ULTIME CROCIATE,
un panorama del 14° e 15° secolo
Pubblicato sul n. 274, marzo 2020, della Rivista Informatica “Storia in
Network” (www.storiain.net) con il titolo: “ULTIME CROCIATE TRA XIV E XV
SECOLO”)
Nel 1291, San Giovanni d’Acri, l’ultimo bastione dei crociati in Terra Santa,
cade nelle mani dei Mamelucchi. Questo avvenimento non ha significato,
tuttavia, la fine delle Crociate. Ancora per altri 150 anni, numerosi cavalieri
percorreranno il mondo alla ricerca di gloria e di “infedeli” da combattere.
La cavalleria e lo spirito delle Crociate
Alla fine del Medioevo, l’entusiasmo per la Guerra Santa rimane intimamente
legato all’ideologia cavalleresca. Fino alla fine del 13° secolo circa, uomini e donne
di ogni categoria sociale avevano partecipato alle Crociate con l’obiettivo della
“liberazione” di Gerusalemme e degli altri luoghi marcati dalla presenza di Cristo.
La Crociata in Terra Santa assomigliava, in tal modo, ad una specie di
“pellegrinaggio in armi”, che riuniva Cristiani di tutte le origini. Col passare del
tempo, il viaggio diventa sempre più caro, fino a diventare accessibile solo ad un
ridotto strato sociale. Allo stesso tempo, in maniera concomitante, un numero
crescente di poeti, menestrelli ed altri personaggi che scrivono per conto della
nobiltà, insistono sul fatto che un cavaliere deve andare a cercare la gloria,
combattendo lontano e mettendo le sue armi al servizio di Dio.
Il “viaggio” contro gli “infedeli” (1), per usare i termini dell’epoca, diventa
progressivamente un segno di distinzione sociale.
Dopo la 1^ Crociata (1096), la maggior parte dei nobili e del clero considera che
la partecipazione alla guerra contro i “nemici del Cristo” può allo stesso tempo
permettere di salvare la propria anima, di aumentare la rispettiva fama e di,
eventualmente, arricchirsi. Gli aspetti materiali e spirituali non si escludono
mutualmente. Per di più, altri fronti di crociata vengono rapidamente ad aprirsi
lontano dalla Terra Santa: la penisola iberica, inizialmente, dove i principi
cristiani combattono i “Mori”; quindi i bordi del Baltico, dove i Cavalieri Teutonici
affrontano i pagani della Prussia, della Livonia e della Lituania. A partire dal 13°
secolo, i Cristiani che desiderano combattere l’infedele hanno a disposizione
diverse possibilità per compiere il loro voto.
Quando gli ultimi Crociati vengono espulsi dalla Terra Santa, la linea del fronte si
sposta nel Mediterraneo orientale e nei Balcani. Cipro, Rodi e la Grecia diventano
le basi avanzate della lotta contro le potenze, mamelucca ed ottomana. Questi
avamposti cattolici sono generalmente dominati da dinastie di origine francese o
italiana (Lusignano, Acciaioli, ecc.). Molti di essi discendono dai capi crociati che
si erano ritagliati dei feudi sulle spoglie dell’Impero bizantino, a seguito della
Crociata del 1204, quando un esercito franco-veneziano aveva conquistato
Constantinopoli (Bisanzio) e vi aveva insediato un imperatore cattolico. Nel 1259,
un principe greco, Michele 8° Paleologo (1223-1282), riconquista
Constantinopoli, ne espelle l’ultimo imperatore latino e quindi si fa incoronare
Basileus, a sua volta. Viene così restaurato un potere imperiale greco-ortodosso,
ma gli sconvolgimenti interni, il frazionamento del paese in piccole entità
politiche e la spinta dei Turchi ottomani, renderà difficile la sua sopravvivenza.
Le spedizioni marittime
A partire dagli inizi del 14° secolo, alcuni mercenari catalani, provenzali ed
aragonesi iniziano ad ingerirsi negli affari bizantini. Invitati, in un primo tempo,
per combattere i Turchi, essi si insediano in diverse regioni della Grecia e
seminano il terrore, sia fra i Cristiani, sia presso i Mussulmani. Le “Compagnie
catalane” hanno fatto parlare a lungo di sé, poiche ancora nel 1451, l’araldo
d’arme e grande viaggiatore francese, Gilles le Bouvier (1386-1455), li cita fra le
bande di pirati che schiumano sulle rive del Mar Nero.
Parallelamente ai “Catalani”, i Cavalieri Giovanniti dell’Ospedale Gerosolimitano si
insediano nell’isola di Rodi, che trasformano in una testa di ponte nella lotta
contro i Mamelucchi ed i Turchi ottomani. Sotto il loro governo, la città di Rodi,
capitale dell’isola, viene dotata di mura e di una cittadella, dove risiede il Gran
Maestro dell’Ordine. Successivamente, arriva il momento delle spedizioni
principesche, il cui scopo é - ufficialmente – quello di proteggere quel che resta
dell’impero bizantino di fronte alla crescente potenza dell’Impero ottomano. La
dinastia ottomana, derivata dall’antico impero selgiuchide, conduce una politica
espansionista a danno dei piccoli principati turchi e dei regni cristiani d’Anatolia
e dei Balcani. Conseguentemente, l’obiettivo della Crociata si evolve. Il recupero
della Terra Santa rimane nei voti di tutti, ma una parte sempre crescente dei
responsabili politici europei considerano che é molto più urgente mettere un
freno all’avanzata ottomana.
Nel 1343 e nel 1345, papa Clemente 6°, Roger (1291-1352) lancia due spedizioni
allo scopo di difendere la città greca di Smirne (attuale Izmir in Turchia). Il
principe Uberto o Umberto 2°, il Vecchio, de la Tour du Pin, (1312-1355)
conte di Vienne, ottiene un successo militare, ma, inaspettatamente, si ritira,
subito dopo aver conseguito la vittoria, consentendo, poi ai Turchi di riprendere
la loro offensiva. Due decenni più tardi, nell’estate del 1366, il conte Amedeo 6°
di Savoia (1334-1383), il Conte Verde, sbarca sotto i bastioni di Gallipoli
sull’Ellesponto, la prima città occupata dai Turchi sul suolo europeo. La posizione
é strategica, poiché consente di impedire al sultano di alimentare i suoi sforzi nei
Balcani. Ma, per Amedeo, l’impresa riveste anche un carattere personale:
l’imperatore bizantino, Giovanni 5° Paleologo (1332-1391), non é altro che suo
cugino e l’Acaia, una provincia bizantina del Peloponneso, viene rivendicata da un
ramo cadetto della sua famiglia. Nel mese di agosto di quell’anno, la città cade
nelle mani dei Savoiardi, ma nello stesso tempo si viene a sapere che l’imperatore
era stato catturato dai Bulgari, anch’essi ortodossi, ma politicamente opposti ai
Paleologhi. Amedeo 6° decide, a quel punto, di dirigersi nel Mar Nero, assedia la
città di Varna in Bulgaria e riesce a far liberare il suo imperiale cugino. Dopo una
serie di feste sontuose, il conte rientra in Europa, coperto di gloria, ma anche
alquanto indebitato.
La Grecia non é il solo paese che attira i crociati occidentali. L’anno che precede
la spedizione savoiarda, il 1365, Pietro 1° di Lusignano (1328-1369) conduce un
attacco contro Alessandria, ricco porto egiziano. Questa volta, l’avversario non é
il giovane e dinamico Impero ottomano, ma lo Stato dei Mamelucchi, che controlla
ancora la Terra Santa. Sostenuta da papa Urbano 5°, Grimoard (1310-1370), la
spedizione del re di Cipro ha come scopo quello di mettere in crisi l’Egitto, per
obbligarlo ad allentare la tenaglia sulla Palestina. La prima fase dell’operazione
ottiene un significativo successo, in quanto il porto egiziano viene conquistato
nell’ottobre del 1365 e messo al sacco. Dopo questo evento, i volontari al servizio
del re, si reimbarcano e mettono la vela verso l’Europa, mentre Pietro di
Lusignano ed i suoi consiglieri avevano previsto la condotta di una campagna molto
più lunga. Temendo di essere accerchiati dalle truppe egiziane che stavano
giungendo per dare man forte alla città di Alessandria, anche i Ciprioti saranno
poi costretti a reimbarcarsi e rientrare nel loro paese.
Ancora una volta, i Crociati si ritirano dopo una prima vittoria, senza
preoccuparsi delle condizioni del paese che lasciavano dietro di loro.
Se il successo appare spesso scontato per quanto concerne il campo militare, ai
Crociati occidentali manca completamente una visione strategica a lungo termine.
Forse l’interesse principale di quelli che partecipano a questo tipo di avventura
non era proprio quello strategico ed in molti casi l’aspetto venale della spedizione
aveva il sopravvento su tutto il resto.
La Crociata e la Guerra dei Cent’anni
Pietro di Lusignano, sebbene la sua eclatante vittoria di Mamelucchi non abbia
avuto un seguito significativo, é stato celebrato in Occidente come un vero eroe
ed il poeta Guglielmo de Machaut (1300-1377) traccia un ritratto del
personaggio in questi termini: “... in nessun testo, dall’epoca di Goffredo di
Buglione, che ha fatto molta paura ai Saraceni, si trova alcun personaggio dal
quale i Saraceni siano stati così messi a mal partito e che si sia tanto opposto ad
essi; in quanto da Cipro al Cairo egli li ha fatto tremare e gemere” (2).
In generale, per la massa dei Crociati della fine del Medioevo la gloria personale
conta quanto – se non molto di più - della difesa del Cristianesimo o della salvezza
dell’anima. Perlomeno, la maggioranza dei testi relativi alle Crociate, redatti negli
ambienti aristocratici, si dilungano più sulle questioni d’onore e di fama che su
considerazioni di ordine spirituale o strategiche. Non manca, peraltro, qualche
moralista, specialmente il militare francese Filippo de Mezieres (1327-1405) o il
poeta inglese John Gower (1330-1408). Entrambi non hanno mai smesso di
ricordare che queste spedizioni condotte per la “vana gloria” mirano ad uno scopo
essenzialmente profano e, pertanto, non posseggono alcun valore per la causa
sacra che é rappresentata dalla difesa della Chiesa ed il recupero della Terra
Santa. Concretamente, imprese come queste, sono destinate all’insuccesso e non
servono altro che a deteriorare i rapporti dei Cristiani orientali con i loro vicini
mussulmani.
A tale riguardo, il Mezieres parla con cognizione di causa, in quanto, questo
cadetto della piccola nobiltà della Piccardia aveva partecipato ai combattimenti
davanti a Smirne (1345) ed Alessandria d’Egitto (1365), prima di dedicarsi alla
scrittura ed alla politica (é poi stato il consigliere di Pietro di Lusignano, quindi
dei re francesi, Carlo 5° (1338-1380) e di Carlo 6° (1368-1422)). Quello che
egli propugna, non é una nuova spedizione principesca, ma un’impresa molto più
ampia, pianificata a lungo termine e coinvolgente tutte le nazioni cristiane. Per
Filippo di Mezieres, la crociata non può avere successo se non prevalgono in
Europa condizioni di pace, specialmente fra la Francia e l’Inghilterra.
Fino a quando i combattimenti della Guerra dei Cento Anni sono nel loro
parossismo, gli affari orientali passano in secondo piano nell’agenda dei re e dei
principi. Fatto comunque che non impedisce alla guerra santa di essere, a volte, al
servizio della politica nazionale. Questo é proprio il contesto, nel quale il re di
Francia, Carlo 5° ed il papa Urbano 5° tenteranno di coinvolgervi le Grandi
Compagnie di vecchi mercenari, che seminavano il terrore nel regno dei gigli, nei
momenti di tregua o di pace. Nel 1365, il connestabile Bertrand du Guesclin
(1320-1380) entra in Spagna alla testa di “molti soldati delle compagnie, inglesi,
guascone, bretoni, normanne e di altre nazioni, che si trovavano nel regno di
Francia” (3). L’obiettivo dichiarato é quello di combattere i Saraceni (ovvero i
Mori), ma, una volta attraversati i Pirenei, i Francesi si schiereranno sotto le
bandiere del re d’Aragona contro il re di Castiglia, Pietro 1° il Crudele (1334-
1369). Se quest’ultimo riceve, secondo le cronache francesi, il sostegno del re
mussulmano di Granada, egli é molto legato con gli Inglesi. Du Guesclin conduce,
in tal modo, la classica operazione “due piccioni con una fava”, liberando con un
solo colpo: da un lato, la Francia da una parte importante di briganti e mercenari
che vi pullulavano e dall’altro, di mettere a mal partito un alleato dell’Inghilterra.
Per contro, quando il papa negozia con l’influente capo dei mercenari Arnaldo
Regnaud de Cervole o Cervolle, soprannominato l’Arciprete (1300-1366; che
darà la sua adesione alla crociata del Conte Verde), per inviarlo in Crociata ed
allontanarlo dal territorio di Avignone, l’impresa si risolve in un fallimento. Se si
dà credito alle Cronache di Francia dello storico Jean Froissart (1337-1405), il
capo mercenario avrebbe più semplicemente sviato il denaro ricevuto allo scopo
di organizzare una spedizione per difendere l’Ungheria contro i Turchi, prima di
farsi assassinare da uno dei suoi stessi uomini, nel 1366.
Se un colpo di mano contro un nemico cristiano può, se capita l’occasione, essere
mascherato da “crociata”, la guerra contro i “nemici della fede” deve servire
anche a riavvicinare gli avversari durante i momenti di tregua. Alla fine del 14°
secolo, il re Carlo 6° di Francia e Riccardo 2° d’Inghilterra (1367-1400) cercano
di concludere un accordo fra i loro rispettivi paesi. Uno dei compiti meno evidenti
risulta quello di fare accettare quest’idea alla nobiltà ed ai principi che vedono di
buon occhio il prolungarsi della guerra. I consiglieri dei due monarchi – fra i quali
Filippo de Mezieres, appunto – cercano in ogni modo di ricordare che la divisione
fra cristiani risulta pregiudizievole alla causa della Fede e che, al contrario,
combattere gli infedeli fa parte della vocazione del cavaliere. Per di più,
numerosi uomini d’arme di nobili origini finiscono per rimanere senza impiego in
questi periodo di tregua. Occorre dunque fornire loro l’occasione di battersi,
possibilmente lontano dal territorio del regno ...
La fine delle crociate principesche
Quando alcuni ambasciatori della città di Genova si presentano alla corte di
Francia per chiedere aiuto contro i pirati dell’Africa del Nord, il duca Luigi 2° di
Borbone (1337-1410), zio del re, si rende disponibile per organizzare una
spedizione. Anche un contingente inglese si aggiunge all’avventura: il corpo di
spedizione, che si imbarca nel 1390, raggruppa volontari francesi ed inglesi
guidati da marinai genovesi. L’obiettivo dell’impresa é la città fortificata di
Mahdia, posta sulle coste del regno di Tunisi e considerata come una delle
principali basi di appoggio dei pirati nord africani. Inizia, pertanto, un lungo
assedio, punteggiato da combattimenti e si arriva in tal modo alla fine
dell’autunno, periodo durante il quale il mare diventa pericoloso. I comandanti del
corpo di spedizione cristiano decidono di rientrare e si accontentano di imporre
un tributo al Governatore di Mahdia. Navigando verso l’Europa, Luigi di Borbone
insiste per avere un’occasione per mettere in risalto il suo valore. I capitani
genovesi, a quel punto, dirigono la flotta crociata verso alcune città italiane,
colpevoli, a loro dire, di commerciare con i “Saraceni”... La crociata del duca di
Borbone ha contribuito a creare un vero entusiasmo fra la nobiltà francese ed
inglese ed, in tal modo, il movimento della crociata si amplifica. Durante il 14°
secolo, diversi volontari raggiungono, per la durata di una stagione, i Cavalieri
Ospedalieri a Rodi (contro i Mamelucchi e gli Ottomani), ma anche i Cavalieri
Teutonici in Prussia, per partecipare alle campagne contro la Lituania pagana.
Quest’ultima destinazione incontra un successo particolare intorno agli anni
1390, senza dubbio per effetto dell’addestramento effettuato nell’ambito della
spedizione di Mahdia. L’Ordine Teutonico risulta, a quel tempo, in piena lotta
contro il granduca di Lituania, Ladislao Jagellone (1362-1434), che aveva appena
ricevuto il battesimo e la corona di Polonia (1386-87). La Samogizia, una piccola
provincia costiera del Baltico risultava non ancora evangelizzata. La guerra
contro i pagani d’Europa del Nord continua, così, con la scusa di combattere i
pagani rimasti, anche se ormai non si tratta più di una vera guerra religiosa, ma
piuttosto dell’occasione per regolare “sul campo” le differenze di opinioni fra i
Teutonici e gli Stati cristiani di Polonia e Lituania.
Tuttavia, non appena comincia a diffondersi la notizia riguardante il battesimo
del granduca di Lituania, il flusso di volontari verso il fronte del Baltico inizia a
scemare fino ad esaurirsi. Anche la sconfitta dei Cavalieri Teutonici nella
battaglia di Tannenberg (1410) non riesce a ravvivare la fiamma dello spirito
delle crociate. Il fiammingo Guillebert o Gilbert de Lannoy (1386-1462), uno
degli ultimi signori francesi a recarsi in Prussia nel 1413, constata che le crociate
contro i pagani del Baltico appartengono ormai al passato. Lasciando i suoi ospiti,
egli si lancia in un lungo viaggio che lo conduce fino alla città russa di Novgorod e
Pskov, quindi in Lituania, in Polonia ed in Boemia. Secondo le sue note di viaggio,
questo cavaliere e diplomatico sembra ormai più interessato dal fatto di
“osservare (veoir) il mondo”, che dalla lotta contro i miscredenti.
La volontà di unire la cavalleria inglese e francese in una impresa comune,
l’attrazione per l’avventura in paesi lontani e la ricerca dell’onore personale
costituiscono le motivazioni di una delle ultime grandi crociate dell’Europa
medievale. Nel 1396, un esercito, comandato dal figlio del duca di Borgogna, Jean
de Nevers (il futuro Giovanni senza Paura, 1371-1420), si mette in marcia per
l’Ungheria. Agli inizi, l’idea era quella di riunire i principi francesi ed inglesi di
Lancaster, d’Orleans e di Borgogna per portare aiuto al re Sigismondo di
Lussemburgo, re d’Ungheria (1368-1437), il cui paese risultava minacciato dalle
truppe del sultano Bajazet o Bejazit 1° Yildirim (1360-1403). Ma, dopo la
successiva rinuncia dei presumibili capi della crociata, toccherà ai grandi ufficiali
francesi il compito di assumere la responsabilità della condotta delle truppe,
venendo, tuttavia, a mancare un principe esperto e sufficientemente autorevole
da non essere contestato dagli altri collaboratori. Quando l’esercito turco si
presenta di fronte ai Crociati davanti alla città di Nicopolis, il re d’Ungheria
presenta un piano di battaglia che avrebbe dovuto, a suo dire, assicurare la
vittoria ai cristiani. Ma i giovani e focosi Filippo d’Artois, conte d’Eu (1358-1397
conestabile di Francia) e Jean 2° le Meingre, detto Boucicaut (1364-1421),
figlio dell’omonimo Maresciallo di Francia), impongono il loro punto di vista sulla
strategia da seguire, con gran danno per gli Ungheresi e per gli ufficiali francesi
più anziani. Il risultato sarà catastrofico: il 25 settembre 1396 l’esercito francoungherese
verrà massacrato. Il fior fiore della cavalleria francese viene
decimato, i sopravvissuti al disastro vengono giustiziati, imprigionati o posti sotto
riscatto. Con Nicopolis viene spezzato l’entusiasmo per le crociate.
Dalle isole Canarie alla Georgia: fra crociata, pirateria ed esplorazione
Il trauma causato dalla sconfitta di Nicopolis, oltre che la ripresa delle ostilità
fra la Francia e l’Inghilterra spiegano il relativo disinteresse per le Crociate agli
inizi del 15° secolo. La lotta contro le potenze mussulmane – in linea di massima
contro l’Impero ottomano – diventa progressivamente un affare privato delle
dinastie dell’Europa orientale, che vengono a trovarsi in prima linea e sempre più
rare diventano le crociate che vengono lanciate, anche se gli avventurieri di
molte nazioni continuano a recarsi sempre più lontano. Il maresciallo Boucicaut,
uno dei rari sopravvissuti di Nicopolis, viene nominato governatore di Genova nel
1401. (4) Dopo aver preso brutalmente in mano gli affari della città, egli fa
requisire la flottiglia e lancia un raid su Famagosta, porto mercantile disputato
fra Genova ed il re di Cipro, Giano di Lusignano (1375-1432), prima di attaccare
alcune città mussulmane in Medio Oriente. Nella stessa epoca, due cavalieri
francesi Gadifer de la Salle (1340-1415) di Poitiers ed il normanno Jean de
Bethencourt (1362-1425) partono, al servizio del regno di Castiglia, alla
conquista delle isole Canarie dove vivono i Guanci, una popolazione pagana di
origine berbera. L’evangelizzazione e la sottomissione degli abitanti rientra negli
scopi dell’impresa, che riceve il sostegno del Papato avignonese. A quanto sopra
va aggiunto un interesse commerciale, in quanto dalle Canarie vi si trova in
abbondanza un licheno, chiamato scientificamente Roccella tintoria, molto utile
nella tintura della lana (5). In effetti Jean de Bethencourt ha interessi nel
commercio del tessile, che fa un grande uso di coloranti. Ideale cavalleresco ed
interesse economici non risultano più incompatibili.
Nel 15° secolo, la difesa e l’espansione della Cristianità si confonde volentieri con
la ricerca dell’avventura, ovvero del profitto. Del resto, i principi francesi non vi
partecipano più personalmente, anche se continuano a sostenere le imprese di
qualche individuo temerario. Più di ogni altro, il duca di Borgogna, Giovanni il
Buono (1396-1467), figlio dell’eroe sfortunato di Nicopolis, dimostra un suo
interesse per la crociata. Egli lascia intendere di essere pronto ad assumere la
guida di una nuova spedizione contro i Turchi - cosa non farà mai - ed invia alcuni
dei suoi familiari a percorrere i paesi dell’Oriente, come spie, diplomatici o
corsari. In tale contesto, il capitano di galere fiammingo Wallerano de Waurino
o Wavrin, nipote del letterato Jean de Wavrin (1397-1473) e l’ammiraglio
Goffredo de Thoisy prendono il mare nel 1441, per andare a dar manforte ai
Cavalieri Ospedalieri, assediati nell’isola di Rodi. Le sette navi borgognone
metteranno più di sei mesi per arrivare a Rodi, ed, al loro arrivo, i Cavalieri
avranno già vittoriosamenre respinto l’assalto dei Mamelucchi.
Siamo, a questo punto, alla vigilia di una nuova crociata condotta dal re di Polonia
e d’Ungheria, Ladislao 3° Jagellone (1424-1444) e dal legato pontificio Giuliano
Cesarini (1398-1444). Il ruolo dei Borgognoni era, secondo il piano di battaglia, di
bloccare il passaggio del Bosforo per impedire al sultano Murad 2° (1403-1451)
di far passare il suo imponente esercito in Europa. Wavrin e Thoisy non possono
portare a termine la loro missione e Murad, riuscirà a schiacciare l’esercito
crociato davanti alla città di Varna, il 10 novembre 1444.
Allorché sopraggiunge la notizia del nuovo disastro, gli ammiragli borgognoni
decidono di accorrere in soccorso dei capi dell’esercito crociato, che sperano di
trovare ancora in vita (6). La flotta si divide in due parti, prima di lanciarsi in
questa ricerca senza successo. A partire dalla primavera, Thoisy bordeggia le
coste del mar Nero, facendo la guerra di corsa alle navi che può catturare ed
attaccando le città tenute dai Turchi. Egli arriva fino all’attuale Georgia, dove
viene fatto prigioniero, mentre cercava di impadronirsi di un vascello
appartenente a cristiani orientali. Dopo la sua liberazione, egli percorre il mar
Nero ed il mar d’Azov, prima di rientrare in Fiandra, dove supervisiona i cantieri
navali del duca di Borgogna. Wallerano di Wavrin risale il Danubio, visita i paesi
che si affacciano sul fiume e fornisce sostegno per un certo periodo al principe
valacco Vlad 3° Dracula (1431-1476), detto Tepes (l’Impalatore). Entrato in
disacordo con i Valacchi, Wavrin rientra a sua volta in Fiandra e detta i suoi
ricordi allo zio cronista Jean de Wavrin.
Un’ultima annotazione sembra opportuno doverla dedicare alla 4^ Crociata
abortita di papa Pio 2° Piccolomini (1405-1464). Nell’ottobre 1458 il papa
riunisce un Congresso dei rappresentanti dei principi cristiani a Mantova con la
Bolla “Vocavit nos pius”, per intraprendere un'azione comune contro i Turchi
Ottomani che avevano conquistato definitivamente Constantinopoli e stavano per
prendere possesso di tutto l’Impero bizantino, sotto la guida di Maometto 2°
Fatih (il Conquistatore) (1432-1481). A tal fine, il 19 gennaio 1459 il Papa
istituisce un nuovo ordine religioso cavalleresco, l’Ordine di Santa Maria di
Betlemme ed il 18 giugno dello stesso anno parte per Ancona allo scopo di
condurre personalmente la crociata. Il 19 luglio seguente, dopo un viaggio
lentissimo e prostrante, a causa del caldo e delle infermità, il papa giunge
finalmente nel capoluogo dorico, dove trova circa cinquemila volontari, affluiti da
varie parti d'Europa per imbarcarsi, ma solo due galee delle quaranta promesse
da Venezia. Anche dal ducato di Borgogna, il 21 maggio 1464, parte dal porto di
Ecluse una piccola flotta di una ventina di navi, al comando dell’ammiraglio
Goffredo di Thoisy e del suo secondo Jacquot de Thoisy (suo parente). Sei
vascelli vengono affidati ad Antonio, il Bastardo di Borgogna (1421-1504). Il
corpo di spedizione, dopo aver costeggiato le coste spagnole e fatto una sosta al
Santuario di San Giacomo di Compostela, riceve della notizia della morte del
papa, avvenuta il 15 agosto e dell’annullamento della Crociata contro i Turchi. A
questo punto, il duca richiama in patria la piccola flotta, che rientra in Fiandra
dopo una lunga “santa crociera” in mare.
Conclusione
Il 29 maggio 1453, come sopra evocato, il sultano Maometto (Mehmet) 2° si
impadronisce di Constantinopoli dopo un lungo assedio ed in tale occasione né i
principi dei Balcani, né i crociati venuti dall’occidente sono stati in condizione di
proteggere la capitale bizantina. Le ultime isole e principati greci verranno
conquistati gli uni dopo gli altri, fino al 16° secolo. Sebbene punteggiata da
successi che hanno permesso ai loro autori di trarne gloria e (a volte) fortuna, i
crociati tardivi hanno introdotto, al massimo, un tempo di ritardo nella conquista
ottomana. Per quanto riguarda le altre destinazioni evocate nel corso
dell’articolo, l’azione di cavalieri occidentali non é stata quasi mai determinante.
Le Canarie, dopo un periodo sotto il dominio di Bethancourt, passano saldamente
nelle mani del Regno di Castiglia e la pirateria nel Mediterraneo occidentale
subisce appena un momentaneo arresto dopo l’assedio di Mahdia. La Lituania
entra a pieno titolo nell’Europa cristiana sotto il regno di Ladislao e di suo cugino
Vytautas (Vitoldo) Didysis (1344-1430). Dal punto di vista strategico, le
spedizioni cavalleresche condotte nei quattro angoli del mondo conosciuto non
sono state determinanti. Ma rimane, comunque, da spiegare come mai vi hanno
partecipato così tanti volontari.
Onore di casta, pressione sociale, brivido per l’avventura, ricerca del profitto,
salvezza dell’anima o dedizione e zelo per la difesa della Cristianità: le ragioni
per partire in crociata per terra e per mare sono numerose per i nobili della fine
del Medioevo. Non si dovrebbe, in ogni caso, omettere anche un’altra componente
di rilievo rappresentata dalla curiosità. Il fiammingo Guillebert o Gilbert de
Lannoy (1386-1462), raccontando il suo periplo attraverso i paesi dell’Europa del
Nord-Est, evidenzia il suo interesse per i costumi e le lingue dei popoli che ha
incontrato, per le particolarità della natura o dell’architettura. Walleran de
Waurin o Wavrin (nipote di Jean de Wavrin), da parte sua, dice di essersi
interrogato sulle rovine di Troia, mentre si trovava sull’isola di Tenedo (attuale
Bozcaada, in Turchia). Gli autori di racconti della conquista delle isole Canarie,
che hanno accompagnato La Salle e Bethencourt, riportano essi stessi
impressioni dettagliate sulle isole e sui loro abitanti. Le crociate in Prussia, nei
Balcani, nel Mediterraneo o al di là dello Stretto di Gibilterra sono state, in ogni
caso, un affare di militari, preoccupati prima di tutto delle cose attinenti alla
guerra e capaci di una grande brutalità. Infine, i ricordi che ci hanno lasciato
alcuni di loro ci consentono di comprendere che questi soldati di professione
evidenziano un interesse non solo professionale per i paesi attraversati e persino
un certo rispetto per l’avversario infedele. In definitiva, verso la fine del
Medioevo, i Crociati iniziano a trasformarsi, varie volte, in diplomatici ed in
esploratori.
NOTE
(1) Nel Medioevo, il termine viaggio ha il senso di spostamento, ma anche quello
di spedizione militare; infedele o miscredente sono termini che designavano i non
cristiani; Saraceni é invece un termine che veniva applicato, in un primo tempo,
agli Arabi del Medio Oriente, quindi a tutti i mussulmani ed infine ai mussulmani
ed ai pagani. Diverse Crociate sono state anche condotte contro gli eretici. Negli
ultimi secoli del Medioevo, l’esempio più significativo é stato quello degli Hussiti
di Boemia;
(2) Guglielmo di Machaut, La conquista di Alessandria (La Prise d’Alexandrie),
Orleans, 2011, Tallandier, Parigi, 2007;
(3) Cronaca del regno di Giovanni 2° e di Carlo 5° di Francia, Edizione Delachenal,
Parigi, 1910
(4) Nel 1395 il doge di Genova aveva avanzato la proposta di mettere la sua città
sotto la sovranità francese, sperando di conseguire, in tal modo, una certa
stabilità interna. Ebbene, il maresciallo Boucicaut, per la sua condotta dura e
temeraria, renderà ben presto impopolare il “partito francese” ed i suoi uomini
verranno scacciati da Genova nel 1409;
(5) Lichene da cui si estrae una sostanza colorante color violetto, utilizzata a fini
tintoriali. Il suo uso risale a tempi immemorabili e nel 14° secolo si fa risalire
l’origine di un’industria riguardante il lichene. Per molti secoli la raccolta del
lichene per la tintura o l’azzurraggio (della lana specialmente) ha rappresentato
una delle attività più fiorenti delle Canarie fino al 19° secolo;
(6) Ladislao, re di Ungheria e di Polonia viene ucciso sul campo di battaglia, come
anche lo stesso legato Cesarini.
BIBLIOGRAFIA
Chamorel Florian, Ad partes infidelium, La croisade de Amedée VI de Savoie,
Lausanne 2016 ;
Chollet Loic, Les Chevaliers Teutoniques : de la Terre Sainte à la Baltique,
Bayeux, 2019 ;
Chrissis Nikolaus G., Carr Mike, Contact and conflict in Frankish Greece and
the Aegean, 1204-1453. Crusade, Religion and Trade between Latins, Greeks and
Turks, Farnham, 2014 ;
Housely Norman, The later Crusades, 1274-1580 fron Lyon to Alcazar, Oxford,
1992 ;
Lalande Denis, Jean 2° Le Maingre dit Boucicaut (1366-1421), etude d’une
biographie heroique, Ginevra, 1988 ;
Paviot Jacques, Noblesse et croisades à la fin du Moyen Age. Cahiers de
recherche medievales et humanistiques n. 13, 2006.