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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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Cavalleria macedone, forza di intervento rapido di Alessandro

CAVALLERIA MACEDONE,
la forza di intervento rapido di ALESSANDRO MAGNO

(Pubblicato sul n. 4, settembre-ottobre 2022, della Rivista Militare di Cavalleria

Riorganizzata da Filippo II, il padre di Alessandro Magno, la cavalleria, piuttosto ignorata dai Greci, svolge un ruolo considerevole nell’arte della guerra macedone. Martello tattico, capace di colpire forte e rapidamente, essa completa la falange, incudine rigida e lenta,incaricata di fissare il nemico.

Filippo II di Macedonia (-332 / -336) ha introdotto durante il suo regno profonde riforme nell’esercito macedone: proprio nel momento in cui le città-Stato della Grecia classica si basavano sui “cittadini-soldati”, egli dota il suo regno di un esercito permanente e professionista, finanziato da una politica espansionista. Agli opliti tradizionali succedono le falangi, con una protezione più leggera, ma equipaggiate con la famosa sarissa (1), picca lunga. Ma l’elemento più determinante delle riforme di Filippo deriva dall’associazione, sul campo di battaglia, della falange di fanteria con un corpo di cavalleria pesante, che costituisce la forza d’urto del suo nuovo esercito. Ma se tale struttura viene effettivamente riorganizzata da Filippo II, sarà con suo figlio, Alessandro Magno (-356 / -323), che la cavalleria macedone conoscerà il suo periodo d’oro, prima di perdere progressivamente la sua importanza negli eserciti ellenistici (2) dei suoi successori.

Una banda di fratelli
La cavalleria macedone si articolava intorno a diverse unità complementi, dei quali la più emblematica e la più specifica è l’unità degli Hectaroi o Hetairoi (“Etéri”, “cavalieri accompagnanti” o più semplicemente “compagni”). Si tratta di una vera e propria cavalleria pesante, in cui gli uomini sono protetti da un equipaggiamento difensivo completo, comprendente elmo e corazza. L’elmo, all’inizio di modello frigio, viene rimpiazzato all’epoca di Alessandro da un elmo di tipo della Beozia, più semplice, sul quale viene indicato, con segni distintivi, anche il rango del cavaliere. La corazza è generalmente costituita da piccole placche di metallo, collegate le une alle altre e ricoperte di cuoio o di lino. Queste corazze presentano il vantaggio di essere flessibili e di essere resistenti allo stesso tempo. Esse risultano prolungate da diverse file di frange protettive e flottanti al di sopra dell’addome. Ma esistono altri modelli di corazza, come ad esempio quelle “muscolose” in ferro o in bronzo. Infine, i cavalieri sono equipaggiati di calzari di cuoio. L’arma principale dei “Compagni” è la lunga lancia di cavalleria, denominata Xyston (3) della lunghezza di 4 – 4,5 m.. La spada curva (xiphos), portata a bandoliera sotto il braccio sinistro, completa l’armamento offensivo.
I Compagni vengono reclutati fra i giovani nobili macedoni e raggruppati in squadroni su base regionale. Alessandro, quando parte da Dios, per la conquista dell’Impero persiano, dispone di 1.800 compagni, raggruppati su 8 squadroni, un ile reale e sette altri ilai (4). Lo squadrone reale conta 300 cavalieri contro un po’ più di 200 per gli altri. Il reggimento dei Compagni, considerato come l’unità d’elite della cavalleria macedone, è dotato di un solido spirito di corpo. Non si tratta di una semplice unità di soldati a cavallo, ma di una vera “cavalleria”, vale a dire di una unità strutturata e disciplinata, indubbiamente una delle prime di questo tipo nella storia.
Il ruolo dei Compagni è chiaramente definito nell’ambito dell’esercito: secondo la metafora largamente ripresa in ogni tempo nei loro riguardi, i cavalieri pesanti macedoni servono da martello mentre la falange da incudine, al fine di stritolare la resistenza e la coesione dell’avversario, prima che diverse truppe ausiliarie vengano a completare l’operazione (5).

Il rettangolo, il cuneo e la losanga
All’epoca di Alessandro Magno, la disposizione delle forze principali sul campo di battaglia non cambia praticamente mai: falange al centro, hyspaspisti a destra della falange e Compagni a destra degli hypaspisti (6), con il loro squadrone reale a destra delle sette altre ilai. Questo dispositivo corrisponde alla tradizionale gerarchizzazione delle differenti unità, secondo la regola che il posto d’onore nel mondo greco veniva sempre attribuito all’ala destra. A livello tattico, gli squadroni di Compagni utilizzano tre formazioni principali, trasmesse dal passato a contatto con i cavalieri traci: il rettangolo, per le scaramucce effettuate in ila o per attacchi frontali; il “cuneo”, per cariche penetranti e la losanga, più polivalente, per passare dalla scaramuccia all’urto ed per agire rapidamente in diverse direzioni.
La capacità dei Compagni di effettuare una vera carica penetrante, senza, tuttavia, poter disporre di staffe, è stata spesso contestata. Essa appare comunque verosimile, tenuto conto delle varie fonti scritte che ne descrivono le tappe. Per questo motivo, i Compagni entrano nella storia grazie alla loro carica decisiva, in occasione della battaglia di Cheronea, nel –338: i cavalieri, comandanti da Alessandro, annichilano, nel vero senso del termine, il battaglione sacro tebano. Nella pratica e di fronte alla fanteria come a Cheronea, la velocità dei cavalieri crea inizialmente un effetto d’urto. Poi l'allungo, determinato dalla linghezza delle xyston consente loro di rovesciare la prima linea dei loro avversari, senza essere colpiti, prima di disimpegnarsi per ritornare poi a caricare a più riprese. La carica si sviluppa in tale contesto, per ondate successive e consente di eliminare le linee dell’avversario una dopo l’altra, fino alla rottura della formazione. Essa prosegue, poi, con una lunga mischia a corpo a corpo, nel corso della quale la spada riprende il suo ruolo.
Un'altra particolarità tattica, legata questa volta al comando: Alessandro si impegna sempre personalmente alla guida dei Compagni, dimostrando che la vittoria dipende direttamente dalla sua azione, La sua azione di comando, come l’ha messo in luce lo storico John Keegan (1934-2012), viene qualificata come “eroica”: Alessandro rivaleggia con il suo mitico antenato Achille, rischiando la sua vita, come lo avrebbe fatto un eroe omerico, ricercando senza tregua i combattimenti singolari. Circondato dai suoi Compagni, in occasione della Battaglia di Granico, di Issos o di Gaugamela, Alessandro carica sempre, mirando direttamente al capo o il re nemico, cercando di raggiungerlo e di vincerlo personalmente.
Nel corso del regno dei tre ultimi re di Macedonia, Antigono III Dosone (-263 / -221), Filippo V di Macedonia (-238 / -179) e Perseo (-213 / -166), fra 100 e 150 anni dopo la morte di Alessandro, la cavalleria pesante perde parte della sua importanza e cambiano le sue caratteristiche. Negli eserciti della dinastia degli Antigonidi, la cavalleria risulta ormai equipaggiata di scudi, senza dubbio mutuati dai Celti. In tal modo, quando Plutarco (48-125) parla degli hectaroi del re di Persia, si tratta, senza dubbio, della sua guardia ravvicinata e non più di un reggimento intero di cavalleria pesante.
La proporzione di cavalieri leggeri nell’esercito macedone sembra aver avuto un incremento a spese dei cavalieri pesanti. Peraltro, la cavalleria, nel suo insieme, che rappresentava circa il 15% degli effettivi totali, raggiunge al massimo il 10% di quello negli eserciti macedoni tardivi. Nel corso delle grandi battaglie condotte dai tre ultimi re di Macedonia, sia contro gli Spartiati a Sellasia (-222) o contro i Romani a Cynocefale (-197) e Pydna (-168), la cavalleria macedone gioca ormai un ruolo secondario, abbandonando il ruolo primario alla falange od ai peltasti (7). Le sue missioni non sono più decisive come sotto Alessandro ed i piani tattici di battaglia non si incentrano più sulle sue cariche. La cavalleria macedone si distingue a quel punto, piuttosto nelle scaramucce e negli scontri di minore ampiezza, in cooperazione con la fanteria leggera.
Il premio tardivo alla leggerezza ed alla mobilità, instaurato alla fine dell’era ellenistica, si inscrive in contraddizione completa con le opzioni di impiego tattico della cavalleria promosse da Filippo II e da suo figlio Alessandro Magno e sfocia, peraltro, su risultati poco significativi, se non deludenti. E’ proprio nella sua caratteristica di “pesante” che la cavalleria macedone si è espressa al meglio, quando essa è stata la punta di lancia di un sistema equilibrato di unità complementari. La sua potenza, la sua disciplina e la sua rapidità hanno prodotto meraviglie come forza di sfondamento nell’ambito di un esercito capace, poi, di sfruttare pienamente i suoi successi: i Compagni sono stati anche loro dei conquistatori proprio come il loro capo.

NOTE
(1) Sarissa. Era la picca usata dai guerrieri del regno di Macedonia. Lunga fino a 6-7 metri, aveva un corpo in legno di corniolo di grande diametro, una grossa punta di ferro (circa 30 cm) e un tallone anch'esso metallico. L'intera lunghezza dell'asta era ottenuta con due rami distinti di corniolo uniti da un tubo centrale di bronzo, utile anche per bilanciare il centro di gravità. Arma formidabile, se maneggiata da soldati ben addestrati, la sarissa poteva vanificare gli attacchi di un carro falcato, di una carica di cavalleria (risultato comunque ottenuto anche dai normali opliti della Grecia Antica) e frenare le cariche della temuta fanteria pesante greca;
(2) Ellenistico. Viene designato come tale, il periodo o i regni di lingua greca, apparsi dopo la morte di Alessandro nel -323 e derivati dalle sue conquiste in Persia e nel bacino orientale del Mediterraneo, fino al controllo di queste regioni da parte di Roma, nel -I secolo;
(3) Xyston. Lunga lancia in legno di corniolo dei “Compagni”. Essa possiede un ferro di lancia ad ogni estremità fatto che permette, nel caso che si spezzi da un lato,di continuare ad utilizzarla dall’altro;
(4) Ile (plurale: ilai). Rappresenta l’equivalente macedone dello squadrone. Si tratta di una unità autonoma, capace di manovrare,e di adottare diverse formazioni tattiche in funzione delle circostanze Nei testi, ogni ile viene identificato con il nome del suo capo. L’ile reale, di 300 compagni, forma gli Agema, elite dell’elite della cavalleria macedone;
(5) All’epoca di Alessandro, la cavalleria macedone prevede al suo interno unità specializzate, spesso di origine straniera, che gli consentono di compire tutta la gamma di missioni affidate alle truppe montate. Gli Alleati della Tessaglia forniscono in tale contesto 1.800 cavalieri pesanti, armati ed impiegati come i Compagni. Gli Alleati greci forniscono 600 cavalieri più polivalenti, ripartiti in tre squadroni. Questi contingenti alleati vengono i più delle volte schierati sull’ala sinistra. Esisteva, infine anche una cavalleria leggera. Essa era articolata su quattro squadroni da 150 prodomoi (giovani esploratori) macedoni. Due squadroni di 150 Traci odryssieni e di Peoni (popoli a nord dei Macedoni sui fiumi Axius e Vardar). La sola categoria di cavalieri mancanti nella cavalleria macedone era quella degli arcieri montati,una specialità tipica dei popoli delle steppe;
(6) Hypaspistai o Ipaspisti ("portatori degli scudi dei compagni"). Erano reparti oplitici scelti nell'esercito macedone di Filippo II di Macedonia, di suo figlio Alessandro Magno e in quello dei suoi successori, i Diadochi. Gli Ipaspisti erano truppe versatili, efficaci, sia in difesa, che nel distruggere reparti di fanteria pesante nemica, grazie anche alla elasticità della loro formazione. Inoltre venivano utilizzati anche in azioni tipo "commando" come incursioni notturne o scalate di mura nemiche;
(7) Peltasti. Antico fante greco, armato alla leggera e fornito di pelta. erano unità militari di fanteria leggera, che affiancavano gli opliti greci durante le battaglie. Prendono il nome dal classico scudo di legno rivestito di cuoio denominato pelta. I peltasti più esperti e richiesti dell'antica Grecia provenivano dalla Tracia.


BIBLIOGRAFIA
Bey Frederic, Issos e Geugamela, Cerigo Editions, 2020;
Corvisier Jean Nicolas, Bataille di Cheronee, Economica, 2012;
Delbruck Hans, Warfare in Antiquity, Bison Book, 1990;
Karunanithy David, The Macedonian War Machine, Pen § Sword Military, 2013;
Keegan John, L’Art du Commandement, Perrin, 2006;
Dixon K.R. e Southern P., The Roman Cavalry, Routledge, 1997;
MacCall J. B., The Cavalry of The Roman Republic, Routledge, 2002;
Contamine Philippe, La Guerre au Moyen Age, PUF, 2003;

 

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