Equipaggiamento militare nel 12° e 13° secolo

EQUIPAGGIAMENTO MILITARE nel 12° e 13° SECOLO
(Pubblicato sul n. 1/2022 della RIVISTA MILITARE di CAVALLERIA, del mese di gennaio 2022)
Il XII ed il XIII secolo rappresentano un periodo chiave nella storia dell’Occidente. La cosa è vera anche per la foggia degli abiti e l’equipaggiamento militare. Due fenomeni, non legati, ne marcano l’inizio e la fine; la comparsa dell’araldica e quella delle armi da fuoco. Sia l’uno che l’altro avranno effetti sull’aspetto dei guerrieri del Medioevo, un aspetto che rimarrà ben vivo nell’immaginario collettivo.

Il cavaliere del XII e del XIII secolo
L’aspetto e l’equipaggiamento del cavaliere cambiano notevolmente fra i secoli 12° e 13° e si sostanziano in miglioramenti sotto l’aspetto protezione, in equipaggiamenti più ergonomici ed anche una volontà di mostrare la propria identità, che avrà conseguenze sulla decorazione dell’equipaggiamento dei combattenti.

Molteplici sistemi di protezione
Sotto le braghe, le calze e la camicia, il cavaliere porta due tipi di protezione: una protezione tessile ed una protezione metallica. Le protezioni tessili sono di norma integrali come una tuta a pantalone. Esse possono tuttavia essere del tipo a farsetto o a tunica aperta, imbottita per coprire le gambe, ma soprattutto il torso. Il termine francese che la individua si chiama “auqueton” che, a sua volta, deriva dall’arabo alqatun che significa cotone (una certa assonanza con il termine moderno di cotone in portoghese é algodao), che ci indica immediatamente la sua composizione. La tunica si compone di due strati di lino o di seta (spesso utilizzati entrambi) fra i quali viene posta una imbottitura di cotone. Le due parti vengono cucite insieme, formando dei “salsicciotti” nel senso della longitudine. L’imbottitura non viene realizzata solamente con il cotone ed al suo posto, o in combinazione, possono essere utilizzati il crine o diversi spessori di tessuti. La funzione dell’imbottitura è quella di assorbire l’energia cinetica dei colpi. L’equipaggiamento può essere completato da protezioni per le gambe (cale gamboisé: gambiera o gambale) (1) e guanto dello stesso tipo.
Le protezioni di metallo sono inizialmente essenzialmente di maglia, la parte principale è la cotta, che copre il torso, il braccio e che discende fino al ginocchio. La cotta è munita di guantoni e spesso di un cappuccio, sempre di maglia. Il cappuccio, che copre buona parte del viso e del capo può essere indipendente. In questo caso, si parla di camaglio (2). Due calze di maglia coprono le gambe; esse risultano allacciate sulla parte posteriore fino al 1230-1235, successivamente diventano integrali e completano l’equipaggiamento. Ed è proprio sulle calze che verranno aggiunte le protezioni per le cosce sopra evocate, contrariamente a quanto pensato, l’insieme viene a pesare meno di 20 chili.
Alcune opere d’arte, in particole alcune sculture, lasciano intravvedere sotto la cotta d’armi, quella che sembra essere una protezione del torso. Se ne individuano i bordi al livello delle spalle. La natura di questa protezione non risulta esattamente nota, l’ipotesi più verosimile è che possa trattarsi di una protezione in cuoio.
A partire dalla metà del secolo, si assiste alla comparsa progressiva di nuovi oggetti. Le protezioni di maglia cominciano ad essere completate con i primi elementi di lamina. Inizialmente, le ginocchiere, che possono risultare cucite sulle calze o fissate sulla maglia per mezzo di cinghie, quindi le gomitiere. Gli schinieri vengono poi nuovamente applicati sul davanti della parte inferiore della gamba. Verso la fine del secolo, compariranno sulle spalle, ali decorate da motivi araldici, piccoli rettangoli di cuoio bollito o di metallo, che hanno lo scopo di deviare i colpi portati dall’alto. Le prime cotte di metallo appaiono circa alla stessa epoca e verso la fine del secolo fanno la loro comparsa le prime armi a polvere da sparo, che nel secolo seguente conosceranno uno sviluppo di tipo esponenziale. A questo punto, risulta necessario ripensare e rivedere tutto l’equipaggiamento di protezione dei cavalieri, al fine di migliorarlo sempre di più e di renderlo capace di far fronte alle nuove armi; oltre naturalmente alle altre già conosciute, come gli archi lunghi (longbow) o le balestre, le cui frecce e quadrelli (verrette) possono produrre seri danni alla cotta. Alcuni tipi di punte vengono progettate per trapassare le maglie e ferire o uccidere il cavaliere da lontano. Esperienze di archeologia sperimentale hanno dimostrato l’importanza delle placche metalliche contro le frecce.

Le armi
L’arma di predilezione del cavaliere é la lancia, che si dimostra uno strumento molto utile nell’approccio al combattimento; le lance, sono, nell’immaginario collettivo, l’armamento efficace nel colpire a distanza. Poi, nel combattimento ravvicinato, il cavaliere utilizza la spada, l’arma più simbolica, che viene posta sul suo fianco nel momento dell’addobbamento (o dell’investitura). Essa costituisce anche l’immagine del suo rango, allo stesso titolo degli speroni, che il cavaliere riceve all’atto della cerimonia di iniziazione. La spada fa anche parte dei simboli regali del potere sovrano. Per ricordare l’importanza di questa arma, che rappresenta il potere militare e secolare dei sovrani, si assiste al fatto che, durante i cortei o quando il sovrano siede sul trono, le spade reali vengono portate ed esibite da cavalieri o scudieri. Di norma, non si ha l’abitudine di portare la spada quando si è seduti, ma qualunque sia il rango del cavaliere, essa rimane visibile nelle circostanze ufficiali.
Infine, per i combattimenti a corpo a corpo, il cavaliere può utilizzare la daga, che può penetrare nelle feritoie dell’elmo. La lama non rappresenta l’unico pericolo della daga; certune forme di pugnale evidenziano che, in casi estremi (ma non è detto che sia un atto cavalleresco), possono trasformarsi in armi da pugno, che potrebbero causare notevoli danni se il cavaliere avversario perde il suo elmo. Se spade e lance risultano, nell’immaginario collettivo, facilmente assimilabili al cavaliere, la daga sembra molto spesso dimenticata, sebbene sia stata uno strumento sovente utilizzato in determinate situazioni. Si tratta, in ogni caso di un complesso di strumenti che consentono a chi li porta, il combattimento a distanza, quello ravvicinato ed infine quello corpo a corpo.

Le novità da un secolo all’altro
Come sopra evocato, nel corso del 1200 avvengono cambiamenti significativi nel combattimento, che apportano modificazioni al costume ed all’equipaggiamento militare.
In primo luogo, per quanto riguarda l’uso degli elmi, i milites del 1200 iniziano ad utilizzare strumenti totalmente chiusi, che tendono progressivamente a generalizzarsi, rimpiazzando gli elmi conici con la protezione "a nasale", noti come elmi normanni (ed un modello più recente che proteggeva il cranio ed il volto). Si afferma un tipo di elmo che si incontra particolarmente nel periodo 1180-1220, di tipo cilindrico, con due fessure orizzontali per la vista e dei forellini per la respirazione, sormontato da cimieri e decorazioni sempre più complesse, che copre integralmente la testa e poggia direttamente sulle spalle, mentre i guerrieri di basso ceto ricorrono alla cervelliera (3), in pratica un semplice coppo semisferico di ferro da calzare direttamente sulla testa. Una via di mezzo tra i due tipi era il cappello d'arme (4) in pratica una cervelliera con vista (bordo) circolare che correva lungo tutto il bordo del coppo. Questo tipo di elmo si arricchirà di una protezione per la nuca e, verso il 1240, compare, infine, il grande elmo chiuso, che copre integralmente la testa, con l’inconveniente, però, di una perdita di visibilità.
A partire dal 1300 l'ingombrante grande elmo viene sostituito da manufatti di nuova concezione che, come nell'antico elmo romano imperiale, constano di un coppo, al quale vengono agganciate componenti aggiuntive (Questo è il caso del bacinetto (5), il tipo di elmo più in uso durante la Guerra dei Cento Anni) o, come nell'antico elmo corinzio, presentano un coppo con paragnatidi (para-guance) e gronda integrate, che seguono la linea del cranio come la barbuta (6). Nel corso del 1400, la produzione degli armorari europei raggiunge il culmine. In Italia (spec. Ducato di Milano) viene inventata la celata (7), un elmo completo di scarso ingombro che permette al portatore di ruotare liberamente la testa ed in Germania la bigoncia (8), che soppianteranno l’elmo a bacinetto. La bigoncia, pero, elmo tipico della cavalleria, era privo di accorgimenti difensivi propri per la mandibola e per la gola e necessitava l’accoppiamento con una mentoniera o una barbozza (9).

La cotta molto lunga, che si poteva vedere nel secolo precedente, scompare nel 1300 a vantaggio di un tipo che arriva al massimo al ginocchio. Anche gli speroni si modificano nel corso del secolo e, da semplici punte per spronare il cavallo, si trasformeranno in piccole ruote.
Parallelamente, diminuisce la dimensione dello scudo, diventando più maneggevole e quindi meno fastidioso o ingombrante, specie durante il combattimento a cavallo. Lo scudo si trasforma anche in una superficie dove mostrare vari motivi, fra i quali il blasone, riportato in rilievo o, più semplicemente, dipinto.
La cotta del 12° secolo poteva essere eventualmente indossata sotto la cotta d’arme. In effetti, questa abitudine tende a scomparire e diviene normale l’uso della cotta d’arme sopra la cotta di maglia. Questa protezione tessile supplementare non è poi così superflua come potrebbe sembrare. Essa contribuisce a definire l’identità del cavaliere che la porta, mostrando i suoi colori ed il suo blasone. La cotta d’arme si trasforma in oggetto lussuoso, arrivando persino ad essere ricamata d’oro. Questa innovazione è legata allo sviluppo dell’araldica. Anche la montura approfitterà di questa nuova moda. Di fatto, anche le gualdrappe dei cavalli finiscono per portare gli stemmi dei cavalieri. Risulta difficile stabilire una data precisa riguardo la comparsa di queste pratiche, sia per il cavallo, come per il cavaliere. Possiamo notare una gualdrappa di fiordalisi sul cavallo di Carlo Magno, in un affresco dell’abbazia delle Tre Fontane nei pressi di Roma, risalente al 1200 circa, anche se questa rappresentazione costituisce, piuttosto, un altro mezzo propagandistico di associare la monarchia francese a quella tedesca di Carlo Magno. In ogni caso, questa rappresentazione costituirebbe la più antica gualdrappa araldica conosciuta, tenuto conto anche che i blasoni appaiono sulla scene del Medioevo, intorno al primo quarto del 1200. Si può comunque affermare che da questo periodo i cavalieri iniziano a curare la loro immagine, alla quale contribuiscono cimieri dalle forme più varie, peraltro già conosciuti su monete, sigilli e pitture dei secoli precedenti.

L’equipaggiamento del pedone o del fante
Nell’immaginario collettivo, il guerriero del Medioevo evoca in primo luogo il cavaliere. Ma non si può certamente dimenticare il soldato a piedi (pedites) che costituisce, in ogni caso, la base della forza militare di un esercito. Questi possono essere soldati di mestiere, spesso mercenari, o fare parte di milizie urbane, oppure occasionalmente, di contingenti di gente dei villaggi, oppure semplici cittadini con il compito di difendere le loro case ed i loro scarsi beni. Se il cavaliere può disporre di un equipaggiamento sofisticato, non si registra la stessa cosa con i pedoni, il cui armamento ed equipaggiamento di protezione dipendono, nella maggioranza dei casi, dai suoi ridotti mezzi. In tale contesto, appare erroneo immaginare i soldati a piedi del Medioevo come un complesso omogeneo ed uniforme, armati tutti con lo stesso materiale.

Le protezioni tessili
Anche per il fante a piedi si ritrovano il gambale o la cotta dei cavalieri. Risulta comunque difficile affermare che ogni pedone possedesse questa protezione, ma essa poteva essere realizzata in maniere diverse, molte delle quali molto economiche, come uno strato di lana fra due strati di lino, con gli strati trapuntati, come rinforzo del tutto. La tunica poteva essere a maniche corte ed anche a collo, per offrire una protezione al collo stesso. Come per i cavalieri, anche il pedone poteva indossare la cuffia di protezione in tessuto. A questa potevano essere aggiunti dei proteggi collo amovibili, collettini, anch’essi trapuntati e protettivi.

Le protezioni metalliche
A quest’epoca, la tunica non è più uno strumento riservato ai soli cavalieri. Alcuni pedoni di una certa disponibilità economica potevano beneficiare di questa protezione supplementare. Diversi tipi di elmi risultano visibili sulle fonti iconografiche. L’antico elmo a protezione nasale, composto da una o più parti, continua ad essere utilizzato, accanto ad un modello molto più semplice, la cervelliera, che si adatta alla forma del cranio. Tuttavia, nello stesso periodo, appaiono delle forme di protezione molto varie che la sostituiscono con maggiore efficacia. Alcuni presentano dei bordi che consentono di deviare i colpi sulla testa o al viso.

Lo scudo
Tenuto grazie a cinghie di presa in pelle, lo scudo del pedone risulta anch’esso più piccolo di quelli dell’XI e XII secolo e protegge dalla spalla al ginocchio. L’umbone, pezzo metallico che poteva essere individuato nei secoli precedenti al centro dello scudo, scompare agli inizi del XIII secolo. Se lo scudo risulta dipinto, esso non rappresenta blasoni, che costituivano una prerogativa della classe aristocratica e poteva succedere che molti soldati a piedi ne fossero sprovvisti.

L’armamento
Due tipi di armamento risultano piuttosto mal considerati: gli archi e soprattutto la balestra, giudicata allora indegna di un combattimento fra cristiani. Ciò nonostante, tutto questo non ne impedisce la loro utilizzazione, specie nella difesa delle città. Altre armi, qualificate “meno nobili”, vengono comunque utilizzate dal pedone: pali appuntiti, spiedi, impiegati per la caccia, forche, falci, asce, … . In effetti, in questo campo, vengono temporaneamente impiegati, spesso con notevole efficacia, strumenti della vita quotidiana, come surrogati di un armamento militare.
Questo tipo di uso non deve farci dimenticare alcune armi tradizionali, tipiche del fante a piedi: lance, spade, mazze, coltellacci, che costituivano il normale armamentario del pedone, quando se lo poteva permettere.
In questo contesto, vanno anche ricordate le armi collettive, spesso molto ingombranti, come i mangani nevrobalistici o a contrappeso e tutto quello che ha a che fare con un assedio.

Cavalieri non cavalieri
Considerare che i combattenti a cavallo siano tutti “cavalieri” o nobili e che i non nobili sono necessariamente i pedoni, costituisce un grave errore. Esistevano all’epoca dei semplici cavalieri, come i sergenti montati. Il loro equipaggiamento, anche se efficace, non risulta così ricco come quello dei cavalieri. Il termine sergente tende a scomparire nella seconda metà del XIII secolo e verrà rimpiazzato dal termine di scudiero. Anche questa situazione sottende, peraltro, una realtà di tipo economico: l’investitura del cavaliere costituiva una cerimonia dal costo spesso proibitivo e numerosi cavalieri rimarranno solo dei semplici scudieri, in attesa che una impresa in combattimento non contribuisca ad una loro investitura “sul campo”.

L’altro guerriero
Alcune rappresentazioni di guerrieri possono indurci in errore per quanto concerne l’equipaggiamento militare. L’iconografia militare usa alcuni dettagli specifici per indicare la diversità, per insistere sulle differenti origini dei personaggi. In tal modo, nelle scene che illustrano le Crociate, i Saraceni vengono riconosciuti, ad esempio, per un turbante intorno all’elmo. Si potrà anche evidenziare la stessa diversità per mezzo di caratteristiche fisiche, come la pelle scura, i capelli crespi, quando un guerriero non indossa più l’elmo. Questi segni possono essere utilizzati, sia sui civili, come sui militari. Per contro, alcuni elementi di equipaggiamento, sembrano essere stati utilizzati solo per indicare diversità fra guerrieri, in senso peggiorativo. E’ il caso, ad esempio, del Goliath nella cattedrale di Reims. Il gigante filisteo, più lontano da noi rispetto al giovane David, viene caratterizzato con uno scudo rotondo ed una corazza di lamelle. Questi oggetti non fanno parte dell’armamento convenzionale occidentale e questo esotismo consente di introdurre una distanza fra lo spettatore medievale cristiano e la figura biblica. Lo scudo rotondo e l’armatura a scaglie metalliche costituiscono, in tutte le arti nelle diverse regioni d’Europa occidentale, un modo simbolico per segnalare la differenza.
Le “fiamme” o frange della tunica, la cui parte inferiore presenta lunghe bande di tessuto, costituiscono degli oggetti problematici dal punto di vista della funzione. Essi potrebbero essere, a loro volta, degli indicatori negativi derivati dalla rappresentazione dei menestrelli. Se le immagini sono spesso di difficile interpretazione, le fonti scritte, invece, indicano che queste decorazioni erano reali sugli abiti civili della nobiltà, con grande disperazione dei religiosi, che non sopportavano tali fantasie. Risulta, a questo punto, alquanto difficile sapere se certi ornamenti tessili siano realmente esistiti oppure no, anche sui costumi militari.
Gli indicatori di diversità sono numerosi nell’arte medievale e per questo motivo non appare strano il fatto di incontrarne anche nell’armamento. In tal modo, si era sempre in condizioni di riconoscere chi stava dalla nostra parte o dall’altra e, molto spesso, chi era il “cattivo” della storia. Se tutto questo risultava evidente per la gente del Medioevo, non sempre costituisce la stessa cosa per quelli di oggi ed è per questo che nell’esaminare le fonti iconografiche occorre bene tenere in evidenza questi aspetti per non incorrere in errori di interpretazione.

NOTE
(1) Copertura della gamba del guerriero antico che, a differenza dello schiniere, abbracciava tutta la gamba. Più genericamente gambale o protezione di cuoio o d’altro materiale, che fascia la gamba come anche nelle armature integrali; da non confondersi con lo schiniere, che proteggeva parte della gamba, dal malleolo al ginocchio (anticamente copriva anche quest'ultimo) e che serviva per proteggere la parte che rimaneva al di fuori dello scudo;
(2) Camaglio, dal termine camail, di origine provenzale, che indicava la parte della protezione del combattente, formata da anelli di ferro ed usata per la difesa del collo e delle spalle;
(3) La cervelliera (dal latino cervellerium, cerebrarium, cerebrerium o cerebotarium) era una basilare tipologia di elmo sviluppato nel Medioevo. Si componeva di un unico pezzo di metallo, modellato a tazza, per coprire la sommità del cranio e poteva essere indossato sotto o sopra il camaglio, come per altre tipologie di elmo più pesanti.
Arma di bassissimo costo, la cervelliera restò in uso presso le classi sociali povere europee per tutto il Rinascimento;
(4) Cappello d’Arme, detto anche "Cappello di ferro", è il nome con cui si indica una particolare tipologia di elmo in ferro in uso in Europa intorno all'Anno Mille. Era molto diffuso tra le forze di fanteria ma, affiancato ad una barbozza, poteva anche essere preso in dotazione dalle forze di cavalleria pesante;
(5) Bacinetto una tipologia di elmo di origini italiane in uso nell'Europa medievale (1300). Si distingue per la forma appuntita, leggermente inclinata all'indietro, del coppo. Complice la massiccia diffusione, il manufatto venne arricchito da parti aggiuntive per la protezione del viso: nasali prima e, poi, visiere corazzate visiere corazzate (che coprivano il viso, alzandosi ed abbassandosi tramite uno o più perni d'aggancio che la assicuravano al coppo). Differentemente dalla cervelliera, suo archetipo, il bacinetto era dotato di un camaglio agganciato al coppo e non da calzarsi sotto all'elmo. Al principio del XV secolo, lo si rinforzò, sostituendo il camaglio con una gorgiera a piastre metalliche (collare di acciaio o cuoio progettato per proteggere la gola). Venne soppiantato nel Quattrocento dalla celata (vedi sotto) e dalla bigoncia (vedi sotto);
(6) La barbuta è un tipo di elmo in uso alle milizie urbane dell'Italia tra il 1300 ed il 1500. Protegge interamente il cranio con un unico blocco di metallo, senza componenti aggiuntive (visiera, ventaglia, para-guancia, ecc.). La linea generale richiama l'antico elmo della Grecia Antica (vds. elmo corinzio) e viene messa in relazione alla contemporanea riscoperta dell'Antichità (v. Umanesimo).
Passò poi in uso abbastanza generalizzato presso le compagnie di ventura.
(7) Celata, tipologia di elmo sviluppato in Europa nel XV secolo e massicciamente utilizzato in Italia (probabile luogo d'origine del manufatto), Francia, Gran Bretagna, Spagna e Paesi Bassi. Permetteva di coprire integralmente la testa del portatore;
(8) Bigoncia in lingua italiana designa solitamente una tipologia di secchio in legno usato in viticoltura (il Bigoncio), è il nome con cui si suole indicare la particolare tipologia di elmo in uso alla cavalleria pesante d'ambito germanico e borgognone nel Tardo Medioevo. Era un casco coprente il cranio, la nuca e la maschera facciale del portatore, a sezione lobata. Privo di accorgimenti difensivi propri per la mandibola e per la gola, necessitava di una mentoniera o di una barbozza (vedi sotto);
(9) Barbozza (Bart in lingua tedesca; barbote, anche guardapapo, in lingua spagnola; bevor in lingua inglese), anche barbozzo e barbotto, è una componente dell'armatura a piastre del tipo "gotico" preposta alla difesa del viso e del collo. Rispetto alla mentoniera, parte dell'elmo completo, si caratterizza per l'essere una piastra di acciaio, sagomata, da agganciare direttamente alla parte superiore della corazza.