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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

Una vita di ricerche per conoscere chi sono.

  

ROMA ed i PARTI, una guerra infinita

ROMA ed i PARTI, una guerra infinita

Pubblicato sul n. 276, maggio 2020, della Rivista Informatica “Storia in

Network” (www.storiain.net) con il titolo: “LA GUERRA INFINITA DI ROMA

CONTO I PARTI”)

 

Per circa 300 anni, i Romani hanno cercato di imporsi in Mesopotamia a

danno dell’impero dei Parti. Ma tutti i loro tentativi per consolidarvisi

durevolmente sono falliti.

Agli inizi dell’anno 116, l’imperatore Marco Ulpio Nerva Trajano (53-98-

117) discende il fiume Eufrate su uno dei vascelli della flotta romana che

trasporta un importante contingente militare. L’obiettivo della

spedizione è quello di strappare la Mesopotamia all’impero rivale dei

Parti ed assumere il pieno controllo delle vie commerciali che collegano il

Mediterraneo all’India ed alla Cina. Mai, sino a quel momento, un esercito romano

si era avventurato così lontano, ma questo fatto non preoccupava più di tanto le

truppe, poiché tutte le condizione apparivano favorevoli per una vittoria.

In effetti, Roma poteva contare sull’appoggio di diverse comunità alleate, dai

principati del Mar Nero ai Beduini del deserto. Le casse imperiali risultavano

floride, in quanto la recente conquista della Dacia aveva consentito il controllo

sulle miniere d’oro e d’argento dei Carpazi, mentre la dinastia parte degli

Arsacidi risultava in preda ad una profonda crisi politica: due rivali (Osroe 1°,

sovrano dal 109 al 129 (1) e Vologese 3°, sovrano dal 105 al 147) si stavano

disputando il potere assoluto.

L’inizio della campagna orientale conforta le speranze di Trajano: fra il 114 ed il

115, le legioni romane occupano l’Armenia e la Mesopotamia del nord, inglobandole

nel sistema provinciale romano. Questi territori erano stati, a lungo, oggetto di

disputa fra Roma ed i Parti, ma fino a quel momento, allorché avevano il

sopravvento, avevano preferito il controllo indiretto della regione per mezzo di

re o potentati più o meno “amici”.

Questa politica, introdotta sotto la repubblica, era stata seguita sino all’epoca

dell’imperatore Nerone (54-68), ma, in seguito, a partire dai suoi successori della

dinastia dei Flavi (69-96) si afferma una nuova tendenza: Roma cerca di imporre i

suoi propri governatori in tutti i territori conquistati.

Obiettivo Ctesifonte

Il cambiamento di politica diviene radicale per impulso del bellicoso Trajano.

L’imperatore, proveniente da una famiglia provinciale spagnola, prima di diventare

princeps, aveva percorso i gradini della sua carriera, privilegiando le cariche

militari: giovane ufficiale, comandante di legione, governatore nelle province

“agitate”. Egli evidenziava il perfetto profilo del vir militaris. Trajano, a partire

dalla sua accessione al trono, nell’anno 98, sviluppa una politica aggressiva che

non si limita più ad assicurare la solidità delle frontiere e riprende l’antico

progetto dell’invasione della Mesopotamia.

In effetti, già sotto la Repubblica, nel -54/53, Roma aveva tentato di

conquistare la regione impiegando una forza di 50 mila legionari romani, ausiliari

ed alleati orientali. In occasione di una prima campagna, i romani, guidati da

Marco Licinio Crasso (-114 / -53), il ricchissimo associato politico di Caio Giulio

Cesare (-101 / -44) e Gneo Pompeo Magno (-106 / -48) avevano occupato una

parte del territorio nemico al di là della frontiera. Ma quando Crasso scatena

l’offensiva verso il basso Eufrate, il suo esercito viene bloccato nei pressi della

città di Carre (oggi Harran in Turchia). Il 9 giugno del’anno -53, al termine di una

lunga battaglia, 20 mila Romani vengono massacrati sul campo. Molti altri

moriranno a seguito delle ferite ed altri ancora verranno catturati e deportati in

regioni lontane, all’interno dell’impero partico. Qualche giorno più tardi, nel corso

di una scaramuccia, anche lo stesso Crasso perde la vita in combattimento.

Tuttavia, la sconfitta di Carre, una delle più cocenti disfatte nella storia di Roma

(2) non scoraggerà le ambizioni romane. Al contrario: la sconfitta di Carre

costituirà il punto di partenza di una situazione conflittuale cronica, una vera

“guerra senza fine” fra Roma e la Persia.

Nove anni dopo Carre, Giulio Cesare, dopo aver ottenuto il potere assoluto a

Roma, era già pronto a lanciare una campagna di grande respiro, con il progetto di

vendicare Crasso e di conquistare l’impero partico, ma verrà assassinato tre

giorni prima della sua partenza per l’Oriente, fissata per il 18 marzo dell’anno -

44. L’obiettivo di Cesare viene ripreso da Marco Antonio nell’anno -36, ma senza

successo. Sotto gli imperatori, successori di Ottaviano Augusto (-63 / 14), nel 1°

secolo, le operazioni militari si svilupperanno su altri fronti, specialmente in

Armenia: il progetto di attaccare il cuore dell’impero partico non sembrava più

attuale ed i progetti di Crasso e di Cesare apparivano dei sogni glorioso piuttosto

chimerici.

Trajano, dal suo arrivo al potere nell’anno 98, riprende pertanto il vecchio piano

di invasione della Mesopotamia. La campagna orientale viene preparata con molta

cura. A tal fine, era stato mobilitato un contingente senza precedenti: 9 legioni

quasi al completo, con ingenti rinforzi, distaccati da altre legioni, per un totale di

80 mila uomini. Inoltre, Trajano spiega per l’occasione una formidabile

organizzazione di propaganda, Nel momento in cui viene lanciata la campagna

orientale, Plutarco (46-127 circa) racconta nel dettaglio, nella sue “Vite

parallele”, le sconfitte di Crasso e di Marco Antonio, per mettere meglio in

risalto il valore morale dell’impresa di Trajano. D’altronde, l’imperatore non si

limita al confronto con i suoi sfortunati predecessori: egli segue anche il modello

dei grandi eroi del passato, come Alessandro Magno (-356 / -323).

I comandanti romani che partono per l’Oriente fanno sistematicamente

riferimento al Macedone, che, in pochi anni, aveva distrutto il grande impero dei

Persiani. La lunga serie dei successi di Alessandro in Oriente era giustamente

cominciata nell’anno – 331 con l’occupazione della Mesopotamia, quando il

Macedone, dopo una serie di vittorie in Asia Minore ed in Assiria, aveva fatto il

suo ingresso trionfale a Babilonia.

Trajano, allo stesso modo dei suoi predecessori, si presenta come un nuovo

Alessandro, non solo come conquistatore, ma anche come paladino della libertà.

Nelle “Vite parallele”, Plutarco crede, o perlomeno lascia credere, che le

comunità greche o ellenizzate che risiedevano nelle città mesopotamiche da

Nisibe al golfo persico, guardavano i Romani come a dei liberatori.

Trajano, come i suoi predecessori, aveva concepito il suo piano, ispirandosi

all’itinerario di Alessandro, con la sola variante dell’obbiettivo: non si trattava più

di occupare Babilonia – all’epoca la città era in piena decadenza – ma Ctesifonte.

All’inizio, Ctesifonte (Tyspun in lingua partica) era una agglomerazione posta nei

pressi di Seleucia sul fiume Tigri, il centro più importante della Mesopotamia

ellenistica. Quando i Parti procederanno all’occupazione definitiva della regione,

nel corso degli anni -110, essi ne faranno la loro residenza d’inverno a causa del

suo clima favorevole e soprattutto per la sua posizione geografica.

Sulla via della seta

Ctesifonte e Seleucia, sul fiume Tigri, rappresentavano il punto di partenza delle

due principali vie del commercio verso l’India e la Cina: la rotta dell’Est detta

anche della “seta” e l’altra rotta che, da sud, raggiungeva il golfo Persico e

l’Oceano Indiano. Per i mercanti mediterranei, Seleucia e Ctesifonte costituivano

delle tappe obbligatorie. Verso l’anno -39 il sovrano partico Pacorus 1° (3)

favorisce la crescita della città ed, a partire dalla 1^ metà del 1° secolo, la

vecchia borgata diventa una città, cinta da bastioni.

E’ proprio a Ctesifonte che si svolgeranno cerimonie importanti, come

l’incoronazione dei re. La presenza di una importante guarnigione militare

conferiva alla città una connotazione più “orientale” della metropoli ellenistica di

Seleucia.

Trajano, per raggiungere la capitale dei Parti, non si limita a seguire la strategia

di Alessandro, per il fatto che i Romani del 2° secolo potevano disporre di

importanti innovazioni tecniche. In primo luogo, i legionari di Trajano non era più

equipaggiati, come ai tempi di Crasso e la loro nuova corazza – la lorica

segmentata – consentiva loro di proteggersi dalle mortifere frecce dei temibili

cavalieri parti.

Inoltre, l’imperatore poteva disporre di tecnici d’eccezione e, proprio per questa

spedizione egli aveva richiesto la presenza del suo migliore architetto,

Apollodoro da Damasco (50/60-130) (3), autore di grandi realizzazione di

ingegneria civile e militare, come il nuovo porto di Ostia. Nel 104, durante la

guerra contro i Daci, Apollodoro aveva costruito un ponte in pietra sul Danubio, di

proporzioni inaudite. L’architetto siriano, perciò conoscitore della regione, era

parimenti uno specialista di “poliorcetica”, vale a dire l’arte di assediare le città,

alla quale aveva dedicato uno specifico trattato in greco.

E’ proprio a tecnici del livello di Apollodoro che Trajano, ad un certo momento, ha

pensato di rimettere in funzione un vecchio canale, detto nahr malka (fiume del

re in aramaico), che attraversava la media Mesopotamia, collegando il Tigri

all’Eufrate. Secondo lo storico romano Dione Cassio (Lucius Claudius Cassius Dio

(Cocceianus?); Nicea, 155 – 235): “Trajano sognava di derivare l’Eufrate nel Tigri,

attraverso un canale, in modo che le sue navi, dopo aver passato questo canale, gli

consentisse di costruire un ponte; ma venuto a sapere che l’Eufrate risultava

molto più elevato di quota del Tigri, egli rinuncia al progetto, nel timore che

l’Eufrate non fosse più navigabile dopo la derivazione. Per questo motivo egli farà

dunque trasportare le navi, utilizzando dei tiranti nel punto di minore distanza

fra i due fiumi …” (5).

La flotta romana discende dunque l’Eufrate fino all’altezza della vecchia città di

Sippar, quindi la navi vengono trasportate fino al Tigri all’altezza del vecchio

centro di potere dell’impero partico: Ctesifonte. Verso la fine della primavera

dell’anno 116, o un anno più tardi in estate, Trajano fa il suo ingresso nella città,

dove il re Cosroe, costretto alla fuga, abbandona tutte le sue ricchezze. I Romani

vi cattureranno diversi personaggi di alto rango, ivi compresa una figlia del re ed

anche del trono reale, realizzato in oro massiccio.

Acclamato imperator (generale vittorioso) dalle truppe, Trajano si attribuisce il

titolo di Parthicus (vincitore dei Parti) e farà circolare un nuovo conio con la

leggenda “Parhia capta” (Partia conquistata). Egli ipotizza anche la possibilità di

creare una provincia romana che riunisca tutta le Mesopotamia e con tale intendo

decide di prendere possesso della totalità del paese, raggiungendo il regno di

Mesene (territorio dell’attuale Bassora) ed il Golfo Persico.

“Avendo avanzato da lì sino all’Oceano ed informatosi della natura di questo

mare, alla vista di un vascello in rotta per l’India, l’imperatore avrebbe

esclamato: “Io sarei andato fino agli Indiani, se fossi ancora giovane.” Egli

pensava agli Indiani, raccoglieva informazioni sui commerci di questi popoli e

vantava la fortuna di Alessandro Magno. Ciò nondimeno, egli era convinto di aver

spinto più lontano di lui il suo esercito e ne ha scritto anche al Senato, sebbene

non sia stato in grado di mantenere le sue proprie conquiste” (6)

Sebbene amara, l’osservazione di Dione Cassio corrisponde a verità. Certamente,

Trajano si era ispirato al modello di Alessandro, ma non aveva conseguito gli

stessi risultati: egli non era riuscito a deporre Cosroe, che, tra l’altro, non ha mai

battuto in battaglia. Inoltre, la sua conquista della Mesopotamia si è rivelata

effimera: già a partire dalla fine del 116, Trajano è costretto ad incaricare uno

dei suoi migliori generali, il berbero Lusio Quieto (70-118), della repressione

della rivolta degli Ebrei in Palestina, distaccando, in tal modo, un certo numero di

unità dalla regione, mentre diverse rivolte scoppiano in tutta la Mesopotamia.

Questi eventi fanno rimandare di un anno il progetto di una occupazione diretta

della Mesopotamia e Trajano viene costretto a ricorrere alla tradizionale

soluzione romana: far salire sul trono dei Parti un “re amico”, Parthamaspate, un

figlio di Osroe, che aveva finito per collaborare con i Romani. In seguito,

l’imperatore si dirige verso nord, dove sarà occupato per qualche mese

dall’assedio della ricca città carovaniera di Hatra, che non riuscirà a conquistare.

Nel frattempo, i Parti avevano ritrovato la loro unità politica e cacciato i Romani

dall’Armenia. Secondo le fonti arabe tardive, dipendenti dalla tradizione

persiana, Trajano sarebbe stato ucciso dal re. Si tratta evidentemente di una

leggenda, ma la tradizione orientale non era poi così lontana dalla realtà storica:

spossato dopo tanti anni passati sul campo di battaglia, il sessantenne Trajano si

ammala e muore nel 117 a Selinunte di Cilicia, un piccolo porto dell’Asia Minore,

mentre rientrava a Roma per celebrare il suo trionfo.

Esaminando la campagna di Trajano, al di fuori dei filtri della propaganda romana,

si comprende che il bilancio finale non è stato per nulla positivo. D’altronde, 50

anni più tardi, l’autore latino Marco Cornelio Frontone (100-170) poteva già

scrivere “Unici fra gli uomini, Parti sono stati considerati dal popolo romano come

avversari di tutto rispetto”. Questo rispetto è ampiamente dimostrato, non solo

la sconfitta di Crasso e la fuga disonorata di Antonio, ma anche la morte di un

legato durante la spedizione di Trajano. Quest’ultimo, che era comunque un

valoroso generale, quando lascerà il paese per celebrare il suo trionfo, sarà

costretto a ripiegare in circostanze di grave pericolo e non senza spargimento di

sangue.” (7)

Certamente, fra gli anni 115 e 116, l’Impero romano aveva raggiunto l’apice della

sua espansione ed è innegabile che un avvenimento come la conquista di

Ctesifonte e l’arrivo di un imperatore romano sulle rive del Golfo Persico sia

stato un fatto di grande rilievo. Nei manuali di storia antica, la carta delle

province all’apogeo dell’impero è sempre quella che include la Mesopotamia

conquistata da Trajano. Purtroppo, si è trattato di un successo effimero e la

vicenda mesopotamica arriva, ancora una volta, a confermare il fatto che

l’esercito romano era in condizioni di conquistare facilmente le nazioni straniere,

ma che si rivelava difficile consolidarvi il suo dominio.

Dopo la morte di Trajano, i Romani si sono avventurati ancora volentieri fino a

Ctesifonte. Lucio Celonio Commodo Vero (130-169; correggente di Marco

Aurelio, 121-180) sarà, tuttavia, costretto ancora una volta a fuggire dopo il

manifestarsi di una epidemia di vaiolo nella regione. Settimio Severo (145-211),

da parte sua, riuscirà nuovamente a conquistarla, nell’anno 197, evento che gli

consentirà di attribuirsi il titolo di Parthicus maximus, un riferimento chiaro al

titolo di Parthicus di Trajano. L’imperatore darà l’ordine di esporre delle pitture,

rappresentanti le sue vittorie orientali; suo figlio e suo successore, Marco

Aurelio Severo Caracalla (188-217), farà costruire un portico a nome di suo

padre, dove verranno riprodotte queste scene verranno riprodotte.

Queste conquiste di Ctesifonte hanno indebolito l’impero dei Parti, favorendo la

comparsa di una nuova dinastia, quella dei persiani Sassanidi, che assumerà

definitivamente il potere nel 224. La guerra senza fine fra l’Iran e Roma

riprende ed i Romani riusciranno a conquistare nuovamente Ctesifonte nel 283,

con la campagna dell’imperatore Marco Aurelio Carus (230-282-283). Dopo

quest’ultima invasione, il dispositivo difensivo della città ed il dispositivo

difensivo sassanide riusciranno ad assicurare la difesa della città contro le

invasioni, sia romane, sia bizantine.

NOTE

(1) Le fonti ci hanno trasmesso anche il nome di Cosroe, senza dubbio una

variante greca errata, del nome di Cosroe, comunque da non confondere con

Cosroe 1° (501-579) di Persia;

(2) Traina Giusto, “Carre 9 giugno -53. Anatomia di una disfatta”, Les Belles

Lettres, 2011;

(3) Re associato dei Parti appartenente alla dinastia degli Arsacidi, morto

nell’anno -38. Figlio maggiore di Orodes 2°, egli viene associato a suo padre

verso l’anno – 41 e comanda, con l’avversario di Marcantonio, il generale romano

Quinto Labieno, le forze dei Parti che invadono la Siria romana e la Giudea. In

questa veste, egli decide, a Gerusalemme, la disputa esistente tra i due partiti

della famiglia reale Asmonea, che si divideva la Giudea ed assegna il titolo di re

ad Antigone 2° Mattathiah, figlio di Aristobulo 2° al posto di Hyrcan. Il

generale di Marcantonio, Publio Ventidio Basso respinge le truppe dei Parti nel

Taurus e li sconfigge definitivamente a Gindarus nella Siria del Nord il 9 giugno

dell’anno -38, perdendo, dove Pacoro perde la vita in combattimento;

(4) Fu un favorito di Traiano, per il quale costruì presso Drobeta il ponte di

Traiano sul Danubio nella campagna del 104 in Dacia. Progettò inoltre un

gymnasium, le Terme di Traiano, l'Odeon di Domiziano, il Porto di Traiano a

Porto, il Foro e la Colonna di Traiano a Roma. Nella poliorcetica ha lasciato un

trattato sulle macchine d'assedio per la guerra (Πολιορκητικά), che dedicò a

Traiano;

(5) Dione Cassio, “Storia Romana” in 80 libri, Libro 28. In effetti, non si dispone

del testo integrale di Dione Cassio, che, a sua volta, aveva utilizzato il Parthika di

Arriano (2° secolo), ma solamente tardi riassunti bizantini;

(6) Dione Cassio, “Storia Romana” in 80 libri, Libro 29;

(7) Marco Cornelio Frontone, “Premesse della storia”, 7 volumi.

BIBLIOGRAFIA

Arbor Ann, Cushing Malloy Inc., Journal of Roman Archaeology: Supplementary

Series Number Eighteen, 1996;

Colledge M., L’impero dei Parti, Newton Compton, Roma 1979;

Huyse P., “La Perse antique” , Les Belles Lettres, 2005;

Kennedy D., Parthia and Rome: eastern perspectives, in “The Roman Army in the

East”,

Sarkhosh V. – Curtis, “The age of the Parthians”, I. B. Tauris, Londra – New

York, 2007;

Sheldon R. M., Rome’s Wars in Parthia: Blood in the Sand , Vallentine Mitchell,

Londra, 2010;

Traina Giusto, “Carre, 9 giugno -53. Anatomia di una disfatta”, Les Belles

Lettres, 2011;

Wolski J., “L’Empire des Arsacides”, Peeters, Lovanio, 1993;

Wiesehöfer J., La Persia antica, il Mulino, Bologna 2003.

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