1919, DISTRUZIONE DELLA MITTELEUROPA
(Pubblicato sul n. 280, ottobre 2020, della Rivista Informatica “Storia in
Network” - www.storiain.net con il titolo “LA FINE DELLA MITTELEUROPA:
LA STORIA SCAPPATA DI MANO”)
E’ passato da poco il 100° anniversario della firma dei Trattati del 1919,
come anche l’80° anniversario di una nuova guerra iniziata 20 anni dopo. Una
breve indagine per capire come sono stato preparati i trattati. Fino al 1916
la fine dell’Impero asburgico e di quello tedesco non era tra gli obiettivi di
guerra dell’Intesa. Ma la posizione francese si fece progressivamente
sempre più intransigente, mentre Benes e Masarik aumentavano le pressioni
su Londra e Washington …
E’ trascorso da poco il 100° anniversario della firma dei Trattati che hanno
deciso la sorte della Mitteleuropea alla fine della 1^ Guerra Mondiale. Ma nel
2019 è passato anche l’80° anniversario dello scoppio della 2^ Guerra Mondiale. Il
periodo eccezionalmente corto che separa i due avvenimenti, appena 20 anni,
appena il tempo di una generazione, ci pone alcuni interrogativi. Sarebbe assurdo
negare che possono essere esistiti legami fra i trattati del 1919-20 e lo scoppio
del 2° Conflitto Mondiale. Pace ingiusta ? Pace frettolosa e malfatta ? Pace
sviata dai principi, in nome del quale gli uomini si erano battuti ? Alla nostra
generazione cercare di spiegarne le cause e le ragioni !
Dal settembre 1914, al Foreign Office ed al Quai d’Orsay, diplomatici ed esperti
hanno cominciato a lavorare sulle condizioni di una pace futura e sugli obiettivi da
conseguire.
L’avvenire della Germania
Fino al 1916 la questione tedesca è stata il principale argomento di discussioni. La
Francia era la maggiore interessata ed il governo britannico non trova alcun
inconveniente a lasciare alla diplomazia francese la cura di preparare il futuro
regolamento della pace con la Germania. Per Londra la preoccupazione essenziale
era quella di ristabilire l’equilibrio europeo a danno delle potenze centrali. A
Parigi la cosa risultava più complicata. Il lavoro dei diplomatici si svolgeva in un
contesto in cui prevalevano gli aspetti emozionali ed irrazionali. Una parte
importante delle elites francesi e la maggior parte dei capi militari e degli uomini
politici provavano un profondo sentimento di avversione e di odio nei confronti
della Germania e dei Tedeschi. Prevaleva in tali ambienti la convinzione che si
doveva farla finita con il pericolo tedesco e pertanto niente di strano se anche
nei diplomatici incaricati dell’affare tedesco esisteva un clima di odio contro il
nemico storico della Francia !
Indubbiamente nei progetti di pace, ci sono sempre degli obiettivi coerenti con il
diritto e la giustizia, come il recupero dell’Alsazia-Lorena, il ristabilimento
dell’indipendenza del Belgio e della Serbia, con il corollario di un accesso al mare
per quest’ultima. Ma si vuole ben altro ! Sin dall’inizio la diplomazia francese,
all’insaputa dei Britannici, reclama la fissazione della frontiera occidentale
tedesca sul Reno, l’annessione alla Francia, sotto una forma da definire, dei
territori in riva sinistra del Reno, o, al minimo il loro distacco dalla Germania per
farne uno o più stati autonomi: la Saar, nel particolare, per ragioni storiche,
dovrà tornare francese, come lo era stata prima del 1815.
E’ chiaro che questi obiettivi erano ben lungi dall’essere condivisi dall’alleato
inglese. Per contro la convenzione segreta franco-russa del 14 febbraio 1917
prevedeva l’annessione della Saar da parte della Francia ed il distacco dalla
Germania degli altri territori della riva sinistra del Reno. Questi obiettivi di
guerra sono stati mantenuti fino al termine dei lavori della conferenza di pace.
La questione austro-ungherese
Fino al 1916, né la Francia, né il Regno Unito avevano in mente la scomparsa
dell’Impero Austro-ungarico che, agli della maggior parte dei diplomatici,
rappresentava un fattore di stabilità al centro dell’Europa. L’entrata in guerra
dell’Italia nel 1915 e della Romania nel 1916 porta i paesi dell’Intesa ad
interessarsi dell’avvenire della Doppia Monarchia, tanto più che le promesse
fatte a questi nuovi alleati riguardavano proprio dei territori del predetto
impero. Da quel momento a Londra, come a Parigi, si comincia a prendere in conto
seriamente le rivendicazioni dei rappresentanti dell’emigrazione ceca, Tomas
Masarik ed Edvard Benes. Questi avevano come obiettivo l’indipendenza dei
Cechi della Boemia, sudditi austriaci e la loro unione con i vicini Slovacchi, sudditi
dell’Ungheria.
Masarik e Benes riescono a portare dalla loro parte delle persone influenti. A
Londra Masarik ottiene il sostegno dello storico degli Slavi, Robert William
Seton-Watson e del redattore capo dell’influente giornale del Time, Wickham
Steed. A Parigi Benes, al quale la giornalista Luisa Weiss aveva fatto conoscere
Milan Stefanik, uno slovacco favorevole all’unione con i Cechi, che aveva delle
entrature al Quai d’Orsay; egli vi godeva del sostegno di un diplomatico di alto
rango, Philippe Berthelot e dei suoi aiutanti, Jules Laroche e Pierre de
Margerie. Benes era anche in relazione con dei giornalisti influenti come André
Tardieu del Temps e Jules Sauerwein del Matin, dei giornali diventati molto
critici nei confronti dell’Austria-Ungheria, specie dopo che tali giornali avevano
cominciato a ricevere dei sussidi da parte dei governi russo e serbo. Benes e
Masarik godono del sostegno incondizionato delle logge massoniche per le quali la
monarchia asburgico, stato clericale e conservatore e “prigione dei popoli”,
rappresentava il male assoluto. Curiosa prigione dei popoli che accoglieva dalla
fine del 19° secolo migliaia di ebrei che fuggivano dai pogrom della Romania e
della Russia ed anche numerosi Polacchi che rifiutavano l’oppressione russa.
La prima vittoria di Benes e di Masarik è rappresentata dalla nota del 10 gennaio
1917 indirizzata al presidente USA Wilson nel quale vi si comunicava che uno
degli obiettivi della guerra dell’Intesa era quello di “liberare dalla dominazione
austro-ungarica le popolazioni slave, italiane e rumene”. Dopo la defezione della
Russia, nell’ottobre 1917, l’Intesa aggiunge ai suoi obiettivi di guerra la
restaurazione dello stato polacco che, Potenze centrali, da sole fino a quel
momento, avevano già pensato di mettere in atto. L’arrivo al potere in Francia,
nel novembre 1917, di Clemenceau, preceduto dal rifiuto franco-italiano di dare
seguito alle proposizioni di pace separata avanzata dall’imperatore Carlo
d’Asburgo, indicano chiaramente che la Francia e l’Italia avevano già seriamente
preso in considerazione lo smembramento dell’Austria-Ungheria. Tutto questo
viene confermato in occasione del Congresso delle nazionalità oppresse che si
tiene a Roma dall’8 al 10 aprile 1918, sotto l’egida dei governi italiano e francese.
Vi viene riaffermato il diritto delle nazionalità all’indipendenza politica ed
economica e l’incompatibilità di questo diritto con la monarchia degli Asburgo. Un
mese più tardi, gli alleati riconoscono il Comitato nazionale cecoslovacco come
governo legittimo di una Cecoslovacchia che ancora esiste solo sulla carta. Il 5
giugno seguente essi riconoscono in anticipo l’indipendenza della Polonia. In tal
modo, già dall’estate del 1918 la sorte dell’Impero austro-ungarico è
definitivamente segnata.
Il ruolo di Wilson
L’entrata in guerra degli USA, nell’aprile 1917, complica in qualche modo,
perlomeno agli inizi, il problema degli obiettivi di guerra delle “potenze alleate ed
associate”. Wilson, in linea di massima, provava poca simpatia per le monarchie.
La caduta dei Romanov non l’aveva minimamente emozionato e molti sanno bene
che le banche americane avevano sostenuto finanziariamente i rivoluzionari russi.
Per Wilson, la vittoria delle potenze dell’Intesa doveva necessariamente passare
attraverso l’eliminazione delle monarchie dell’Europa centrale, sia quella degli
Hohenzollern, come quella degli Asburgo, fatto preliminare alla
democratizzazione della Mitteleuropea.
Ecco quindi una concezione ideologica della guerra, abbastanza vicina, d’altronde,
a quella di Clemenceau, che nutriva un odio implacabile verso gli Asburgo. Wilson,
nei suoi 14 punti del 10 giugno 1918, riprende per sé, più o meno con qualche
piccolo dettaglio, gli obiettivi di guerra dell’Intesa e sull’Austria-Ungheria appare
più moderato. I punti 10, 11 e 13 raccomandavano uno “sviluppo autonomo” per i
popoli dell’Austria-Ungheria, la ricostituzione di uno stato serbo con un accesso
al mare e la creazione di una Polonia costituita da territori indiscutibilmente
polacchi, ma con un accesso al mare. C’era abbastanza da rassicurare le potenze
centrali. Tuttavia, l’atteggiamento di Wilson subisce una evoluzione: sotto
l’influenza di sua moglie, che aveva ascendenze cecoslovacche, egli si allinea alle
decisioni del Congresso di Roma. Per contro, Wilson immagina una nuova
concezione dei rapporti fra le nazioni. Egli propone la creazione a Ginevra della
Società Delle Nazioni (SDN), garante della pace, in cui le dispute fra gli stati
sarebbero state regolate per arbitraggio, nel contesto di un sistemo di sicurezza
collettiva. Ma tutto questo faceva parte di un programma che mal si inquadrava
con le idee di Clemenceau sulla pace a venire.
BIBLIOGRAFIA
Bernardini Giovanni, Parigi 1919. La Conferenza di pace, Bologna, Il Mulino, 2019.
Fejtő François, Requiem per un impero defunto. La dissoluzione del mondo
austro-ungarico, Milano, Mondadori, 1991.
Roshwald Aviel, Ethnic Nationalism and the Fall of Empires: Central Europe, the
Middle East and Russia, 1914-23, Routledge, 2002.