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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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Specialità Contraerei. Quale futuro?

SPECIALITA' CONTRAEREI. QUALE FUTURO ?

(pubblicato su PANORAMA DIFESA del novembre 2001)

La recente diramazione del 1° Draft della parte 2^ della Pubblicazione "L'Artiglieria nel combattimento" (serie 5900), segna, con il definitivo allineamento della Specialità alla Dottrina dell'Esercito, una rivoluzione epocale nella mentalità e nella cultura dei suoi appartenenti e trancia definitivamente con una quarantennale ambiguità dottrinale e di impiego, che tanti guasti ha provocato in termini di scelte strategiche e di strutture.

Questo cambiamento storico impone ai responsabili della Specialità una profonda ed attenta riflessione per quanto attiene alla sua futura organizzazione per non ricadere negli errori del passato e per definire una robusta strategia di medio e lungo termine. Questa, in armonia con le esigenze della Forza Armata, deve tracciare un percorso chiaro e logico ed affrancarsi da quella procellosa navigazione a vista, in modo da uscire una volta per tutte dalle secche e dagli scogli di un frenetico immobilismo morale e concettuale, scogli costellati da attraenti sirene industriali, più orientate a soddisfare i loro interessi di cassetta che quelli dell'Esercito.

Che cosa è cambiato?

Il pieno coinvolgimento dell'Italia nelle operazioni post 1989, ha sancito l'impiego dello strumento militare in operazioni "fuori area" e ne ha determinato una nuova configurazione in termini di task oriented, di modularità, di proiettabilità e di sostenibilità, in un quadro globale di interoperabilità "joint e combined". Queste profonde modificazioni nell'ambito della Forza Armata non potevano non avere analoghe ripercussioni anche nella Specialità, ma la nuova Dottrina di Impiego, nel recepirle, non evidenzia solamente un radicale cambio strutturale ed organizzativo della Contraerei, ma traccia soprattutto una vera e propria rivoluzione copernicana in termini di prospettive e di mentalità.

Di fatto la nuova regolamentazione, oltre a conferire definitiva dignità al concetto operativo di impiego per Cluster, che è la capacità di assiemare temporaneamente e sinergicamente, sotto unico comando, sistemi contraerei diversi per caratteristiche e portate per un determinato compito, mette l'accento sulla proiettabilità delle forze e sulla assoluta ed indispensabile capacità intrinseca C4 (Comando, Controllo, Computer e Comunicazioni) e non C2, perché, oltre a quanto già noto, non si può ottenere un Cluster efficiente senza una adeguata capacità di processamento dati ed una rete di trasmissione automatica degli stessi in near real time, cioè rispondente alle reali esigenze operative.

Ma il cambiamento più importante per la Specialità sta soprattutto nell'elencazione dei compiti e nelle loro priorità. La nuova Dottrina sancisce inequivocabilmente al primo posto che il compito della Contraerei è ormai quello di sostegno e protezione alle truppe di manovra, esaltando con tale affermazione un ritrovato ed essenziale ruolo dinamico e mobile della Specialità a copertura aderente delle truppe di campagna e non escludendo, laddove necessario, la protezione di installazioni fisse, vitali ai fini della manovra.

Ma tale affermazione equivale, nei fatti, ad una vera e propria dichiarazione di indipendenza operativa della Contraerei dell'Esercito, che attribuisce dignità alla Specialità e la trasforma dalla posizione ancillare di "cugino povero dell'Arma Aerea" a partner cosciente della difesa aerea nazionale e soprattutto a protagonista essenziale nella Forza Armata nel supporto al combattimento.

Tutto questo significa che la Contraerei dell'Esercito opera primariamente a favore dell'Esercito e che nel suo operare per tale scopo ricercherà, laddove possibile e per l'incremento dell'efficacia complessiva della sua azione, il sempre necessario ed opportuno collegamento con le forze di difesa aerea.

Ma la Specialità è oggi pronta per gli importanti compiti che Le sono stati attribuiti? La risposta, anche se dolorosa, è ni !!!! Oggi ci troviamo di fronte ad uno strumento fortemente sbilanciato per compiti di difesa territoriale, poco mobile in senso tattico e con una mentalità a dir poco "stanziale", in danno di quella che dovrebbe invece essere la parte principale nelle nuove operazioni.

Qualche vecchio contraereo potrà storcere il naso alla globalità di tale affermazione, ma la risposta l'hanno tutti sotto gli occhi. Non starei qui a parlare di questo se non constatassi che la parte più importante per il futuro dell'Esercito, langue nel più completo abbandono, non sono ancora stati chiaramente definiti i requisiti militari del futuro ed i sistemi in servizio o non dispongono di C2, o sono limitatamente interoperabili, o non hanno comunicazioni adeguate o, quel che è peggio, in alcuni casi hanno una logistica ancora da inventare.

Una ambiguità quarantennale

Nel 1964, da quando è stato introdotto in servizio il sistema d'arma Hawk, l'Esercito è venuto a disporre per la prima volta, oltre che di un sistema missilistico moderno, anche di un sistema di difesa d'area. Non discuterò qui della validità della scelta che, in ogni caso, non fosse solo in termini professionali, è stata positiva, ma la novità, che peraltro altri Eserciti di altre Nazioni hanno preferito non introdurre (vedasi Germania, Olanda, Danimarca, Norvegia, ecc., che hanno preferito assegnare il sistema alla Forza Aerea), ha determinato, oltre ad un indubbia crescita professionale e tecnica, un graduale impoverimento ed una minore attenzione verso la branca a corta e cortissima portata della Specialità, tradizionalmente a diretto supporto delle forze di manovra.

In sostanza dal 1964, alla storica branca Shorad/Vshorad (difesa a corta e cortissima portata) della Contraerei, si è venuta ad affiancare la difesa d'area, ovvero la branca del MSAM (SAM Medio) e la situazione politico militare dell'epoca, che preconizzava una difesa elastica della frontiera giulia, con improbabili effimeri corollari di azioni preventive o controffensive, ha determinato per la Specialità il progressivo passaggio da un quadro iniziale di mobilità a tutti i costi (chi scrive ben conosce, per essere stato comandante di una batteria Hawk operativa, i disperati tentativi di mostrare che il sistema fosse mobile tatticamente), ad un frenetico immobilismo fino, a partire dal 1989, ad una vera e propria stanzialità.

Non è che i contraerei avvertiti non avessero percepito il danno che si stava profilando all'orizzonte, ma una difesa nazionale incentrata allora sulla soglia di Gorizia ben poteva coniugarsi con le buone capacità operative di un sistema d'area, anche se poco mobile e tale ambiguità assoluta, durata fino alla caduta del muro di Berlino, ha determinato, oltre al naturale interesse per tutto quello che è nuovo ed efficiente, una graduale diminuzione del flusso monetario verso la branca V/Shorad, un esiziale emorragia di risorse tecniche ed umane da quest'ultima verso il sistema Hawk e la pratica impossibilità di formulare e di realizzare, per la branca tradizionale della Specialità, un programma credibile e fattibile di necessari aggiornamenti tecnici ed operativi.

In sostanza si è venuta a creare nella Contraerei una dicotomia morale e tecnica fra i suoi appartenenti, divisi in moderni e "trapassati", nella quale componenti della branca "privilegiata", arrivavano persino a disdegnare, dall'alto della loro conclamata superiore efficienza, le cosidette "frattaglie ". Purtroppo i "tapini", non sapevano che la loro struttura mangiava quasi l'80% delle risorse disponibili della Specialità e che in tal guisa l'Esercito continuava a rendere credibile, con una parte rilevante dei propri fondi, i compiti di difesa aerea territoriale di un'altra Forza Armata, mentre quest'ultima, disponendo di armi antidiluviane e potendo continuare a contare sull'indispensabile fraterno aiuto terrestre, poteva nel contempo dirottare la massa delle proprie risorse nella acquisizione, non di sistemi di difesa aerea, ma di altri sistemi più remunerativi per le proprie esigenze.

Bene ora si ha ragione di ritenere che con la nuova dottrina non esistano più ulteriori spazi di ambiguità e soprattutto ora è necessario che tutti, dico tutti, i Contraerei capiscano che il mondo è cambiato e che, sebbene ingessati per tanto tempo per motivi contingenti in compiti non prettamente tradizionali, è ormai tempo di riscoprire o se si vuole di rivalutare i principi e le ragioni della nostra specificità.

Alcuni principi da non dimenticare

Mentre la modularità delle forze, rappresenta una possibile articolazione delle stesse in funzione del prevedibile impiego, la proiettabilità e la sicurezza, la capacità di sopravvivenza e l'efficacia sono invece dei fattori intrinseci a qualsiasi struttura.

Le operazioni fuori area e la recente campagna di guerra aerea del Kossovo, sebbene abbiano coinvolto solo indirettamente la nostra Specialità, hanno per certo fornito insegnamenti preziosi per le operazioni di difesa contraerei future.

Insomma, se ce ne fosse stato ancora bisogno, le recenti esperienze hanno confermato che l'Esercito, pur non rinnegando il contributo dei sistemi MSAM, ha prioritariamente bisogno di cluster V/Shorad, che possano adeguatamente accompagnarlo e proteggerlo nelle missioni fuori area e nei compiti a queste associati. Questo significa poter disporre, a tutti i livelli di scenario ipotizzabili per l'impiego, di una capacità di controllo delle tregue, di una effettiva capacità di gestione della 3^ Dimensione, di una accettabile capacità di risposta a tutti i tipi di minaccia prevedibili per le truppe di campagna (nonostante gli inesauribili sforzi di eminenti pensatori, la panoplia della minaccia attuale per l'Esercito non prevede né comporta per il medio termine, sia capacità di risposta ATBM, sia tantomeno capacità anti Cruise Missile. Semmai nella generale moda dell'ATBM, molto ambita dall'Industria per la capacità intrinseca di richiamo e destinazione di cospicui fondi, molti dimenticano che il vero pericolo del futuro, oltre quello tradizionale pilotato, appare quello degli elicotteri e soprattutto quello degli UAV, che sarà sicuramente l'arma tattica del futuro dei meno ricchi). In questo quadro i molti "nostalgici difensori" dei sistemi MSAM si domandino che tipo di risposta o contributo sono in grado di dare tali sistemi alla minaccia elicottero/UCAV?. Tutto questo non vuol dire che gli MSAM non servono ma sottolinea semmai il fatto che gli stessi hanno compiti diversi e complementari.

Il primo principio della Specialità che dovrà finalmente essere applicato per effetto anche dei nuovi compiti sarà appunto quello della "Pianificazione centralizzata ed esecuzione decentralizzata". Questo vuol dire che la difesa contraerei, per risultare sinergica ed efficace, deve essere concepita e pianificata in modo unitario, ma che operazioni durante, per poter conseguire una adeguata efficacia, deve poter essere in grado di operare in modo decentralizzato o al limite autonomo. Da questo primo semplice principio ne consegue che è certamente biasimevole continuare a basare la capacità di risposta alla "nostra" minaccia sul flebile, insufficiente ed inadeguato cordone ombelicale realizzato per il sistema MSAM (esistente collegamento fra l’AM ed il sistema Hawk); allo stesso modo appare colpevole atteggiamento quello di sperare in un significativo cambio di mentalità nella Forza Aerea, che, per legge, avrebbe la responsabilità di fornire le regole ed i collegamenti con le altre forze della difesa.

Tutto questo significa che la Contraerei, per controllare le tregue e per gestire la 3^ Dimensione deve poter disporre di sensori 3D, ai possibili livelli di configurazione del cluster, di portata adeguata, associati a sistemi efficienti di identificazione, altamente mobili e comandabili, se possibile, a distanza.

Il secondo principio basilare della Specialità è quello della Mobilità. Questo essenziale principio, da molti dimenticato o sottovalutato per effetto della quarantennale ambiguità operativa, va esaminato nelle sue componenti strategica e tattica. Preso atto che ormai nessuno si sogna più di proporre sistemi che non abbiano un minimo di mobilità strategica, il vero nodo del problema è quello della Mobilità tattica: questa è la caratteristica essenziale di uno strumento contraerei moderno, aderente e efficace. Ma che vuol dire mobilità tattica? La semplice capacità di muoversi su ogni terreno o piuttosto la capacità di muoversi ed adeguare il proprio dispositivo per assolvere il compito con modalità e tempi compatibili con la velocità operativa delle forze che vengono protette? A me pare che la seconda ipotesi appare la più centrata per le esigenze della Contraerei. Di fatto non si tratta, come molti continuano erroneamente a credere, che il problema risieda in una soluzione a ruote o a cingolo per essere più mobili, ma piuttosto nella qualità e nelle caratteristiche dello strumento utilizzato. Una soluzione basata su ruote e l'esperienza positiva dell'utilizzazione del mezzo Centauro ce ne fornisce peraltro un significativo esempio, associata alle portate ormai consolidate dei sistemi in servizio nei vari Paesi, ci dice che potrebbe essere una soluzione più economica, ma la chiave del problema mobilità sta principalmente nella filosofia costruttiva del sistema e nei tempi necessari per abbandonare ed occupare una nuova posizione. Mobilità tattica per chi scrive significa, nel pratico, l'abolizione, finché possibile, dell'impiego di cavi di collegamento e di Ponti radio campali tradizionali. La guerra del Kossovo ha dimostrato che un radar o un posto comando, attaccato da un ARM, ha a disposizione appena alcuni minuti per la sua sopravvivenza. I signori nostalgici della mitica era del MSAM si domandino allora in quanti minuti potranno abbandonare la posizione pur con il nuovissimo e fiammante FDOC, dal momento che dovranno ripiegare i cavi di collegamento, allestire per la marcia, nonché ripiegare ed allestire per la marcia i sensori, il ponte radio campale ed il gruppo elettrogeno separato dall'apparato. Ma se vogliamo andare più lontano, che probabilità di sopravvivenza ha un radar 3D, cosidetto mobile, tipo quello utilizzato negli aeroporti, quando per poterlo muovere occorrono molte decine di minuti? La mobilità tattica è quindi oggi e per il futuro anche un essenziale fattore per la sopravvivenza in combattimento.

Il terzo principio da ricordare é quello universale della Sicurezza, intesa nella generalità del termine.

E' il risultato della combinazione di innumerevoli fattori attivi e passivi ed ha come ultimo scopo la sopravvivenza in combattimento, In questo campo diventa essenziale la disponibilità di tecnologie duali per i sensori, cioè dovranno combinare le tecniche attive e passive e che l'importante funzione di scoperta ed acquisizione dovrà essere ottenuta con una adeguata mix di sensori attivi e passivi che permettano di sopravvivere anche ad un attacco di sorpresa. Ecco dunque che a livello di Comando Cluster i sensori dovranno essere più di uno e di tipo duale, per consentire una probabilità di funzionamento. I radar dei comandi di sezione dovranno avere sensori a bassa probabilità di individuazione. Qualche palato fine obbietterà che per motivi di sicurezza sarebbe opportuno comunque separare il posto comando dal suo sensore. Questo è in linea di principio vero per i livelli di comando più elevati dove le dimensioni degli shelters sono più importanti anche in relazione alle interfacce necessarie per stabilire un adeguato sistema di comando e controllo. Ma a livello sezione/modulo di ingaggio questa necessità non è assolutamente vera in quanto la mobilità tattica del materiale compensa ampiamente gli svantaggi e consente di fronteggiare rapidamente qualsiasi emergenza. E' comunque certo che anche a tale livello sia assolutamente necessaria la capacita di identificazione dei bersagli.

Le trasmissioni dovranno comunque essere un argomento di rilevante interesse per tutti e non, come oggi succede, per pochi …"apprendisti stregoni". Un vero sistema mobile si basa infatti essenzialmente su un network radio e ben si sa che le radio, se non bene utilizzate, diventano, molto più dei radar, un faro notturno nel deserto.

I sistemi di trasmissioni radio sono comunque la chiave per un adeguato funzionamento di un qualsiasi Cluster. Individuare nel prossimo futuro un sistema di comunicazioni che consenta di inviare dall'alto verso il basso e viceversa la trasmissione automatica dei dati di situazione aerea, con relativa correlazione è la sfida del futuro della branca V/Shorad ed i trasmettitori od i cultori dell'arte delle comunicazioni, debbono capire che la Specialità Contraerei ha in questo settore una sua esigenza specifica che non può più essere disattesa, sottovalutata o peggio liquidata dai cosiddetti specialisti come un “non problema”.

Qualche conclusione finale.

Quanto detto sin qui, anche se non esaustivo e comunque nei limiti dello spazio a disposizione, ci consente di tirare qualche considerazione programmatica per il futuro della Specialità.

La Contraerei deve sostenere “in primis” le esigenze di supporto dell'Esercito ed in tale contesto deve acquisire capacità di (rilevamento) detezione 3D, un sistema di comando e controllo, aperto, distribuito e flessibile, che gli permetta di adattarsi alle più diverse esigenze della Forza Armata, non ultimo il collegamento, sempre e dovunque, con la Forza Aerea. Il sistema V/Shorad del futuro dovrà avere spiccate caratteristiche di mobilità strategica e tattica e capacità di abbandonare la posizione in tempi brevissimi od occuparne una nuova in tempi anch'essi ridotti. Dal punto di vista composizione qualitativa del Cluster non starò qui a discettare sulla convenienza o meno di disporre di una mix di sistemi missilistici e convenzionali per ottenere la massimizzazione dell’efficacia complessiva, anche perché l’argomento non può essere affrontato nel poco spazio disponibile. Resta il fatto che una eventuale rinuncia alla componente convenzionale dovrà essere profondamente ponderata per non rischiare di creare significativi buchi di efficacia nella difesa. I comandi della Contraerei, a prescindere dalle caratteristiche specifiche dei vari livelli, che devono essere considerate comunque come capacità aggiuntive di un modulo di base, dovranno essere, autoalimentati, disporre di un sistema autonomo di identificazione, di un palo estensibile di antenna per le comunicazioni, autolivellanti a livello di sezione/modulo, quando accoppiati con un sensore 2D. Si dovrà perseguire per i collegamenti dei comandi di Cluster con sensori 3D una politica di eliminazione progressiva dei collegamenti via cavo ed il sistema trasmissivo e di Comando e Controllo dello stesso dovrà puntare alla politica generale del “Plug and Play”, che, in definitiva, è l'unica che permette una vera flessibilità d'impiego.

La sfida che abbiamo di fronte è difficile ma anche molto esaltante: oggi i Contraerei, grazie anche al prezioso lavoro svolto dal Centro Addestramento e Sperimentazione di Artiglieria Contraerei di Sabaudia nella realizzazione del SACA, un significativo prototipo sperimentale di Comando, Controllo e Comunicazioni - peraltro già testato con soddisfazione sul campo - sono decisamente più coscienti delle proprie esigenze e delle possibilità di riuscita.

Occorre oggi fare uno sforzo di sintesi per giungere rapidamente alla definizione delle configurazione finale di un cluster operativo ed alla stesura dei relativi requisiti militari, in modo da dare all'industria la possibilità mettersi a lavorare su una ipotesi concreta del futuro. L'industria deve però sapere che non ci sono più spazi per riciclare prodotti inadeguati o soluzioni già ampiamente decotte, perché l'utente contraereo non subirà passivamente gli eventi, in quanto in grado di dettare e controllare le regole del gioco. Dall'incontro fra i Contraerei e l'Industria dovrà nascere, con reciproca soddisfazione, una nuova forma di collaborazione, che porterà inevitabilmente alla realizzazione di qualcosa di operativamente valido e che, in quanto efficace, avrà spazio per poter essere rivenduto ad altri utenti.

Un ultima notazione, trattandosi del futuro della Specialità, non può che riferirsi alla rilevante settore delle relazioni con la Forza Aerea, detentrice della responsabilità globale della Difesa Aerea del Territorio. Appare ormai maturo il tempo di cominciare a parlare nella Difesa Aerea di obiettivi comuni, perlomeno in termini concettuali e dottrinali. Nessuno può mettere più in discussione la opportunità e la necessità di avere una inequivoca visione nazionale del problema, con tutti i corollari che ne possono discendere. Ciò significa che forse è tempo di cominciare a pensare, come peraltro avviene in altre Nazioni europee, ad una Scuola Unica di Difesa Aerea Nazionale, che realizzando una sinergia di sforzi formativi ed una unicità di pensiero e salvaguardando la specificità di impiego di ciascuno, consenta di realizzare una interoperabilità joint effettiva, una politica unitaria di acquisizione materiali e conseguentemente una vera logistica comune, evitando così sprechi ed inutili diversificazioni di sistemi in una stessa categoria. Una siffatta politica consentirebbe un evidente risparmio, sia a livello di acquisizione, perché il costo unitario è funzione dell’entità numerica dei sistemi da acquisire, sia a livello di logistica per le evidenti semplificazioni nella loro gestione durante il ciclo programmato di vita.

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