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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

Una vita di ricerche per conoscere chi sono.

  

1919: L'EUROPA ANCORA IN FIAMME

Legioni rosse, terrore bianco e corpi franchi: le trincee della Grande Guerra si svuotano ma nel Vecchio Continente le profonde divisioni ideologiche e i contrasti sociali generano un nuovo tipo di conflitto. Una "guerra civile" figlia delle rivalità tra comunismo, fascismo e capitalismo.

L'11 novembre 1918 non riportò immediatamente la pace in tutto il Vecchio Continente, devastato da oltre quattro anni di sanguinoso conflitto. Il 1919 risuona ancora del rumore delle armi al di là del Reno. 
Dal mese di novembre la Germania è scossa dalla rivoluzione. Il 9, a Berlino, mentre dal balcone del Reichstag il socialdemocratico Scheidemann proclama la repubblica tedesca, all'altro capo della città Karl Liebknecht, capo della minoranza pacifista appena uscito di prigione - escluso dal SPD nel 1917 e aggregatosi all'USPD, il partito socialdemocratico indipendente - annuncia dal balcone del castello imperiale la repubblica socialista. 
La rivoluzione russa aveva dato un impulso agli "spartachisti" (Liebknecht firmava le sue "Lettere politiche" come Spartacus) che propugnavano la rivoluzione in Germania. «Il giorno che Marx e il suo amico hanno desiderato con tutto il loro cuore per tutta la vita è alla fine arrivato», spiegano i volantini distribuiti nella capitale. Nell'autunno del 1918, vengono scatenati scioperi massicci e una serie di ammutinamenti scoppiano tra le file della Marina. All'inizio di novembre, a seguito di una manifestazione, si costituisce a Kiel un consiglio di marinai, alla stregua dei soviet russi. L'insurrezione è contagiosa e la bandiera rossa viene sventolata in diverse città tedesche. 

A Berlino in sciopero il governo di Maximilian del Baden lascia il posto al socialdemocratico Friedrich Ebert, dopo l'abdicazione di Guglielmo II di Hohenzollern, 
La socialdemocrazia tedesca risulta però divisa. La maggioranza del partito desidera l'elezione di un'assemblea costituente, mentre l'estrema sinistra, dominata dagli spartachisti, esige l'elezione dei consigli degli operai e dei soldati, «sui quali riposeranno esclusivamente il potere legislativo, esecutivo, l'amministrazione di tutte le installazioni sociali, delle banche e di tutti gli altri beni pubblici». 
L'USPD è diviso: i moderati Haase, Bernstein, Kautsky, ostili agli spartachisti, non vogliono cedere alle pressioni della strada, ma l'ala sinistra degli indipendenti con Ledebour reclama anch'essa l'istituzione dei consigli. Il 30 dicembre 1918 viene fondato il Partito Comunista, il KPD(S): la S esplicita l'origine spartachista del nuovo partito. 
Il dramma esplode nel gennaio 1919, allorché, a seguito di uno sciopero e di alcune manifestazioni, sembra ormai giunta l'ora dell'insurrezione. Questo però non è l'avviso di Rosa Luxemburg né quello di Karl Radek, arrivati da Mosca in missione clandestina: i due attivisti richiamano Liebknecht, molto esaltato, alla prudenza. Tuttavia, a seguito della revoca del prefetto di polizia Emil Heichhorn, personaggio favorevole all'estrema sinistra, gli spartachisti e i loro alleati aderiscono alle manifestazioni che diventano delle vere e proprie prove di forza. Gustav Noske, ministro socialdemocratico della Reichswehr, schiaccia nel giro di pochi giorni l'insurrezione. 
A tal fine Ebert e il ministro si appoggiano sui Corpi Franchi, unità derivate dall'esercito regolare, costituite intorno a dei capi di guerra e fortemente intrise di spirito contro-rivoluzionario. Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, arrestati il 15 gennaio, vengono assassinati dai soldati nel corso del trasferimento in prigione. L'ordine regna ormai sovrano a Berlino. Nelle elezioni che seguono, l'SPD trionfa: passa da 4.250.000 voti del 1913 a 11.500.000, mentre l'USPD ottiene solamente 213.000 suffragi. 
Tuttavia gli scioperi e i disordini rivoluzionari non finiscono. Il 7 aprile 1919 viene proclamata a Monaco una repubblica dei consigli, che sopravvive per tre settimane. I Corpi Franchi continueranno a combattere gli ultimi focolai bolscevichi ancora per un certo tempo. 

Più ad est, il vecchio Impero Austro-ungarico è andato in pezzi sotto la spinta delle rivendicazioni armate delle nazionalità. In Ungheria, le motivazioni nazionali si alleano alle parole d'ordine della rivoluzione sociale. Nell'attesa dei trattati di pace, le diverse nazionalità dell'Europa centrale tentano di allargare al massimo le loro frontiere. Gli Ungheresi, sconfitti, vengono sottoposti agli attacchi degli Slovacchi, dei Serbi e dei Romeni e sono costretti a concedere importanti territori. Il 21 marzo 1919 a Budapest viene proclamata una repubblica di stampo bolscevico, la repubblica dei consigli, sotto la presidenza di Bela Kun. Kun riesce a mantenersi al potere per centotredici giorni, sforzandosi di mettere in atto la dittatura del proletariato secondo il modello leninista. Egli però deve affrontare simultaneamente le forze contro-rivoluzionarie e la guerra all'esterno contro i Romeni e i Cechi. La sorte delle armi, inizialmente favorevole alle "legioni rosse", volge in favore dei loro nemici. Bela Kun fugge a Vienna il 1° agosto, da dove si porterà poi in Russia. L'Ungheria, dopo l'evacuazione del territorio da parte dei Romeni e l'entrata a Budapest dell'ammiraglio Horthy (in novembre) alla testa dell'esercito contro rivoluzionario, diventa il teatro del terrore bianco e della repressione anticomunista. La destra al potere accusa i comunisti e gli ebrei di tutti i mali sofferti dal paese; l'antisemitismo infuria e si verificano molti pogrom, mentre la reazione si insedia con forza nel paese. 

Ancora più ad est, in Russia, la guerra civile non diminuisce d'intensità fra il regime bolscevico instaurato da Lenin e gli eserciti bianchi contro-rivoluzionari. Gli Alleati, che erano intervenuti contro il governo sovietico, iniziano a ritirare le loro truppe: i Francesi si reimbarcano a Odessa nell'aprile 1919, i Britannici evacuano Baku e Murmansk nel settembre. L'Armata Rossa deve comunque far fronte agli eserciti bianchi, specialmente in Ucraina, dove appoggia una neonata repubblica sovietica, proclamata nel marzo 1919 da Rakovski contro il governo nazionalista di Petliura. 

Mobilitando tutte le forze nel "comunismo di guerra", il regime dà un giro di vite: viene introdotto il libretto di lavoro nel giugno 1919, il Partito bolscevico cala il proprio maglio su tutte le istituzioni, a cominciare dai soviet, i partiti non bolscevichi vengono eliminati. Il terrore diventa la regola, la famigerata Ceka, la polizia politica, e i campi di lavoro ne diventano gli strumenti fondamentali. 
Di fronte a questo potere ferreo, i Bianchi mancano di unità di coordinamento e d'azione. I loro errori politici sono addirittura maggiori di quelli strategici: i generali Koltchak e Denikin commettono l'imprudenza di abolire i decreti della Rivoluzione d'Ottobre sulla terra: essi rifiutano qualsiasi compromesso con le forze democratiche, scatenano pogrom in Ucraina, nei quali gli ebrei vengono confusi con i bolscevichi. In definitiva, alla fine dell'anno 1919, l'Armata Rossa di Trotsky ha praticamente vinto la guerra civile. 

Tuttavia, l'idea di Lenin è che la Rivoluzione bolscevica non è altro che la prima scintilla della rivoluzione mondiale. Gli eventi della Germania, dove è stato fondato un primo partito comunista, la crisi della seconda Internazionale, lacerata fra pacifisti e difensori dell'Unione sacra, portano Lenin a improvvisare un Congresso della fondazione dell'Internazionale Comunista (Komintern) agli inizi del marzo 1919. La sfida leninista viene lanciata a tutti i partiti socialisti del mondo. L'Italia viene ben presto attraversata da questa ondata. 
Nel 1919 la penisola si trova in piena crisi. Entrata in guerra nel 1915 sulla base di promesse territoriali, l'Italia viene a scontrarsi, durante il Congresso di Pace di Versailles, con i principi wilsoniani, i famosi "14 punti" sui quali si negozia il trattato di pace. Contrariamente alle promesse, l'Italia non viene risarcita dei suoi enormi sforzi di guerra. Indubbiamente ottiene il Trentino, l'Istria e una parte della costa adriatica, ma non la Dalmazia, come sperava e le era stato promesso. 
La crisi nazionalista si concentra sulla città di Fiume, disputata fra Italiani e Iugoslavi. Il 23 marzo, un ex socialista favorevole all'entrata in guerra dell'Italia, Benito Mussolini, fonda a Milano i Fasci italiani di Combattimento. Nel settembre successivo, dopo la firma del Trattato di Saint Germain che fissa le frontiere dell'Italia, lo scrittore Gabriele D'Annunzio mobilita gruppi di ex combattenti, gli "arditi", all'occupazione di Fiume, di cui proclama l'annessione da parte dell'Italia al grido di "Fiume o morte". 
Nell'ottobre del 1919 il Congresso del Partito socialista a Bologna si conclude con la netta vittoria dei "massimalisti", vale a dire dei partigiani dell'Internazionale comunista. La radicalizzazione della sinistra italiana si accompagna, a novembre, con un enorme movimento di scioperi. Lo stesso mese hanno luogo le prime elezioni a suffragio universale, che vedono il successo di due grandi partiti, il Partito Socialista e il Partito Popolare (democratico-cristiano). Non vi sono però i presupposti per una maggioranza stabile, e la crisi è dietro l'angolo. 

In questo caos nascono due figure emblematiche: il militante rivoluzionario e l'attivista nazionalista. La rivoluzione russa galvanizza coloro che sono indignati dalla guerra: il sogno di un mondo pacificato, riconciliato, fraterno, passa attraverso la rivoluzione. Per il momento, l'invito di Lenin a formare dei partiti comunisti aderenti all'Internazionale comunista lacera i partiti socialisti. In Germania, nel gennaio 1919 le truppe inviate dal governo socialdemocratico spengono i focolai rivoluzionari. 
Un'altra figura vive nelle città in stato d'assedio: quella del guerriero nazionalista, sia esso il moderno lanzichenecco dei corpi franchi tedeschi o il fascista che proviene dai ranghi degli "arditi". Il loro obiettivo è la rivoluzione nazionale e conservatrice. 
Nel 1919 le armi non sono state ancora riposte. La guerra interminabile ha creato le condizioni per una crisi senza fine: il risentimento, le frustrazioni, la collera, la crisi monetaria, il declino economico, il malessere sociale, la dissipazione dei valori sui quali si basavano le democrazie liberali. Le società sono febbricitanti. L'Europa è preda di un cupo pessimismo e la Belle Epoque è ormai un lontano ricordo. A meno che la "luce venuta dall'Est" non divenga per i "dannati della Terra" la speranza tangibile di una nuova umanità. Ma anche questa luce di speranza si rivelerà un terribile "buco nero".

 

BIBLIOGRAFIA
  • A ferro e fuoco. La guerra civile europea (1914-1945), di E. Traverso - Il Mulino, 2008 
    Il secolo breve 1914-1991, di E. Hobsbawm - Rizzoli, 2007 
  • I proscritti, E. von Salomon - Baldini e Castoldi, 2008 
  • Alla festa della rivoluzione. Artisti e libertari con D'Annunzio a Fiume, di C. Salaris - Il Mulino, 2008

1919: l’EUROPA in fiamme (di Massimo IACOPI)
(Pubblicato su Rivista STORIA in Network n. 175, maggio 2011 con lo pseudonimo di MAX TRIMURTI)

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