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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

Una vita di ricerche per conoscere chi sono.

  

SPARTIZIONE DELLE SPOGLIE OTTOMANE

SPARTIZIONE DELLE SPOGLIE OTTOMANE

Pubblicato sul n. 276, maggio 2020, della Rivista Informatica “Storia in

Network” (www.storiain.net)

I conflitti attuali in Medio Oriente hanno avuto origine quando Britannici e

Francesi si sono spartiti i possedimenti arabi dell’Impero Ottomano. La

rivoluzione nazionale e laica condotta da Mustafà Kemal in Turchia, la

vittoria inattesa dei Wahabiti nella penisola arabica, l’importanza crescente

del petrolio e la questione sionista non hanno consentito, fra le due guerre

mondiali, la stabilizzazione della regione

Il confronto Oriente-Occidente, iniziato nel 1798 con la spedizione in Egitto

di Bonaparte, non ha provocato quella modernizzazione delle società mussulmane

che molti speravano. L’unico ed inatteso sussulto di potenza, rappresentato per

vari decenni dall’Egitto di Mehemet Alì (1769-1849), ha rapidamente mostrato i

suoi limiti ed esaurito la sua spinta. In effetti, il vertiginoso indebitamento

accumulato dai suoi successori metterà il paese alla mercé dell’Inghilterra sin dal

1881. Nello stesso tempo, nulla sembrava poter impedire la lenta decomposizione

dell’”uomo malato”, soprannome attribuito all’Impero Ottomano, diventato

oggetto delle bramosie occidentali, dopo aver fatto tremare per diversi secoli

l’Europa.

La Prima Guerra Mondiale contribuisce ad accelerare brutalmente tale processo

e sostituire nell’area del medio oriente la potenza turca con quella

dell’Inghilterra, largamente vittoriosa in Oriente all’indomani del conflitto,

nonostante le concessioni fatte ad una Francia che non possedeva più i mezzi per

rivaleggiare con il suo “alleato”. La rivoluzione nazionale e laica condotta da

Mustafà Kemal (1881-1938) in Turchia, la vittoria inattesa dei Wahabiti nella

penisola arabica, l’importanza crescente del problema del petrolio, la nascita del

nazionalismo arabo ed i drammi provocati dal progetto sionista, non hanno

consentito, fra le due guerre mondiali, la stabilizzazione della regione.

La situazione viene aggravata al termine della Seconda Guerra Mondiale dalla

nascita dello Stato d’Israele e dagli effetti della guerra fredda. Nello stesso

tempo questo conflitto consente alla potenza americana, ormai dominante nella

regione, il pretesto per un “containment” necessario nei riguardi dell’URSS.

Contrariamente alle speranze che ha fatto nascere la fine del conflitto Est

Ovest, i tentativi americani di costruire un “nuovo ordine mondiale” e gli impegni

assunti nel Processo di Oslo fra Israele e Palestina, il Vicino Oriente rimane a

tutt’oggi una polveriera, così come lo è stato per tutta la seconda metà del 20°

secolo. La persistenza e la radicalizzazione della resistenza palestinese, le

incertezze che pesano sulla sopravvivenza dello stato libanese, il caos irakeno, la

crescita di potenza dell’islamismo, le ambizioni iraniane e forse un certo

“bellicismo” americano, incoraggiato a volte dai rilanci israeliani, fanno da sempre

di questa regione il “cuore violento del mondo” (da Fernand Braudel, 1902-1985)

Eppure una tale situazione, un secolo fa, non aveva nulla di fatale. E’ nel corso

della Prima Guerra Mondiale e durante gli anni immediatamente seguenti, che

sono state create le condizioni dell’attuale “tragedia” o se si vuole “catastrofe”

mediorientale.

Qualsiasi tentativo di comprensione delle ragioni di tale “catastrofe” odierna non

può prescindere dall’effettuazione di un riesame delle debolezze delle società

arabo-mussulmane dell’epoca, ma anche delle ambizioni e delle responsabilità

delle potenze imperiali europee. Dopo il 1918, queste assumono le veste di

“mandatari” per consolidare il loro dominio su una regione che rivestiva un

interesse rilevante sul piano politico, petrolifero e geostrategico.

Alla vigilia della guerra del 1914, l’Impero Ottomano sembrava coinvolto in un

declino irreversibile. Nel 1912, di fronte alla coalizione delle nazioni balcaniche,

esso ha perduto la maggior parte dei suoi possessi europei, dopo aver dovuto

abbandonare, nel corso dello stesso anno, la Libia all’Italia. La volontà

modernizzatrice dei “Giovani Turchi” nel 1908-09, non sembra essere

sufficiente a garantirne la sopravvivenza. E tutto questo, tanto più che l’agonia

dell’Uomo malato è seguita da vicino dalle grandi potenze, alcune impazienti di

spartirsi le sue spoglie. La Russia degli zar sogna, dal tempo di Caterina 2^

(1729-1796), di “liberare” Costantinopoli e di aprirsi in tal modo l’accesso al

Mediterraneo. Puntigliosa nell’affermare i suoi diritti sui Luoghi Santi di

Gerusalemme la stessa intende peraltro aprirsi la strada verso l’Oceano Indiano,

esercitando la sua influenza nella Persia degli imperatori Qadjari, la cui

situazione è altrettanto fragile di quella del vicino Impero turco.

La Germania di Guglielmo 2° di Hohenzollern (1859-1941), ultima arrivata nella

regione, appare ben decisa, da parte sua, a mettere in opera una “politica

mondiale” a sua misura. Essa intende così compensare la delusione di una

espansione coloniale, tardiva e modesta. La Germania desidera sviluppare la sua

influenza in un Impero Ottomano, i cui bisogni in capitali ed equipaggiamenti sono

considerevoli. Dal 1898 la costruzione della “Bagdadbahn”, la famosa ferrovia per

Bagdad, che ha l’intenzione di prolungarsi sino a Bassora nel Golfo Persico,

evidenzia le ambizioni tedesche. Essa appare come un temibile mezzo di

penetrazione economica. Il suo tracciato passa in prossimità della regione di

Mossul, dove sono stati scoperti importanti giacimenti di petrolio. In tale

contesto viene impostata negli anni che seguono una alleanza germano-turca.

La Francia, alleata privilegiata del Sultano, allorché Francesco 1° (1494-1547) o

Luigi 14° (1638-1715) stringevano patti con la Sublime Porta (con grande

scandalo dell’Europa cristiana), è stata rimpiazzata a Costantinopoli, dalla fine

del 18° secolo, dall’Inghilterra. Il suo sostegno a Mehemet Alì sposta verso

l’Egitto il suo principale centro di interesse. Ma i Francesi conservano,

nondimeno, degli impegni economici importanti nell’Impero Ottomano, dove i suoi

risparmiatori hanno molto investito negli equipaggiamenti portuali e nella ferrovia

della Cilicia. La Francia si ricorda ugualmente del ruolo che ha ricoperto nel

passato in Terra Santa all’epoca delle crociate o, più recentemente, quando

Napoleone 3° (1808-1873) ha difeso i Cristiani del Libano contro i loro avversari

Drusi.

Il principale attore straniero nella regione resta tuttavia l’Inghilterra. Dopo

aver fatto tutto per compromettere la realizzazione del canale di Suez, gli

Inglesi sono rientrati in forze nella Compagnia universale del canale. Quando

l’Egitto viene colto dall’agitazione nazionalista all’inizio degli anni 1880 del 19°

secolo, Londra, vale a dire Benjamin Disraeli (1804-1881), manovra per stabilire

al Cairo un protettorato di fatto. La Francia sarà infine costretta a riconoscere

questa situazione, ottenendo in contropartita, la sua libertà d’azione in Marocco.

Il protettorato britannico che era già un dato di fatto, verrà stabilito

giuridicamente nel 1914, nel momento dell’entrata in guerra della Turchia,

formalmente ancora sovrana sull’Egitto.

L’Inghilterra, padrona di Cipro dal 1878 (Congresso di Berlino), ma anche di Suez

e di Aden, allo sbocco del mar Rosso, ha compreso ben presto l’importanza che

poteva assumere nel futuro il petrolio del vicino oriente. L’oro nero viene

estratto dal 1907 nel Kuzistan, nell’ovest dell’Impero persiano e l’Ammiragliato

britannico, inizialmente per iniziativa di Lord Winston Churchill (1874-1965) e

quindi (1914) dell’ammiraglio John Fisher Sir Kilverstone (1841-1920), si

affretta ad acquisire rapidamente la parte maggioritaria dell’Anglo Persian Oil

Company. Il passaggio dal carbone alla nafta nella Royal Navy, attribuisce,

evidentemente, una importanza decisiva alle risorse petrolifere della regione. In

linea di massima i dirigenti di Londra vogliono garantire la sicurezza della rotta

marittima delle Indie. Per questa ragione essi rimangono per lungo tempo

attaccati al mantenimento dell’integrità territoriale dell’Impero ottomano. Nel

contesto del “Grande Gioco” euroasiatico, una modificazione nell’Impero

Ottomano non potrebbe che favorire l’Impero Russo. L’Inghilterra, inoltre, nella

preoccupazione di sbarrare il fondo del Golfo Persico, dove la Bagdadbahn rischia

di arrivare presto, con il rischio di costituire una nuova rotta continentale verso

l’India, ha offerto nel 1899 il suo protettorato allo Sceicco Mubarak al Sabah

(1837-1915) del Kuweit. Questo protettorato, riconosciuto dal potere ottomano

nel 1913, diventa nel prosieguo fonte di rancori e di tensioni tenaci, specie

quando il modesto emirato diventerà un elemento fondamentale della politica

petrolifera della regione.

L’Impero Ottomano posto, nel 20° secolo, di fronte al risveglio nazionale dei

popoli balcanici, che gli erano sottomessi fin dal Medioevo, deve fare i conti con il

rigetto che suscita nel mondo arabo l’egemonia esercitata dagli elementi turchi,

da quando (inizi del 16° secolo) hanno conquistato la regione. Il 19° secolo ha

visto il “risveglio arabo” della Nahda, incoraggiato dal successo dell’Egitto di

Mehemet Alì. All’alba del 20° secolo una buona parte delle dirigenze arabe si

augura di mettere fine alla “notte ottomana”.

La solidarietà sunnita non é più sufficiente ad abolire le realtà nazionali,

specialmente in Siria ed in Mesopotamia (Irak), dove si organizzano delle società

segrete. Queste vengono incoraggiate sottobanco da alcune grandi potenze,

specialmente la Francia. In effetti, è a Parigi che si riunisce nel giugno 1913 un

Congresso di Al Djamiyah al Arabiyyah (Movimento delle Comunità Arabe) che

rivendica l’arabizzazione dell’amministrazione nelle province arabe dipendenti

dall’Impero. Nello stesso tempo gli Inglesi stabiliscono dei contatti con i principi

hashemiti dell’Hedjaz, che gestiscono i pellegrinaggi ai Luoghi santi dell’Islam.

Ma se l’Ufficio Arabo del Cairo, emanazione del Foreign Office londinese,

prepara il terreno da questo lato, l’Indian Office, emanazione della Compagnia

delle Indie, sostiene, da parte sua, gli sforzi di Abd el Aziz ibn Saud (1875-

1953), il capo dei Wahabiti del Neged o Nedjd o Nagd. Questi veri “puritani del

deserto” che propugnano un Islam fondamentalista fino a quel momento

marginale, hanno dei seri conti da regolare con i loro rivali hashemiti, fatto che

provocherà ulteriormente a Londra svariati errori di calcolo.

Il Primo Conflitto mondiale inizia in Oriente nell’autunno del 1914, quando

l’Impero Ottomano si affianca agli Imperi Centrali ed entra in guerra contro la

Russia ed i suoi alleati dell’Intesa. Questa situazione contribuisce naturalmente

ad esacerbare le tensioni, le rivalità imperialiste ed i conflitti d’interesse latenti

da diversi anni. Il teatro d’operazioni del medio oriente appare immediatamente

come una posta fondamentale per i Britannici, Questi intendono garantire la

sicurezza della rotta delle indie, particolarmente quella del canale di Suez.

All’inizio del 1915, i Turchi lanciano su questo obiettivo, a partire dalla Siria, una

offensiva che potrebbe rivelarsi pericolosa. Ma i Turchi vengono bloccati e il

lancio dell’offensiva alleata nei Dardanelli li costringe a rinunciare. Gli Inglesi

saranno meno fortunati in Mesopotamia. Le truppe allestite dalla compagnia delle

Indie sbarcano a Fao, si impadroniscono facilmente di Bassora e progrediscono in

direzione di Bagdad, ma il generale Charles Townshend (1861-1924) si lascia

imbottigliare a Kut el Amara, dove è costretto a capitolare senza gloria

nell’aprile 1916. Bisognerà attendere il marzo 1917 perché gli Inglesi si prendano

la loro rivincita con l’entrata vittoriosa a Bagdad dal generale Frederick Stanley

Maude (1864-1917).

Spingendo a nord in direzione delle zone petrolifere di Kirkuk e di Mossul, gli

Inglesi arriveranno fin sulle rive del Mar Caspio e del Mar Nero, attirati dal

petrolio di Baku. Nello stesso momento la Russia sta per cadere nelle mani della

rivoluzione bolscevica.

Lo scacco subito nel corso del 1915 ai Dardanelli spinge le autorità britanniche

del Cairo a ricercare l’alleanza degli Arabi contro i Turchi. Il 30 gennaio 1916 Sir

Henry Mac Mahon (1862-1949), alto commissario inglese in Egitto, si impegna

con Hussein, sceriffo hashemita della Mecca, a favorire la creazione di un grande

regno arabo.

Ciò a condizione che le tribù dell’Hedjaz, poste sotto la sua autorità apportino il

loro sostegno agli Inglesi. Vengono promessi ad Hussein, armi, denaro e

consiglieri militari e questi, allettato dalla prospettiva di un regno che va dalla

Siria alla penisola araba e dal mediterraneo alla Mesopotamia, naturalmente

aderisce. E’ evidente che le promesse nascondono delle reticenze, perché per gli

Inglesi, ad esempio, non hanno alcuna intenzione di perdere il controllo della

Mesopotamia.

A partire dal mese di febbraio 1916 il francese François-Georges Picot (1870-

1951) ed il britannico Mark Sykes (1979-1919) firmano un accordo segreto

relativo alla spartizione, fra la Francia e la Gran Bretagna, dei territori arabi

dell’Impero Ottomano. I Francesi sembrano aver ben percepito il disegno inglese

in Mesopotamia. Una volta controllata la zona petrolifera di Abadan, già in

sfruttamento, essi intendono avanzare sino a Mossul dove tutti sanno che il sotto

suolo si annuncia molto ricco di oro nero (il primo giacimento sarà effettivamente

messo in funzione nel 1927). I Francesi non vogliono lasciare ai loro alleati il

monopolio petrolifero sulla regione. Gli Accordi Sykes-Picot, conclusi il 9 maggio,

riservano alla Francia la Siria, la Cilicia ed il Vilayet (provincia) di Mossul.

L’Inghilterra si vede garantire il controllo dell’Irak, della Palestina e della costa

del Golfo Persico. Questo accordo è in evidente contraddizione con le promesse

fatte allo sceriffo Hussein ma deve rimanere segreto (non lo sarà più alla fine

del 1917 quando Trotski, Commissario bolscevico agli Affari Esteri lo renderà

pubblico dopo la Rivoluzione d’ottobre). Nonostante questi oscuri equivoci la

rivolta araba, sostenuta dall’Inghilterra, ottiene dei successi significativi. I

Turchi perdono La Mecca ed il porto di Geddah, ma riescono a mantenere Medina,

punto di arrivo della ferrovia che unisce questa città a Damasco. Una ferrovia

che diventerà l’obbiettivo di numerosi attacchi e colpi di mano nel corso dei mesi

seguenti quando Thomas Edward Lawrence (1888-1935) condurrà con l’emiro

Faysal ibn Husayn (1883-1933) una “guerra del deserto” di tipo nuovo che

metterà in gravi difficoltà la guarnigione turca di Medina. Nel 1917 l’ufficiale

inglese arriva persino a conquistare il porto di Aqaba, attaccando da terra questo

porto ottomano del Mar Rosso. Si tratta di una svolta del conflitto che faciliterà

il compito delle truppe inglesi, riunite in Egitto agli ordini del generale Edmund

Allenby (1861-1936). Questi, alla fine di ottobre, attacca con delle forze

decisamente superiori la linea di Gaza - Bersheba e riesce a sfondare le posizioni

turche. Egli si apre in tal modo la strada per Gerusalemme dove entra da

vincitore il 9 dicembre 1917. Poco più di un mese prima, Lord Arthur James

Balfour (1848-1930), Ministro inglese degli Affari Esteri, si è impegnato, in una

lettera scritta a Lord Walter Rothschild (1868-1937), principale rappresentante

della comunità ebrea britannica, scrivendo che “Il governo di Sua Maestà

considera favorevolmente l’installazione in Palestina di un focolare nazionale per

il popolo ebreo ed impiegherà tutti i suoi sforzi per favorire la realizzazione di

questo obiettivo, essendo chiaro che nulla verrà fatto che possa nuocere ai

diritti civili e religiosi delle collettività non ebree esistenti in Palestina”. Al di là

della sua ambigua formulazione, questa dichiarazione risulta in evidente

contraddizione con le promesse fatte agli Hashemiti l’anno precedente.

La vittoria definitiva dell’Intesa nella 1^ Guerra Mondiale si delinea nel corso del

1918. Ma la situazione resta decisamente complessa in Oriente. Nei primi giorni

di ottobre dello stesso anno l’esercito arabo di Lawrence e Faysal effettua il suo

ingresso a Damasco, nello stesso momento in cui arrivano le forze di Allenby,

provenienti da Nablus, Haifa e S. Giovanni d’Acri. Dal 7 ottobre i Francesi

sbarcano delle truppe a Beyrut, prima che Allenby se ne impossessi. Gli accordi

Sykes-Picot prefiguravano il Libano e la Siria alla Francia, ma la schiacciante

superiorità inglese in Oriente non pare di buon auspicio per la buona volontà

dell’alleato britannico. Fatto confermato, già dal mese di dicembre 1918, dalla

rinuncia da parte di Georges Clemenceau (1841-1929) ad una parte degli stessi

accordi. Il Presidente del Consiglio francese rinuncia al Vilayet di Mossul in

cambio di garanzie sul petrolio attraverso l’acquisto della quota tedesca della

Turkish Petroleum Company. Nel frattempo gli Inglesi hanno negoziato da soli

con i Turchi l’Armistizio di Mudros, mettendo Francesi, Italiani e Greci davanti

al fatto compiuto. L’accordo privilegia evidentemente i loro interessi.

Il periodo immediatamente seguente la Grande Guerra apre pertanto un

periodo di preminenza incontestata dei britannici nella regione. Al contrario delle

promesse formulate da Wilson, a proposito dell’emancipazione dei popoli

colonizzati, gli Arabi risultano i grandi perdenti.

Invano i nazionalisti egiziani di Saad Zaghlul Pasha (1859-1927) e del partito

Wafd (Delegazione) reclameranno l’indipendenza. La Conferenza di Pace

conferma il mantenimento del protettorato inglese sull’Egitto. Su richiesta di

Wilson, una commissione, composta dal professore Henry Churchill King (1858-

1934) e dall’uomo d’affari Charles Richard Crane (1858-1939) viene incaricata

di valutare la situazione nel Vicino Oriente. Servirà a poco che le risultanze della

Commissione sconsiglino la divisione del Libano e della Siria, come anche

l’installazione di un focolare ebreo in Palestina, inaccettabile per la popolazione

locale e le sue conclusioni saranno sotterrate, grazie all’impegno congiunto di

Francia ed Inghilterra. Nel marzo 1920 quando l’emiro hashemita Faysal proclama

a Damasco un regno della Grande Siria, la Francia, dopo una serie di negoziati

apparentemente infruttuosi, reagisce con la proclamazione dell’indipendenza del

Libano. Nel luglio, a seguito delle reticenze di Faysal, la Francia spedisce a

Damasco, per ordine del generale Henri Gouraud (1867-1946) un piccolo corpo di

spedizione, posto agli ordini del generale Mariano Julio Goybet (1861-1943).

Questi sconfiggerà, senza soverchie difficoltà nel luglio seguente, i nazionalisti

arabi nel combattimento di Mayssalun

Dal 25 aprile 1920 la Conferenza di Sanremo aveva confermato, nelle sue linee

generali, gli accordi franco-inglesi del 1916 e del 1918. La Francia si vede

conferire un mandato di tipo A (cioè un mandato con l’obiettivo di preparare una

indipendenza in tempi rapidi) sulla Siria e sul Libano. Simultaneamente la Gran

Bretagna si vede accordare la Palestina e l’Irak (la parte orientale della

mezzaluna fertile). Nel corso dello stesso anno, la Francia, che ha riunito nella

zona di Alessandretta migliaia di Armeni che fuggono ai massacri turchi,

conclude un armistizio con le forze turche collegate al movimento nazionalista e

rivoluzionario lanciato da Mustafà Kemal. Nell’agosto il frazionamento della

Turchia, sanzionato dal Trattato di Sevres, accettato anche dal sultano

ottomano, non fa altro che radicalizzare l’insurrezione kemalista. Questa riuscirà

a realizzare una riconquista dell’insieme del territorio anatolico, dal quale

saranno definitivamente scacciati i Greci, sebbene sostenuti dall’Inghilterra.

L’annichilimento della Grande Armenia, ipotizzato a Sevres e lo schiacciamento

delle dissidenze curde contribuiranno ad assicurare rapidamente l’unità della

nuova Turchia, massicciamente collegata con una insurrezione nazionale, laica e

giacobina, esattamente agli antipodi di quello che era stato l’Impero multietnico e

multi confessionale dei millet ottomani.

Nel 1923, tre anni dopo il Trattato di Sevres, Mustafà Kemal otterrà, con il

Trattato di Losanna, il riconoscimento di questa nuova Turchia che egli intende

sbarazzare dal vecchiume delle tradizioni mussulmane, per farne un paese

moderno ispirato ai modelli occidentali.

Francesi ed Inglesi, mentre si verifica questa profonda mutazione, incontrano

serie difficoltà a stabilire la loro autorità sull’Oriente arabo. In Irak gli Inglesi

devono affrontare una insurrezione generalizzata particolarmente virulenta nel

sud sciita e nelle montagne del Kurdistan. I Francesi possono appoggiarsi sul

Grande Libano, creato nel settembre 1920 dal generale Gourand in un contesto

territoriale che garantisce la maggioranza ai cristiani. Ma questa manovra appare

ai nazionalisti arabi come una moderna riedizione del vecchio principio “divide et

impera”. La suddivisione della Siria mussulmana in diversi territori (Damasco,

Aleppo e Latakia) non farà che confortare questa analisi. Qualche anno più tardi,

la rivolta drusa confermerà le difficoltà della Francia sui suoi territori

mandatari. In Egitto gli Inglesi devono infine tener conto delle rivendicazioni

nazionali. Essi concedono nel febbraio 1922 una indipendenza per certi aspetti

formale, ma che permette di calmare le agitazioni. Nel frattempo, nel marzo

1921, Winston Churchill riunisce al Cairo, per usare le sue stesse parole, la

“Conferenza dei 40 ladroni”, ufficialmente “Conferenza britannica sul Medio

Oriente”. Nel corso di tale riunione vengono prese diverse decisioni, per calmare

l’agitazione irakena e per tenere conto delle sconfitte subite in Arabia dagli

Hashemiti, che sono stati battuti dai Wahabiti.

Viene creato un Regno d’Irak, affidato all’emiro Faysal ed un Emirato di

Trangiordania (territorio totalmente artificiale, tracciato sulla carta fra Siria,

Giordania e Deserto arabico) a vantaggio di suo fratello Abdallah ibn Husayn

(1882-1951) (bisnonno dell’attuale Re Abdallah di Giordania nato nel 1962). I

Britannici decidono ancora di esercitare il mandato sulla Palestina secondo il

metodo dell’amministrazione diretta, con tutti i problemi che rischiano di

scoppiare (dal marzo 1921 scoppiano a Jaffa degli scontri fra Ebrei e Arabi).

Faysal, sovrano straniero sunnita in un paese a maggioranza sciita, deve

appoggiarsi in Irak sulla minoranza sunnita che era stata già a suo tempo il

collegamento con il potere ottomano. Gli Inglesi devono a quel punto affrontare

nuovamente delle rivolte sciite e curde, represse sistematicamente con la stessa

brutalità che nel passato. Londra rifiuta di restituire il Kuweit all’Irak,

privandolo in tal modo di un adeguato sbocco marittimo sul Golfo Persico. Ma

Faysal non può assolutamente opporsi agli Inglesi nella misura in cui essi sono i

soli in condizioni di ottenere dalla Turchia di Mustafà Kemal la rinuncia a Mossul

ed al Kurdistan iracheno, ottenuta nel 1925.

Uscito dalla grande crisi mondiale, il Vicino Oriente post ottomano esce dalla

dominazione turca per cadere sotto quella dell’Inghilterra e secondariamente

della Francia. Il successo di un modello nazionale territoriale che viene a

sostituirsi al sistema mussulmano multietnico si rivela difficile. Le divisioni

suscitate o mantenute dalle potenze dominanti vengono aggravate dallo sviluppo

in Palestina del progetto sionista e dalle ambizioni petrolifere delle Grandi

Potenze. Queste ultime saranno sempre più spesso incapaci di anticipare le

evoluzioni di fondo, eppure prevedibili. Questo è il momento in cui si

cristallizzano, sia un potente nazionalismo arabo (che porterà più tardi alla

fondazione del partito Baath ed all’esperienza nasseriana), sia una reazione

islamista, a lungo sotto stimata. Il suo atto di nascita può essere fissato al marzo

1927 ad Ismailia, con la fondazione, da parte di Hassan al Banna (1906-1949),

della confraternita dei Fratelli Mussulmani.

BIBLIOGRAFIA

AA. VV. (a cura di R. Mantran), Storia dell’Impero Ottomano, Argo, 1999;

Fromkin, David, A Peace to End All Peace: Creating the Modern Middle East,

New York, Henry Holt and Company, 1989;

Quilliam Neil, Syria and the New World Order, Reading, Ithaca Press (Garnet),

1999.

Helmeich Paul C., From Paris to Sèvres: The Partition of the Ottoman Empire

at the Peace Conference of 1919-1920, Ohio University Press, 1974.

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