagani, Rus ortodossi, Impero mongolo islamico, quindi Eurasia sino-russa).

NOTA
(1) Kaliningrad, Città di Kalinin. Mikhail Ivanovic Kalinin (1875-1946) Di origine proletaria, egli viene scelto nell'autunno 1917 come sindaco della città di San Pietroburgo, che egli amministra durante e dopo la rivoluzione bolscevica del 7 novembre seguente. Amico di Stalin, Kalinin ha ricoperto nel Partito Comunista Sovietico importanti cariche. Dal 1919 é stato membro candidato del Politburo, entrandone a far parte attivamente nel nel 1925, dopo la presa del potere do Stalin. Dal 1919 al 1946 é stato Presidente del Presidiun del Soviet Supremo, cioè Capo dello Stato dell'Unione Sovietica