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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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Bisanzio, Irene e l’iconoclastia

BISANZIO, IRENE e l’ICONOCLASTIA

(Pubblicato su Impero Romano d’Oriente - ottobre 2007)

Si può rappresentare Dio ? Nell’8° secolo gli iconoclasti rifiutano le immagini di devozione, provocando nell’Impero una crisi profonda che determina, tra l’altro, con il regno di Irene, il declino della funzione divina del Basileus e l’autonomia della Chiesa Ortodossa dal potete imperiale.

Iconoclastia (1), questo termine evoca ancora oggi, la figura di un “vandalo” o di un distruttore, ma anche quella di un “sovvertitore” e di chiunque, distruttore di tabù, appare nemico delle credenze comuni. Tuttavia gli iconoclasti  o distruttori di immagini o di icone (2) non erano all’inizio né uno né l’altro: essi, più semplicemente, rifiutavano la rappresentazione della divinità e dei personaggi sacri, senza essere peraltro contrari all’arte figurativa. Ma la loro ostilità al culto delle immagini sacre li porterà inevitabilmente, col tempo e con l’asprezza delle lotte e l’estremizzarsi del movimento, alla vera e propria distruzione delle stesse.

L’iconoclastia, una vera ideologia, è stata imposta ai loro sudditi dagli imperatori bizantini durante un periodo, l’8° secolo, particolarmente drammatico per l’Impero Romano d’Oriente, già alle prese con dei temibili nemici, quali i Bulgari a nord ovest ed il potente califfato abbasside a sud est. Ma come ha potuto l’impero, impegnato nella lotta per la sua sopravvivenza, impelagarsi in questa disputa teologica ?

Il primo imperatore iconoclasta Leone 3° l’Isaurico (717-741), avrebbe fatto distruggere l’immagine in bronzo del Cristo posta sulla porta del palazzo imperiale ed ha effettivamente vietato a tutti i rappresentanti della sua autorità di rendere il culto alle immagini religiose. Si è detto a lungo che Leone 3°, originario delle orientali dell’impero, era stato influenzato dalla tradizione aniconica (che rifiuta la rappresentazione della divinità) del Giudaismo e dell’Islam. Ma per gli storici bizantini, egli avrebbe più semplicemente mal interpretato una catastrofe naturale, l’eruzione vulcanica che devastò Thera (Santorini), interpretando nella stessa una manifestazione della collera divina contro l’idolatria dei Cristiani.

Per evitare il castigo divino (la possibile sottomissione agli Arabi mussulmani), Leone 3° decide nel 726 di vietare, con un editto, il culto delle immagini. Il popolo lo segue in tale logica con una certa disponibilità, tanto più che il pericolo arabo e quello bulgaro vengono rapidamente allontanati e che la longevità dei primi imperatori iconoclasti sembra costituire una “prova” della giustezza della loro politica.

La lotta di questi imperatori si articola su due fronti: quello del culto e quello teologico. Nel campo del culto essi conducono la loro azione contro quello che appare piuttosto una idolatria, in particolare la prostrazione dei credenti davanti alle immagini che baciano ed incensano, sia in chiesa sia in privato nelle loro case.

Nel campo teologico essi rilevano che rappresentando il Cristo, significa implicitamente privilegiarne la sua natura umana (eresia del Nestorianesimo condannata nel Concilio di Efeso del 431). In effetti mostrare in modo univoco ciò che è duale significa confondere le due nature del Cristo, umana e divina (eresia dei Monofisiti, condannata nel Concilio di Calcedonia nel 451). Infine, tracciare su una icona i contorni della figura del Cristo significa come porre un limite alla divinità, che per sua natura non può averne.

L’iconoclastia imperiale risparmia tuttavia il culto delle immagini imperiali nei luoghi pubblici: la monetazione di questi imperatori porta sul dritto la loro effige e quella dei loro antenati sul rovescio: essi appaiono ugualmente nelle scene rappresentative delle loro vittorie militari. La questione della rappresentazione dell’imperatore non rimane una cosa isolata per gli iconoclasti ed essa stessa provoca una trasformazione dell’ideologia politica e del ruolo dell’imperatore.

Ormai l’imperatore bizantino non viene più considerato come una immagine del potere divino sulla terra, ma come un “Luogotenente di Dio”, un essere in carne ed ossa che deve gestire il suo dominio, interpretando la volontà divina. Gli Isaurici, i discendenti di Leone 3° riprendono il titolo di “Isapostolos” (simile agli Apostoli), già attribuito a suo tempo a Costantino ed abbandonato poi dai suoi successori. Essi insistono anche sul loro desiderio di giustizia. L’imperatore, visto non come un responsabile, ma come un potente della terra, deve anche, per non suscitare la collera divina, impegnarsi a ben amministrare il suo regno: da questo stato di cose ne scaturisce un periodo eccezionale per le riforme amministrative, finanziarie e militari dell’Impero.

Poiché la religione era il settore d’azione più importante, l’imperatore diventa, quasi naturalmente, il suo capo naturale ed il campione dell’ortodossia (3), mettendo in secondo piano lo stesso Patriarca (4), che, in ogni caso, gli deve piena obbedienza ed i Patriarchi Anastasio (730-54) e Costantino (754-66) lo apprenderanno a loro spese (5).

Costantino 5° (745-75), figlio e successore di Leone 3°, portando agli estremi il movimento lanciato da suo padre, convoca nel 754 un Concilio che sanziona l’iconoclastia come legge della Chiesa d’Oriente. Egli lancia una riforma della chiesa (che gli ortodossi definiranno come una “persecuzione”), una nuova e chiara manifestazione del desiderio imperiale di sottomettere i religiosi; i monaci debbono abbandonare l’abito nero e la lunga barba e sposarsi, anche se dei Governanti, di “apparenti più larghe vedute”, come lo stratega (generale) Michele Lachanodrakon, daranno loro la possibilità di scegliere fra il matrimonio e l’accecamento, con esilio associato.

Questa riforma colpisce anche i loro beni, immensi, perché fino ad allora inalienabili ed obbliga i monaci a valorizzarli (nel caso contrario, essi vengono confiscati e dati in dono a dei soldati).

Un sistema efficace, proprio nel momento in cui la guerra e la peste della metà dell’8° secolo hanno già provveduto a rendere esangui la popolazione ed il tesoro imperiale, per poter rapidamente rinsanguare le forze armate e le finanze dell’impero. La chiesa ed in particolare i monaci si ricorderanno della spoliazione e dell’umiliazione subite sotto l’epoca iconoclasta.

Religione imperiale, religione di combattimento, necessaria per fare fronte ai pericoli, l’iconoclastia perde progressivamente la sua ragione di essere proprio nella misura in cui le minacce esterne vengono a perdere la loro rilevanza. Ed è in questo momento che entra in scena una forte personalità, l’imperatrice Irene (797-802). Divenuta Reggente dell’Impero per conto del figlio Costantino 6°, la donna si schiera con il partito contrario agli iconoclasti per sbarazzarsi del personale politico che costituiva il seguito di Costantino 5° e per rafforzare il proprio potere personale, tanto che arriverà a far accecare il proprio figlio ed a farsi nominare, prima donna nella storia dell’impero, Basileus (6). A tal fine Irene adotta una politica di alleanza con la Chiesa ortodossa, appoggiandosi sul Patriarca Tarasio, iniziatore del 2° Concilio di Nicea e che nel 787 condannerà l’iconoclastismo. Ma l’imperatrice, grata per l’appoggio ricevuto, andrà oltre nella sua azione, trasformando la Chiesa d’Oriente in una potenza autonoma, sulla quale l’imperatore continua a mantenere appena un potere amministrativo. Anche se la seconda ondata dell’iconoclastia (815-843) sarà molto più violenta, questa non riuscirà più ad avere il sopravvento e la sua definitiva sconfitta avrà delle importanti conseguenze sul panorama politico occidentale.

In effetti, con la sconfitta dell’iconoclastia ha inizio il definitivo declino dell’ideologia imperante a Bisanzio sin dai tempi di Costantino. Questa faceva dell’impero un solo grande organismo cristiano, del quale l’imperatore ne assumeva la responsabilità, e nel cui espletamento egli é semplicemente assecondato da dei generali per le questioni militari e dai patriarchi per le questioni religiose. Il ritorno del culto delle icone (iconodulia) corrisponde quindi storicamente all’emancipazione della Chiesa d’Oriente (7).

La Cristianità d’Oriente affermerà in questo periodo le sue caratteristiche specifiche: il culto delle icone, il predominio del monachesimo e permanenza della liturgia. Quanto agli iconoclasti, una volta che i loro nemici ritornano al potere essi vengono a trovarsi nella stessa condizione dei Giudei responsabili della morte di Dio e dei persecutori pagani. Ancora oggi, nella prima domenica di quaresima, i pope ortodossi lodano ed esaltano alla luce divina i cultori dell’iconodulia (8) e condannano gli iconoclasti, irrevocabilmente e per l’eternità, alle fiamme dell’inferno.

NOTE

(1) Dal greco Eikonos (immagine) e Klastes (distruttori da rompere). Distruttori di immagini. Gli iconoclasti rappresentano un movimento che dal 726 all’843 propugna l’interdizione del culto delle immagini, considerata come una forma di idolatria e per certi aspetti un atteggiamento ereticale, per il fatto di privilegiare in tal modo la natura umana del Cristo su quella divina;

(2) Dal greco Eikona (immagine), rappresentazione codificata del Cristo, della Vergine o di un santo. Esse si sono moltiplicate a Bisanzio nel 6° e 7° secolo, diventando l’oggetto di un culto molto intenso. Fra il 740 e l’843 esse vengono vietate dagli imperatori iconoclasti (distruttori di immagini). L’Iconodulia o culto delle immagini si è fortemente diffuso in tutta l’area ortodossa;

(3) Viene dal greco Ortos (retto o diretto; vero) e doxa (opinione). Questo termine designa specificamente le Chiese d’Oriente, che si reputano fedeli alla dottrina definita dal Concilio di Calcedonia del 451. Oggi gli ortodossi sono circa 160 milioni;

(4) Titolo attribuito ad un Vescovo, la cui giurisdizione comprende diverse province. Ce ne sono 5, a partire da 451: Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Il Patriarca di Costantinopoli dirige la chiesa bizantina;

(5) Anastasio viene esposto nell’ippodromo sulla groppa di un asino. E Costantino viene costretto ad abdicare nel 766;

(6) (plurale Basileis). Termine greco che designa il re e che diventa il titolo ufficiale degli imperatori bizantini a partire dal regno di Eraclio nel 7° secolo;

(7)  In Occidente la Chiesa comincia ad acquisire anche essa la sua autonomia con l’inizio della costituzione del futuro “Stato della Chiesa”, grazie alla donazione da parte di Pipino il Breve dei feudi di Nepi e di Sutri nel 756;

(8) Composto da Icono (immagine) e dal greco dulia (servitù, schiavitù), per designare un culto esagerato delle immagini sacre.

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