DOM PERIGNON

DOM PERIGNON

(Stampato su “SUBASIO” n. 4/15 del dicembre 2007, Bollettino trimestrale dell’Accademia Properziana del Subasio di Assisi).

Ritratto di un personaggio celebre del quale la posterità ricorda il nome .. senza sapere veramente di che cosa si tratta.

Il nome di Dom Perignon evoca ancora oggi la celebre bottiglia di champagne, magari bevuta tra amici o nelle grandi occasioni. La particella Dom (Dominus) indica certamente una origine monastica, ma sono numerosi quelli che credono che si tratti ancora di un’altra leggenda, quella del buon monaco e del suo segreto. In effetti risulterebbe infinità la lista di procedimenti, ricette e rimedi che la tradizione attribuisce a dei religiosi del tempo passato.

Eppure Pierre Perignon è un personaggio effettivamente esistito. Nato nel 1638 a Sainte Menehoulde, in Francia, in una famiglia relativamente agiata di piccoli titolari di cariche pubbliche, diviene allievo, senza una storia particolare, dei padri gesuiti. Egli entra a 19 anni negli ordini per vocazione, “al fine di dedicarsi con maggiore cura alla salvezza della propria anima per poterla poi renderla un giorno a Dio suo creatore”. Dopo un trascorso nel Convento benedettino di Santa Vanna a Verdun, il novizio diventa Dom Petrus Perignon il 3 luglio 1658.

Per dieci anni egli si rende familiare con la vita benedettina, alternando gli esercizi spirituali al lavoro manuale. Nel 1668 viene destinato al Monastero di S. Pietro d’Hautvillers, nella Diocesi di Reims (l’antica abbazia esiste ancora oggi a circa 6 chilometri a nord dell’abitato di Epernay). Dom Perignon vi ricopre le funzioni di procuratore, vale a dire che risulta incaricato della direzione degli affari economici della comunità, a quell’epoca in pieno restauro. Egli diventa pertanto il Grande Intendente dell’abbazia, prendendo a cuore, da vero benedettino, il suo nuovo lavoro. Inizialmente si interessa del vigneto che la comunità monastica sfrutta dal Medioevo. I vini della Champagne, specialmente quelli d’Ay, sono in quel tempo molto rinomati ed in forte concorrenza con quelli della vicina Borgogna sulle tavole dei re e dei grandi signori. Più spesso rossi e non spumanti, questi vini non hanno niente a che vedere con lo champagne attuale.

Indubbiamente Dom Pietro non poteva certamente essere procuratore senza essere anche il cellario (responsabile della dispensa). La Regola di S. Benedetto, precisa e molto completa, stabilisce che il responsabile della dispensa deve essere “saggio, dotato di spirito maturo e discreto, sobrio e non un grande mangiatore, né altero, né turbolento, né ingiurioso, né lento, né prodigo, ma timoroso di Dio, esercitando nei confronti della comunità monastica il dovere e la funzione di Padre”. Interessarsi del vino rientra pertanto nei compiti particolari e l’apprendista enologo si occuperà della vigna e del vino per circa 47 anni.

Allorché Perignon arriva nel 1678 nel convento, la situazione è abbastanza deficitaria. Tutto è da rifare e le vigne sono in cattivo stato. Nessuna fase della vinificazione risulta soddisfacente a cominciare dalla questione della “schiumosità” (a causa del loro basso tenore alcolico, i vini della champagne conservati in barili avevano tendenza a fermentare ed a diventare “spumanti” durante i mesi estivi). Ma questo è un difetto o piuttosto una qualità ? E nel secondo caso come controllare il fenomeno ?  Si è spesso parlato di “un segreto di Dom Perignon”, che avrebbe, come se si trattasse di un colpo di bacchetta magica, inventato lo champagne. Niente di tutto ciò. Il suo segreto non è altro che quello dell’adagio dell’operaio e dei figli di La Fontaine: “Lavorate, prendetevi cura …”

Partendo da quello che prima di lui i viticultori della Champagne avevano già constatato, ma avendo a sua completa disposizione il tempo e la pazienza, virtù cardinali della Chiesa, Dom Perignon revisiona ed apporta miglioramenti a tutti gli stadi della difficile fabbricazione del vino della Champagne. Molto probabilmente personalmente esperto di cantine ed in mezzo alle sue dispense, egli mette a punto il matrimonio delle uve (assiematura) e soprattutto consegue il perfetto controllo della cosiddetta seconda fermentazione del vino nelle botti (spumosità) e delle successive fasi di eliminazione dei depositi e della chiarificazione del prodotto (attraverso l’eliminazione dei depositi rimasti in sospensione o con il bianco d’uovo o con la colla di pesce).

Questa specifica operazione di chiarificazione, che consiste nella eliminazione dei depositi di lievito che a volte intorpidiscono o scuriscono il vino, sarà successivamente effettuata attraverso travasi di bottiglie. Orbene, una tecnica a riguardo consiste nel mantenere ogni bottiglia con la testa in basso ed a farla ruotare regolarmente in modo da far scendere il sedimento nel collo della bottiglia, per poi aprirla e quindi eliminarlo. Famoso sarà a tal proposito il procedimento della casa “Veuve Clicquot Ponsardin”, che inventa un tavolo, la famosa “Table a remuer”, che consente ad un solo impiegato di girare rapidamente un centinaio di bottiglie alla volta, senza farle uscire dalle rastrelliere.

Dom Perignon presiede anche ad una migliore scelta delle bottiglie (la bottiglia moderna sarà un prodotto degli inizi del 18° secolo), dei tappi (di sughero piuttosto che di legno), della chiusura (per lungo tempo con legature di canapa sul tappo, in attesa del bloccaggio in fil di ferro del 19° secolo). L’abate Pluche nel suo “Spettacolo della Natura”, best seller francese del 18° secolo, rende omaggio a Dom Perignon che ha saputo “ben governare lo Champagne” e permesso di assicurarne una buona conservazione, ben più lunga che in precedenza.

Gli scritti dell’epoca mettono già in guardia dalla consumazione del cattivi vini spumanti Questa è la prova che il vino della Champagne era già rinomato. Dom Perignon muore a 77 anni il 14 settembre 1715, tredici giorni dopo il Re Sole e per la sua benemerenza guadagnerà una ben meritata fama.