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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

Una vita di ricerche per conoscere chi sono.

  

Articoli

Nota 8

Cenni sulle suddivisioni della città in quartieri/sestieri e sulle Corporazioni delle Arti.

A:SUDDIVISIONI DELLA CITTA’.

 

Al tempo di Carlo Magno, già rifabbricata la città quasi distrutta dai barbari (“Dentro alla città avea settantadue torri grosse e forti al tempo che Totila la disfece detta città“, Malespini XXVI. “Quei cittadini che poi la rifondarno / sovra il cenere che d’Attila rimase” Dante, Inferno XIII) fu formato il primo cerchio di mura medioevali e la città venne divisa in quartieri, i quali presero il nome dalle quattro porte che allora possedeva Firenze: Quartiere di Porta Duomo, di Por Santa Maria, di Porta S. Pancrazio e di Porta S. Pietro. Coll’andare del tempo essendosi la città notevolmente accresciuta, fu fatto (1078) un secondo cerchio delle mura e venne suddivisa in sestieri: Sesto d’Oltrarno, di S. Piero Scheraggio, di Borgo SS. Apostoli, di S. Pancrazio, di Porta Duomo e di S. Pietro (Piero). Tutti questi sestieri ebbero ciascuno un insegna (gonfalone) sotto la quale accorreva il popolo in arme all’emergenza. Le varie “imprese” spiegate dai Gonfaloni erano le seguenti:

- Sesto d’Oltrarno: “in campo azzurro un ponte vermiglio”;

- S. Piero Scheraggio: “una ruota azzurra su campo d’argento”;

- di Borgo SS. Apostoli: “un ariete nero in campo d’oro” (in questo sesto abitavano tutti i beccai);

- S. Pancrazio (BRANCAZIO o BRANCACCIO): “una branca di leone rossa in campo d’argento”;

- Porta Duomo: “la chiesa di S. Giovanni Battista fabbricata in marmi bianchi e neri su campo d’argento ”;

- S. Piero o Pietro: “due chiavi rosse decussate in campo d’argento”.

 

Nel 1250, secondo il Malespini ed il Villani, poiché i sesti erano diventati troppo numerosi perchè ciascuno potesse seguire una sola insegna, si rese necessario distribuire complessivamente tra di loro 20 Gonfaloni, il :

- Sesto d’Oltrarno ebbe 4 Gonfaloni:

1 - In campo rosso una scala d’argento;

2 - In campo azzurro uno scudo d’argento seminato di nicchi rossi;

3 - In campo d’argento una sfera di nero;

4 - In campo rosso un drago di verde;

- Sesto di S. Piero Scheraggio (La chiesa di S. Piero Scheraggio occupava tutta l’area dove oggi passa la via della Ninna. Questa chiesa fu quasi del tutto demolita per la costruzione di Palazzo Vecchio - 1298 - e relativa via che lo affianca a mezzogiorno. Una porta di questo tempio si ammira tutt’ora sotto i così detti Uffici lunghi, ed è la prima a sinistra di chi entra da via della Ninna sotto il porticato) ebbe 4 Gonfaloni:

1 - In campo azzurro una ruota d’oro di carroccio;

2 - In campo d’oro un bue di nero;

3 - In campo d’argento un leone di nero;

4 - Fasciato d’argento e di nero;

Sesto di Borgo SS. Apostoli ricevette 3 Gonfaloni:

1 - In campo d’oro una biscia di verde;

2 - In campo d’argento un’aquila nera;

3 - In campo verde un cavallo arrestato, al naturale, con gualdrappa caricata della croce rossa (arma del popolo fiorentino);

- Sesto di S. Pancrazio o Brancaccio ebbe 3 Gonfaloni:

1 - In campo verde un leone di rosso;

2 - In campo d’argento un leone di rosso;

3 - In campo d’azzurro un leone d’argento (I Leoni che con una certa uniformità appaiono nelle insegne fiorentine sono una costante dell’araldica locale. Difatti la prima insegna che portò questa parte della città quando venne eretta in quartiere fu, come abbiamo già visto, una branca di leone rossa in campo d’argento;

- Sesto di Porta Duomo ricevette 3 Gonfaloni:

1 - In campo azzurro un leone d’oro;

2 - In campo d’oro un drago di verde;

3 - In campo d’argento un leone coronato d’azzurro;

- Sesto di Porta S. Piero o Pietro ebbe, infine, 3 Gonfaloni:

1 - D’oro a due chiavi legate di rosso poste in Croce di S. Andrea;

2 - Di nero a due ruote d’argento;

3 - Spaccato di rosso e di vajo.

Cacciato il Duca d’Atene il 26 luglio 1343, i fiorentini fecero grandi festeggiamenti e, poiché in quel giorno cadeva anche la ricorrenza della festa di S. Anna, decisero di spendere, a ricordo della libertà riacquisita, 3000 fiorini per fondare in Orsanmichele una Cappella in onore di S. Anna. In questa Cappella ogni anno si facevano solenni offici con il concorso dei Magistrati di tutte le Arti (La istituzione delle Arti maggiori risale al 1160 circa e le stesse assorbivano la totalità dei cittadini). Questa festa è ancora oggi conservata ed in tale occasione si possono ammirare le gloriose insegne delle antiche Arti fiorentine, per mezzo delle quali la città fu ricca, gloriosa e temuta. La Signoria, inoltre, volendo immortalare in un’opera d’arte la cacciata di Gualtieri di Brienne, commise al celebre Donatello (1395) il gruppo in bronzo rappresentante Giuditta che taglia il capo ad Oloferne e che, ultimato, venne posto sotto la Loggia dell’Orcagna. “Cessate poi le industrie, abbandonati commerci, spento con Francesco Ferrucci l’ultimo soffio di libertà e stabilito il Principato, Firenze non ebbe più fatti gloriosi da registrare nella sua storia, e le casate fiorentine che, l’aveano resagrande, nelle anticamere del principe languirono per sempre spengendo la loro fama antica”. La divisione della città, fatta in Sestieri, però non soddisfaceva più i cittadini, in quanto gli oneri non erano ripartiti equamente tra i diversi Sestieri. Per questo fatto, appena il Duca d’Atene Gualtieri di Brienne lasciò Firenze, si pensò a dividere nuovamente la città in Quartieri:

- Quartiere di S. Spirito (ottenuto per cambio di denominazione del Sestiere di Oltrarno);

- Quartiere di Santa Croce (ottenuto dall’accorpamento del Sestiere di S. Piero Scheraggio e un terzo di quello di S. Piero Maggiore);

- Quartiere di Santa Maria Novella (ottenuto dall’accorpamento dei  Sestieri di S. Trinita e di S. Pancrazio);

- Quartiere di S. Giovanni (ottenuto dall’accorpamento del Sestiere di Porta del Duomo e due terzi del Sestiere di S. Piero Maggiore),

suddivisione che si conserva ancora oggi.

 

Il quartiere di Santo Spirito ebbe per insegna “una colomba d’argento con raggi dorati in campo azzurro”, quello di Santa Croce “una croce d’oro in campo azzurro”; quello di S. Maria Novella “un sole dorato in campo azzurro ” e quello di S. Giovanni “ un tempio rotondo fabbricato di bianco e di nero in campo azzurro”. Ciascuno di questi quartieri fu diviso in altrettanti Gonfaloni appellati con vari nomi, a seconda degli emblemi che portavano sul campo del loro Gonfalone:


- Quartiere di Santo Spirito.

1 - Una scala d’argento in campo rosso;

2 - Un nicchio rosso in campo d’argento;

3 - Una sferza nera in campo d’argento;

4 - Un drago d’oro in campo rosso


 - Quartiere di Santa Croce.

1 - Il carroccio d’oro in campo azzurro;

2 - Un bufalo nero in campo d’oro;

3 - Un leone nero in campo d’argento;

4 - Due ruote d’argento in campo nero;


 - Quartiere di Santa Maria Novella.

1 - Una biscia verde in campo verde;

2 - Un liocorno al naturale in campo azzurro;

3 - Un leone di rosso in campo verde;

4 - Un leone d’argento in campo azzurro;

 

- Quartiere di S. Giovanni.

1 - Un leone d’oro in campo azzurro;

2 - Un drago verde in campo d’oro;

3 - Due chiavi rosse poste in decusse (Croce S. Andrea) in campo d’oro;

4 - Spaccato di rosso e di vajo.

 

Tutti i cittadini fiorentini di qualsiasi ceto erano ascritti a questi sedici Gonfaloni a seconda del quartiere in cui abitavano o il luogo in cui risiedevano. Ogni qual volta il Gonfaloniere di Giustizia chiamava il popolo in armi, ciascuno doveva riunirsi sotto il proprio Gonfalone e portarsi al Palazzo dei Signori, dove risiedeva il Governo della Repubblica. Oltre a tutti questi Gonfaloni vi erano pure le insegne delle Arti, sotto le quali si radunavano tutti gli iscritti ad una data arte.

 

B: CORPORAZIONI DELLE ARTI.

Era legge che i cittadini di Firenze se volevano concorrere agli Uffici Pubblici ed alle cariche della Repubblica, dovevano esercitare manualmente alcuna delle Arti ed a quelle essere ascritti, assoggettandosi agli obblighi relativi, sotto pena di essere dichiarati dei Grandi e di avere l’esclusione dal Governo della Repubblica.

Le Arti nel loro nascere (1160) furono sette, dette Maggiori, poiché, infatti, erano le più importanti e le più ricche:

- Arte dei Giudici e Notai;

- Arte di Calimala (ossia mercanti di stoffe importate dalla Francia);

- Arte del Cambio (banchieri e Cambiatori);

- Arte della Lana (fabbricanti di stoffe di lana);

- Arte della Seta (detta anche di Por Santa Maria poiché in tale strada vi erano i loro fondachi);

- Arte dei Medici, Speziali, Droghieri;

- Arte dei Pellicciai e dei Vajai (conciatori di pelli di vajo, ermellino)

 

Esaminiamole ora nel dettaglio una per una:

- 1: I Giudici e Notai, l’Arte più stimata, portarono “una stella di otto raggi d’oro in campo azzurro”. Nell’esterno di Orsanmichele, in una delle nicchie, si ammira una bellissima statua in bronzo del Giambologna, rappresentante S. Luca Evangelista fattavi appositamente erigere da questa Arte;

- 2 : I Mercanti di panni, Arte di Calimala, portarono  un’aquila dal volo abbassato d’oro sopra una balla d’argento in campo rosso”. In via Calimaruzza si vede ancora questo stemma nel luogo ove fu la loggia che serviva alle adunanze di quei mercanti per trattare di cose inerenti all’Arte. Nella seconda nicchia, nell’esterno di OrsanMichele, dalla parte di via Calzaioli, vi è la statua in bronzo di S. Tomaso Apostolo fatta fare da Andrea del Verrocchio per l’Arte di Calimala, e così pure per quest’arte fu fatto dal Ghiberti il S. Giovanni Battista;

- 3 : L’Arte del Cambio ebbe per insegna “un campo rosso seminato di bisanti d’oro”. Nel lato esterno di OrsanMichele una pregevole statua in bronzo rappresentante S. Matteo, fatta dal Ghiberti per quest’Arte;

- 4 : L’Arte della Lana portò come emblema “un’aquila d’argento in campo azzurro”. Ancora oggi si vede quest’arma su vari palazzi della città e specialmente sul palazzotto merlato in Via Calimala, presso Orsanmichele. La statua in bronzo che rappresenta Santo Stefano, nell’interno di Orsanmichele, opera pregevole di Lorenzo Ghiberti e fu fatta fare dall’Arte della Lana;

- 5 : L’Arte della Seta, che comprendeva pure i Merciai, portò “una porta rossa racchiusa da stipiti in pietra al naturale in campo d’argento ”. Da quest’emblema prese il nome la via che ancor oggi si chiama Porta Rossa, ove infatti erano i tiratoj delle sete. Lì accanto esiste pure il vicolo detto della seta. In una nicchia dell’esterno di Orsanmichele si ammira una pregevole statua in bronzo rappresentante S. Giovanni Evangelista, fatta fare a Baccio da Montelupo da quest’Arte;

- 6 : I Medici e gli Speziali portarono “una vergine col bambin Gesù in campo azzurro”. Quest’Arte aveva la sua Loggia presso il Ponte Vecchio;

- 7 : I Vajai e Pellicciai avevano per insegna “di vajo pieno all’agnello d’argento colla banderuola all’arme del popolo fiorentino nel cantone superiore azzurro”. Quest’Arte ebbe pure la sua statua in Orsanmichele rappresentante San Jacopo, opera di Nanni di Antonio del Bianco.

- Nel 1293 la Repubblica, per contentare i desideri degli artigiani minori che non erano ascritti ad alcuna delle Arti Maggiori e che pure, esercitando un’arte, intendevano giustamente godere dei diritti spettanti alle Arti Maggiori, aderì a tale richiesta, creando quattordici nuove

Arti dette Minori:

- Beccai;

- Calzolai;

- Fabbri e Magnani;

- Cuoiai e Galigai;

- Muratori e Scalpellini o Maestri di Pietra e Legname;

- Vinattieri;

- Fornai;

- Oliangoli e Pizzicagnoli;

- Linaioli e Rigattieri;

- Chiavaioli;

- Corazzai e Spadai;

- Correggiai e Sellai;

- Legnaioli e Segatori;

- Albergatori.

 

Le arti imposero certe modalità prescritte di produzione, matricolazione, scrutinamento e risoluzione delle dispute interne. Ciascuna era governata da un magistrato di “Consoli”, sorteggiati fra i maestri eleggibili delle arti - i lavoratori subordinati nelle varie attività (“sottoposti”) erano esclusi da tale privilegio -, da Sindaci e Giudici delle liti. I Consoli stavano in carica per un periodo di quattro mesi, ed entravano in ufficio in gennaio, maggio, settembre.  L’Arte della Lana aveva otto consoli; Seta, Medici e Speziali, Beccai, Calzolai e Fabbri ne avevano sei; Calimala (Mercatanti), Cambio, Vaiai e Pellicciai, Linaiuoli e Rigattieri, Maestri di Pietra e di Legname, Oliandoli e Pizzicagnoli, Coreggiai, Chiavaioli, Legnaioli e Fornai ne avevano quattro; Vinattieri, Albergatori, Cuoiai e Galigai, Corazzai e Spadai ne avevano tre. Gli scrutini degli eleggibili venivano organizzati all’interno di ciascuna arte. Il sorteggio e i divieti all’insediamento finale operavano in maniera simile a quella valida per i Tre Maggiori.

Ciascuna Arte aveva il Capitano Gonfaloniere denominato così alla bandiera che custodiva presso di sé ed al tocco della campana dei Signori (detta la vacca) chiamante alle armi, egli doveva inalberare dinanzi alla propria dimora l’insegna dell’Arte sotto alla quale si raccoglievano i cittadini suoi iscritti.

Nonostante che le Arti esistessero anche in precedenza (Giovanni Villani riporta le sette Arti Maggiori al 1266), gli ultimi statuti che le riguardano sono compresi generalmente fra i decenni 1290 e1320. 

Il comune di Firenze, dove soltanto un limitato gruppo di arti “ufficiali” veniva configurato nella costituzione, differiva decisamente dagli altri comuni italiani, che organizzavano invece in via formale un più vasto arco di attività. La pratica fiorentina era quella di associare i vari lavori all’interno delle Arti già esistenti (perciò Giudici e Notai, Medici e Speziali, Vaiai e Pellicciai, Linaioli e Rigattieri, Oliandoli e Pizzicagnoli, Cuoiai e Galigai, Corazzai e Spadai - tutte attività associate raggruppate insieme). Per esempio, i Tintori lottarono per ottenere un’organizzazione indipendente nel quattordicesimo secolo, ma la conseguirono soltanto provvisoriamente, negli anni 1378 - 82, al tempo del tumulto dei Ciompi. I pochi individui identificati con l’occupazione di “Tintori” nelle elezioni delle Arti del quindicesimo secolo erano membri dell’Arte della Lana o dell’Arte dei Linaiuoli e Rigattieri. Ulteriori sotto-gruppi si notano nel quindicesimo secolo: gli Orafi erano associati per lo più all’Arte della Seta; gli Aromatari e i Barbieri con i Medici e Speziali; i Pesciaiuoli con i Beccai; i Coltellinai con i Fabbri; i Sarti con i Linaiuoli e i Rigattieri; gli Scultori (per esempio la famiglia dei Della Robbia) con i Maestri di Pietra e di Legname; i Biadaiuoli con gli Oliandoli e i Pizzicagnoli; i Cassettai con i Legnaiuoli. Venivano fatte anche distinzioni di lavoro nella composizione delle differenti Borse dalle quali erano tratti i Consoli delle Arti. I Consoli dell’Arte della Lana erano estratti dalle quattro borse rappresentanti le diverse circoscrizioni della città (chiamate “conventi”): S. Pancrazio (la parte occidentale della città), Oltrarno (la parte meridionale), S. Martino (la parte settentrionale), e S. Piero Scheraggio (la parte orientale). I Consoli dell’Arte della Seta erano tratti da tre Borse: Setaiuoli, Ritagliatori e Fondacai (proprietari dei magazzini - comprendenti gli orafi). I Consoli dell’Arte dei Linaiuoli e Rigattieri venivano estratti da due Borse: Linaiuoli e Rigattieri. 

Si può supporre che una famiglia particolare si iscrivesse soprattutto ad un’arte (come avvenne qualche volta), comunque ci fu chiaramente una certa flessibilità nell’appartenenza alle arti. Alcune famiglie (per esempio i Medici) trovarono economicamente e politicamente vantaggioso associarsi a molte arti. I cognomi, di certo, non sono prove sicure di coesione familiare, e si vede come molti di essi (celando in realtà branche di famiglie) fossero largamente distribuiti fra diverse arti, sia maggiori che minori.

Papa Bonifacio 8° (1294 - 1303) chiamò Firenze la sede dell’oro poiché il governo della città poggiava tutto sulle industrie e sui commerci, fonti inesauribili di prosperità e ricchezza. E’ con questi proventi che nel 1250 fu fabbricato il Palazzo del Podestà oggi del Bargello e la Chiesa di Santa Trinità. Nel 1284 fu costruita la Loggia di Orsanmichele per servire al mercato del grano, in quel luogo ove esisteva un tempo una piccola chiesa dedicata a S. Michele che all’intorno aveva un orto. Questo fu il motivo per cui quella chiesina si chiamo S. Michele in Orto, e poi, per brevità, Orsammichele. La loggia suddetta venne poi convertita in ricco tempio per opera, si crede, dell’Orcagna il quale è certo però vi costruì la stupenda cappella in marmo in onore della Vergine. Nel 1294 fu iniziata la fabbrica del tempio di Santa Croce ove sono raccolte tante glorie italiane (dal Foscolo che vi è sepolto: “Ma più beata che in un tempio accolte/ serbi l’Itale glorie.....). Nel 1296 furono gettate le fondamenta di Santa Maria del Fiore e nel 1298 quelle di Palazzo Vecchio, senza contare le numerose opere minori. Il campanile di Giotto incominciato nel 1334 costò alla Repubblica oltre 11 miliardi di fiorini d’oro. Nello spazio poi di 29 anni, cioè dal 1337 al 1406 furono spese in guerra 11 milioni e mezzo di fiorini d’oro e se a queste somme favolose, in relazione all’epoca ed al non vasto territorio della Repubblica, si aggiungono gli imprevisti fatti ai sovrani e non restituiti, non farà meraviglia se Papa Bonifacio 8° chiamò Firenze la sede dell’oro. Qual’era dunque la fonte di queste grandi ricchezze? Il commercio! ed un solo volere e sentimento: Libertà e Lavoro!!!

Le Arti Minori, come abbiamo detto, furono quattordici e tutte ebbero la loro insegna:

- Beccai : D’oro al montone saliente di nero;

- Calzolai : D’argento a tre fasce di nero;

- Fabbri e Maniscalchi : D’argento alla tenaglia in palo di ferro al naturale;

- Cuoiai : Partito di rosso e d’argento;

- Muratori : Di rosso alla scure d’argento manicata al naturale;

- Vinattieri : D’argento al calice di rosso;

- Fornai : Di rosso alla stella d’argento;

- Oliandoli : D’argento al leone di rosso tenente un ramo di olivo di verde nelle branche anteriori;

- Linaioli : Partito d’argento e di nero;

- Chiavaioli : Di rosso a due chiavi di ferro poste in palo;

- Corazzai e Spadai : D’argento alla corazza di rosso e stocco d’acciaio accollato da una biscia al naturale;

- Correggiai : Balsana nera e d’argento;

- Legnaioli : D’argento all’albero di verde;

- Albergatori : D’argento alla stella di rosso.

 

A fattor comune per tutti questi Gonfaloni l’Arma del Popolo di Firenze nel Cantone destro del capo. Nel 1378, al tempo della famosa rivoluzione dei Ciompi, Michele di Lando, il grande scardassiere, salito all’eminente carica di Gonfaloniere di Giustizia, per accontentare questi umili lavoratori chiamati Ciompi, creò tre nuove Arti Minori che furono:

- Arte dei CIOMPI (minuti artigiani della lana) ed ebbe per insegna “un angelo tenente nella destra una spada e nella sinistra una croce”;

- Arte dei TINTORI e TESSITORI di drappi che ebbe per emblema “un braccio di carnagione in campo rosso”;

- Arte dei SARTI e FARSETTAI che ebbe per insegna “un braccio al naturale uscente dal cielo ed impugnante un ramo d’olivo”.

In tal modo le Arti nel suo complesso raggiunsero il numero di 24. Su una così solida base si reggeva fortemente la Repubblica fiorentina, che nelle Corporazioni delle Arti riponeva la difesa, la prosperità e la grandezza dello Stato.

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