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    IACOPI o JACOPI: una serie di antiche famiglie originarie della TOSCANA
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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

Una vita di ricerche per conoscere chi sono.

  

Assisi città di Santi e di ...... guerrieri

I milioni di turisti che ogni anno percorrono le strade dell'Umbria e ne visitano le abbazie, le pievi, i borghi turriti o le città murate, riscoprendo nella dolcezza delle linee delle sue colline e del suo verde i celebrati paesaggi del Perugino e di Raffaello, forse non sanno, nè immaginano che la Regione possa aver dato i natali a celebri capitani di ventura, antesignani di famose scuole militari, che fecero della guerra la palestra della loro "virtus".

Eppure gli Umbri, prodotto finale in termini sociali della fusio­ne alto medioevale di autoctoni, goti, bizantini, franchi, ma specialmente di longobardi, hanno sempre avuto nella loro storia una certa dimestichezza con le attività del Dio Marte. Ma solo verso l'"Autunno del Medioevo" (per usare le parole dello storico Huizinga) e con l'evolversi delle condizioni etico - sociali dell'epoca, hanno la possibilità di scuotersi da una apparente abulia ed esprimere appieno le loro caratteristiche intrinseche, fatte di slancio, ardore e generosità romantica, oltre che di spirito di fazione.

Infatti fra il Medioevo ed il Rinascimento:

- la lenta secolarizzazione del concetto tomistico e religioso della guerra, che inquadrava il fenomeno in una necessità del disegno divino per il mantenimento dell'"Ordo Naturalis" e cioè affidava alla guerra la rilevante funzione di inevitabile castigo delle nequizie dell'uomo, in una funzione socialmente catartica ed equilibratrice e dove l'uomo aveva ben poco spazio;

- il prevalente concetto di "guerra giusta" (iustum bellum) di S. Agostino e S. Tommaso (ancora oggi più o meno surrettiziamente utilizzato dalle varie ideologie), nel senso di difesa legittima del "bene comune" da un'ingiustizia per la restaurazione del giusto ordine, nella prospettiva del recupero della pace;

- la struttura sociale feudale consolidata e cristallizzata a comparti stagni e quasi impermeabili a qualsiasi osmosi, che lasciava pochi margini di speranza di miglioramento alle persone di bassa condizione sociale;

- la riscoperta, soprattutto, - tutta rinascimentale - della "virtus" dell'uomo che lo rende in qualche modo "faber fortunae suae", per la possibilità di minimizzare gli effetti della "necessitas" e sfruttare le "occasio" della "Fortuna",

producono nelle menti più aperte al nuovo e sensibili degli Umbri, un fecondo fermento, una vera e propria ribellione intellet­tuale allo "statu quo", anelito di novità e di libertà che spinge molti giovani a cercare la propria promozione sociale nel mestiere delle armi (unica via d'uscita oltre alla tradizionale carriera ecclesiastica).

Certo non tutti i capitani di ventura umbri iniziano il mestiere delle armi con la "iusta causa" e la "recta intentio" di un Braccio Fortebraccio, che è quella di riparare ad un'ingiustizia subita quale quella della cacciata dei suoi da Perugina. Ma molti a differenza e forse similmente a Braccio sono mossi anche dall'anelito, tutto rinascimentale, dell'"imperium" per ottenere la "gloria" mentre altri, forse la maggioranza, vengono sospinti da desideri molto più terreni quali quelli di accumulare poteri e ricchezze (archetipo armato del “faccendiere” moderno). Ciò nondimeno non può essere sottaciuto che il fenomeno dei capitani di ventura umbri ha un suo spessore sociale e che molti dei suoi esponenti hanno contribuito indirettamente con le loro gesta al corso della nostra storia. Per questo non si possono dimenticare lo stesso Braccio, capofila della scuola militare omonima (Braccesca), Carlo Fortebraccio, il Gattamelata e Bartolomeo d'Alviano, Giacomo della Leonessa, Capitani Generali delle Truppe di Terra della Serenissima, il Nicolò e Iacopo Piccinino, Capitani Generali delle Truppe Viscontee, Malatesta Baglioni, Capitano di Firenze, i Vitellozzo Vitelli ed i suoi parenti, per citare i più noti.

In tale contesto anche il luogo che vide la "perfetta letizia" di Frate Francesco e di Santa Chiara, cioè Assisi, l'Oriente Dantesco, non sfugge alla logica generale dell'Umbria ed una recente ricerca sui decorati al valore nell'Unità d'Italia ha praticamente confermato questo assioma.

D'altronde non ne mancavano le premesse! La storia medioevale di Assisi mostra con ogni evidenza che i concittadini del "Poverello", del tutto dimentichi dei suoi insegnamenti, avevano passato più di tre secoli a darsele di santa ragione in una interminabile faida di tipo "calabrese" e, sebbene non avessero espresso perso­nalità di rilievo nel campo militare, il loro tessuto sociale era sicuramente tempra­to ed aduso alla pratica delle armi. Anche nel periodo successivo, seppur quietati sotto il dominio della Chiesa ed in tono minore, molti rampolli delle famiglie "bene" assisane avevano cercato di affermarsi nella carriera delle armi e non pochi li troviamo al servizio dell'Austria contro il turco e nelle Friandre agli ordini degli Spagnoli. Ma la sorpresa più grande ce la fornisce il periodo dell'unità nazionale dove i cittadini di Assisi, non solo confermano la tendenza storica appena evidenziata, ma addirittura si pongono in una posizione di preminenza nel contesto regionale, potendo vantare la prima Medaglia d'Oro al valor militare e la prima Croce dell'Ordine Militare d'Italia (già Ordine Militare di Savoia) umbra. Tutto questo è dovuto al Generale Luigi Masi da Petrignano, il Comandante dei "Cacciatori del Tevere" nella Campagna delle Marche e dell'Umbria del 1859, il liberatore di Orvieto dal dominio pontificio (alla sua azione vittoriosa si deve se Orvieto dal 1859 è entrata, suo malgrado, a far parte dell'Umbria) ed il 1° Comandante della Divisione Militare di Perugia. Ma anche sotto l'aspetto quantitativo Assisi, attraverso i suoi decorati al valore, acquista una preminenza perché, se si tiene conto di un rapporto medio di 1 a 30 con la popola­zione della regione, il rapporto nelle decorazioni di maggior prestigio (2 – Masi e Renzi - su 47 nelle Medaglie d'Oro ed 1 su 6 nell'Ordi­ne Militare d'Italia) è decisamente a favore della città "serafica". Ne consegue pertanto che occorre rivedere uno dei più abusati luoghi comuni sulla "dolcezza" degli Umbri e che Assisi è si luogo di grandi Santi, ma anche di guerrieri e non certo disprezzabili. D'altronde in questi aspetti apparentemente antitetici anche per Assisi c'è tutta l'essenza della personalità degli Umbri, gente schiva, pacifica, a volte apatica, che però quando chiamata o costretta ad esprimersi lo fa con ardore, alla grande ed anche con estremismo (mistico o attivo).

Un ultima annotazione sull’argomento va fatta a buon diritto a favore della attuale Amministrazione Comunale di Assisi che, da qualche tempo, ha cominciato a porre rimedio ad una grave dimenticanza storica sulle nostre glorie cittadine. Di fatto molte nuove vie del capoluogo e delle frazioni sono ora intitolate anche a molti eroi minori assisani, decorati al valore militare e dimenticati, riparando così felicemente e commendevolmente ad una grave lacuna ed ai guasti di uno strabismo storico ultra cinquantennale.

   

                                                                         Maggior Generale Massimo Iacopi


ASSISI. CITTA' DI SANTI E DI ...... GUERRIERI (di Massimo IACOPI)
(Pubblicato, senza la parte evidenziata, alla pagina 44 del “SETTIMANALE dell’UMBRIA” dell’8 maggio 1993 con il titolo “I santi, i cavalieri, l’ …arme)
(Stampato integralmente sul Bollettino Trimestrale “SUBASIO” n. 3/11 dell’Accademia Properziana del Subasio di Assisi del settembre 2003”)

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