La CONTEA di PROVENZA, dai BOSONIDI ai VALOIS
(Pubblicato su Rivista GRAFFITI-on-line.com, nell’agosto 2015)
Dalla fine del 9° secolo al 1481 la contea di Provenza, di origine imperiale,
passa dai Bosonidi, ai Catalani, agli Angiò e quindi ai Re di Francia, mentre
la capitale della contea passa da Arles ad Aix en Provence.
seguito del crollo dell’Impero carolingio, nell’anno 877, appare il regno
di Borgogna, di cui il nuovo re, Bosone (844-887), risulta anche duca di
Lione, di Vienne e di Provenza (dall’879). Coinvolta nelle guerre
incessanti per il controllo dell’Italia e della corona imperiale, la
Provenza, che all’epoca era suddivisa in tre vescovati (Arles, Aix en Provence ed
Embrun), finisce per passare, intorno al 950, ad una branca lontana di questa
famiglia dei Bosonidi (1), che dà origine alla prima dinastia dei conti di Provenza.
Essi rimangono almeno nominalmente, sotto il controllo dell’imperatore carolingio
e la Provenza sarà pertanto, per tutto il Medioevo, considerata come una terra
dell’Impero. Bosone, nobile imparentato alle più alte famiglie carolingie, aveva
sposato la figlia del deposto imperatore Luigi 2° il giovane. Egli è il primo non
carolingio a fare secessione dall’Impero ed insedia la sua capitale nella città di
Vienne. Lui ed i suoi discendenti cercheranno di mantenere il loro regno di fronte
ai signori della Francia ed a quelli dell’Italia mantenendo il loro potere e la loro
politica incentrati sull’asse del Rodano. Per effetto di questa politica e per
diverse generazioni, la Provenza occidentale rimane alla mercé delle incursioni
saracene, malgrado la relativa autorità dei bosonidi. Già sotto il regno di Bosone,
nell’880, Nizza viene saccheggiata e bruciata dai Mori (Saraceni). Nel corso dello
stesso periodo, un gruppo di Mori si insedia sui rilievi di Frassineto (boschi di
frassini), non lontano dall’attuale cittadina di La Garde Freisnet: un luogo
protetto, non lontano dal mare (golfo di Saint Tropez), a dominio del massiccio
omonimo e della piana a nord, da dove risulta agevole preparare incursioni
A
marittime e razzie verso il nord, che, specie nel 923 e nel 940, risulteranno
particolarmente distruttive.
I conti bosonidi, in ogni caso, riescono ad imporre circa mezzo secolo di pace
relativa e già a partire dal 3° conte, Ugo 1° di Tebaldo, conte d’Arles (880-
947), iniziano ad assumere iniziative al fine di sradicare la presenza saracena
nella regione. Dopo alterne vicende, durante le quali i conti maneggiano con
attenzione il “bastone e la carota”, il conte, Gugliemo 1°, conte di Provenza dal
968 al 979, decide di risolvere definitivamente il problema saraceno, alleandosi
ad Arduino 3° il Glabro (930-976), marchese di Torino. Nel 973, con una azione
metodica, essi riescono ad espellere i Mori da tutti i passi alpini, costringendoli a
ripiegare, dopo una serie di scontri vittoriosi, nel loro territorio iniziale.
Nuovamente sconfitti nella decisiva battaglia di Tourtour, i Saraceni si rifugiano
nel loro ridotto di Frassineto, che viene espugnato nel corso dello stesso anno,
dopo una serie di aspri combattimenti. Tutti i fuggitivi ed i sopravvissuti
verranno inseguiti ed eliminati, sanzionando la fine della presenza saracena in
Provenza. Per questo motivo il conte Guglielmo 1° sarà ricordato con l’appellativo
di Liberatore. Di fatto, i Saraceni cacciati da Frassineto si ritirano sulle Isole
d’Oro (Porqueirolles, Port Cros ed Isola di Levante), da dove continueranno,
ancora per oltre un secolo, a condurre azioni di pirateria.
Tuttavia, i conti di Provenza, che con il successore di Guglielmo riceveranno il
rango di marchesi, vedranno ben presto la loro autorità contestata dalle
aristocrazie locali, derivate dalle unioni fra signori franchi e vecchie grandi
famiglie gallo-romane. In effetti, si vengono a creare, in tal modo, immensi
possedimenti feudali dispersi sul territorio e scoppiano, conseguentemente,
guerre fra signori locali. Nel mezzo di questa tormenta, la Chiesa, sotto l’impulso
della riforma gregoriana, riesce a staccare l’episcopato dalle dinastie
aristocratiche e dagli interessi signorili e, col passare del tempo, si impone come
difensore dei contadini e del popolino contro gli abusi dei grandi signori. Sebbene
fallisca nell’obiettivo di spezzare la dipendenza del basso clero rurale
dall’aristocrazia, la Chiesa riesce ad imporre il suo ordine e la sua pace alle città
che passano sotto dominio religioso, a danno dell’influenza militare. Questa nuova
stabilità rilancia il commercio e l’industria e permette alle città di estendersi
nuovamente nel periodo intorno all’anno mille. La Chiesa ed il mondo urbano
escono in tal modo, rinforzati dall’indebolimento del potere comitale nel corso
dell’11° secolo.
I Conti Catalani (1125-1245)
Nel 1111, Gerberto 1° di Gevaudan (1055-1111), ultimo della stirpe bosonide di
Provenza (1075-1107), muore senza eredi maschi. Sua figlia, Dolça o Dolce, o
Stefania (1090-1129, figlia di Gerberga di Provenza) sposa il conte di
Barcellona, Raimondo Beregario (Berenguer) 3°, il Grande (1082-1131), che, in
occasione delle nozze celebrate ad Arles, reclama immediatamente la contea di
Provenza. Sarà solo dopo infinite difficoltà che il nuovo conte riuscirà ad imporsi,
dal 1113 al 1131, ai signori provenzali, sottomettendo con le armi la regione di Aix
en Provence e quella di Saint Maximin. Egli è costretto, inoltre, ad imporsi al
conte di Saint Gilles, della casata di Tolosa, che non vede di buon occhio questa
espansione catalana e che afferma i suoi diritti – peraltro non senza legittimità –
nella successione dei Bosonidi. Un trattato di pace, concluso nel 1125, assicura
alla casata di Tolosa una autorità, almeno nominale, sul Contado Venassino, la
contea di Forcalquier ed il Delfinato.
La dinastia dei conti catalani (2) non potrà, tuttavia, mai abbassare le armi.
Periodicamente, la casata di Tolosa, trovando alleanze opportuniste nell’ambito
dei ranghi dei grandi signori provenzali, risveglierà la sua guerra di legittimità
contro i conti catalani. Queste lotte culminano con l’episodio delle guerre del
Baux (guerre baussenques o bauciques, 1144-1162), durante le quali, Raimondo
Berengario 4° (1113-1162), affronta il conte di Saint Gilles e due grandi signori,
quelli di Fos e quelli di del Balzo (des Baux), da dove l’episodio trae il suo nome. Il
conte catalano finisce per trionfare dopo quattro grandi campagne e solamente
dopo aver assediato, preso e raso al suolo la fortezza, fino ad allora
inespugnabile, dei Baux.
La Provenza è per lungo tempo il pomo della discordia fra le potenze, che sono la
Contea di Tolosa ed la Contea di Barcellona, ma anche fra le repubbliche
marinare italiane di Genova e di Pisa ed ben presto il Regno d’Aragona, legato per
eredità ai Catalani. Infine, anche il Sacro Romano Impero Germanico, in quanto
erede del Regno di Borgogna, avanza pretese sulla sovranità provenzale e si
assiste, in tal contesto, all’incoronazione dell’imperatore Federico Barbarossa
(1122-1190) a Re di Arles nella primaziale di S. Trofimo nel 1178, dove il conte di
Provenza si rifiuta di assistere per non prestare omaggio di vassallaggio.
Raimond Berenguer poi Alfonso 2° il Casto (1157-1196), quello che viene
nominato conte-re, in quanto allo stesso tempo conte di Barcellona e di Provenza
e re d’Aragona (con il nome di Alfonso 2°), passerà il suo regno in lotta contro il
conte di Tolosa e contro i suoi propri vassalli provenzali. Esso riesce, alla fine, ad
imporre un saldo controllo sull’insieme del territorio verso il 1190 ed a firmare un
trattato di pace con la casata di Tolosa, mettendo fine, in tal modo, ad una lotta
più che secolare. L’autorità della casata di Barcellona sembra a quel punto
restaurata, tanto che Alfonso 1° può mettere in evidenza nuove ambizioni. Da un
lato, egli pone le basi della Contea di Forcalquier, che fino a quel momento era
stato l’alleato tradizionale del conte di Tolosa. Alfonso fa celebrare ad Aix en
Provence, nel 1193, le nozze di suo figlio con l’erede del titolo, la nipote del conte
Guglielmo 4° di Forcalquier (-1209, figlio di Bertrando 1° d’Urgell) (Trattato
d’Aix). Dall’altro, egli cerca di imporre il suo potere su Marsiglia, il cui comune
afferma un po’ troppo la sua indipendenza. Tuttavia, la città riuscirà a conservare
la sua autonomia ed il figlio di Alfonso 2° il Casto, Alfonso 2° Berengario (1195-
1209), dovrà lottare per tutto il suo regno per affermare le sue pretese su
Forcalquier.
E’ tradizionalmente al 1182 che viene fissata l’insediamento dei Conti di Provenza
ad Aix en Provence, facendo di tale località la loro nuova capitale, a detrimento
dell’antica preminenza di Arles. In questa decisione vengono formalizzate
concretamente le preoccupazioni dei conti di allora. La vecchia capitale
provenzale di Arles, di cui l’incoronazione di Federico Barbarossa fra le sue mura
serve a ricordare il collegamento nominale alla corona imperiale germanica, non
costituisce più una sede adeguata per un potere che si vuole indipendente da
qualsiasi sovranità. Inoltre, Arles inizia, verso il 1180, sotto la direzione dei suoi
consoli (magistratura esistente sin dal 1131), ad erigersi in repubblica sul modello
dei comuni italiani. Aix, cittadina media, non risulta agitata come la metropoli del
Rodano da lotte politiche fra cavalieri, arcivescovo e patriziato. Inoltre, Aix,
quasi all’incrocio delle antiche vie Aureliana (fra Arles e Nizza) e Domiziana (fra
Besançon e Nimes), sembra in posizione topografica perfetta per controllare la
movimentata città di Marsiglia, pur continuando a mantenere un occhio sulla
contea di Forcalquier e poter essere in condizioni di estendere la sua influenza
protettrice o di giustizia in direzione di Arles o della Liguria. Per di più, la città
si situa al centro di un dominio signorile che va dalla valle dell’Arc e dell’Argens,
dominio che appartiene direttamente ai conti ed il cui sostegno economico e
strategico risulta indispensabile alla politica di centralizzazione del 12° e 13°
secolo. Infine, per questa dinastia catalana - la cui sede rimane nella penisola
iberica, regione verso la quale essi non cessano di rientrare, dopo ogni campagna
provenzale - installare una nuova capitale in una vecchia città della Provenza,
antica sede arcivescovile, rappresenta il segno di un indurimento politico, la
ridefinizione, nell’ambito di una stessa linea, di due sfere d’influenza distinte: la
penisola iberica e la Provenza. In tal modo, piuttosto che dal 1182, occorrerebbe
datare l’inizio di questo insediamento di Aix al 1173, anno della nomina, da parte
di Alfonso 2° il Casto di un conte di Provenza distinto dal re, suo fratello
Raimondo Berengario 3° (1158-1181, conte dal 1173) o al 1178, anno dei primi atti
comitali emessi da Aix. Ma sarà solo con Alfonso 2°, ovvero a partire dalle sue
nozze del 1193, quindi dal suo accesso al potere nel 1196, che Aix acquisisce
tutta la sua statura di capitale comitale. Il nuovo sovrano, non avendo in feudo
che la contea provenzale (Barcellona e l’Aragona sono andati a suo fratello Pietro
2° d’Aragona, 1174-1213), ha tutto l’interesse a marcare la sua presenza
effettiva nella regione. Egli si insedia ad Aix e vi attira tutti i grandi trovatori
del tempo, che contribuiranno durevolmente ad insediare nell’immaginario
collettivo il fasto della corte comitale ed il prestigio del loro signore conte,
cavaliere e mecenate. Questa nuova importanza di Aix è peraltro rilevante nel
triste privilegio che la città ha di vedere i suoi dintorni devastati ed le sue mura
assediate, a partire dal 1199, in occasione delle lotte fra Alfonso 2° con il conte
di Forcalquier.
Guglielmo 4° ed Alfonso muoiono entrambi nel 1209 ed il figlio di quest’ultimo
diventa conte di Provenza e di Forcalquier, con il nome di Raimondo Berengario
4° (1198-1245). Le due contee risultano finalmente riunite e lo saranno per
passare quasi subito sotto un’altra dinastia.
In effetti, per la concomitanza della crociata contro gli eretici catari, i re
capetingi hanno iniziato, a partire dall’inizio del 13° secolo, la loro progressiva
annessione del sud, cominciando per rosicchiare la contea di Tolosa. Succederà la
stessa cosa con la Provenza che, senza essere annessa in un solo colpo, vedrà i
suoi legami con la corona iberica allentarsi progressivamente per essere attirata
sempre più decisamente nell’orbita francese. Un contratto matrimoniale
ufficializzerà questo scivolamento. Quando, nel 1245, muore Raimondo
Berengario 4° egli lascia solo quattro figlie che sono entrate nella leggenda
Margherita (1221-1295), Eleonora (1223-1291, Sancha (1225-1261) e Beatrice
(1234-1267).
La prima diviene, per effetto del suo matrimonio con Luigi 9° (1214-1270), regina
di Francia; la seconda regina d’Inghilterra per la sua unione con Enrico 3° (1207-
1272); la terza è solo moglie del conte Riccardo di Cornovaglia (1209-1272), ma
suo marito manca di poco l’elezione ad imperatore del Sacro Romano Impero
Germanico; infine l’ultima, Beatrice, ancora bambina alla morte di suo padre, si
vede dotata dell’eredità della contea di Provenza e di Forcalquier. Una tale dote
non lascia di certo indifferenti i Capetingi parigini ed il fratello del re di Francia,
Carlo (1226-1285), sposa l’ereditiera della contea nel 1246. Poco dopo, Luigi 9° lo
nomina conte d’Angiò e del Maine ed ecco dunque una coppia che viene a trovare
una propria lista di regali particolarmente ricca. Questa branca cadetta del
trono di Francia gli Angiò, non ha però terminato qui la sua straordinaria
ascensione.
I conti angioini della 1^ casata d’Angiò (1245-1388)
L’insediamento della casata d’Angiò ed, attraverso essa dei Capetingi, in Provenza
non avviene tuttavia senza difficoltà. L’ultimo conte di Tolosa, il re d’Aragona,
l’imperatore Federico 2° di Hohenstaufen o di Svevia (1194 - 1250) ed anche il
re d’Inghilterra fanno tutti obiezione, adducendo diritti sull’eredità, in quanto
vedono di cattivo occhio questa incursione capetingia nel mezzogiorno e nel
Mediterraneo. Opportunamente, il Papa, in conflitto con Federico 2°, sostiene il
re di Francia ed i suoi fratelli. Mentre Alfonso di Poitiers (1120-1271), altro
fratello di Luigi 9°, che si impadronisce, anche lui per matrimonio, dell’eredità
della contea di Tolosa, nel 1249, alla morte del suo ultimo conte, Carlo marcia
sulla Provenza.
La situazione in Provenza rimane tuttavia confusa per almeno 18 mesi. I
movimenti comunali che, per sbarazzarsi del potere dei vescovi, si esprimono
spesso in vere e proprie fiammate di anticlericalismo e la fronda degli
aristocratici locali, che, per mantenere la loro indipendenza di fronte ai Francesi
fanno riferimento a legittimità straniere (iberiche o imperiali), obbligano Carlo
d’Angiò a delle campagne ed a continui negoziati. Egli sarà costretto a domare i
focolai di ribellione, uno dopo l’altro nel 1251-1252 ed ancora nel 1262. Per di più,
la vita avventurosa e le bellicose ambizioni del nuovo conte di Provenza non
contribuiscono ad accelerare il ritorno all’ordine: nel 1248, egli accompagna la
crociata di suo fratello in Egitto ed, alla battaglia di Mansurah, nel 1250, viene
fatto prigioniero e quindi liberato a seguito del pagamento di un forte riscatto;
nel 1253-54 Carlo prende parte alla guerra di successione delle Fiandre; nel 1259
conduce campagna in Italia; nel 1262, infine si vede offrire dal Papa la corona del
Regno delle Due Sicilie (Napoli, Italia meridionale e Sicilia), con l’obiettivo, da
parte del pontefice di far scomparire la casata degli Hohenstaufen che vi regna.
Fra il 1266 ed il 1268, Carlo si impadronisce del regno e sopprime con brutalità
gli ultimi Hohenstaufen (fra cui Corradino di Svevia, 1252-1268). La sua
influenza in Italia si estende a macchia d’olio e le sue ambizioni lo orientano
verso l’Adriatico e l’Impero bizantino. Egli recupera, d’altronde, nel 1277, il titolo
di Re di Gerusalemme, prestigioso ma senza alcuna autorità effettiva.
Nel 1270 egli entra a far parte dell’ultima crociata di Luigi 9° a Tunisi, nel corso
della quale muore il re di Francia. Quando Carlo muore, a sua volta, nel 1285, dopo
aver sconvolto il mondo dell’epoca, egli ha quasi completamente perduto la Sicilia,
sollevatasi dal 1282 (a seguito dei moti dei Vespri Siciliani) ed è impegnato in una
guerra contro gli Aragonesi per il controllo dell’isola.
Carlo 1° è nondimeno riuscito ad assicurare il dominio su un impero mediterraneo.
In Provenza, i consolati locali vengono tutti aboliti, Marsiglia viene domata e le
entrate demaniali e le assemblee delle città risultano controllate da ufficiali
comitali. Tuttavia, lo shock culturale e politico di questa messa in riga non è stato
così profondo come molti storici del 19° e 20° secolo hanno voluto far credere, in
quanto il movimento di centralizzazione angioino in Provenza si inscrive
logicamente nella continuità della politica degli ultimi conti catalani.
Beatrice è morta nel 1267 e suo figlio, Carlo 2° d’Angiò (1267-1309) eredita
allora il titolo di conte di Provenza, prima di ricevere, alla morte di suo padre, i
resti dell’impero angioino. Egli accetta comunque la perdita definitiva della
Sicilia, di fronte all’Aragona, nel 1296, ma si aggrappa al suo trono di Napoli. Ma
gli Angioini non hanno rinunciato alle loro ambizioni mediterranee, poiché Carlo 2°
riesce ad insediare il suo nipote sul trono d’Ungheria, nel 1308 ed a far
riconoscere il suo potere nell’Italia del nord (Asti in particolare). Roberto 1° il
Saggio (1309-1343) si afferma come il più potente sovrano italiano e sembra
persino che la penisola possa essere unificata sotto la corona angioina.
Se la dinastia cede l’Angiò ed il Maine (passati ai Valois), la Provenza rimane
sotto il loro dominio e costituisce un elemento essenziale nel loro gioco
mediterraneo. Il conte di Provenza si vede aggiungere, in tale contesto, nel 1306,
la contea del Piemonte italiano ed anche se i conti-re (ad eccezione di Carlo 2°)
passano la maggior parte del loro tempo nella penisola, la loro capitale comitale
rimane ad Aix, a pari condizioni con la capitale reale di Napoli. Il dominio proprio
dei conti non cessa, d'altronde, di essere ringrandito e consolidato in Provenza,
attraverso acquisti o scambi di territori e castelli per poter migliorare la loro
posizione strategica. Nonostante una tendenza monarchica e centralizzatrice
molto marcata sotto il regno di Roberto 1°, che dispone che gli affari vengano
esaminati alla corte di Napoli, un Consiglio Reale, formato da giureconsulti e da
ufficiali principali del paese, siede in permanenza ad Aix ed assiste il Siniscalco,
una specie di Vice re in Provenza. Una camera dei conti gli viene aggiunta nel
1288 e comincia ad assumere la sua autonomia fra il 1297 ed il 1315.
La dinastia degli Angioini raggiunge il culmine della sua potenza agli inizi del 14°
secolo, avendo trovato definitivamente il suo carattere reale. Questa dinastia,
può, inoltre, reclamare una discendenza illustre con Luigi 9° di Francia, fratello
del fondatore della dinastia e canonizzato santo nel 1297, o con Luigi, figlio di
Carlo 2°, diventato frate francescano e quindi vescovo di Tolosa e canonizzato
nel 1317 sotto il nome di S. Luigi d’Angiò da Tolosa (1274-97). La pietà degli
Angioini viene celebrata e riconosciuta, poiché nel 1279, le ricerche che Carlo 2°
fa effettuare “per ispirazione divina”, a Saint Maximin, si concludono con
l’invenzione del corpo di Maria Maddalena. Il Papa autentica le sante reliquie,
promulga delle lettere di indulgenza per i pellegrini ed accorda al conte il potere
di insediare di domenicani nel massiccio della Sainte Baume, sulla grotta di
penitenza della santa a partire dal 1295.
I Papi, che erano fuggiti nel 1304 dall’agitazione politica di Roma, in preda ad una
lotta fra casate locali, si insediano, a partire dal 1316, ad Avignone, vale a dire in
una città vicina ai loro possedimenti (il Contado Venassino era stato ceduto ai
pontefici nel 1274), ma in terra angioina. Questa situazione privilegiata pone il
Papato sotto la doppia protezione degli Angioini, che, dal 13° secolo, si
riconoscono come fedeli vassalli del Pontefice e del re di Francia, il cui regno ha
inizio immediatamente dall’altro lato del Reno. Facendo Avignone un grande
metropoli ed il cuore del cristianesimo occidentale, i papi contribuiscono a
rimettere la Provenza nel cuore dello scacchiere europeo.
Il crepuscolo degli Angioini (1343-1388) e la seconda dinastia degli Angiò-
Valois (1388-1481)
Roberto si era impadronito del potere a danno e disprezzo dei diritti di suo
nipote, Caroberto d’Ungheria (1288-1342), ma egli è costretto ad assistere alla
morte dei suoi eredi maschi. Al fine di evitare delle contestazioni circa la
successione di sua nipote Giovanna d’Angiò, egli provvede a sposarla, a 8 anni, a
suo cugino Andrea d’Ungheria (1327-1345), figlio di Caroberto. Ma Giovanna 1^
d’Angiò (1326-1382) dirige maldestramente il regno e fa dividere la corte di
Napoli in due fazioni rivali. Il misterioso assassinio di Andrea, strangolato nel
1345, provoca la crisi. Giovanna viene accusata di avervi preso parte, tanto più
che la donna si affretta a sposare il presunto assassino l’anno seguente. Il re
d’Ungheria, fratello d’Andrea, attacca immediatamente il regno di Napoli e
Giovanna è costretta a fuggire in Provenza nel 1348. Accolta calorosamente dai
suoi sudditi marsigliesi, la regina ha la sorpresa di essere trattata diversamente
nella sua capitale di Aix: appena arrivata, sebbene circondata da un rispetto
formale la donna viene trattenuta prigioniera. Il suo seguito, specialmente quello
italiano, viene arrestato. In effetti, i grandi baroni provenzali e gli abitanti di
Aix vogliono ottenere dalla donna l’assicurazione che non installerà funzionari
napoletani nei posti di responsabilità e che manterrà la Provenza indipendente. La
regina verrà liberata nel giro di due mesi, dopo aver ricevuto il suo giuramento.
Giovanna si reca, a quel punto, ad Avignone, dove il Papa accetta di discolparla
dell’assassinio del marito, in cambio del possesso pieno ed intero di Avignone,
che viene acquistato per 80 mila fiorini. Vendendo ai Provenzali diritti e
privilegi, Giovanna riesce, a quel punto, a finanziare una ripresa della guerra
contro gli Ungheresi che si conclude alla fine con un trattato di pace nel 1352,
ma, in ogni caso, il potere reale uscirà molto indebolito da questo episodio.
In tale contesto i disordini del regno non si arrestano. Nel 1357 avviene la rivolta
des Baux (del Balzo) e l’invasione delle grandi compagnie di ventura, che
impongono dei riscatti alle città. Nel 1368, per opporsi alle ambizioni dei principi
inglesi che rivendicano la contea di Provenza in nome della loro antenata Eleonora
di Provenza, sorella di Beatrice, Luigi d’Angiò Valois (1377-1417), fratello del
re di Francia, fa valere anch’egli i suoi diritti in quanto discendente di un’altra
sorella Margherita. Riunendo intorno a lui le grandi compagnie, che in tal modo
allontana dal regno di Francia, egli entra in Provenza e devasta il paese.
Tarascona viene conquistata, mentre Aix ed Aigues Mortes vengono assediate.
Luigi viene alla fine respinto da una reazione generale delle città provenzali, ma
questa reazione mette in evidenza anche quanto il paese è abbandonato a sé
stesso. Dopo questi avvenimenti, Giovanna può vivere pacificamente a Napoli
qualche anno e, nonostante due altri matrimoni, la donna non riesce a dare un
erede al regno.
Il grande scisma d’occidente, nel 1378, costituisce l’occasione per riprendere le
ostilità. Mentre Giovanna sostiene il papa di Avignone, Clemente 6° (1291-1352),
il papa di Roma, Urbano 6° (1318-1389), aizza contro di lei una coalizione ed un
concorrente nella persona di Carlo di Durazzo o Carlo 3° di Napoli (1345-
1386), nipote di Giovanna, che la donna aveva imprudentemente designato come
suo erede, prima di litigare con lui. Giovanna a quel punto effettua un volta faccia
ed adotta, nel 1380, Luigi d’Angiò, predetto, per farne il suo protettore. Tuttavia
Luigi non ha nemmeno il tempo di mettersi in marcia che Carlo di Durazzo ha già
investito il regno di Napoli, nel 1381, facendo giustiziare Giovanna l’anno
seguente.
Il bilancio disastroso del regno della ultima angioina rende tanto più incredibile la
leggenda, tutta provenzale della “buona regina Giovanna”, associata d’altronde,
spesso anacronisticamente al “buon re Renato”.
Il numero di costruzioni falsamente attribuite a Giovanna in Provenza deriva
indubbiamente dal suo esilio fra il 1348 ed il 1352. La sua vita romanzesca, le sue
disgrazie, l’indignazione che ha suscitato il suo assassinio, un vago sentimento
anti francese contro Luigi della casa di Valois, contribuiscono senza dubbio a
fare di questa ultima rappresentante della 1^ casata d’Angiò un personaggio
idoneo a perdere la sua realtà a beneficio di una immagine leggendaria.
Mentre la notizia della sua morte non è ancora giunta in Provenza, vi viene
formata una lega per la regina e la patria, l’Unione di Aix, ma una volta
conosciuto il decesso, la Provenza si divide fra partigiani di Luigi di Valois,
sostenuto da Apt e Marsiglia e partigiani di Carlo di Durazzo, nel cui campo si
schiera paradossalmente l’Unione d’Aix, insieme a Nizza e Tarascona. Questa
adesione ai Durazzo è dovuta in gran parte all’ostilità che provano queste città
per Luigi, il nemico di ieri. I partigiani di Luigi, aiutati dal re di Francia, assediano
Aix. Ma nel 1384, Luigi di Valois, che guida allora una campagna dalle parti di
Napoli, muore improvvisamente. Sua moglie, Maria di Blois (1345-1404), arriva
con il suo erede Luigi o Ludovico 2° d’Angiò Valois (1384-1417), ad Avignone, da
dove continua la guerra. La donna ottiene progressivamente l’adesione delle città
provenzali e la morte di Carlo di Durazzo, nel 1386, accelera tale processo. Aix
apre, a quel punto, le sue porte a Luigi 2° nel 1387, mentre Nizza, rimasta da
sola nella lotta a sostenere i Durazzo, si affida nel 1388 al Conte di Savoia.
L’insediamento di Luigi 2° non fa cessare i disordini e la reggente Maria di Blois,
è costretta a condurre contro un capitano di ventura, Raimondo di Turenna
(morto nel 1399), le spossanti guerre del Valentinois dal 1386 al 1400 e la
Provenza viene nuovamente messa a sacco. Un po’ più tardi, i tentativi della nuova
casa d’Angiò di riprendere il trono di Napoli, sotto Luigi 2° (1384-1417) e Luigi
3° (1417-1434) provocano una guerra navale durevole con il re d’Aragona, che
rovina il commercio marittimo provenzale. Questo episodio culmina con il colpo di
mano di una flotta catalana, nel 1423, che riesce a forzare il porto di Marsiglia,
mettendo a sacco la città, per tre giorni e tre notti. Testimonianza di tale evento
sono le catene di ferro che chiudevano l’entrata del vecchio porto, riportate
indietro come trofeo e tuttora visibili nella cattedrale di Valencia, in Spagna.
Queste agitazioni, quasi incessanti per circa mezzo secolo, alimentate da quelli
che regnano in Francia durante la guerra dei 100 anni (1337-1453), risultano
tanto più dolorose proprio per il fatto che, nello stesso momento, l’Europa viene
colpita dalla Peste Nera che elimina quasi la metà della popolazione. La Provenza
viene spazzata dal flagello fra il 1346 ed il 1351, flagello che si ripresenterà
regolarmente fino alla fine del 15° secolo. Il paese che aveva già mostrato segni
di stagnazione demografica ed un indebolimento della sua influenza sotto il regno
degli ultimi Angioini, esce esausto da questo lungo periodo di disordini. Più del
40% delle località provenzali che esistevano agli inizi del 14° secolo risultano
scomparse alla fine del 15° secolo. Senza una immigrazione costante verso le
città come Aix ed Arles, nel corso del 15° secolo, di origine inizialmente
provenzale, venute dall’Alta Provenza o dal Var, quindi di provenienza italiana, le
città avrebbero conosciuto un totale sfinimento. Malgrado tutto la ripresa
demografica non si farà sentire prima degli inizi del 16° secolo ed essa sarà
favorita dalle attività commerciali di Jacques Coeur (1395-1456), grande
argentiere del re di Francia. E’ alla fine di questo periodo di disordini che
Renato d’Angiò Valois (1434-1480) accede al trono, colui che la leggenda ha
denominato “il buon re Renato”. Nei fatti, questo regno risulta politicamente
molto discutibile, anche se darà alla Provenza l’occasione di rioccupare un ruolo
eminente nella politica degli Stati occidentali poco prima di diventare francese.
Di lui Shakespeare dirà nel suo Enrico 6°: “Re misero, senza sudditi, senza
fortuna e senza corona” che “porta il titolo di re di Napoli, delle Due Sicilie e di
Gerusalemme, sebbene che sia più povero di un contadino inglese”.
Renato d’Angiò Valois
Secondo figlio di Luigi 2° (1384-1417), Renato d’Angiò Valois (1409-1480) è
inizialmente un semplice erede della contea di Guisa, ma sua madre,
l’intraprendente Yolanda o Violante d’Aragona (1384-1443), così influente alla
corte di Francia, gli fa ottenere in eredità il ducato di Bar nel 1420 e la Lorena
per mezzo del suo matrimonio con Isabella di Lorena, nel 1431. Ma le sue diverse
eredità risultano contestate. Dal 1424 al 1431, egli conduce della campagne per
assicurasi dei suoi domini, ma, fatto prigioniero dal duca di Borgogna, egli è
costretto a pagare un forte riscatto che appesantisce notevolmente le sue
finanze. Il riscatto è tanto più pesante per il fatto che Renato, alla morte di suo
fratello, Luigi 3° d’Angiò Valois (1403- 1417-1434), diventa conte di Provenza e
d’Angiò e quindi re di Napoli nel 1435. Egli può raggiungere, solo nel 1438, il suo
trono a Napoli, che la sua sposa Isabella tiene con grande difficoltà in sua
assenza. Nonostante qualche vittoria, egli è costretto ad abbandonare Napoli di
fronte al re d’Aragona nel 1442, pur continuando a mantenere il titolo di “re di
Gerusalemme e di Sicilia”. Dal 1443 al 1446, egli sostiene suo cognato, il Carlo 7°
di Francia, in occasione della riconquista della Francia contro gli Inglesi e riesce
a quel punto a cancellare il suo enorme debito.
E’ a partire dal 1447 che Renato, che aveva fatto solo qualche soggiorno nel
paese fra due successive campagne, decide di fare della Provenza il suo paese
d’elezione. Nel 1448, inserendosi nel solco dei primi Angioini, fa precedere a
Saintes Maries de la Mer, nella chiesa di Notre Dame de la Mer, all’elevazione (2)
delle reliquie di Maria Jacobé e Sarah, le sante donne ed il loro seguito che
avevano accompagnato, secondo la leggenda provenzale, Maria Maddalena. Questa
volontà di continuare a definire la Provenza secondo una geografia sacra
dimostra ampiamente l’interesse del conte per la regione. E’ pur vero che,
esausto finanziariamente dalle guerre di Napoli e le spese suntuarie, i suoi altri
feudi risultavano o indebitati o rovinati dalla guerra contro l’Inghilterra, sia
occupati dagli Inglesi. Solo la Provenza rimane l’unico territorio da cui trarre
delle entrate. In effetti, Renato ha bisogno di denaro per poter pagare i debiti
delle sue guerre, sia anche per continuare ad apparire ciò che deve essere: un
principe del suo tempo, prodigo e cortese. Egli si insedia a Tarascona e vi celebra
un magnifico torneo, nel 1449, denominato “il passo della Pastora (Bergere)”.
Nel frattempo, nel 1453, Renato perde sua moglie, Isabella di Lorena ed affida
l’eredità del ducato di Lorena a suo figlio Giovanni, nel momento stesso in cui la
situazione politica in Italia rianima le ambizioni napoletane. Tuttavia egli non
riuscirà, né a riprendere il trono di Napoli, né il trono d’Aragona, che gli viene
proposto nel 1458. Renato, con la sua seconda moglie, Giovanna di Laval, risiede
sia in Angiò che in Provenza, i soli feudi che gli rimangono di sua proprietà. Ma i
soggiorni in Provenza sono sempre più lunghi e finalmente, la coppia si insedia
definitivamente ad Aix nel 1472, dove fa trasferire le sue collezioni d’Angiò e
dove manterrà una corte brillante, che farà la sua reputazione di “buon re”.
Tuttavia la tassazione si accresce sotto il regno di Renato, la cui politica,
diplomazia e rappresentazione del potere costano molto cari. La tassazione
imposta in funzione della popolazione non risulta sufficiente a fronteggiare le
spese e nel 1441 egli è costretto ad imporre un diritto di dogana (del 6,66%)
sulle importazioni ed esportazioni. La tassa risulta così impopolare che il conte
accetta, l’anno seguente, di revocarla in cambio di una tassa “una tantum” da
parte delle città. Anche la comunità ebrea, da sempre protetta dagli Angioini,
certamente per ragioni finanziarie, viene sottoposta ad una “taglia” speciale ed a
frequenti richieste di “doni”.
La cessione alla Francia
Nel 1474, essendo nel frattempo morto suo figlio Giovanni, Renato redige il suo
testamento, che attribuisce la Provenza e l’Angiò a suo nipote Carlo 5° del
Maine (1436-1481, figlio di suo fratello Carlo 4° Angiò Maine, 1414-1472) ed il
ducato di Bar al figlio di sua figlia Iolanda (1428-1483) e di Federico 2°, conte
de Vaudémont (1420 – 1480), Renato 2° di Angiò duca Lorena Vaudemont
(1451-1508). Il re di Francia, Luigi 11° (1423-1483), che può pretendere
all’eredità dell’Angiò per parte di madre, è furioso e confisca l’Angiò. Dopo
trattative diplomatiche, Renato glielo cede a condizioni che Carlo erediti la
Provenza. Il buon re Renato d’Angiò Valois muore nel 1480 ed il suo corpo viene
portato, secondo le sue volontà ad Angers, nella sua antica capitale. I cittadini di
Aix si opporranno a questa decisione, ma il trasporto della salma viene
effettuato ugualmente di notte nascosto in un cassone per vestiti ed in questo
modo il “buon re Renato” esce per l’ultima volta dalla sua capitale provenzale.
L’accessione alla contea di Provenza da parte di Carlo 5° d’Angiò Maine, ovvero
Carlo 3° di Provenza (1480-1481) avviene con difficoltà, in quanto Renato 2° di
Angiò Lorena-Vaudemont contesta tale diritto. Luigi 11° di Francia arbitra
intelligentemente il conflitto: egli decide in favore di Carlo 3° … cagionevole di
salute e che per di più non ha eredi. Luigi di Francia prepara, in tal modo, la
strada per la sua futura successione. In effetti, Carlo 3° muore l’anno seguente,
l’11 dicembre 1481, dopo aver nominato il re di Francia suo erede. Gli Stati di
Provenza, riuniti ad Aix il 15 gennaio 1482 ricorderanno al rappresentante del re
che egli vanta dei diritti sul paese solamente in virtù del titolo di “conte di
Provenza” e che deve, per ricevere la garanzia di fedeltà dei suoi sudditi,
confermare tutti i privilegi concessi dai vecchi conti, come anche le istituzioni ed
il sistema giudiziario. Da ultimo egli deve promettere che le cariche verranno
conservati ai Provenzali. Una volta siglato questo accordo, impropriamente
denominato “costituzione provenzale”, la Provenza può diventare uno Stato del
regno di Francia.
NOTE
(1) a Bosone 1° di Provenza (844-887) succede Ludovico 3° il Cieco (882-928);
a quest’ultimo succede Ugo 1° di Tebaldo, conte d’Arles (880-947), re d‘Italia;
successore in Provenza di Ugo 1° è Bosone 2° d’Arles (915-968), figlio di
Rotboldo o Ruboldo 1° di Bosone 1° di Provenza (morto nel 950): A quest’ultimo
succede Guglielmo 1° il Liberatore, conte di Provenza dal 968 al 979 e quindi
suo fratello Rotboldo 2° conte e marchese di Provenza (morto nel 1008), che
sposa Emilde di Gevaudan. Il figlio di questi Ruboldo 3° gli succede nel 1008
fino alla morte, avvenuta nel 1015, ed a questi subentra poi nel 1015, il figlio
Gugliemo 3°, marchese di Provenza, che rimane in carica fino al 1037.
La figlia di Guglielmo, Emma (980-1062) succede al padre nel titolo di marchesa
di Provenza nel 1037, si sposa con Pons 2° di Tolosa (997-1060) e trasmette il
titolo di marchese di Provenza al figlio Bertrando 1° di Tolosa (998-1062), a
sua volta trasmesso a Guglielmo 4° di Tolosa (morto nel 1088).
(2) Di seguito la genealogia dei Conti di Barcellona:
Goffredo il Villoso o l’Irsuto (840-897), dall’878;
Goffredo Borrell di Goffredo (-911), dall’897
Sunyer di Goffredo (-954);
Mirò di Sunyer (-966)
Borrell di Sunyer (-993)
Raimondo Borrell (-1017)
Berengario Raimondo 1° (1000-1035)
Raimondo Berengario 1° (Berenguer) il Vecchio (1023-1076)
Raimondo Berengario 2° (Berenguer) detto Testa di stoppia (1054-1082)
dal 1076 al 1082
Berengario Raimondo 2° di Reimondo Berengario, il Fretricida (1054-
1097) dal 1076 al 1097
Raimondo Berengario 3° il Grande (1082-1131) dal 1082 al 1131;
Raimondo Berengario 4° il Santo (1113-1162) dal 1131 al 1162;
Raimondo Berengario o Alfonso 2° il Casto (1157-1196) dal 1162 al 1196
Alfonso 2° Berengario di Provenza (1180-1209) conte di Provenza dal 1195
Il titolo di conte di Barcellona passa dal 1162 nella Casa d’Aragona
BIBLIOGRAFIA
Aurell M., Boyer J. P., Coulet N., “La Provence au Moyen Age”, Aix en
Provence, Université de Provence, 2005;
Coulet N., Planche A., Robin F., “Le roi René. Le prince, le mecène, l’ecrivain,
le mythe.”, Aix en Provence, Edisud, 1982;
Robin F., “La Cour d’Anjou-Provence, la vie artistique sous le regne de René”,
Paris, Picard, 1985.