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Federico di Prussia, e l'arte della guerra

L’ARTE della GUERRA di
FEDERICO II di HOHENZOLLERN Re di PRUSSIA

(Pubblicato sul n. 2/2022 della RIVISTA MILITARE di CAVALLERIA, del mese di marzo-aprile 2022)

Affascinati dai numerosi successi di Federico II, numerosi ufficiali hanno tentato di scoprire i suoi ”trucchi”, rendendosi persino a Potsdam. Questo pubblico selezionato ha saturato le corti d’Europa di sapienti descrizioni, derise dal Re di Prussia, ma comunque preziose per comprendere un’arte militare di cui il prussiano non è stato sempre l’autore.

Federico II di Prussia (1712-1786) non ha né inventato, né innovato: egli ha messo a punto ed esaltato il potenziale di uno strumento militare che aveva ricevuto in eredita dai suoi predecessori. Questi e suo padre, in particolare, hanno forgiato lo Stato e l’esercito prussiano dalle rovine della guerra dei Trent’Anni. Federico ha saputo inoltre sapientemente trarre vantaggio dall’indebolimento militare delle grandi potenze europee continentali - Francia, Spagna ed Austria - in un momento in cui si registrava un declino progressivo della guerra di movimento.
I tratti fondamentali dell’arte della guerra federiciana verranno esaminati attraverso l’analisi di cinque aspetti caratteristici del suo esercito e della sua maniera di operare.

1. Reclutamento (un problema mai risolto)
La Prussia è celebre per il suo reclutamento, considerato particolare, generalmente conosciuto dal grande pubblico, grazie al film Barry Lindon di Stanley Kubrik (1928-1999) del 1975. L’immagine del brutale sergente reclutatore è rimasta tenace, senza essere completamente falsa. Ma essa non tiene conto delle considerevoli evoluzioni del sistema. All’epoca del Grande Elettore del Brandeburgo, Federico Guglielmo di Brandeburgo (bisnonno di Federico II, nato nel 1620, che regna dal 1640 al 1688), l’esercito prussiano è composto di volontari originari del ducato di Prussia. Solo in seguito, sotto Federico Guglielmo I d’Hohenzollern (il padre di Federico, nato nel 1688, re in Prussia dal 1713 al 1740) si sviluppa il metodo dell’arruolamento basato sul rapimento e sulla minaccia – ivi compresi i territori stranieri - fatto che scatenerà quasi una guerra nel 1729 con l’Elettore di Hannover, ovvero Giorgio II Augusto d’Inghilterra (1683-1760).
L’arruolamento forzato non è, all’evidenza, il miglior modo per forgiare un esercito affidabile. Per questo motivo, Federico Guglielmo I instaura nel 1733 il “Sistema cantonale”. Tutti i sudditi del Regno di Prussia, dai 18 ai 40 anni, vengono censiti e valutati per la loro attitudine al servizio militare. I soldati, reclutati in tal modo, sono obbligati a lavorare quando non servono sotto le armi, sia allo scopo di contribuire all’economia del regno, sia per impedire le diserzioni: è evidente che il soldato combatte con maggior vigore quando si tratta di difendere il suo pezzo di terra.
Il sistema cantonale, all’epoca, viene lodato come degno dell’Antichità (senza peraltro intravvedervi una forma di “soldato cittadino” versione 1792). Ma tale reclutamento si dimostra insufficiente, ivi compreso il tempo di pace. Occorre, in effetti, amalgamare le milizie cantonali “con una specie di Legione Straniera”, tanto per usare l’espressione di uno storico del periodo. Ma poiché l’appello ai coscritti ed ai volontari non consente di ripianare le enormi perdite delle sue campagne, Federico II rilancia l’arruolamento forzato. In tal modo, nel 1751, su 133 mila uomini, solo 50 mila (37% del totale) provengono dalla leva cantonale e questa proporzione non supererà mai il 43% degli effettivi fino alla morte del vecchio Fritz, nel 1786. Occorre notare, inoltre, che il reclutamento cantonale risulta più presente nella cavalleria, arma considerata più prestigiosa. L’ultimo espediente utilizzato dal Re di Prussia, cioè l’incorporazione dei prigionieri di guerra, si dimostra anch’essa una falsa buona idea: i Sassoni arruolati a forza, si ribellano ai Prussiani a Kolin, non appena si rendono conto del vantaggio acquisito dagli Austriaci.

Fanteria. Il “Re Sergente” inventa il soldato-macchina
Le radici dell’esercito federiciano hanno meno di un secolo: esse risalgono alla crescita di potenza dell’Elettorato del Brandeburgo nel corso delle guerre di Luigi XIV (1638-1715). Contingenti brandeburghesi partecipano alla Guerra d’Olanda contro la Francia, ma la rivelazione del potenziale militare dell’Elettorato avviene a Fehrbellin (1), il 28 giugno 1675, vittoria ottenuta conto la Svezia, che la folle epopea di Carlo XII Vasa (1682-1718) ha dissimulato successivamente agli occhi del pubblico. Il soldato del Grande Elettore, tuttavia, non presenta ancora le caratteristiche di disciplina che ne faranno l’archetipo del “soldato macchina o automa”. Se Federico I di Hohenzollern (duca di Prussia, nato nel 1657, quindi Re in Prussia dal 1688 al 1713), ha iniziato a trovare i mezzi per conservare l’efficacia del suo esercito, sia degli ufficiali, sia dei suoi soldati, sarà Federico Guglielmo I che svilupperà il principio fondamentale del drill (esercizio di addestramento programmato), che trasformerà la massa dei soldati in una folla unificata, obbediente (nel senso letterale del termine) “a bacchetta”.
Il drill non è solo un addestramento fisico. Ma è anche un condizionamento psichico che trasforma un individuo in un “robot”, abbastanza obbediente per continuare ad avanzare o mantenere la linea, nonostante il tiro del nemico e lo spettacolo della morte. La disciplina viene assimilata ad una spersonalizzazione, fatto che spiega l’interesse suscitato presso i sociologi (Michel Foucault, 1926-1984, in testa) per la disciplina, che forgiava dei “corpi docili” Lo storico Dennis Showalter (1942-2019) considera che l’obiettivo era quello di addestrare il soldato a compiere, senza stati d’animo, “l’ultimo sporco lavoro della guerra”: avvicinarsi al nemico, spingerlo a lasciare la sua posizione e quindi a ucciderlo, o a facilitare il compito da compiere ad un altro compagno.
Se suo padre inventa il principio del soldato prussiano, Federico, cosciente dell’importanza superiore dei suoi fanti dopo il grande successo di Mollwitz (Malujowice), nel 1741, contribuisce ad affinarlo nella sua Istruzione del 20 giugno del 1742, origine dei principi del drill della Fanteria applicati a partire dal 1743. L’essenziale era quello di costituire una formazione di tre ranghi serrati. Questo sistema privilegia l’ordine stretto, che ottimizza la potenza di fuoco sulla fronte, quando invece l’ordine profondo doveva favorire l’urto o il suo assorbimento. Tuttavia, non bisogna farsi troppe illusioni sulla regolarità del “fuoco di sezione” di una fanteria capace di mantenere un fuoco continuo sulla prima linea, permettendo nel contempo alle altre due file di ricaricare. Si tratta piuttosto di una questione di “fuoco di fila” scucito, che gli ufficiali hanno molto difficoltà a dominare totalmente. Attenzione anche a dare esagerata importanza all’immagine del soldato meccanico e robotico. L’idea della disciplina secondo Federico costituisce meno una manovra millimetrica, ma piuttosto l’ottenimento di uno slancio: egli pensa che il morale dell’avversario rimarrà scosso di fronte ad una avanzata decisa e determinata dei fanti. Vale senza dubbio, in parte, il concetto che la fanteria prussiana viene inviata all’assalto, anche al prezzo di pesanti perdite, nell’attesa di un possibile e probabile atteso panico del nemico.

Cavalleria: velocità ed urto
La Cavalleria sembrava un bene prezioso per il Re Sergente, che aveva reclutato dei “giganti” variamente colorati. Federico II, da parte sua, effettua la scelta di limitare la taglia dei cavalieri e delle loro monture, specialmente per ottenere una forza più rapida sul campo di battaglia. Anche la formazione dei cavalieri si evolve, in vista di rinforzare la loro disciplina, prima ancora di montare a cavallo. Occorre loro la necessità di apprendere a controllare le andature. Non si tratta più di effettuare cariche folli come se ne vedono nei film: al’inizio del regno, il galoppo veniva ordinato solo a 30 passi dal nemico. Dal 1742 viene tuttavia portato a 100 passi, quindi un anno più tardi a 200 passi, con (come sottolinea Dennis Showalter) con una cadenza accelerata negli ultimi metri, per accentuare l’urto con l’avversario. Questo è anche lo scopo perseguito dal re di Prussia nello sviluppare l’impiego dei dragoni e dei corazzieri: poiché egli ha scelto di sviluppare la potenza di fuoco nella fanteria, alla Cavalleria spetta il compito dell’urto, idealmente per spezzare le linee nemiche: viene evitata, per quanto possibile, la prospettiva di una mischia, dove le formazioni perdono la coesione, base della loro forza.

Artiglieria. Il parente povero si arricchisce
L’Artiglieria sembrava alquanto disdegnata da Federico II, perlomeno agli inizi del suo regno. Quando inizia la Guerra di Successione d’Austria, i Prussiani si accontentano di pezzi leggeri, per appoggiare la fanteria (due pezzi da 3 libbre – peso della palla - per ogni reggimento), anche se lo storico Frederic Naulet precisa che i fanti beneficiano dell’appoggio di pezzi pesanti alla fine della battaglia di Chotusitz, dal 1742. Progressivamente, la pressione esercitata sul campo di battaglia dai grossi effettivi austriaci e russi fa aumentare il parco ed il calibro delle artiglierie prussiane. A Kunersdorf, Federico allinea ben 300 cannoni. I pezzi leggeri vengono sempre di più rimpiazzati da pezzi da 6 e soprattutto da 12 libbre, fatto che Jean Baptiste Vaquette Frechencourt de Gribeauval (1715-1789), l’inventore dell’affusto mobile da campagna (che ha servito sia nell’artiglieria imperiale che in quella prussiana), percepisce con chiarezza nel corso del conflitto (2).
L’artiglieria prussiana, più numerosa, risulta inoltre più concentrata, se possibile su una posizione, che consenta di schiacciare l’avversario, prima dell’assalto della fanteria, esempio evidenziato dalla Battaglia di Rossbach, nella quale Federico applica anche l’urto della fanteria e della cavalleria combinati con l’effetto sorpresa. (3) Certamente, si è ancora ben lontani dal concentramento dei 100 pezzi della grande batteria napoleonica di Wagram; ma l’impiego dei cannoni diventa sempre più a massa nel corso del regno di Federico II. La loro potenza di fuoco diventa indispensabile per appoggiare la manovra, che farà diventare l’artiglieria “regina delle battaglie”, come verrà confermato in Europa nei decenni seguenti.

Tattica. Un uomo pragmatico piuttosto che innovatore
Tatticamente, Federico II incarna spesso una “rivoluzione militare” fondata sulla supposta reinvenzione o piuttosto risurrezione “dell’Ordine obliquo”, applicato metodicamente per la prima volta, a suo tempo dal tebano Epaminonda (4). Il colonnello Jacques-Antoine-Hippolyte de Guibert (1743-1790) lo considera come “l’ordine di battaglia più utilizzato, il più scientifico, il più suscettibile di combinazioni; l’ordine che conviene sia agli eserciti inferiori di forze, sia agli eserciti superiori di forze; a quest’ultimi, per implementare la superiorità delle loro forze; ai primi per supplire alla loro inferiorità”. Lo stratega francese (5), fra i più conosciuti della fine del XVIII secolo, intravvede in Federico “il primo moderno che l’ha eseguito per principio e che l’ha adattato alla tattica attuale”, in particolar modo nella Battaglia di Leuthen (6)
Guibert è stato certamente posto nelle migliori posizioni di osservatore del mondo militare. A 14 anni viene catturato a Rossbach insieme a suo padre, Segnato da questa esperienza; egli avrebbe sempre nutrito, da questo momento una grande ammirazione per il re di Prussia ed ha voluto fare anche un viaggio a Potsdam per osservare (sotto lo sguardo ironico del sovrano tedesco) le manovre militari che si ritenevano capaci di svelare il “segreto militare” della Prussia.
In realtà, l’ordine obliquo, posto in grande rilevanza dal Guibert, si lega piuttosto ad una improvvisazione del buon senso, In effetti, i piani di Federico sono raramente premeditati; le sue battaglie assomigliano molto più a combattimenti classici, assimilabili a quelli che il marchese Antoine de Pas de Feuquieres (1648-1711), predecessore (7) del Guibert sotto Luigi XIV, considera soprattutto come combattimenti di fanteria e di cavalleria, senza eccessivo coordinamento. Certamente, Federico ha tentato più volte di ottenere la decisione in battaglia, cercando di concentrare truppe sull’ala più debole dell’avversario - aiutato in questo dalla sua cavalleria, il cui successo al primo urto risultava determinante, secondo il tattico Paul Gedeon Joly de Maizeroy (1719-1780; autore di una Teoria della Guerra del 1776) (8). Questa manovra si appoggia, quindi, più sul colpo d’occhio del comandante che sullo “stratagemma”, ovvero sulla decisione più opportuna da parte di un tattico, guidato prima di tutto dal suo senso pratico. Questa scelta non garantisce per nulla la vittoria e Federico viene più volte battuto, proprio nel tentativo di applicare una manovra in ordine obliquo. Egli si comporta come un giocatore di carte: di fronte ad una difficoltà, egli si gioca tutto con questa tattica, per trovare il punto debole nel dispositivo nemico o per impressionare il nemico, a volte preoccupato dal fatto che si giochi contro di lui un artificio ritenuto mortale.
Di fatto, se il successo di Federico deve basarsi su principi di base, esso va prima di tutto ricercato sul lato sorpresa. Questa costituisce, insieme alla solidità dell’esercito, il fondamento del pensiero empirico di Federico, fatto che d’altronde egli stesso sottolinea: “Le astuzie servono spesso meglio per la guerra che per la forza; non bisogna esagerare in questo campo perché si corre il rischio di farle perdere il loro valore, ma occorre tenerle in riserva ed utilizzarle per le occasioni importanti; e quando le notizie, che si fanno pervenire al nemico, lusingano e corrispondono alle loro passioni, si è quasi sicuri di poterlo portare nella trappola, che gli si sta preparando”. Tutto questo non è stato sempre compreso, anche se, se ne esagera il ruolo primario. Per lo storico Michel Ketrautet, durante il corso del regno di Federico II si è sviluppato il mito di un re sempre onnipresente nell’esercito. In realtà, molti dei successi prussiani si basano sulla qualità intrinseca dell’esercito e su quella di eccellenti capi, a cominciare dal principe Enrico (Federico Enrico Luigi) di Prussia (1726-1802), fratello del re. I successori di Federico, - con la notevole eccezione di Guglielmo I Federico Hohenzollern (1797-1888), con i risultati che conosciamo - l’hanno dimenticato: anche essi hanno voluto giocare il ruolo del ”re connestabile”, atteggiamento che non ha fatto alto che disturbare l’autorità dei generali, eccessivamente prudenti in presenza del sovrano, quando non si è trattato, persino e più semplicemente, che di creare confusione sulla linea di comando.

NOTE
(1) Fehrberlin (28 giugno 1675). Il Grande Elettore del Brandeburgo, Federico Guglielmo I, sconfigge gli Svedesi, alleati di Luigi XIV nella Guerra di Scania (1675-1679), conflitto periferico della guerra d’Olanda. Ogni campo perde appena 500-600 uomini, ma il Brandeburgo vi si fa riconoscere come potenza regionale, battendo l’esercito svedese, modello di riferimento. Fehrbellin pone, in effetti la prima pietra militare della futura potenza prussiana;
(2) Jean Baptiste Vaquette Frechencourt de Gribeauval (1715-1789). L’artigliere francese si illustra inizialmente durante la Guerra dei Sette Anni con gli Austriaci. Ispettore d’Artiglieria nel 1764, Luogotenente Generale nel 1765, egli elabora, nel 1776, l’artiglieria standardizzata, razionalizzata, alleggerita e mobile, che si imporrà fino alla fine dell’Impero;
(3) Rossbach. Agli inizi del novembre 1757, l’esercito austriaco del feldmaresciallo Giuseppe Federico Guglielmo di Sassonia-Hildburghausen (1702-1787), fiancheggiato da corpo ausiliario francese guidato da Carlo de Rohan, marchese di Soubise (1715-1787), marcia nella Turingia per liberare la Sassonia occupata dalla Prussia. Gli Alleati dispongono di 42 mila uomini contro i 22 mila Prussiani. Ma Federico dispone da parte sua di una artiglieria superiore (79 cannoni contro 45) ed un comando unificato ai suoi ordini, mentre i suoi due avversari litigano fra di loro con i Francesi fanno difficoltà ad obbedire al generale austriaco. Il 4 novembre il re di Prussia fa finta di accettare lo scontro, prima di ritirarsi. Credendolo in grave difficoltà, gli Austrofrancesi lo inseguono nella speranza di sorprenderlo nei suoi quartieri. Sassonia Hildburghausen sogna di portare il colpo di grazia, da tanto atteso a Vienna: oltre alla Sassonia, egli vuole recuperare la Slesia … Anche se è cosciente che le sue truppe sono stanche, Soubise è convinto che la giornata del 5 novembre potrà concretizzare il successo della vigilia. Superiori di numero, gli Austro-francesi non prendono le necessarie precauzioni. Essi non inviano reparti in ricognizione e abbandonano eccellenti posizioni difensive per assumere l’offensiva, per di più troppo lentamente per sperare di sorprendere il nemico. Convinti che i Prussiani battono in ritirata, i generali alleati commettono ancora due errori fatali. Inizialmente, essi dirigono il proprio esercito, senza la necessaria cornice di sicurezza, in una zona in contropendenza rispetto ad una collina dove risulta schierata l’artiglieria prussiana. In seguito, essi scambiano per un semplice schieramento di truppe di retroguardia il gruppo di cavalieri che sbarra la strada verso est. Mentre gli austro francesi si aspettano, secondo le loro convinzioni, di vederli arretrare questi ultimi caricano invece furiosamente (38 squadroni condotti dal generale Friedrich Wilhelm von Seidlitz, 1771-1773) la testa della colonna alleata. Sul fianco sinistro della colonna alleata compare la fanteria prussiana con l’appoggio dell’artiglieria Sotto il doppio attacco prussiano l’esercito austro-francese si disintegra e tutto si conclude con un’ora ed un quarto di combattimento ed a buon mercato: 548 morti e feriti da parte prussiana contro 3 mila morti e feriti, oltre 5 mila prigionieri degli avversari. Questo combattimento riassume il gusto federiciano per la sorpresa. Il vincitore sceglie il terreno dello scontro, coordinando le sue truppe e delegando ai suoi subordinati le azioni di dettaglio. Al contrario Soubise riceve tutto il biasimo. Certamente e senza aver particolarmente demeritato a titolo personale, egli si è comportato da buon colonnello, piuttosto che da vero generale, non avendo altra scelta che obbedire agli ordini di Sassonia Hildburghausen;
(4) Epaminonda (-420 circa / -362). Uomo di stato tebano celebre per avere sistematizzato l’ordine obliquo nella battaglia di Leuttra (-371), scontro che mette fine alla potenza di Sparta, e successivamente a Mantinea (-362), dove trova la morte;
(5) Jacques-Antoine-Hippolyte de Guibert (1743-1790). L’uomo presta servizio durante la Guerra dei Sette Anni e la Guerra di Corsica e guadagna la sua fama di tattico,pubblicando l’Essai general de la tactique (1770-72), classico del pensiero militare come anche le altre sue opere come: Defense du systeme de guerre moderne (1779) ed il trattato De la force publique (1790);
(6) Leuthen e Kunersdorf, i due estremi della tattica di Federico. Leuthen il trionfo dell’ordine obliquo. A Rossbach, Federico ha riportato un grande successo, ma non ha vinto la guerra: 72 mila Austriaci, organizzati dal competente feldmaresciallo Wirico von Daun (1679-1741) e guidati da Carlo Alessandro di Lorena (1712-1780), sono penetrati nella Slesia ed hanno riconquistato Breslavia, la capitale, il 22 novembre 1757. Federico, recuperando i resti della guarnigione battuta, mette insieme 43 mila uomini per sbarrare la strada agli imperiali il 5 dicembre seguente a Leuthen a 20 Km. ad ovest di Breslavia.
Dopo aver consultato i suoi generali sull’opportunità di dare battaglia. Federico scatena un attacco sul centro austriaco, focalizzando lo sforzo e l’attenzione avversaria. Si tratta di una finta che maschera una manovra di aggiramento della sinistra austriaca, scatenata dagli squadroni di cavalleria del generale Hans Joachim von Zieten (1699-1786). L’urto inatteso forza i cavalieri austriaci ad attraversare le linee della fanteria, seminando la confusione. Mentre il grosso dei reggimenti prussiani appare sul fianco sinistro austriaco ad angolo retto Carlo di Lorena cerca di effettuare un rischieramento della sua linea per far fronte all’attacco, ma a dispetto dei progressi realizzati negli anni 1750, le sue truppe restano ancora troppo lente ed il tentativo di contrattacco fallisce di fronte alla fanteria ed all’artiglieria prussiane. La ritirata rimane l’ultima via di scampo, ma gli austriaci abbandonano 10 mila morti e feriti e 12 mila prigionieri., contro i 6 mila morti e feriti del vincitore.
Leuthen costituisce il vero capolavoro di Federico, che sa trarre vantaggio da terreno e dalle condizioni atmosferiche (bruma), per effettuare la finta che maschera i suoi movimenti contro l’ala debole del nemico. Brillante manovra che ricorda un’altra giornata di brume ed un altro disastro austriaco, quello di Austerlitz, 48 anni più tardi.
Per contro Kunesdorf rappresenta l’esempio in negativo della tattica federiciana, dove il maestro dimentica di applicare i suoi precetti. Agli inizi di agosto 1759, l’austriaco Gideon von Laudon (1717-1790) ed il russo Pyotr Semonovic Saltykov (1697-1772) marciano su Francoforte sull’Oder, tappa chiave sulla strada di Berlino. Federico potrebbe prendere tempo, ma è deciso a cancellare definitivamente l’invasione nemica, sferrando un colpo decisivo. Credendo nella sua buona stella, egli accetta pertanto la battaglia il 12 agosto, ancora una volta in netta inferiorità numerica: Egli dispone appena di 53 mila uomini. Da opporre ai 70 mila Austro-Russi e per una volta egli non ha scelto il terreno dello scontro, presso il villaggio di Kunersdorf.
Dimenticando i suoi stessi precetti e disprezzando le qualità tattiche dei Russi, Federico tenta di avvolgere la loro posizione difensiva, attaccando l‘ala sinistra avversaria. Ma Saltykov, prudente, ha costruito un centro solidamente fortificato, inesauribile riserva di truppe fresche per rinforzare i suoi reggimenti, spossati dagli assalti prussiani. A causa di una mancata ricognizione approfondita del campo di battaglia e delle strade, i Prussiani attaccano senza coordinarsi, lasciando l’avversario in condizioni di parare colpo su colpo. Infine, Federico lancia, nonostante il parere contrario di Friedrich Wilhelm von Seidlitz, la cavalleria contro il centro russo, attraversando una valle bagnata e paludosa, dove essa perde la coesione sotto il fuoco dei cannoni. Si tratta di un massacro, aggravato dal fatale intervento di iniziativa delle riserve di von Laudon. Alla sera, la sconfitta è totale. Continuando ostinato nella propria azione, Federico ha perduto 20 mila uomini - una parte dei fuggiaschi raggiungeranno le linee prussiane - e la quasi totalità dell’artiglieria. Federico rischia di perdere in quella giornata la libertà o la vita se non fosse stato per la carica degli Ussari, sacrificatisi per salvare la sua fuga e la tabacchiera che blocca una pallottola fatale. La battaglia costerà, nondimeno, 16 mila uomini ai vincitori, che, inoltre, iniziano a litigare su come proseguire la campagna: Von Laudon vuole recuperare la Slesia e Saltykov vuole saccheggiare Berlino. A quel punto, ciascuno procede separatamente e così Federico riesce ancora una volta a salvarsi;
(7) Antoine de Pas marchese de Feuquieres (1648-1711), Ufficiale la cui carriera viene spezzata da uno spirito troppo critico ed un carattere poco accomodante. Egli passa l’ultimo decennio della sua vita a scrivere le sue Memoires sur la guerre (interamente pubblicate dopo il 1735) e seminate di analisi militari piene di pragmatismo ;
Paul Gedeon Joly de Maizeroy (1719-1780). L’ufficiale ha fatto tutte le champagne del regno di Luigi XV, raggiungendo il rango di Brigadiere dell’Esercito. Egli è l’autore di diversi opuscoli militari, fra cui una Theorie de la guerre (1777). L’uomo, in particolare, ha reso popolare il termine di “strategia”.

BIBLIOGRAFIA
Blanning Tim, Frederik The Great, Penguin, 2016;
Chagniot Jean, Guerre et Societé à l’epoque moderne, PUF, 2001
Chauviré Frederic, Histoire de la Cavalerie, Perrin, 2013
Federico II di Hohenzollern, Memoires, Plon 2 vol. 1866, Adamant Media Corporation, 2005;
Kerautret Michel, Histoire de la Prussie, Point Seuil, 2005;
Naulet Frederic, HYPERLINK "https://www.lecteurs.com/livre/lartillerie-francaise-1665-1765-naissance-dune-arme/522754"L'Artillerie Francaise ; 1665-1765 Naissance d’une armée, Economica, Parigi, 2002;
Naulet Frederic, HYPERLINK "https://www.lecteurs.com/livre/wagram-5-et-6-juillet-1809-le-canon-tonne-sur-les-bords-du-danube/461322"Wagram (5 et 6 juillet 1809) ; le canon tonne , Economica, Parigi, 2009;
Showalter Dennis, The Wars of Frederik The Great, Longman Publishing, 1996;
Showalter Dennis, The Wars of Frederik The Great. A Military History, Frontline Books, 2021;
Szabo Franz A. J., The Seven Years War in Europe, 1756-1673, Pearson Education Limited, 2008.

 

 

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